Summa Teologica - I-II

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IV - Le presunte imperfezioni

11 - S. Tommaso divide i peccati veniali in due categorie: peccati veniali ex genere, e peccati veniali ex imperfectione actus, facendo rientrare nella prima serie anche quelli che i moderni chiamano veniali ex parvitate materiae ( Cfr. q. 88, a. 2 ).

La divisione è chiara e spartisce interamente la colpa veniale: nessun peccato veniale può sfuggire a questa classificazione.

I più piccoli moti disordinati, i moti « primo primi » della sensualità, per. es., non sono che dei peccati veniali; pur essendo molto diversi dai peccati veniali deliberati.

Così sono peccati veniali tutte le omissioni delle opere di consiglio, cui ci sentiamo sollecitati efficacemente dall' ispirazione interiore.

I moralisti antichi non conoscevano altra classificazione degli atti morali: le azioni si dividono in azioni virtuose e peccaminose; e i peccati si suddividono in mortali e veniali.

La pretesa scotista di affermare l'esistenza di concreti atti indifferenti era stata considerata solo come un'abile schermaglia dialettica.

Gli antichi teologi sanno ben distinguere anch'essi i vari gradi del peccato veniale; e non la cedono a nessuno in sottigliezza quando indugiano nella interpretazione di quel celebre testo paolino, in cui si parla di legno, fieno e paglia ( 1 Cor 3,12 ).

Ma certi autori spirituali moderni, dopo aver spaventato le anime pie descrivendo a foschi colori la gravità del peccato veniale, han sentito il bisogno di correre ai ripari inventando le cosiddette imperfezioni.

E i teologi un po' per volta hanno accettato l' innovazione.

I tomisti, sia pure in ritardo, hanno reagito a questa novità.

Memorabile fra tutte fu la presa di posizione del P. Hugueny O. P., nel ricordato Dict. de Théol. Cath. [ 1927 ] alla voce « Imperfection ».

Alle sue inoppugnabili obiezioni alcuni manualisti hanno risposto col disinteresse, per continuare a concludere in pratica che le cosiddette imperfezioni non sono materia sufficiente di assoluzione sacramentale.

Ma nessuno ha potuto scalfire la critica radicale fatta dal P. Hugueny a questa invenzione della devozione moderna.

E noi pensiamo che sia logico anche in pratica non tener conto di questa nuova classificazione dei peccati veniali più leggeri.

Lo stesso S. Alfonso De' Liguori, in un'epoca in cui la deprecata distinzione aveva invaso il mondo, dava questo consiglio: « Dico probabiliter posse sub condictione absolvi poenitentem pium, qui aliquas tantum imperfectiones confitetur de quibus dubitatur quod pertingant ad venialia » ( Theologia Moralis, L. 6, c. 1, n. 432 ).

Secondo la dottrina di S. Tommaso tutte le azioni non virtuose, o non perfettamente virtuose, sono peccati veniali ( q. 89, a. 2 ), ovvero sono condizionate e menomate da peccati veniali.

Perciò codesti atti sono sempre materia facoltativa di accusa e di assoluzione.

Questo giova per tenere le anime nell'umiltà.

« Si dixerimus quoniam peccatum non habemus, ipsi nos seducimus, et veritas in nobis non est » ( 1 Gv 1,8 ).

D'altra parte non è detto che i peccati veniali si possano rimettere soltanto con la confessione.

In concreto un'anima di buona volontà troverà sempre nella pratica della vita cristiana più occasioni di purificazione che di peccati veniali.

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