Summa Teologica - I-II

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Articolo 8 - Se acconsentire alla dilettazione morosa sia un peccato mortale

Infra, q. 88, a. 5, ad 2; In 2 Sent., d. 24, q. 3, a. 4; De Verit., q. 15, a. 4; Quodl., 12, q. 22, a. 1

Pare che acconsentire alla dilettazione morosa [ compiacendosi in un pensiero cattivo ] non sia un peccato mortale.

Infatti:

1. Acconsentire al piacere appartiene alla ragione inferiore, che non è in grado di considerare le ragioni eterne o la legge divina, e quindi neppure di scostarsene.

Invece ogni peccato mortale è uno scostarsi dalla legge di Dio, come è evidente dalla definizione agostiniana del peccato mortale, che abbiamo esaminato sopra [ q. 71, a. 6 ].

Quindi acconsentire alla dilettazione morosa non è peccato mortale.

2. Acconsentire è male solo perché è cattiva la cosa a cui si acconsente.

Ma la causa è superiore all'effetto, o almeno non è inferiore.

Perciò la cosa a cui si acconsente non può essere meno cattiva del consenso.

Ora, il semplice piacere senza l'atto non è peccato mortale, ma veniale soltanto.

Quindi neppure acconsentire al piacere è peccato mortale.

3. Il Filosofo [ Ethic. 10,5 ] insegna che i piaceri differiscono in bontà e in malizia secondo le diverse operazioni.

Ora nel caso della fornicazione, p. es., il pensiero interiore è un'operazione diversa dall'atto esterno.

Quindi anche il piacere che accompagna l'atto del pensiero differisce in bontà o malizia dal piacere della fornicazione tanto quanto il pensiero interiore differisce dall'atto esterno.

E conseguentemente differisce allo stesso modo il consenso nei due casi.

Ma il semplice pensiero interiore non è peccato mortale; e neppure il consenso a tale pensiero.

Perciò non lo è neppure il consenso alla dilettazione morosa.

4. L'atto esterno della fornicazione, o dell'adulterio, non è peccato mortale per il piacere, che si trova anche nell'atto matrimoniale, ma per il disordine dell'atto.

Ora, chi acconsente al piacere non per questo acconsente al disordine dell'atto.

Quindi non sembra che pecchi mortalmente.

5. Il peccato di omicidio è più grave di una semplice fornicazione.

Ma acconsentire al piacere che accompagna un pensiero di omicidio non è peccato mortale.

Molto meno quindi sarà peccato mortale acconsentire al piacere connesso col pensiero di una fornicazione.

6. La preghiera del Padre Nostro viene recitata ogni giorno, secondo S. Agostino [ De fide et oper. 26.48; Enchir. 71 ], per la remissione dei peccati veniali.

Egli però insegna pure che il consenso al piacere va cancellato con tale preghiera; dice infatti: « Questo peccato è molto minore che se si determinasse di metterlo in opera; perciò si deve chiedere perdono per simili pensieri percuotersi il petto e dicendo: "Rimetti a noi i nostri debiti" ».

Quindi l'acconsentire al piacere è peccato veniale.

In contrario:

S. Agostino, poco dopo le parole surriferite, aggiunge: « Se con la grazia del Mediatore non vengono perdonati tutti questi peccati, che sono stati commessi senza l'intenzione di porli in atto, ma con la sola volontà del godimento nello spirito, tutto l'uomo sarà dannato ».

Ora, nessuno si danna senza un peccato mortale.

Quindi il consenso nel piacere [ o dilettazione morosa ] è un peccato mortale.

Dimostrazione:

Su questo argomento ci sono diverse opinioni.

Infatti alcuni affermano che acconsentire al piacere non è peccato mortale, ma veniale soltanto.

Altri invece sostengono che è peccato mortale: e questa opinione è più comune e più verosimile.

Si deve infatti notare che, come insegna Aristotele [ Ethic. 10,4 ], ogni piacere accompagna una qualche operazione; e d'altra parte ogni operazione ha il proprio oggetto.

Quindi qualsiasi piacere può essere posto in relazione con due cose: con l'operazione che accompagna e con l'oggetto di cui uno si compiace.

Ora, può anche capitare che un'operazione, come un'altra cosa qualsiasi, formi l'oggetto del piacere: poiché l'operazione stessa può essere considerata come un bene, o un fine, in cui uno trova compiacenza e appagamento.

Talora dunque è oggetto del piacere l'operazione stessa a cui segue il piacere, in quanto la facoltà appetitiva a cui appartiene il piacere riflette sull'operazione stessa come su di un bene: è il caso di chi pensa e gode del fatto stesso che pensa, compiacendosi del proprio pensiero.

Altre volte invece il piacere che accompagna un'operazione, p. es. un pensiero, ha per oggetto un'altra operazione come cosa pensata: e allora questo piacere deriva da un'inclinazione dell'appetito non verso l'atto del pensare, ma verso l'operazione pensata.

Pensando quindi a una fornicazione uno può godere di due cose: primo, del pensiero stesso; secondo, della fornicazione pensata.

Ora, il piacere relativo al pensiero stesso deriva dall'inclinazione affettiva verso l'attività del pensare.

Ma il semplice pensiero di una fornicazione, di per sé, non è peccato mortale; anzi, certe volte è solo peccato veniale, se cioè uno vi pensa inutilmente; altre volte poi è senza peccato alcuno, come quando uno vi pensa per un motivo utile, ad es. per predicare, o per disputare sull'argomento.

Perciò l'interesse o il piacere per questo pensare alla fornicazione non entra nel genere dei peccati mortali, ma talvolta è un peccato veniale, talvolta non è peccato in alcun modo.

Quindi neppure il consenso a questo piacere è un peccato mortale.

E sotto questo aspetto è vera la prima opinione.

Quando però chi pensa alla fornicazione gode dell'atto stesso che viene pensato, allora il suo piacere deriva dalla sua affezione verso tale atto.

Perciò l'eventuale consenso a tale piacere non è altro che un acconsentire all'inclinazione del suo affetto verso la fornicazione: poiché uno gode soltanto di ciò che è conforme al suo appetito.

Ora, il fatto che uno scelga deliberatamente che il suo affetto si conformi a cose che sono essenzialmente peccati mortali, è peccato mortale.

Quindi tale consenso al piacere di un peccato mortale è un peccato mortale; come vuole la seconda opinione.

Analisi delle obiezioni:

1. Come sopra [ a. prec. ] abbiamo spiegato, acconsentire al piacere non è solo della ragione superiore, ma anche di quella inferiore.

- E tuttavia anche la ragione inferiore può scostarsi dalle ragioni eterne.

Sebbene infatti non guardi ad esse per dare direttive, come fa la ragione superiore, tuttavia le considera in quanto è regolata su tali ragioni.

Scostandosi quindi da esse può peccare mortalmente.

Possono essere infatti peccati mortali anche gli atti delle potenze inferiori, e persino delle membra esterne, se manca in essi l'ordine della ragione superiore che li governa secondo le ragioni eterne.

2. Acconsentire a un peccato che nel suo genere è veniale è peccato veniale.

E in questo senso si può concludere che acconsentire al piacere derivante dal pensiero inutile di una fornicazione è peccato veniale.

Ma il piacere che ha per oggetto l'atto stesso della fornicazione, nel suo genere è un peccato mortale, ed è un fatto accidentale che sia soltanto veniale prima del consenso, data l'imperfezione dell'atto.

Imperfezione che però viene tolta dal successivo consenso.

Perciò questo lo riporta alla sua natura, rendendolo mortale.

3. L'argomento è valido per il piacere che ha per oggetto il pensiero.

4. Il piacere che ha per oggetto l'atto esterno non può escludere la compiacenza per l'atto esterno in se stesso, anche se si stabilisce di non compierlo per la proibizione di un superiore.

Per cui l'atto risulta disordinato, e quindi è disordinato anche il piacere.

5. È peccato mortale anche l'acconsentire al piacere che deriva dalla compiacenza per l'atto stesso dell'omicidio.

Non così invece l'acconsentire al piacere che deriva dalla compiacenza per il pensiero di un omicidio.

6. La preghiera del Padre Nostro non va recitata solo per i peccati veniali, ma anche per i mortali.

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