Summa Teologica - II-II

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Articolo 1 - Se la prudenza risieda nelle facoltà conoscitive o in quelle appetitive

I-II, q. 56, a. 2, ad 3; a. 3; In 3 Sent., d. 33, q. 21, a. 4, sol. 4; In 6 Ethic., lect. 4

Pare che la prudenza non risieda nelle facoltà conoscitive, ma in quelle appetitive.

Infatti:

1. S. Agostino [ De mor. Eccl. 15 ] ha scritto: « La prudenza è un amore che sceglie con sagacia le cose che giovano in mezzo a quelle che potrebbero nuocere ».

Ma l'amore non risiede nelle facoltà conoscitive, bensì in quelle appetitive.

Quindi la prudenza si trova nelle facoltà appetitive.

2. Come appare dalla definizione suddetta [ ob. 1 ], la prudenza ha il compito di « scegliere con sagacia ».

Ora, noi abbiamo già dimostrato [ I, q. 83, a. 3; I-II, q. 13, a. 1 ] che la scelta è un atto della potenza appetitiva.

Perciò la prudenza non risiede in una facoltà conoscitiva, ma in una facoltà appetitiva.

3. Il Filosofo [ Ethic. 6,5 ] nota che « nell'arte è preferibile chi pecca volontariamente, mentre nella prudenza, come nelle altre virtù, è meno preferibile ».

Ora, le virtù morali di cui egli parla sono nella parte appetitiva, mentre l'arte è nella ragione.

Quindi la prudenza è più nella parte appetitiva che nella ragione.

In contrario:

S. Agostino [ Lib. LXXXIII quaest. 61 ] insegna: « La prudenza è la conoscenza delle cose da perseguire e da evitare ».

Dimostrazione:

Come dice S. Isidoro [ Etym. 10 ], « prudente suona quasi porro videns [ lungimirante ]: egli infatti è perspicace, e vede le vicissitudini delle cose incerte ».

Ora, il vedere non è un atto delle facoltà appetitive, ma delle conoscitive.

È quindi evidente che la prudenza appartiene direttamente a una facoltà conoscitiva.

Non però a una potenza sensitiva: poiché con tali potenze si conoscono soltanto le cose vicine e che si presentano ai sensi.

Invece conoscere le cose future partendo dal presente o dal passato, come fa la prudenza, è proprio della ragione: poiché ciò richiede dei confronti.

Rimane quindi stabilito che la prudenza propriamente è nella ragione.

Analisi delle obiezioni:

1. Come si è detto sopra [ I, q. 82, a. 4; I-II, q. 9, a. 1 ], la volontà muove tutte le potenze ai loro atti.

D'altra parte abbiamo anche visto [ I, q. 20, a. 1; I-II, q. 25, aa. 1,2,3 ] che il primo atto della potenza appetitiva è l'amore.

Così dunque si dice che la prudenza è amore: non già essenzialmente, ma perché l'amore muove all'atto della prudenza.

Per cui S. Agostino aggiunge nel passo citato che « la prudenza è un amore che sa ben discernere le cose che giovano per tendere a Dio da quelle che potrebbero impedirlo ».

E si dice che l'amore discerne in quanto muove la ragione a discernere.

2. La persona prudente considera le cose lontane in quanto valgono a favorire o a impedire gli atti che devono essere compiuti in seguito.

Perciò è evidente che le cose considerate dalla prudenza sono ordinate ad altre come mezzi al fine.

Ora, i mezzi sono nella ragione oggetto della deliberazione, o consiglio, e nell'appetito sono oggetto della scelta.

Ma di questi due atti appartiene più propriamente alla prudenza la deliberazione: poiché, come dice il Filosofo [ Ethic. 6, cc. 5,7,9 ], il prudente « è colui che sa ben deliberare ».

Siccome però la scelta presuppone la deliberazione, essendo essa, secondo Aristotele [ Ethic. 3,2 ], « un appetito previamente deliberato », anche la scelta può essere di riflesso attribuita alla prudenza, in quanto questa guida la scelta mediante la deliberazione.

3. Il pregio della prudenza non consiste nella sola considerazione, ma nell'applicazione all'atto, che è il fine della ragione pratica.

Se quindi si verifica una mancanza in questo punto, ciò contrasta sommamente con la prudenza: poiché come il fine è in ogni genere di cose l'elemento più importante, così una mancanza relativa al fine è sempre la più grave.

Per cui il Filosofo aggiunge nel passo citato che la prudenza « non è accompagnata soltanto dalla ragione », come l'arte: essa infatti comporta l'applicazione all'opera, il che richiede la volontà.

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