Summa Teologica - I-II

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Articolo 8 - Se ogni uomo desideri la beatitudine

In 4 Sent., d. 49, q. 1, a. 3, sol. 1

Pare che non tutti desiderino la beatitudine.

Infatti:

1. Nessuno può considerare ciò che non conosce poiché, come insegna Aristotele [ De anima 3,10 ], oggetto dell'appetito è il bene conosciuto.

Ma molti non conoscono che cosa sia la beatitudine: e ciò appare evidente dal fatto che, come osserva S. Agostino [ De Trin. 13,4.7 ], « alcuni collocarono la beatitudine nei piaceri del corpo, altri nelle virtù dell'animo e alcuni in altre cose ancora ».

Quindi non tutti desiderano la beatitudine.

2. L'essenza della beatitudine consiste nella visione dell'essenza divina, come si è già spiegato [ q. 3, a. 8 ].

Ma alcuni ritengono che sia impossibile per l'uomo vedere Dio per essenza, e quindi non lo desiderano.

Quindi non tutti gli uomini desiderano la beatitudine.

3. S. Agostino [ De Trin. 13,5.8 ] scrive che « è beato colui che possiede tutto ciò che vuole, e nulla vuole male ».

Ma non tutti hanno questo volere: infatti alcuni vogliono male certe cose, e tuttavia sono decisi a volerle.

Quindi non tutti vogliono la beatitudine.

In contrario:

S. Agostino [ De Trin. 13,4.7 ] fa osservare: « Se quel mimo avesse detto: "Tutti volete essere felici e non volete essere infelici", avrebbe detto una cosa che nessuno avrebbe mancato di scorgere nella propria volontà ».

Quindi ognuno desidera di essere felice.

Dimostrazione:

La beatitudine può essere considerata in due modi.

Primo, partendo dalla nozione universale di beatitudine.

E in questo senso è necessario che ciascun uomo desideri la beatitudine.

Infatti la beatitudine in genere consiste nel bene perfetto, come si è spiegato [ aa. 3 e 4 ].

Ma essendo il bene l'oggetto della volontà, il bene perfetto sarà quello che sazia totalmente la volontà.

Quindi desiderare la beatitudine non è altro che desiderare l'appagamento della volontà.

E questo tutti lo vogliono.

Secondo, possiamo parlare della beatitudine considerando la sua nozione specifica, in rapporto all'oggetto in cui essa consiste.

E allora non tutti conoscono la beatitudine: poiché non tutti sanno a quale oggetto si applichi la nozione universale di beatitudine.

E per conseguenza, in questo senso, non tutti la desiderano.

Analisi delle obiezioni:

1. Risulta così evidente la risposta alla prima obiezioni.

2. La volontà segue la conoscenza dell'intelletto o ragione: come quindi può capitare che una cosa identica nella realtà presenti aspetti diversi all'analisi della ragione, così capita che un oggetto in realtà identico sia desiderato per un verso e non desiderato per un altro.

Ora, la beatitudine può essere considerata sotto l'aspetto di bene finale e perfetto che si identifica con la nozione universale di felicità: e allora per natura e per necessità la volontà tende ad essa, come si è spiegato [ nel corpo e a. 4, ad 2 ].

Ma può anche essere considerata sotto altri aspetti più particolari, o in rapporto all'operazione, o in rapporto alla potenza operativa, o in rapporto all'oggetto: e allora la volontà non tende necessariamente ad essa.

3. Questa definizione della beatitudine, adottata da qualcuno: « Beato è colui che possiede tutto ciò che vuole », oppure: « Colui del quale tutti i desideri si compiono », intesa in un certo senso è buona ed esauriente; in un altro senso invece è inadeguata.

Se infatti ci si riferisce in modo assoluto a tutte le cose che l'uomo può desiderare per appetito di natura, allora è vero che è felice colui che possiede tutto ciò che vuole: poiché soltanto il bene perfetto, che è la beatitudine, sazia l'appetito naturale dell'uomo.

Se però ci si riferisce a quelle cose che un uomo vuole seguendo la sola conoscenza della sua ragione, allora possedere ciò che l'uomo vuole giova non alla beatitudine, ma piuttosto all'infelicità, poiché il possesso di tali beni impedisce all'uomo di raggiungere pienamente le cose desiderate dalla sua natura: come si comporta talora anche la ragione, prendendo per vere delle opinioni che impediscono di conoscere la verità.

E per questo motivo S. Agostino aggiunge alla definizione della perfetta beatitudine l'espressione: « Nulla vuole male ».

Sebbene la prima: « beato è colui che possiede tutto ciò che vuole » possa bastare da sola, se intesa rettamente.

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