Summa Teologica - I-II

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Articolo 2 - Se le virtù intellettuali rimangano dopo questa vita

I, q. 89, aa. 5, 6; In 3 Sent., d. 31, q. 2, a. 4; In 4 Sent., d. 50, q. 1, a. 2; In 1 Cor., c. 13, lect. 3

Pare che le virtù intellettuali non rimangano dopo questa vita.

Infatti:

1. L'Apostolo [ 1 Cor 13,8s ] assicura che « la scienza svanirà »: e questo perché « la nostra conoscenza è imperfetta ».

Ora, come è parziale e imperfetta la conoscenza della scienza, così lo è anche quella delle altre virtù intellettuali, finché dura la vita presente.

Perciò dopo questa vita cesseranno tutte le virtù intellettuali.

2. Il Filosofo [ Praed. 6 ] insegna che la scienza, essendo un abito, è una qualità difficilmente amovibile: infatti non si perde facilmente, ma solo per una forte trasmutazione o malattia.

Ora, nessuna trasmutazione del corpo umano è più grave di quella della morte.

Quindi la scienza e le altre virtù intellettuali non rimangono dopo questa vita.

3. Le virtù intellettuali perfezionano l'intelletto perché possa compiere bene il proprio atto.

Ma dopo questa vita non pare che l'atto dell'intelletto possa ancora esistere poiché, al dire di Aristotele [ De anima 3,7 ], « l'anima non intende nulla senza i fantasmi »; e d'altra parte i fantasmi non possono allora rimanere, trovandosi essi soltanto in organi corporei.

Quindi le virtù intellettuali dopo questa vita non rimangono.

In contrario:

La conoscenza dell'universale e del necessario è più stabile che quella del singolare e del contingente.

Ora, dopo questa vita rimane nell'uomo la conoscenza dei singolari contingenti, quali sono, p. es., le cose che uno ha fatto o patito; e lo dimostra quel testo evangelico [ Lc 16,25 ]: « Ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita, e Lazzaro parimenti i suoi mali ».

Perciò a maggior ragione rimane la conoscenza delle cose universali e necessarie, che appartengono alla scienza e alle altre virtù intellettuali.

Dimostrazione:

Come si è già visto nella Prima Parte [ q. 79, a. 6 ], alcuni ritenevano che le specie intelligibili rimanessero nell'intelletto possibile soltanto nell'atto del conoscere, e che cessata l'intellezione attuale non ci fosse una conservazione delle specie se non nelle potenze sensitive, che sono atti di organi corporei, cioè nell'immaginativa e nella memoria.

Ma queste facoltà vengono distrutte con la distruzione del corpo.

Stando perciò a questa teoria, dopo la distruzione del corpo in nessun modo può rimanere la scienza, e neppure qualsiasi altra virtù intellettuale.

Ma questa opinione è contro il pensiero di Aristotele, il quale nel De Anima [ 3, 7 ] afferma che « l'intelletto possibile è in atto quando, come conoscente, diviene le singole cose; tuttavia è anche in potenza a pensare attualmente ».

- Ed è inoltre contro la ragione: poiché le specie intelligibili sono ricevute nell'intelletto possibile in modo stabile, secondo la natura del ricevente.

Infatti l'intelletto possibile viene anche chiamato [ da Aristotele ] « luogo delle specie » [ cf. ib. ], come per dire che conserva le specie intelligibili.

Però i fantasmi, guardando ai quali l'uomo intellettualmente conosce nella vita presente mediante l'applicazione delle specie intelligibili, come si è spiegato nella Prima Parte [ q. 84, a. 7; q. 85, a. 1, ad 5 ], vengono distrutti con la distruzione del corpo.

E così dalla parte dei fantasmi, che ne sono come l'elemento materiale, le virtù intellettuali vengono distrutte con la distruzione del corpo; dalla parte invece delle specie intelligibili, che risiedono nell'intelletto possibile, tali virtù rimangono.

E tali specie sono come l'elemento formale nelle virtù intellettuali.

Quindi le virtù intellettuali dopo questa vita rimangono nel loro elemento formale, ma non nel loro elemento materiale, come si è detto anche a proposito di quelle morali [ a. prec. ].

Analisi delle obiezioni:

1. Le parole dell'Apostolo vanno applicate all'elemento materiale della scienza, e al modo della conoscenza intellettiva: poiché dopo la distruzione del corpo cesseranno i fantasmi, e l'uso della scienza mediante il ricorso ai fantasmi.

2. La malattia può distruggere un abito scientifico nel suo elemento materiale, cioè rispetto ai fantasmi, ma non rispetto alle specie intellegibili che sono nell'intelletto possibile.

3. Dopo la morte, come si è detto nella Prima Parte [ q. 89, a. 1 ], l'anima separata ha un modo di conoscere diverso dall'attuale, che avviene mediante il ricorso ai fantasmi.

E così la scienza rimarrà, non però secondo il medesimo procedimento; come si è detto [ a. prec. ] anche delle virtù morali.

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