Summa Teologica - I-II

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Articolo 6 - Se l'uomo acquisti la beatitudine mediante l'influsso di una creatura superiore

Pare che l'uomo possa acquistare la beatitudine per l'influsso di una creatura superiore, cioè di un angelo.

Infatti:

1. Vi è un duplice ordinamento nell'universo: il primo è l'ordinamento delle varie parti fra di loro, l'altro è l'ordinamento di tutto l'universo al bene che è fuori di esso.

Il primo ordinamento però è ordinato al secondo come al suo fine, al dire di Aristotele [ Met. 12,10 ], come l'ordinamento delle parti di un esercito è subordinato all'ordinamento di tutto l'esercito al proprio comandante supremo.

Ma l'ordine reciproco delle parti dell'universo consiste nel fatto che le creature superiori influiscono su quelle inferiori, come è stato spiegato nella Prima Parte [ q. 19, a. 5, ad 2; q. 48, a. 1, ad 5; q. 109, a. 2 ].

D'altra parte la beatitudine consiste nell'ordine dell'uomo al bene che è fuori dell'universo.

Quindi l'uomo diventa beato mediante l'influsso di una creatura superiore, cioè di un angelo.

2. Ciò che è tale solo in potenza può diventarlo in atto mediante un essere già tale in atto: come un corpo che è caldo in potenza diviene attualmente caldo mediante un corpo già caldo in atto.

Ma l'uomo è beato in potenza.

Quindi può diventare beato in atto mediante un angelo che è beato in atto.

3. La beatitudine consiste, come si è visto [ q. 3, a. 4 ], in un'operazione dell'intelletto.

Ma l'angelo, come si è visto nella Prima Parte [ q. 111, a. 1 ], può illuminare l'intelletto dell'uomo.

Quindi l'angelo può rendere l'uomo beato.

In contrario:

Sta scritto nel libro dei Salmi [ Sal 84,12 ]: « Il Signore concede grazia e gloria ».

Dimostrazione:

È impossibile che si compia per virtù di una qualsiasi creatura quanto sorpassa la natura creata: poiché ogni creatura è soggetta alle leggi della natura con le sue capacità e i suoi influssi limitati.

Se quindi si tratta di compiere qualcosa che è al disopra della natura, ciò dipende immediatamente da Dio: come il far risorgere un morto, ridare la vista a un cieco e altre cose simili.

Ora, si è dimostrato [ a. 5 ] che la beatitudine è un bene che sorpassa la natura creata.

Quindi è impossibile che essa derivi dall'operazione di una creatura, ma l'uomo, se parliamo della beatitudine perfetta, diviene beato soltanto per opera di Dio.

- Se invece parliamo della beatitudine imperfetta, allora si dirà di essa quanto si dice della virtù, nell'esercizio della quale essa consiste.

Analisi delle obiezioni:

1. Tra potenze attive subordinate, generalmente tocca alla facoltà suprema condurre all'ultimo fine, mentre quelle inferiori collaborano disponendo [ il soggetto ] al conseguimento di quel fine: come spetta all'arte nautica, che presiede all'arte di costruire le navi, l'uso della nave, per il quale la nave viene costruita.

E così anche nell'ordine dell'universo l'uomo può essere aiutato dagli angeli a conseguire l'ultimo fine quanto a certi atti preparatori che dispongono al suo raggiungimento, ma esso viene raggiunto di fatto solo grazie al primo agente, che è Dio.

2. Quando una forma si trova attualmente in un soggetto secondo il suo essere perfetto e naturale, allora può esercitare un influsso causale su altri soggetti: come una cosa calda mediante il suo calore riscalda.

Se però una forma si trova in un soggetto solo imperfettamente e non secondo il suo essere naturale, allora non può essere principio della sua comunicazione ad altri: come l'immagine del colore che è nella pupilla non può colorare un oggetto; e neppure sono in grado di illuminare e di riscaldare tutte le cose illuminate o riscaldate: perché allora l'illuminazione e il riscaldamento si propagherebbero all'infinito.

Ora il lume di gloria, che serve per vedere Dio, si trova in Dio perfettamente nel suo essere naturale, ma in qualsiasi creatura si trova solo imperfettamente, per somiglianza o partecipazione.

Quindi nessuna creatura beata può comunicare ad altri la propria beatitudine.

3. L'angelo beato illumina l'intelletto dell'uomo, o anche degli angeli inferiori, rispetto a determinate opere di Dio, ma non rispetto alla visione dell'essenza divina, come si è spiegato nella Prima Parte [ q. 106, a. 1 ].

Per tale visione infatti tutti sono illuminati immediatamente da Dio.

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