Summa Teologica - II-II

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Articolo 12 - Se la prudenza si trovi nei sudditi, oppure solo nei superiori

Infra, q. 50, a. 2; In 6 Ethic., lect. 7

Pare che la prudenza non si trovi nei sudditi, ma solo nei superiori.

Infatti:

1. Il Filosofo [ Polit. 3,2 ] ha scritto che « la prudenza è la sola virtù propria del principe, mentre le altre virtù sono comuni ai sudditi e ai principi.

Poiché la virtù del suddito non è la prudenza, ma la rettitudine dell'opinare ».

2. Aristotele [ Polit. 1,5 ] afferma ancora che « lo schiavo è del tutto privo di deliberazione ».

Ma la prudenza, come egli dice altrove [ Ethic. 6, cc. 5,7,9 ], « ci rende capaci di ben deliberare ».

Quindi la prudenza non appartiene né agli schiavi, né ai sudditi.

3. La prudenza, come si è visto [ a. 8 ], è fatta per dare comandi.

Ma dare comandi non spetta né ai servi, né ai sudditi, ma solo ai superiori.

Quindi la prudenza non è nei sudditi, ma soltanto nei superiori.

In contrario:

Il Filosofo [ Ethic. 6,8 ] afferma che due sono le specie della prudenza politica: la prima è « istitutrice delle leggi », e appartiene ai principi; la seconda, che « conserva il nome generico di politica », ha per oggetto i singolari.

Ma porre in atto i singolari appartiene anche ai sudditi.

La prudenza quindi non appartiene soltanto ai superiori, ma anche ai sudditi.

Dimostrazione:

La prudenza risiede nella ragione.

Ora, comandare e governare è proprio della ragione.

Quindi un uomo esige che gli vengano attribuite la ragione e la prudenza nella misura in cui partecipa al comando e al governo.

D'altra parte è evidente che il suddito in quanto suddito e il servo in quanto servo non hanno la facoltà di comandare e di governare, ma piuttosto quella di essere comandati e governati.

Perciò la prudenza non è una virtù del servo in quanto tale, né del suddito in quanto suddito.

Qualsiasi uomo però, essendo in quanto razionale partecipe del comando in forza del libero arbitrio della ragione, deve possedere una partecipazione della prudenza.

È evidente quindi che la prudenza risiede nel principe « in qualità di arte architettonica », come dice Aristotele [ ib. ]; nei sudditi si trova invece « in qualità di arte manuale ».

Analisi delle obiezioni:

1. L'affermazione del Filosofo va intesa a rigore di termini, cioè nel senso che la virtù della prudenza non è una virtù del suddito in quanto tale.

2. Il servo è privo della facoltà di deliberare in quanto servo: infatti in tal senso egli è strumento del suo padrone.

Tuttavia egli ha capacità di deliberare in quanto è un animale ragionevole.

3. Mediante la prudenza l'uomo comanda non solo agli altri, ma anche a se stesso: in quanto cioè la ragione comanda alle potenze inferiori.

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