Summa Teologica - II-II

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Articolo 3 - Se la prudenza conosca i singolari

In 6 Ethic., lectt. 6, 7

Pare che la prudenza non sia fatta per conoscere i singolari.

Infatti:

1. La prudenza, come si è visto [ a. 1 ], risiede nella ragione.

Ma come dice Aristotele [ Phys. 1,5 ], « la ragione è degli universali ».

Quindi la prudenza non conosce se non gli universali.

2. I singolari sono infiniti.

Ma la ragione non può abbracciare infinite cose.

Quindi la prudenza, che è una ragione retta, non ha per oggetto i singolari.

3. I singolari sono conosciuti mediante i sensi.

Ma la prudenza non è nei sensi: infatti molti, pur avendo i sensi esterni perspicaci, non sono prudenti.

Quindi la prudenza non è fatta per conoscere i singolari.

In contrario:

Il Filosofo [ Ethic. 6,7 ] insegna che « la prudenza non si limita agli universali, ma deve conoscere anche i singolari ».

Dimostrazione:

Come si è detto [ a. 1, ad 3 ], compito della prudenza non è soltanto la considerazione della ragione, ma anche l'applicazione di essa all'opera, che è il fine della ragione pratica.

Ora, nessuno può applicare una cosa a un'altra senza conoscerle entrambe, cioè la cosa da applicare e quella a cui essa va applicata.

Ma le azioni umane sono tra i singolari.

Quindi è necessario che la persona prudente conosca i princìpi universali della ragione, e conosca pure i singolari di cui si occupano le operazioni.

Analisi delle obiezioni:

1. La ragione ha come oggetto primo e principale gli universali; essa tuttavia ha la capacità di applicare le ragioni universali ai singolari ( infatti le conclusioni dei sillogismi non sono soltanto universali, ma anche particolari ): poiché l'intelletto, come nota Aristotele [ De anima 3,4 ], mediante una certa riflessione si estende fino alla materia.

2. Proprio perché la ragione umana non è in grado di abbracciare l'infinità dei singolari « le nostre riflessioni sono incerte », come dice la Scrittura [ Sap. 9,14 ].

Tuttavia mediante l'esperienza i singolari infiniti si riducono ad alcune determinate situazioni che capitano ordinariamente, e la cui conoscenza è sufficiente per la prudenza umana.

3. Come nota il Filosofo [ Ethic. 6,8 ], la prudenza non si trova nei sensi esterni, con i quali conosciamo i sensibili propri, ma nei sensi interni, addestrati dalla memoria e dall'esperienza a giudicare prontamente dei vari dati dell'esperienza.

Non che la prudenza abbia la sua sede principale nei sensi interni, ma essa, risiedendo principalmente nella ragione, raggiunge mediante una certa applicazione questa conoscenza sensitiva.

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