Summa Teologica - II-II

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Articolo 12 - Se la carità venga perduta con un solo peccato mortale

In 3 Sent., d. 31, q. 1, a. 1; De Virt., q. 2, aa. 6, 13

Pare che la carità non venga perduta con un solo peccato mortale.

Infatti:

1. Origene [ Peri arch. 1,3 ] scrive: « Se il disgusto prende talora qualcuno di coloro che sono giunti al grado della perfezione, penso che questi non debba subito svuotarsi e decadere, ma è necessario che decada un po' per volta ».

Ora, l'uomo decade perdendo la carità.

Quindi la carità non si perde con un solo peccato mortale.

2. Il Papa S. Leone [ Serm. 60,4 ] così parla in un discorso rivolgendosi a S. Pietro: « Il Signore vide che in te la fede non era stata vinta, l'amore non era stato distrutto, ma la costanza era stata turbata.

Abbondò il pianto dove non era venuto meno l'affetto; la fonte della carità lavò le parole della paura ».

E S. Bernardo [ Guglielmo ab. di S. Thierry, De nat. et dign. amoris 6,14 ] arguisce da ciò che « in Pietro la carità non fu estinta, ma sopita ».

Eppure Pietro, rinnegando Cristo, peccò mortalmente.

Quindi la carità non si perde per un solo peccato mortale.

3. La carità è più forte di una virtù acquisita.

Ma gli abiti delle virtù acquisite non vengono eliminati da un solo atto del vizio contrario.

Perciò molto meno la carità può essere eliminata da un unico atto di peccato mortale.

4. La carità implica l'amore di Dio e del prossimo.

Ma è chiaro che uno può commettere un peccato mortale conservando l'amore di Dio e del prossimo: infatti il disordine dell'affetto in rapporto ai mezzi non elimina l'amore verso il fine, come sopra [ a. 10 ] si è notato.

Perciò la carità verso Dio può rimanere pur essendoci un peccato mortale per l'affetto disordinato verso un bene temporale.

5. L'oggetto delle virtù teologali è il fine ultimo.

Ma le altre virtù teologali, cioè la fede e la speranza, non sono eliminate da un solo peccato mortale, poiché rimangono informi.

Quindi anche la carità può rimanere informe, pur essendo stato commesso un peccato mortale.

In contrario:

Col peccato mortale un uomo diviene degno della morte eterna, secondo l'espressione dell'Apostolo [ Rm 6,23 ]: « Il salario del peccato è la morte ».

Ma chiunque ha la carità merita la vita eterna, poiché sta scritto [ Gv 14,21 ]: « Chi mi ama sarà amato dal Padre mio, e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui », e la vita eterna consiste appunto in questa manifestazione, secondo quanto leggiamo [ Gv 17,3 ]: « Questa è la vita eterna, che conoscano te, l'unico vero Dio, e colui che hai mandato, Gesù Cristo ».

Ora, nessuno può essere degno allo stesso tempo della vita eterna e della morte eterna.

Quindi è impossibile che uno abbia la carità col peccato mortale.

Perciò basta un solo peccato mortale per eliminare la carità.

Dimostrazione:

Un contrario viene sempre eliminato al sopraggiungere del suo contrario.

Ora, qualsiasi atto di peccato mortale è contrario alla natura stessa della carità, che consiste nell'amare Dio sopra tutte le cose e nel sottomettersi a lui totalmente, indirizzando a lui tutte le proprie cose.

Perciò è essenziale alla carità l'amare Dio fino al punto di volersi sottomettere a lui interamente, e di seguire in tutto la norma dei suoi precetti: poiché tutto ciò che contrasta con i suoi precetti è apertamente contrario alla carità, e quindi di per sé la esclude.

Ora, se la carità fosse un abito acquisito, dipendente dalla virtù del soggetto, non verrebbe necessariamente eliminata da un unico atto contrario: infatti l'atto non è direttamente contrario all'abito, ma a un altro atto; e d'altra parte la conservazione di un abito nel soggetto non richiede la continuità dell'atto: perciò il sopraggiungere di un atto contrario non esclude immediatamente l'abito acquisito.

Ma la carità, essendo un abito infuso, dipende dall'azione di Dio che la infonde, e che nell'infusione e nella conservazione di essa è paragonabile al sole nell'atto di illuminare l'aria, come si è detto [ a. 10, ob. 3; q. 4, a. 4, ad 3 ].

Come quindi cessa la luce nell'aria non appena si interpone un ostacolo all'illuminazione del sole, così la carità cessa di esistere nell'anima non appena si mette un ostacolo all'infusione di essa da parte di Dio.

Ora, è evidente che con qualsiasi peccato mortale, che è contrario ai precetti di Dio, si mette un ostacolo a tale infusione: e così il fatto stesso che un uomo nella scelta preferisca il peccato all'amicizia di Dio, che esige l'adempimento della volontà divina, ha come conseguenza immediata il fatto che l'abito della carità si perde con un solo atto di peccato mortale.

Perciò S. Agostino [ De Gen. ad litt. 8,12.25 ] insegna che « l'uomo è illuminato dalla presenza di Dio in lui; ma se Dio è assente, subito è ottenebrato; e da Dio ci si allontana non con la distanza materiale, ma con l'allontanamento della volontà ».

Analisi delle obiezioni:

1. Le parole di Origene possono essere intese nel senso che l'uomo che si trova nello stato di perfezione non passa immediatamente all'atto del peccato mortale, ma vi si predispone con qualche negligenza precedente.

Infatti si dice che i peccati veniali predispongono al mortale, come si è già spiegato [ I-II, q. 88, a. 3 ].

E tuttavia con un solo atto di peccato mortale, se lo si commette, si cade perdendo la carità.

Siccome però Origene aggiunge: « Se uno, dopo una caduta momentanea, subito si pente, non pare che crolli del tutto », si può anche dire che per lui si svuota e decade chi arriva al punto di peccare per malizia.

Il che non avviene subito in un uomo perfetto.

2. Si può perdere la carità in due modi.

Primo, direttamente, disprezzandola di proposito.

E Pietro non perdette la carità in questo modo.

- Secondo, indirettamente: quando cioè si commette un atto contrario alla carità per una passione della concupiscenza o del timore.

E Pietro, agendo in questo modo contro la carità, perdette la carità; però la ricuperò subito.

4. Costituisce peccato mortale non qualsiasi disordine affettivo circa i mezzi, cioè i beni creati, ma solo il disordine che è in contrasto con la volontà di Dio.

E questo, come si è detto [ nel corpo ], è incompatibile con la carità.

5. La carità, a differenza della fede e della speranza, comporta una certa unione con Dio.

Ora, ogni peccato mortale consiste in un allontanamento da Dio, come si è visto [ q. 20, a. 3; I-II, q. 72, a. 5 ].

Quindi ogni peccato mortale è incompatibile con la carità.

Invece non tutti i peccati mortali sono incompatibili con la fede e la speranza, ma solo certi peccati particolari che ne distruggono i rispettivi abiti, come fa ogni peccato mortale con l'abito della carità.

Per cui è evidente che la carità non può rimanere informe, essendo la forma suprema delle virtù, dal momento che considera Dio sotto l'aspetto di fine ultimo, come si è visto [ q. 23, a. 8 ].

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