Summa Teologica - I-II

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Articolo 1 - Se le virtù morali rimangano dopo questa vita

II-II, q. 136, a. 1, ad 1; In 3 Sent., d. 33, q. 1, a. 4; De Virt., q. 5, a. 4

Pare che dopo questa vita le virtù morali non rimangano.

Infatti:

1. Nello stato di gloria gli uomini saranno simili agli angeli, come disse il Signore [ Mt 22,30 ].

Ora, secondo Aristotele [ Ethic. 10,8 ] è ridicolo porre le virtù morali negli angeli.

Quindi le virtù morali non ci saranno neppure negli uomini dopo questa vita.

2. Le virtù morali rendono perfetto l'uomo nella vita attiva.

Ma la vita attiva non rimane dopo la vita presente: dice infatti S. Gregorio [ Mor. 6,37 ] che « le opere della vita attiva passano col corpo ».

Perciò le virtù morali non rimangono dopo questa vita.

3. La temperanza e la fortezza, che sono virtù morali, risiedono nella parte irrazionale, come insegna il Filosofo [ Ethic. 3,10 ].

Ma le parti irrazionali dell'anima, essendo atti di organi corporei, vengono distrutte con la distruzione del corpo.

Quindi le virtù morali dopo questa vita non rimangono.

In contrario:

Sta scritto [ Sap 1,15 ] che « la giustizia è perenne e immortale ».

Dimostrazione:

Come riferisce S. Agostino [ De Trin. 14,9.12 ], Cicerone riteneva che dopo questa vita le virtù cardinali non esistessero più; e che nell'altra vita gli uomini « sarebbero beati per la sola conoscenza di quella natura di cui nulla può essere migliore o più amabile », cioè « di quella natura che ha creato tutte le nature », secondo l'espressione di S. Agostino [ De Trin. 14,9.12 ].

Questi però in seguito dimostra che le quattro virtù suddette esistono nella vita futura, sebbene in un altro modo.

Per chiarire la cosa bisogna ricordare che in queste virtù c'è un elemento formale e un elemento materiale.

L'elemento materiale è una certa inclinazione della parte appetitiva verso le passioni e le operazioni secondo una determinata misura.

Siccome però questa misura è stabilita dalla ragione, di conseguenza l'elemento formale in tutte le virtù è l'ordine stesso della ragione.

Si deve dunque concludere che le virtù morali non rimangono nella vita futura quanto al loro elemento materiale.

Infatti nella vita futura non ci potranno essere né le concupiscenze, né i piaceri della gola o venerei; né i timori o le audacie relative ai pericoli di morte; e neppure le ripartizioni o le comunicazioni dei beni che servono alla vita presente.

Invece queste virtù dureranno perfettissimamente nei beati, dopo questa vita, quanto al loro elemento formale: poiché la ragione in ciascuno di essi sarà rettissima rispetto a quanto li riguarderà in quello stato; e la potenza appetitiva si muoverà in tutto secondo l'ordine della ragione.

Perciò S. Agostino [ De Trin. 14,9.12 ] scrive che « allora la prudenza sarà senza pericolo di errore; la fortezza senza la molestia dei mali da sopportare; la temperanza senza la resistenza delle passioni.

Cosicché la prudenza avrà il compito di non preferire e di non equiparare a Dio nessun bene, la fortezza quello di aderire fermissimamente a lui e la temperanza quello di non compiacersi di alcuna minorazione nociva ».

Per la giustizia poi è evidente l'atto che allora dovrà avere, cioè « la sottomissione a Dio »: poiché anche in questa vita spetta alla giustizia l'essere sottomessi ai superiori.

Analisi delle obiezioni:

1. Nel passo citato il Filosofo parla delle virtù morali rispetto al loro elemento materiale: cioè nella giustizia considera « le compravendite e i mutui », nella fortezza « le cose temibili e i pericoli » e nella temperanza « le concupiscenze sregolate ».

2. La risposta vale anche per la seconda obiezioni.

Infatti le realtà che costituiscono la vita attiva sono l'elemento materiale delle virtù.

3. Due sono gli stati che seguiranno questa vita: uno precedente la risurrezione, nel quale le anime saranno separate dal corpo, e un altro dopo la risurrezione, nel quale le anime torneranno a essere unite al loro corpo.

Nello stato di risurrezione, dunque, negli organi corporei ci saranno le potenze irrazionali, come ci sono adesso.

E allora nell'irascibile ci potrà essere la fortezza, e nel concupiscibile la temperanza: poiché le due facoltà saranno perfettamente disposte a obbedire alla ragione.

Invece nello stato che precede la risurrezione le facoltà irrazionali non saranno nell'anima attualmente, ma solo radicalmente nella sua essenza, come si è visto nella Prima Parte [ q. 77, a. 8 ].

Perciò anche le suddette virtù potranno esistere attualmente solo in radice, cioè nella ragione e nella volontà, nelle quali si trovano i germi di queste virtù, secondo le spiegazioni date [ q. 63, a. 1 ].

La giustizia invece, che risiede nella volontà, rimane anche in atto.

Per cui particolarmente di essa sta scritto [ cf. s.c. ] che è « immortale »: sia a motivo del soggetto, poiché la volontà è incorruttibile, sia anche per la somiglianza degli atti, come sopra [ nel corpo ] si è notato.

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