Summa Teologica - I-II

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Articolo 3 - Se la legge nuova abbia ordinato l'uomo in maniera adeguata quanto agli atti interni

Pare che quanto agli atti interni la legge nuova non abbia ordinato l'uomo in maniera adeguata.

Infatti:

1. I precetti del decalogo che ordinano l'uomo verso Dio e verso il prossimo sono dieci.

Ma il Signore ne completò tre soli, cioè quelli riguardanti la proibizione dell'omicidio, dell'adulterio e dello spergiuro.

Quindi non ordinò l'uomo in maniera adeguata, trascurando di dare compimento agli altri precetti.

2. Il Signore nel Vangelo non determinò nulla riguardo ai precetti giudiziali all'infuori delle norme sul ripudio della moglie, la pena del taglione e la vendetta sui nemici.

Ma nell'antica legge, come già si disse [ q. 104, a. 4; q. 105 ], ci sono molti altri precetti giudiziali.

Quindi da questo lato il Signore non ordinò adeguatamente la vita umana.

3. Nella legge antica vi erano i precetti cerimoniali, oltre a quelli morali e giudiziali.

Ma su tali precetti il Signore non determinò nulla.

Perciò la sua determinazione è inadeguata.

4. Per la buona disposizione interiore dell'animo si richiede che l'uomo non compia alcuna opera buona per un fine terreno.

Ora, esistono molti beni terreni oltre alla vanagloria; come pure ci sono molte altre opere buone oltre al digiuno, all'elemosina e alla preghiera.

Quindi non è giusto che il Signore si sia limitato a insegnare la fuga della sola vanagloria in queste opere buone, senza accennare agli altri beni terreni.

5. L'uomo ha insito per natura di preoccuparsi del necessario alla vita, e tale preoccupazione è comune anche agli animali: per cui si legge nei Proverbi [ Pr 6,6.8 ]: « Va dalla formica, o pigro, guarda le sue abitudini e diventa saggio.

Essa d'estate si provvede il vitto, al tempo della mietitura accumula il cibo ».

Ora, un precetto che è dato contro l'inclinazione della natura è ingiusto, in quanto contrario alla legge naturale.

Perciò non sembra conveniente la proibizione del Signore di preoccuparsi del vitto e del vestito.

6. Nessun atto di virtù può essere proibito.

Ma il giudicare è un atto della giustizia, come appare anche dalla Scrittura [ Sal 94,15 ]: « Fino a che la giustizia non torni a giudicare ».

Quindi non è ragionevole la proibizione di giudicare fatta dal Signore.

E così sembra che la nuova legge non abbia ordinato convenientemente l'uomo quanto ai suoi atti interni.

In contrario:

S. Agostino [ De serm. Dom. in monte 1,1 ] scrive: « Si deve notare che l'espressione: "Chi ascolta queste mie parole" sta a indicare che questo discorso del Signore esaurisce tutti i precetti atti a informare la vita cristiana ».

Dimostrazione:

Come appare già dalle parole appena citate di S. Agostino, il discorso tenuto dal Signore sul monte [ Mt, cc. 5-7 ] contiene tutto il programma della vita cristiana.

E in esso sono perfettamente ordinati i moti interiori dell'uomo.

Infatti dopo aver ricordato il fine, che è la beatitudine, ed esaltata la dignità degli Apostoli, chiamati a promulgare la dottrina evangelica, il Signore passa a ordinare i moti interiori dell'animo: prima in se stessi, poi verso il prossimo.

In se stesso dunque l'uomo viene ordinato in due maniere, in base ai due suoi moti interiori verso le azioni da compiere, che sono la volizione degli atti e l'intenzione del fine.

Infatti il Signore prima ordina la volontà dell'uomo secondo i diversi precetti della legge: portando l'uomo, cioè, non solo ad astenersi dalle opere esterne cattive in se stesse, ma anche dagli atti interni e dalle occasioni del male.

Quindi ordina l'intenzione dell'uomo: insegnandoci a non cercare, nel compiere il bene, né la gloria umana, né la ricchezza del mondo, il che significherebbe farsi un tesoro terreno.

Passa poi a ordinare i moti interiori dell'uomo in ordine al prossimo: cioè a non giudicarlo in modo temerario, ingiusto o presuntuoso; senza però essere remissivi al punto di affidare le cose sacre agli indegni.

Finalmente insegna il modo di mettere in pratica la dottrina evangelica: cioè implorando l'aiuto di Dio, sforzandosi di entrare per la porta stretta della perfetta virtù e guardandosi dai seduttori.

Inoltre ricorda che per la virtù è necessaria l'osservanza dei comandamenti, e non basta la semplice professione della fede, o il compimento dei miracoli, o il solo ascolto.

Analisi delle obiezioni:

1. Il Signore diede compimento a quei precetti della legge di cui i Farisei davano una falsa interpretazione.

E ciò avveniva specialmente per quei tre precetti del decalogo.

Infatti a proposito della proibizione dell'adulterio e dell'omicidio costoro ritenevano che fosse proibito il solo atto esterno, e non il desiderio interiore.

E ciò lo pensavano più per l'omicidio e per l'adulterio che non per il furto o per la falsa testimonianza, poiché il moto dell'ira che porta all'omicidio e i moti della concupiscenza che tendono all'adulterio sembrano quasi connaturati in noi; non così invece il desiderio di rubare o di dire falsa testimonianza.

Inoltre avevano un concetto sbagliato dello spergiuro, pensando che esso solo fosse peccato, mentre il giuramento sarebbe stato per se stesso da desiderare e da praticare, presentandosi come un atto di ossequio a Dio.

E così il Signore dimostrò che il giuramento non è di per sé desiderabile come cosa buona, e che era invece meglio parlare senza giuramenti, salvo in caso di necessità.

2. Intorno ai precetti giudiziali gli scribi e i Farisei erravano in due modi.

Primo, perché ritenevano giuste per se stesse certe cose che nella legge di Mosè erano solo delle concessioni: come ad es., il ripudio della moglie e l'esercizio dell'usura con gli stranieri.

Per cui il Signore proibì il ripudio della moglie [ Mt 5,32 ] e il prestare a usura, dicendo [ Lc 6,35 ]: « Prestate senza sperarne nulla ».

In secondo luogo sbagliavano nel credere che certe pene disposte dalla legge antica per ristabilire la giustizia potessero essere inflitte per desiderio di vendetta, o per cupidigia di beni temporali, oppure per odio verso i nemici.

E ciò in tre precetti.

Credevano infatti che il desiderio della vendetta fosse lecito, a motivo dei precetti relativi alla pena del taglione.

Questi invece erano stati posti per salvaguardare la giustizia, non perché l'uomo cercasse la vendetta.

Il Signore dunque, per correggere questo errore, insegna che l'uomo deve essere così spiritualmente disposto da essere pronto, in caso di necessità, a sopportare ulteriori ingiustizie.

- Inoltre essi ritenevano leciti gli appetiti della cupidigia, poiché i precetti giudiziali comandavano la restituzione dei beni rubati con un sovrappiù, come si è visto [ q. 105, a. 2, ad 9 ].

E anche qui il comando della legge mirava a ristabilire la giustizia, non a fomentare la cupidigia.

E così il Signore insegna a non reclamare la roba nostra per cupidigia, ma a essere pronti, se è necessario, a cedere anche di più.

- Finalmente credevano lecito il sentimento dell'odio, dato che la legge comandava di uccidere i nemici.

La legge però non aveva dato queste norme, come si è già fatto notare [ q. 105, a. 3, ad 4 ], per dare libero sfogo all'odio, ma per ristabilire la giustizia.

E allora il Signore comanda di amare i nemici e di essere pronti, se necessario, a far loro del bene.

Infatti, come nota S. Agostino [ De serm. Dom. in monte 1,19s ], questi precetti vanno intesi « secondo la disposizione dell'animo ».

3. I precetti morali dovevano rimanere inalterati nella nuova legge, poiché appartengono direttamente all'essenza della virtù.

Invece i precetti giudiziali non dovevano rimanere necessariamente nel modo in cui la legge li aveva determinati, ma veniva lasciato all'arbitrio dell'uomo determinarne in concreto le norme.

Perciò giustamente il Signore ci volle dare delle indicazioni relative a questi due generi di precetti.

Invece l'osservanza dei precetti cerimoniali veniva del tutto abrogata con il compimento delle profezie.

E così il Signore non ricordò affatto questi precetti in quella sua istruzione generale.

Tuttavia altrove egli chiarì che tutto il culto esterno determinato dalla legge doveva trasformarsi in un culto spirituale, come riferisce il Vangelo di S. Giovanni [ Gv 4,1-23 ]: « È giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre, ma i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità ».

4. Tutti i beni terreni si riducono a tre, vale a dire agli onori, alle ricchezze e ai piaceri, secondo le parole di S. Giovanni [ 1 Gv 2,16 ]: « Tutto ciò che è nel mondo è concupiscenza della carne, concupiscenza degli occhi e superbia della vita ».

Ora, la legge non permetteva gli eccessi del piacere, ma piuttosto li proibiva.

Invece prometteva grandezza di onori e abbondanza di ricchezze: infatti nel Deuteronomio [ Dt 28,1 ] si legge: « Se tu obbedirai fedelmente alla voce del Signore tuo Dio, egli ti metterà sopra tutte le nazioni della terra »; e poco dopo [ Dt 28,11 ]: « Ti concederà abbondanza di beni ».

I Giudei però intendevano così male tali promesse da pensare che si dovesse servire Dio per tali beni, come se fossero il fine ultimo.

Perciò il Signore esclude il suddetto errore insegnando in primo luogo che gli atti virtuosi non vanno compiuti per la gloria mondana.

E accenna a tre di queste azioni, che compendiano le altre: infatti tutto ciò che si fa per tenere a freno se stessi nelle proprie concupiscenze si riduce al digiuno; tutto ciò che si compie per amore del prossimo si riduce all'elemosina; quanto infine si compie per il culto di Dio si riduce alla preghiera.

E nomina in particolare queste tre azioni virtuose perché sono le principali, e poiché con esse gli uomini sono soliti procurarsi la gloria.

- In secondo luogo poi insegna a non mettere il nostro fine nelle ricchezze, dicendo: « Non vogliate accumulare tesori sulla terra ».

5. Il Signore non ha proibito la preoccupazione necessaria, ma quella eccessiva.

Ora, quattro sono gli eccessi da evitare in questa preoccupazione delle cose terrene.

Primo, dobbiamo evitare di mettere in tali cose il nostro fine, e di servire Dio per le necessità del vitto e del vestito.

Da cui l'ammonimento: « Non vogliate accumulare tesori », ecc.

- Secondo, non dobbiamo essere preoccupati delle cose temporali al punto di non fidarci dell'aiuto divino.

Perciò il Signore afferma: « Il Padre vostro sa che avete bisogno di tutte queste cose ».

- Terzo, la preoccupazione non deve essere presuntuosa: l'uomo cioè non deve pensare che la sua industria basti a procurargli il necessario alla vita, senza bisogno dell'aiuto di Dio.

Perciò il Signore in proposito ricorda che « l'uomo non può aggiungere nulla alla propria statura ».

- Quarto, questa preoccupazione non deve anticipare il tempo dovuto: nel senso cioè che non ci si deve preoccupare in questo momento di ciò che riguarda non il presente, ma solo il futuro.

Perciò ammonisce: « Non vi preoccupate del domani ».

6. Il Signore non proibisce il giudizio secondo giustizia, senza il quale non sarebbe possibile negare le cose sante agli indegni.

Proibisce invece, come si è detto [ nel corpo ], il giudizio sregolato.

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