Summa Teologica - I-II

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Articolo 5 - Se l'uomo possa acquistare la beatitudine con le sue capacità naturali

I, q. 12, a. 4; q. 62, a. 1; infra, q. 62, a. 1; In 3 Sent., d. 27, q. 2, a. 2; In 4 Sent., d. 49, q. 2, a. 6; C. G., III, cc. 52, 147

Pare che l'uomo possa acquistare la beatitudine con le sue capacità naturali.

Infatti:

1. La natura non può mancare nelle cose necessarie.

Ma nulla è più necessario all'uomo di quanto è richiesto per raggiungere il fine ultimo.

Quindi alla natura umana ciò non può mancare.

Quindi l'uomo può conseguire la beatitudine con le sole forze naturali.

2. L'uomo, essendo superiore alle creature irrazionali, deve essere più completo.

Ma le creature irrazionali, mediante le loro capacità naturali, possono raggiungere i propri fini.

A maggior ragione dunque l'uomo deve essere in grado di raggiungere la beatitudine con le sue capacità naturali.

3. La beatitudine è « un'operazione perfetta », secondo il Filosofo [ Ethic. 7,13 ].

Ma spetta al medesimo principio iniziare una cosa e condurla a perfezione.

Siccome dunque l'operazione imperfetta, che è come l'inizio dell'agire umano, ricade sotto il potere naturale dell'uomo, che lo rende padrone dei propri atti, sembra che questi possa giungere mediante il suo potere naturale all'operazione perfetta che è la beatitudine.

In contrario:

L'uomo è per natura principio dei suoi atti mediante l'intelletto e la volontà.

Ma l'ultima beatitudine preparata per i Santi è al disopra dell'intelletto e della volontà dell'uomo: infatti l'Apostolo [ 1 Cor 2,9 ] afferma: « Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano ».

Quindi l'uomo non può raggiungere la beatitudine con le sue capacità naturali.

Dimostrazione:

L'uomo può acquistare la beatitudine imperfetta, raggiungibile nella vita presente, come può acquistare le virtù, negli atti delle quali consiste tale beatitudine, come vedremo in seguito [ q. 63 ].

Ma la perfetta beatitudine dell'uomo consiste, e lo abbiamo già visto [ q. 3, a. 8 ], nella visione dell'essenza divina.

Ora, vedere Dio per essenza è al disopra della natura non soltanto dell'uomo, ma di qualsiasi creatura, come fu già dimostrato nella Prima Parte [ q. 12, a. 4 ].

Infatti la conoscenza naturale di una qualsiasi creatura segue il modo della sua sostanza, come il De Causis [ 8 ] dice a proposito dell'Intelligenza [ angelica ]: « Conosce le cose che sono al disopra e quelle che sono al disotto di sé secondo il modo della propria sostanza ».

Ora, qualsiasi conoscenza che segua il modo di una sostanza creata è inadeguata alla visione dell'essenza divina, che sorpassa all'infinito ogni sostanza creata.

Quindi né l'uomo né qualsiasi altra creatura può conseguire l'ultima beatitudine con le sue capacità naturali.

Analisi delle obiezioni:

1. La natura non è manchevole rispetto all'uomo per non averlo fornito di armi e di vesti come gli altri animali, poiché gli ha concesso la ragione e le mani per acquistare tali cose; e allo stesso modo non è manchevole per non avergli accordato un mezzo per raggiungere la beatitudine: ciò infatti era impossibile.

Gli ha donato però il libero arbitrio, con il quale può volgersi a Dio, che lo farà beato.

« Infatti », dice Aristotele [ Ethic. 3,3 ], « ciò che possiamo grazie agli amici in qualche modo lo possiamo da noi stessi ».

2. Come insegna il Filosofo [ De caelo 2,12 ], una natura che può conseguire il bene perfetto, sia pure con aiuti esterni, è sempre più nobile di quella che raggiunge un bene imperfetto senza aver bisogno di tali aiuti.

Come colui che è in grado di conseguire la perfetta guarigione, sia pure con l'aiuto della medicina, è meglio disposto alla guarigione di chi può raggiungere soltanto una guarigione parziale senza tale aiuto.

Quindi la creatura razionale, che può conseguire il bene perfetto della beatitudine ricorrendo all'aiuto divino, è superiore alla creatura irrazionale incapace di tale bene, pur raggiungendo questa un bene imperfetto con le capacità della sua natura.

3. Quando il bene perfetto e quello imperfetto sono della medesima specie possono derivare dallo stesso principio.

Non necessariamente invece se sono di specie differente: infatti non tutte le cause che possono produrre una disposizione della materia sono in grado di conferire l'ultima perfezione.

Ora, l'operazione imperfetta che rientra nelle capacità naturali dell'uomo non è della medesima specie a cui appartiene l'operazione perfetta che è la beatitudine umana: poiché la specie dell'operazione dipende dall'oggetto.

Quindi l'argomento non regge.

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