Summa Teologica - I-II

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Articolo 2 - Se la volontà sia mossa in maniera necessitante dal proprio oggetto

I, q. 82, aa. 1, 2; In 2 Sent., d. 25, q. 1, a. 2; De Verit., q. 22, a. 6; De Malo, q. 6; In 1 Periherm., lect. 14

Pare che la volontà sia mossa in maniera necessitante dal proprio oggetto.

Infatti:

1. Secondo Aristotele [ De anima 3,10 ] l'oggetto sta alla volontà come il motore al mobile.

Ora il motore, se è proporzionato, muove necessariamente il soggetto mobile.

Quindi la volontà può essere mossa in maniera necessitante dal proprio oggetto.

2. La volontà è una facoltà immateriale come l'intelletto: e l'una e l'altra potenza sono ordinate a un oggetto universale, come si è spiegato [ a. 1, ad 3 ].

Ma l'intelletto è mosso di necessità dal proprio oggetto.

Quindi anche la volontà dal suo.

3. Tutto ciò che uno vuole o è il fine, o è una cosa ordinata al fine.

Ora, il fine è voluto evidentemente per necessità: poiché costituisce ciò che in campo speculativo sono i princìpi, che vengono accettati per necessità.

Ma a sua volta il fine costituisce il motivo per la volizione di quanto è ordinato al fine: e così sembra che anche le cose ordinate al fine siano volute necessariamente.

Quindi la volontà è mossa per necessità dal proprio oggetto.

In contrario:

Le facoltà razionali, secondo Aristotele [ Met. 8,2 ], dicono ordine a cose tra loro opposte.

Ma la volontà è una potenza razionale: essa infatti, come egli scrive [ De anima 3,9 ], si trova « nella ragione ».

Quindi la volontà dice ordine a cose opposte tra loro.

Quindi non è mossa di necessità verso una di esse.

Dimostrazione:

La volontà può avere due mozioni: la prima in rapporto all'esercizio dell'atto, la seconda in rapporto alla specificazione dell'atto, la quale dipende dall'oggetto.

Quanto alla prima, dunque, la volontà non può essere mossa da alcun oggetto in maniera necessitante: infatti uno può astenersi dalla considerazione di qualsiasi oggetto, e per conseguenza può anche non volerlo in modo attuale.

Quanto invece al secondo genere di mozione la volontà è mossa da alcuni oggetti in maniera necessitante e da altri no.

Infatti nella mozione che ogni potenza subisce dal proprio oggetto bisogna considerare la ragione in forza della quale l'oggetto muove la potenza.

L'oggetto visibile, p. es., muove la vista in forza del colore attualmente visibile.

Se quindi il colore è presentato alla vista necessariamente la muove, purché uno non distolga la vista: cosa questa che appartiene all'esercizio dell'atto.

Se però venisse presentato alla vista un oggetto che non fosse in tutto colore in atto, bensì tale soltanto in parte, la vista non sarebbe costretta per necessità a vedere questo oggetto: infatti potrebbe guardarlo proprio da quel lato che non ha attualmente colore, e quindi non lo vedrebbe.

Ora, come il colorato è oggetto della vista, così il bene è oggetto della volontà.

Se quindi alla volontà viene presentato un oggetto universalmente e sotto tutti gli aspetti buono, necessariamente la volontà tenderà verso di esso, quando desidera qualcosa: infatti non potrà volere l'opposto.

Se invece le viene presentato un oggetto che non è bene sotto tutti gli aspetti, allora la volontà non sarà portata necessariamente a volerlo.

- E poiché la mancanza di una bontà qualsiasi implica il carattere di cosa non buona, soltanto il bene perfetto, al quale non manca nulla, è un bene tale che la volontà non può non volerlo: e questo bene è la beatitudine.

Tutti gli altri beni particolari invece, mancando di qualche bontà, possono essere sempre considerati come cose non buone: e in base a tale considerazione possono essere ripudiati o accettati dalla volontà, che ha la capacità di volgersi verso una medesima cosa secondo considerazioni diverse.

Analisi delle obiezioni:

1. Il motore proporzionato di una potenza è soltanto l'oggetto che si presenta come suo motore sotto tutti gli aspetti.

Se invece è manchevole in qualcosa non muoverà in maniera necessaria, come si è spiegato [ nel corpo ].

2. L'intelletto è mosso di necessità da quegli oggetti che sono sempre e necessariamente veri: non invece da cose che possono essere vere o false, come sono i contingenti; e ciò vale anche per il bene, come si è detto [ nel corpo ].

3. Il fine ultimo muove la volontà in maniera necessaria perché è il bene perfetto.

E lo stesso si dica delle cose ordinate a questo fine senza le quali non è possibile conseguirlo, come l'essere, la vita e simili.

Le altre cose invece non indispensabili al raggiungimento del fine non sono volute per necessità da chi vuole il fine: come chi accetta i princìpi non accetta per necessità quelle conclusioni senza le quali può sussistere la verità dei princìpi.

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