Summa Teologica - I

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Articolo 2 - Se vi siano più idee

Infra, q. 44, a. 3; q. 47, a. 1, ad 2; In 1 Sent., d. 36, q. 2, a. 2; In 3 Sent., d. 14, a. 2, sol. 2; C. G., I, c. 54; De Pot., q. 3, a. 16, ad 12, 13; De Verit., q. 3, a. 2; Quodl., 4, q. 1

Pare che non vi siano più idee.

Infatti:

1. In Dio l'idea è la sua essenza.

Ma l'essenza di Dio è una sola.

Quindi anche l'idea è una soltanto.

2. Come l'idea è il principio del conoscere e dell'operare, così lo sono egualmente l'arte e la sapienza.

Ma in Dio non esistono più arti e più sapienze.

Quindi nemmeno più idee.

3. Se si dice che le idee si moltiplicano secondo i rapporti alle diverse creature, si può opporre: La pluralità delle idee esiste dall'eternità; se dunque le idee sono molteplici e le creature sono temporali, ne viene che il temporale è causa dell'eterno.

4. Queste relazioni o sono reali soltanto nelle creature, o sono reali anche in Dio.

Se sono reali solo nelle creature, siccome le creature non sono eterne, allora la molteplicità delle idee, dato che queste si moltiplicano solo a motivo di tali rapporti, non sarà eterna.

Se invece sono reali anche in Dio, si ha questa conseguenza: che in Dio vi è un'altra reale pluralità oltre a quella delle Persone: ciò che contraddice al Damasceno [ De fide orth. 1,10 ], il quale afferma che « in Dio tutto è uno, tranne l'innascibilità, la generazione e la processione ».

Quindi in Dio non vi sono più idee.

In contrario:

Dice S. Agostino [ Lib. LXXXIII quaest. 46 ]: « Le idee sono certe forme o ragioni delle cose primarie, stabili e immutabili, poiché esse non sono state formate e, per conseguenza, sono eterne e sono sempre le stesse, contenute nella mente divina.

Ma mentre esse non cominciano né periscono, si dice tuttavia che quanto può sorgere e perire, e tutto ciò che nasce e perisce, è formato in base ad esse ».

Dimostrazione:

È necessario porre [ in Dio ] più idee.

A soluzione di ciò bisogna considerare che in ogni effetto l'ultimo fine viene direttamente predisposto dall'agente principale: come l'obiettivo finale di un esercito è predisposto dal comandante.

Ora, il bene dell'ordine cosmico è la cosa migliore esistente nell'universo, come dimostra il Filosofo [ Met. 12,10 ].

Quindi l'ordine dell'universo è direttamente voluto da Dio, e non proviene a caso a motivo del succedersi dei vari agenti, come affermarono invece alcuni, per i quali Dio avrebbe prodotto soltanto una prima creatura, che ne avrebbe creata una seconda, e così di seguito fino alla produzione di una così grande moltitudine di cose: secondo tale opinione, dunque, Dio non avrebbe l'idea che della prima creatura.

Ma se l'ordine dell'universo è stato creato direttamente da Dio e voluto da lui, Dio deve avere in se stesso, necessariamente, l'idea dell'ordine dell'universo.

Ora, non è possibile avere l'idea di un tutto se non si hanno le idee delle varie parti di cui il tutto è costituito: come l'architetto non può concepire l'immagine di una casa se non possiede nella mente la rappresentazione propria di ogni sua parte.

Così dunque è necessario che nella mente divina vi siano le idee proprie di tutte le cose.

Per cui S. Agostino [ Lib. LXXXIII quaest. 46 ] afferma che « le singole cose sono state create da Dio secondo l'idea di ciascuna ».

Per conseguenza, nella mente di Dio vi sono più idee.

Come poi ciò non ripugni alla semplicità divina è facile a vedersi se si pensa che l'idea di un'opera è nella mente di chi la fa quale oggetto conosciuto, e non come quella specie mediante cui si intende e che serve a rendere l'intelletto attualmente conoscitivo.

La forma infatti secondo cui il costruttore fabbrica materialmente un edificio è nella sua mente come una cosa già intesa, a somiglianza della quale egli forma l'edificio nella materia.

Ora, non pregiudica la semplicità dell'intelletto divino il fatto di conoscere più cose; tale semplicità sarebbe invece distrutta qualora l'intelletto divino fosse attuato da più specie.

Quindi nella mente di Dio vi sono più idee da lui intese.

Ecco come si può chiarire la cosa.

Dio conosce perfettamente la propria essenza: quindi la conosce secondo tutti i modi in cui può essere conosciuta.

Ora, questa può essere conosciuta non solo in se medesima, ma anche come partecipabile, in questo o quel grado, dalle creature.

Ogni creatura poi ha la sua propria specie, a seconda che in qualche modo partecipa della somiglianza della divina essenza.

Quindi Dio, intendendo la propria essenza come imitabile da tale creatura, la conosce come nozione o idea particolare di quella creatura.

E così si dica di tutte le altre.

È chiaro quindi che Dio intende le nozioni determinate di più cose, che è quanto dire più idee.

Analisi delle obiezioni:

1. L'idea non designa l'essenza divina in quanto è essenza, ma in quanto è esemplare o ragione di questa o di quella cosa.

Per cui si possono trovare tante idee quante sono le nozioni distinte derivate da un'unica essenza.

2. Con i termini "arte" e "sapienza" riferiti a Dio vogliamo esprimere ciò mediante cui Dio intende, mentre l'idea sta a significare ciò che Dio intende.

Ora, Dio intende un'infinità di cose con un'unica [ intuizione ], e non soltanto le intende nella loro realtà, ma anche in quanto sono intese; e questo è precisamente intendere più nozioni o idee.

Come l'architetto, quando intende la forma della casa esistente nella materia, si dice che intende la casa, ma quando concepisce la forma della casa come pensata da lui, per il fatto che intende di intenderla, allora intende l'idea o la nozione della casa.

Ora, Dio non soltanto intende nella sua essenza la moltitudine delle cose, ma anche intende di intendere tale moltitudine mediante la sua essenza.

Ma ciò significa che egli intende più nozioni delle cose; ovvero che nella sua mente vi sono più idee da lui intese.

3. Queste relazioni per le quali si moltiplicano le idee non sono causate dalle cose, ma dall'intelletto divino contemplante l'essenza divina come imitabile dalle creature.

4. Tali rapporti moltiplicanti le idee non sono nelle creature, ma in Dio.

Non sono però rapporti reali, come quelli in base a cui si distinguono le Persone divine, ma dei rapporti da lui intesi.

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