Summa Teologica - I

Indice

Articolo 7 - Se gli angeli provino dolore dei mali dei loro protetti

In 2 Sent., d. 11, q. 1, a. 5

Pare che gli angeli provino dolore dei mali di coloro che hanno in custodia.

Infatti:

1. In Isaia [ Is 33,7 ] si legge che « gli Angeli della pace piangeranno amaramente ».

Ma il pianto è segno di dolore e di tristezza.

Quindi gli angeli si rattristano dei mali degli uomini che hanno in custodia.

2. La tristezza, al dire di S. Agostino [ De civ. Dei 14,15 ], trae origine da « ciò che accade contro la volontà ».

Ma la perdizione della persona custodita è contro la volontà dell'angelo custode.

Quindi gli angeli si rattristano della perdizione degli uomini.

3. Come la tristezza è contraria alla gioia, così la penitenza è contraria al peccato.

Ma gli angeli gioiscono del peccatore che fa penitenza, come si legge in S. Luca [ Lc 15,7 ].

Quindi si rattristano pure del giusto che cade in peccato.

4. Sopra quel passo dei Numeri [ Nm 18,12 ]: « Tutto ciò che viene offerto come primizia », ecc., la Glossa di Origene dice: « Gli Angeli sono tratti in giudizio affinché sia palese se gli uomini perirono per negligenza propria o per negligenza degli angeli ».

Ma è ragionevole che uno si dolga dei mali a causa dei quali è tratto in giudizio.

Quindi gli angeli si dolgono dei peccati degli uomini.

In contrario:

Dove sono tristezza e dolore non c'è felicità perfetta, per cui è detto nell'Apocalisse [ Ap 21,4 ]: « Non ci sarà più la morte, né lutto, né lamento, né affanno ».

Ma gli angeli sono perfettamente beati.

Quindi non si dolgono di nulla.

Dimostrazione:

Gli angeli non provano dolore né dei peccati né delle pene degli uomini.

Infatti la tristezza e il dolore, come dice S. Agostino [ De civ. Dei 14,15 ], traggono origine solo da ciò che contraria la volontà.

Ora, nel mondo non accade nulla che sia contrario alla volontà degli angeli e degli altri beati: poiché la loro volontà aderisce totalmente all'ordine della divina giustizia, e nel mondo avviene soltanto ciò che è conforme alla divina giustizia o è da essa tollerato.

Quindi, parlando in senso assoluto, nulla si compie nel mondo che sia contrario alla volontà dei beati.

Come infatti insegna il Filosofo [ Ethic. 3,1 ], si dice volontario in senso assoluto ciò che uno vuole in concreto, attese cioè tutte le circostanze particolari, anche se considerando la cosa in universale egli non la vorrebbe: il navigante, p. es., non vuole il gettito in mare della mercanzia se si considera la cosa in sé e astrattamente, ma lo vuole nell'imminenza di un grave pericolo di morte.

Quindi, come osserva sempre Aristotele [ ib. ], un tale atto è più volontario che involontario.

Ora in modo analogo anche gli angeli, parlando in senso astratto e assoluto, non vogliono i peccati e le pene degli uomini; vogliono però che in ciò sia salvo l'ordine della giustizia divina, secondo il quale alcuni sono sottoposti alla pena, ed è permesso che pecchino.

Analisi delle obiezioni:

1. Le parole di Isaia si possono riferire agli angeli, o messaggeri, di Ezechia, che piansero a causa dei discorsi di Rabsace, di cui si parla nel c. 37 [ Is 37,2ss ] di Isaia.

E ciò secondo il senso letterale.

- In senso allegorico invece gli angeli della pace sono gli apostoli e gli altri predicatori che piangono sui peccati del popolo.

- In senso anagogico infine quelle parole si possono applicare agli angeli beati, ma allora hanno evidentemente un significato metaforico, per indicare il desiderio generico che hanno gli angeli di vedere salvi tutti gli uomini.

Infatti solo in tal senso possono essere attribuite a Dio e agli angeli simili passioni.

2. La risposta è chiara da quanto si è detto [ nel corpo ].

3. Sia che gli uomini facciano penitenza, sia che cadano in peccato, unico rimane il motivo del gaudio degli angeli, e cioè l'adempimento dell'ordine della divina provvidenza.

4. Gli angeli sono tratti in giudizio a motivo dei peccati degli uomini non come rei, ma come testimoni, per convincere gli uomini della loro negligenza.

Indice