Manuale sulla fede, speranza e carità

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16.60 - L'importanza di discernere, per grazia di Dio, i travestimenti di satana

È più importante saper riconoscere in modo oculato quando Satana si maschera da angelo di luce, ( 2 Cor 11,14 ) per non lasciarci ingannare ed attrarre in qualche pericolo fatale.

Quando inganna i sensi corporei, infatti, ma non riesce a smuovere la mente da un pensiero vero e retto, in base al quale il credente conduce la propria vita, non c'è alcun pericolo per la religione; come pure quando, fingendosi buono, compie o dice cose convenienti agli angeli buoni, anche se viene ritenuto buono, non si tratta di un errore rovinoso o contagioso per la fede cristiana.

Quando però, attraverso queste azioni ostili, egli comincia a trascinare dalla sua parte, allora il riconoscerlo e il non andargli dietro è un atto di grande e indispensabile accortezza.

Ma quanti sono gli uomini capaci di sfuggire a tutti i suoi tragici tranelli, senza la guida e la protezione divina?

Questa stessa difficoltà torna utile, perché nessuno riponga la propria speranza in se stesso o comunque in un altro uomo, ma la ripongano in Dio tutti i suoi fedeli: nessuna persona religiosa può mettere in dubbio che è questa la cosa più conveniente per noi.

16.61 - La piena manifestazione della Chiesa celeste e il senso in cui Cristo è morto anche per gli angeli

Tale Chiesa quindi, composta di santi Angeli e di Virtù di Dio, ci si manifesterà realmente quando sarà compiuta la nostra unione finale ad essa, nel possesso comune della beatitudine eterna.

Ci è più nota, invece, questa Chiesa distante da quella nel suo pellegrinare sulla terra, poiché ne siamo parte, in quanto è fatta di uomini come noi.

In virtù del sangue del mediatore, che non aveva alcun peccato, essa è stata redenta da ogni peccato e parla così: Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?

Egli non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi. ( Rm 8,31 )

Cristo infatti non è morto per gli Angeli.

Nondimeno è anche per gli Angeli la redenzione e liberazione degli uomini dal male, resa possibile per mezzo della sua morte, in quanto in un certo senso li fa tornare in grazia con loro, dopo le ostilità tra gli uomini e i santi Angeli generate dal peccato, e la redenzione stessa degli uomini è motivo di riparazione dei guasti prodotti da quella caduta degli Angeli.

16.62 - Gli Angeli santi conoscono da Dio il numero degli uomini che integreranno la città celeste

Effettivamente gli Angeli santi, istruiti da Dio e beati nella contemplazione della sua eterna verità, conoscono il numero supplementare che quella città si aspetta da parte del genere umano per essere completa.

Perciò l'Apostolo ha parlato del disegno di ricapitolare in Cristo tutte le cose, quelle del cielo e quelle della terra. ( Ef 1,10 )

Ebbene, quelle del cielo sono ricapitolate quando viene reintegrata dagli uomini quella parte che negli angeli era venuta meno, mentre sono ricapitolate quelle che sono sulla terra quando gli stessi uomini, predestinati alla vita eterna, sono rigenerati dal loro antico stato di corruzione.

Così, in virtù di quello speciale sacrificio costituito dall'immolazione del Mediatore, l'unico sacrificio raffigurato da numerose vittime sotto la Legge, le cose del cielo si sono rappacificate con quelle della terra, e le cose della terra con quelle cielo, come ha detto ancora l'Apostolo: Piacque a Dio far abitare in Lui ogni pienezza e per mezzo di Lui riconciliare a sé tutte le cose, rappacificando con il sangue della sua croce le cose che sono sulla terra e quelle nei cieli. ( Col 1,19-20 )

16.63 - Come intendere la pace di Dio che sorpassa ogni intelligenza e che condivideremo con gli angeli

Questa pace, sta scritto, sorpassa ogni intelligenza ( Fil 4,7 ) e noi non possiamo conoscerla che quando l'avremo raggiunta.

E come possono rappacificarsi le cose del cielo se non con noi, cioè ritrovando la concordia con noi?

Lassù infatti la pace c'è sempre in tutte le creature spirituali, tra loro e con il loro Creatore.

Si tratta di una pace, come è stato detto, che sorpassa ogni intelligenza, beninteso la nostra, non di quanti vedono sempre il volto del Padre. ( Mt 18,10 )

Noi invece, per quanto grande possa essere in noi stessi l'intelligenza umana, abbiamo una conoscenza imperfetta ed ora vediamo attraverso uno specchio, indirettamente. ( 1 Cor 13,9.12 )

Quando poi saremo uguali agli Angeli di Dio, ( Lc 20,36 ) allora come loro vedremo faccia a faccia e potremo essere in pace con loro proprio come anch'essi lo sono con noi, poiché saremo in condizione di amarli con lo stesso amore che essi nutrono per noi.

La loro pace pertanto ci sarà nota, in quanto anche la nostra sarà della stessa natura ed entità, né sorpasserà più la nostra intelligenza, mentre la pace di Dio che lassù ricadrà su di noi sorpasserà indubbiamente la nostra e la loro intelligenza.

È Lui infatti la fonte della beatitudine di ogni creatura razionale che è beata, non viceversa.

Si può così intendere meglio quanto è stato scritto: La pace di Dio sorpassa ogni intelligenza; dicendo ogni intelligenza, non si può eccettuare nemmeno la stessa intelligenza dei santi Angeli; unicamente quella divina invece fa eccezione: la sua pace infatti non sorpassa la sua intelligenza.

17.64 - Con la remissione dei peccati, necessaria anche per i battezzati, gli angeli sono in concordia con noi

Comunque gli Angeli sono in concordia con noi anche adesso, quando sono rimessi i nostri peccati.

È questa la ragione per cui, dopo la menzione della santa Chiesa, segue, nell'ordine della nostra confessione, la remissione dei peccati.

È questa infatti che fa sussistere la Chiesa sulla terra e non lascia perdere chi era perduto ed è stato ritrovato. ( Lc 15,32 )

In effetti, a prescindere dal dono del battesimo, che ci è stato dato contro il peccato originale, in modo che quanto è stato contratto con la generazione venga detratto con la rigenerazione - e nondimeno è in grado di togliere anche tutti i peccati attuali che ha trovato in noi, commessi in pensieri, parole ed opere -; a prescindere dunque da questo grande atto di condono, da cui prende origine il rinnovamento dell'uomo che libera da ogni colpa, innata e acquisita, non si può condurre il resto della vita, quando si è ormai nell'uso di ragione, per quanto sia fecondo il potere della giustizia, senza la remissione dei peccati; la ragione è che i figli di Dio, finché dura la loro vita mortale, sono in conflitto con la morte.

Ed anche se è veritiero quanto di loro è stato detto: Tutti quelli che sono guidati dallo Spirito di Dio, costoro sono figli di Dio, ( Rm 8,14 ) tuttavia è lo Spirito di Dio che li sollecita e il loro cammino verso Dio in quanto figli suoi è tale che, in quanto figli dell'uomo, possono abbassarsi per alcuni impulsi umani verso se stessi anche nel loro spirito, soprattutto perché appesantito dal corpo corruttibile, ( Sap 9,15 ) e peccare.

Naturalmente l'entità del peccato è importante: se è vero infatti che ogni delitto è peccato, non per questo ogni peccato è anche un delitto.

Per questo diciamo che la vita di santi uomini, finché si trova in questa condizione mortale, può esser trovata senza delitto, mentre se diciamo di essere senza peccato, afferma un Apostolo così grande, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. ( 1 Gv 1,8 )

17.65 - La penitenza nella Chiesa cattolica

Comunque per quel che riguarda la remissione degli stessi delitti, per quanto gravi, nell'ambito della santa Chiesa, chi fa una penitenza adeguata al proprio peccato non deve disperare della misericordia.

In tale opera di penitenza comunque, qualora sia stato commesso un peccato che abbia separato il suo autore persino dal corpo di Cristo, si deve considerare non tanto la dimensione della durata, quanto del dolore; Dio infatti non disprezza un cuore contrito ed umiliato. ( Sal 51,19 )

Ma poiché, generalmente parlando, il dolore che uno prova nel proprio cuore rimane nascosto al cuore di un altro, né giunge a conoscenza di altri attraverso le parole o altro genere di segni, mentre esso si manifesta a colui al quale si dice: Il mio gemito a te non è nascosto, ( Sal 38,10 ) quanti presiedono le Chiese hanno fatto bene a stabilire dei tempi di penitenza, che rappresentino un'espiazione anche dinanzi alla Chiesa, nella quale quei peccati vengono rimessi.

Al di fuori di essa senza dubbio non vengono rimessi: essa stessa infatti ha ricevuto, propriamente parlando, come caparra lo Spirito Santo, ( 2 Cor 1,22 ) senza il quale non vengono rimessi peccati, in modo che coloro ai quali vengono rimessi conseguano la vita eterna.

17.66 - La remissione dei peccati in vista del giudizio futuro e la condizione dei bambini battezzati

È soprattutto in vista del giudizio futuro che avviene la remissione dei peccati in questa vita.

Fino a tal punto quanto è stato scritto: Un giogo pesante grava sui figli di Adamo, dal giorno della loro nascita dal grembo materno fino al giorno della loro sepoltura nella madre comune ( Sir 40,1 ) serve a farci vedere che anche i piccoli, dopo il lavacro di rigenerazione, sono afflitti e tormentati da vari mali, e a farci comprendere che tutta l'efficacia salvifica dei sacramenti è rivolta alla speranza dei beni futuri, più che alla conservazione o all'acquisto di quelli presenti.

Sembra che anche in questa vita molti peccati siano perdonati, senza esser puniti con alcun castigo; in realtà le loro pene sono rinviate in futuro - del resto non invano si parla propriamente di giorno del giudizio per indicare quando verrà il giudice dei vivi e dei morti -.

Come pure, al contrario, quaggiù sono puniti alcuni peccati che, tuttavia, se rimessi, nel mondo futuro non arrecheranno certamente alcun danno.

A proposito di talune pene temporali, inflitte in questa vita ai peccatori, l'Apostolo, rivolgendosi a quanti vedono distrutti i propri peccati, perché non siano conservati fino alla fine, ha detto: Se noi giudicassimo noi stessi, non saremmo giudicati dal Signore; ma, in quanto siamo giudicati, siamo ammoniti dal Signore, per non essere condannati insieme con questo mondo. ( 1 Cor 11,31.32 )

18.67 - La presunzione di salvarsi nei cristiani che persistono nel peccato

Taluni poi credono che riusciranno a salvarsi, pur attraversando il fuoco, anche quanti non abbandonano il nome di Cristo, ricevono il lavacro del suo battesimo nella Chiesa, non se ne separano per qualche scisma o eresia, pur vivendo fra delitti tali, che nessuna penitenza ripara, né alcuna elemosina riscatta, perseverando anzi in essi con massima ostinazione fino all'ultimo giorno di questa vita; e questo anche ammettendo, in rapporto all'entità dei misfatti e dei vizi, una punizione con un fuoco durevole, ma non eterno.

Eppure quanti la pensano così mi sembra che s'ingannino, pur essendo cattolici, per una certa umana benevolenza: interpellando la divina Scrittura infatti, si ha una risposta diversa.

Sulla questione comunque ho scritto un libro intitolato La fede e le opere, dove, basandomi sulle Sacre Scritture, con l'aiuto di Dio ho cercato, nei limiti del possibile, di mostrare che la salvezza dipende da quella fede, indicata dall'apostolo Paolo in modo sufficientemente chiaro con le parole: In Cristo Gesù infatti non è la circoncisione che conta, né la non circoncisione, ma la fede che opera per mezzo della carità. ( Gal 5,6 )

Se poi, anziché operare bene, essa opera male, non c'è dubbio, come afferma l'apostolo Giacomo, che è morta in se stessa; ( Gc 2,17 ) egli infatti aggiunge: Se qualcuno dice di avere la fede, ma non ha le opere, quella fede forse potrà salvarlo? ( Gc 2,14 )

Se poi un uomo scellerato attraversando il fuoco si salverà per la sola fede, intendendo così le parole del beato Paolo: Tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco, ( 1 Cor 3,15 ) allora la fede potrà salvare senza le opere e sarà falso quanto ha detto Giacomo, Apostolo come lui.

Sarà falso allora anche ciò che lo stesso Paolo ha detto: Non ingannatevi: né impuri, né idolatri, né adulteri, né effeminati, né sodomiti, né ladri, né avari, né ubriaconi, né maldicenti, né accaparratori possederanno il regno di Dio. ( 1 Cor 6,9-10 )

Se infatti costoro, perseverando in tali delitti, tuttavia si salveranno in virtù della fede in Cristo, come potranno non essere nel regno di Dio?

18.68 - Che cosa pensare di chi edifica sopra il fondamento e si salva attraverso il fuoco

Ma poiché queste testimonianze apostoliche, assolutamente esplicite ed evidenti, non possono essere false, tutto quel che è stato detto in modo oscuro a proposito di quanti edificano sopra il fondamento che è Cristo non con oro, argento e pietre preziose, ma con legno, fieno e paglia ( 1 Cor 3,11-12 ) ( di essi è stato detto che attraversando il fuoco si salveranno, poiché sarà il valore del fondamento a non farli perire ), si deve intendere in modo da non contraddire questi testi così espliciti.

Ora legno e fieno e paglia possono essere intesi in modo non arbitrario come una forma di passione per le cose del mondo, per quanto lecitamente accordate, tale che riesce impossibile perderle senza che l'anima ne provi dolore.

Quando perciò è un dolore di questo genere che brucia, se Cristo occupa nel cuore il posto di un fondamento, in modo che, in altri termini, niente gli venga anteposto e l'uomo, bruciato da tale dolore, preferisca privarsi di queste cose tanto amate piuttosto che di Cristo, allora egli, attraversando il fuoco, si salva.

Se al contrario, nel tempo della tentazione, ha preferito il possesso di queste realtà temporali e mondane a Cristo, allora non lo ha avuto come fondamento, mantenendo quelle cose al primo posto, mentre in un edificio niente precede le fondamenta.

Il fuoco di cui in quel passo ha parlato l'Apostolo si deve intendere come ciò attraverso cui passano entrambi, cioè chi costruisce sopra questo fondamento con oro, argento, pietre preziose e chi con legno, fieno, paglia.

E dopo aver detto questo, egli ha aggiunto: Il fuoco proverà la qualità dell'opera di ciascuno.

Se l'opera costruita da qualcuno resisterà, costui ne avrà la ricompensa; ma se l'opera finirà bruciata, egli ne subirà le conseguenze: tuttavia egli si salverà, però come attraverso il fuoco. ( 1 Cor 3,13-15 )

Dunque il fuoco proverà l'opera di entrambi, non di uno dei due soltanto.

La prova della tribolazione è una specie di fuoco e altrove se ne parla esplicitamente: La fornace saggia gli oggetti del vasaio e la prova della tribolazione gli uomini giusti. ( Sir 27,6; Sir 2,5 )

Quel fuoco realizza temporaneamente in questa vita quel che l'Apostolo ha detto a proposito di due credenti, uno dei quali pensa alle cose di Dio, come possa piacere a Dio, edifica cioè sopra il fondamento che è Cristo con oro, argento, pietre preziose, mentre l'altro pensa alle cose del mondo, come possa piacere alla moglie, ( 1 Cor 7,32-33 ) cioè edifica sopra il medesimo fondamento con legno, fieno, paglia.

L'opera dell'uno non finisce bruciata, poiché non ha amato cose la cui perdita potrebbe tormentarlo.

Finisce bruciata invece l'opera dell'altro, poiché non è indolore la perdita delle cose possedute con amore; eppure visto che costui, posto dinanzi all'alternativa, preferirebbe privarsi di quelle cose piuttosto che di Cristo e che il timore di perderle non gli fa abbandonare Cristo, benché la perdita non sia indolore, questi senz'altro si salva, però come attraverso il fuoco, perché il dolore delle cose perdute e che aveva amato lo brucia, senza però atterrarlo e distruggerlo, difeso com'è dalla solidità incorruttibile del fondamento.

18.69 - Il fuoco che purifica dopo questa vita quanti si salvano

Che qualcosa del genere avvenga anche dopo questa vita non è incredibile, e ci si può domandare se le cose stiano in questi termini, e se è possibile o meno scoprire che alcuni credenti, attraverso un fuoco purificatore, si salvino in un tempo più o meno lungo, a seconda che il loro amore per i beni effimeri sia stato più o meno grande; tuttavia non saranno come coloro che non possederanno il regno di Dio, ( 1 Cor 6,10 ) se dopo un'adeguata penitenza non vengono loro rimessi i medesimi crimini.

Ho parlato di una penitenza adeguata, perché non siano infruttuosi nelle loro elemosine, alle quali la Scrittura divina ha attribuito tanta importanza, che il Signore proclama di ascrivere unicamente il loro frutto a chi sederà alla sua destra e unicamente la loro sterilità a chi sederà alla sua sinistra, quando agli uni dirà: Venite, benedetti del Padre mio, ricevete il regno, ( Mt 25,34 ) mentre agli altri: Andate nel fuoco eterno. ( Mt 25,41 )

19.70 - L'elemosina non basta a cancellare delitti inauditi nei quali si persevera

Certo, bisogna guardarsi bene dal pensare che delitti inauditi, quali sono commessi da coloro che non possederanno il regno di Dio, siano eseguibili ogni giorno ed ogni giorno riparabili con elemosine.

In realtà la vita deve cambiare in meglio e Dio, riguardo ai peccati commessi, attraverso le elemosine dev'esser reso propizio, non quasi comprato per acquisire una perenne licenza d'impunità.

Egli infatti non ha dato a nessuno il permesso di peccare, ( Sir 15,20 ) benché nella sua misericordia cancelli i peccati già commessi, se non viene trascurata una conveniente riparazione.

19.71 - La preghiera del Padre nostro cancella i peccati quotidiani e le colpe gravi passate

Quanto poi ai peccati fugaci e lievi di ogni giorno, immancabili nello svolgersi di questa vita, è la preghiera quotidiana dei credenti che li ripara.

Dicono infatti: Padre nostro, che sei nei cieli, ( Mt 6,9 ) quelli che sono stati già rigenerati da un tale Padre in virtù dell'acqua e dello Spirito Santo. ( Gv 3,5 )

Questa preghiera infatti cancella assolutamente i peccati più piccoli di ogni giorno.

Cancella anche quelli che hanno guidato, in modo addirittura scellerato, la vita dei credenti, dai quali però il pentimento l'ha fatta allontanare, mutando in meglio, purché, come è vero dire: Rimetti a noi i nostri debiti ( dal momento che non mancano debiti da rimettere ), si dica in modo altrettanto vero: Come noi li rimettiamo ai nostri debitori, ( Mt 6,12 ) cioè si realizzi quel che si dice: perdonare a chi implora indulgenza è infatti in se stessa una forma di elemosina.

19.72 - Sono molti i generi di elemosina

E per tutte le opere che traggono profitto dalla misericordia hanno valore le parole del Signore: Fate elemosina ed ecco, tutto per voi è puro. ( Lc 11,41 )

Fa elemosina dunque non soltanto chi dà da mangiare all'affamato, dà da bere all'assetato, chi veste l'ignudo, chi accoglie il pellegrino, chi nasconde il fuggitivo, chi visita l'infermo o il carcerato, chi riscatta il prigioniero, chi corregge il debole, chi accompagna il cieco, chi consola l'afflitto, chi cura l'ammalato, chi orienta l'errante, chi consiglia il dubbioso, chi dà il necessario a chiunque ne abbia bisogno, ma anche chi è indulgente con il peccatore.

E così se uno frusta colui sul quale ha autorità o gli impone un qualche freno, pur perdonandogli di cuore il peccato da cui ha ricevuto un danno o un'offesa, o pregando perché gli venga rimesso, costui fa elemosina, poiché accorda misericordia, non solo nell'atto di perdonare e di pregare, ma anche nell'atto di limitarlo e di infliggergli un qualche castigo correttivo.

Sono molti in realtà i beni accordati ad alcuni, loro malgrado, quando si guarda al loro profitto, anziché al loro volere, poiché costoro si scoprono nemici di se stessi, mentre loro amici sono piuttosto quelli che essi ritengono nemici e così sbagliando rendono il male per il bene, mentre il cristiano non dovrebbe rendere il male nemmeno per il male. ( Mt 5,44-47; Rm 12,17-21 )

Insomma ci sono molti generi di elemosina che ci aiutano, quando li realizziamo, ad ottenere la remissione dei nostri peccati.

19.73 - L'elemosina più grande è il perdono

Tuttavia non c'è elemosina più grande di quando perdoniamo di cuore un peccato commesso contro di noi.

È meno grande, in effetti, la benevolenza o anche la beneficenza quando si manifesta nei confronti di chi non ti ha fatto nulla di male, mentre è di gran lunga più grande, e segno della bontà più sublime, l'amore anche verso il tuo nemico, e a chi ti vuole male, e ti fa del male se gli è possibile, volere sempre bene e fare, se possibile, del bene, ascoltando la parola di Gesù: Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano e pregate per quelli che vi perseguitano. ( Mt 5,44 )

Ma indubbiamente ciò appartiene alla perfezione dei figli di Dio, alla quale ogni credente deve protendersi, orientando verso questa disposizione lo spirito umano attraverso la preghiera rivolta a Dio e attraverso l'azione e lo sforzo personale; tuttavia, dal momento che un bene così grande non è accessibile a tutte le persone che noi crediamo esaudite, quando nella preghiera si dice: Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori, ( Mt 6,12 ) evidentemente l'impegno assunto con queste parole viene soddisfatto quando chi non è arrivato sino al punto da amare il proprio nemico, almeno perdona di cuore l'uomo che ha peccato contro di lui e che lo implora di esser perdonato.

Non c'è dubbio infatti che anch'egli vuole ottenere la remissione che implora, quando prega dicendo: Come noi li rimettiamo ai nostri debitori, cioè: " Rimetti i nostri debiti a noi che imploriamo, così come anche noi li rimettiamo ai nostri debitori che ci implorano ".

19.74 - Dio non rimette i peccati a quanti a loro volta non li rimettono di cuore agli altri

In realtà, chi implora l'uomo contro il quale ha peccato, se è spinto a ciò dal proprio peccato, non si deve più ritenere un nemico: di conseguenza amarlo non è difficile, come quando egli alimentava l'inimicizia.

Perciò chi non perdona di cuore nemmeno la persona che lo implora e si pente del proprio peccato, non s'illuda minimamente che il Signore perdoni i suoi peccati: la verità non può mentire.

Può forse essere sconosciuto a chiunque ascolti o legga il Vangelo colui che ha detto: Io sono la verità? ( Gv 14,6 )

Dopo averci insegnato la preghiera, Egli ci raccomandò vivamente un pensiero contenuto in essa: Se voi avrete rimesso agli uomini i loro peccati, anche il vostro Padre celeste vi rimetterà i vostri peccati; se invece non avrete rimesso agli uomini, nemmeno il vostro Padre rimetterà i vostri peccati. ( Mt 6,14-15 )

Chi non si scuote dinanzi ad un tuono così grande, non dorme, ma è morto: eppure Egli ha il potere di risuscitare anche i morti.

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