Summa Teologica - II-II

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Articolo 15 - Se la prudenza sia insita in noi per natura

De Verit., q. 18, a. 7, ad 7

Pare che la prudenza sia insita in noi per natura.

Infatti:

1. Il Filosofo [ Ethic. 6,11 ] scrive che le cose riguardanti la prudenza, cioè la synesis, la gnome e altre cose del genere « Paiono essere naturali »: non così invece quelle che riguardano la conoscenza speculativa.

Ora, le cose che appartengono al medesimo genere debbono avere la medesima origine.

Perciò anche la prudenza è insita in noi per natura.

2. Le variazioni di età sono nell'ordine della natura.

Ma la prudenza, stando alla Scrittura [ Gb 12,12 ], dipende dall'età: « Nei canuti sta la saggezza, e nella vita lunga la prudenza ».

Quindi la prudenza è naturale.

3. La prudenza conviene più alla natura umana che alla natura degli animali bruti.

Ma in questi animali ci sono delle prudenze naturali, come insegna il Filosofo [ De hist. animal. 8,1 ].

Quindi la prudenza è naturale.

In contrario:

Il Filosofo [ Ethic. 2,1 ] afferma che « la virtù intellettuale deriva per lo più dall'istruzione la sua origine e il suo sviluppo: per cui ha bisogno di esperienza e di tempo ».

Ma la prudenza è una virtù intellettuale, come sopra [ I-II, q. 57, a. 5; q. 58, a. 3, ad 1 ] si è visto.

Quindi la prudenza non deriva in noi dalla natura, ma dall'istruzione e dall'esperienza.

Dimostrazione:

Come si è già visto [ a. 3 ], la prudenza include la conoscenza universale e particolare delle azioni da compiere, alle quali l'uomo prudente applica i princìpi generali.

Perciò rispetto alla conoscenza universale la prudenza e la scienza speculativa si trovano nelle stesse condizioni.

Poiché i primi princìpi dell'una e dell'altra ci sono noti per natura, come sopra [ a. 6 ] si è detto; senonché i princìpi generali della prudenza sono per l'uomo più naturali, come risulta dalle parole del Filosofo [ Ethic. 10,7 ]: « La vita conforme alla speculazione è superiore a quella conforme alla natura umana ».

Invece gli altri princìpi universali successivi, sia della ragione speculativa che della ragione pratica, non si hanno per natura, ma per acquisizione mediante l'esperienza o l'esercizio, oppure con l'istruzione.

Quanto poi alla conoscenza particolare di ciò che interessa l'operazione bisogna suddistinguere.

Poiché un'operazione si interessa di una cosa considerandola o come fine o come mezzo.

Ma i fini retti della vita umana sono determinati.

Quindi l'inclinazione verso di essi può essere naturale: e sopra [ I-II, q. 51, a. 1; q. 63, a. 1 ] abbiamo dimostrato che alcuni per naturale disposizione hanno certe virtù che danno loro una propensione verso questi fini retti, e per conseguenza hanno anche per natura una retta valutazione di tali fini.

I mezzi invece ordinati al fine non sono determinati nella vita umana, ma sono variamente diversificati secondo la diversità delle persone e delle loro mansioni.

E così, dato che l'inclinazione naturale tende sempre a qualcosa di determinato, tale conoscenza non può essere naturale per l'uomo; sebbene per naturale disposizione uno sia più preparato di un altro al discernimento di tali cose, come avviene anche per le conclusioni delle scienze speculative.

Poiché dunque la prudenza non ha per oggetto i fini, ma i mezzi, secondo le spiegazioni date [ a. 6; I-II, q. 57, a. 5 ], ne viene che la prudenza non è una virtù naturale.

Analisi delle obiezioni:

1. Il Filosofo qui parla degli elementi relativi alla prudenza che si riferiscono ai fini: infatti prima aveva detto che « i suoi princìpi sono il cuius gratia », cioè il fine.

E per questo non parla dell'eubulia, che è fatta per deliberare sui mezzi ordinati al fine.

2. La prudenza si trova maggiormente negli anziani non solo per la loro naturale disposizione, conseguente al quietarsi delle passioni dei sensi, ma anche per l'esperienza del passato.

3. Negli animali bruti le vie per giungere al fine sono determinate: infatti vediamo che tutti gli animali di una medesima specie agiscono allo stesso modo.

Ciò invece non può avvenire nell'uomo, a motivo della sua ragione la quale, essendo fatta per conoscere gli universali, può estendersi a un numero infinito di singolari.

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