Summa Teologica - II-II

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Articolo 2 - Se basti la testimonianza di due o tre testimoni

Infra, a. seq.: In 4 Sent., d. 17, q. 3, a. 1, sol. 2, ad 1, 3; d. 19, q. 2, a. 3, sol. 1, ad 5; Quodl., 5, q. 8, a. 2

Pare che la testimonianza di due o tre testimoni non basti.

Infatti:

1. Il giudizio richiede la certezza.

Ma non si può avere la certezza con la deposizione di due testimoni: poiché si legge [ 1 Re 21,9ss ] che Nabot fu condannato dietro la falsa deposizione di due testimoni.

Quindi la deposizione di due testimoni non basta.

2. La testimonianza per essere credibile deve essere concorde.

Ma le deposizioni di due o tre testimoni sono spesso discordi su certi particolari.

Quindi non sono sufficienti a provare la verità in giudizio.

3. Nei Canoni [ Decr. di Graz. 2, 2, 4, 2 ] si legge: « Non si condanni un vescovo se non in base alla deposizione di settantadue testimoni.

Un Cardinale presbitero non sia deposto che per la testimonianza di quarantaquattro persone.

Un Cardinale diacono della città di Roma non può essere condannato se non per la testimonianza di ventotto.

I suddiaconi, gli accoliti, gli esorcisti, i lettori e gli ostiari non siano condannati se non per la testimonianza di sette testimoni ».

Ora, il peccato di chi è costituito in più alta dignità è più pericoloso, e quindi va meno tollerato.

Perciò anche nel condannare le altre persone non può bastare la testimonianza di due o tre testimoni.

In contrario:

Nel Deuteronomio [ Dt 17,6 ] si legge: « Colui che dovrà morire sarà messo a morte sulla parola di due o tre testimoni »; e ancora [ Dt 19,15 ]: « Il fatto dovrà essere stabilito sulla parola di due o tre testimoni ».

Dimostrazione:

Come fa notare il Filosofo [ Ethic. 1, cc. 3,7 ], « non si deve esigere in tutte le materie la medesima certezza ».

Poiché negli atti umani, sui quali vertono i processi e le deposizioni dei testimoni, non si può avere una certezza dimostrativa, trattandosi di cose contingenti e variabili.

Basta quindi una certezza probabile, che raggiunge la verità nella maggior parte dei casi, sebbene talora si scosti da essa.

Ora, è più probabile che contenga la verità la deposizione di molti che quella di uno solo.

Perciò quando il reo è solo a negare, mentre sono molteplici i testimoni che affermano la stessa cosa assieme all'accusatore, è stato ragionevolmente stabilito dal diritto divino e da quello umano che si stia alla deposizione dei testimoni.

Ma ogni pluralità o molteplicità si compone di tre elementi, cioè di un principio, di un elemento intermedio e di un termine finale: secondo il Filosofo infatti [ De caelo 1,1 ] « il tutto e l'universo si riducono a tre cose ».

Ora, si ha una triade di assertori quando due testi concordano con l'accusatore.

E per questo si richiedono due testimoni; oppure, per una maggiore certezza, anche tre, in modo da avere la perfezione della pluralità negli stessi testimoni.

Infatti si legge [ Qo 4,12 ]: « Una corda a tre capi non si rompe tanto presto ».

E S. Agostino [ In Ioh. ev. tract. 36 ], spiegando quel passo evangelico [ Gv 8,17 ]: « La testimonianza di due persone è vera », afferma che « qui si ha una misteriosa allusione alla Trinità, nella quale risiede l'immutabile certezza della verità ».

Analisi delle obiezioni:

1. Per quanto grande possa essere il numero prescritto dei testimoni, potrebbe sempre capitare una falsa testimonianza, poiché sta scritto [ Es 23,2 ]: « Non seguirai la maggioranza per agire male ».

Non è detto però che si debba trascurare la certezza probabile che si può avere mediante due o tre testimoni, di cui abbiamo parlato [ nel corpo ], per il fatto che non si può avere una certezza infallibile.

2. La discordia dei testimoni su circostanze principali che cambiano la natura del fatto, cioè sul tempo, sul luogo o sulle persone di cui propriamente si tratta, toglie valore alla testimonianza: poiché discordando in queste cose rimangono come testimoni singoli, che si riferiscono a fatti diversi.

Se uno p. es. dice che il fatto è accaduto in un dato tempo e luogo, e l'altro invece sta per un luogo e un tempo diversi, i due mostrano di non parlare dello stesso fatto.

Invece la testimonianza non è pregiudicata se uno dice di non ricordare, mentre l'altro determina il tempo e il luogo.

Se poi su tali circostanze i testimoni dell'accusa e quelli della difesa non si accordano, e sono uguali per valore e per numero, si deve decidere la causa a favore dell'imputato: poiché il giudice deve essere più portato ad assolvere che a condannare; a meno che non si tratti di cause a favore dell'accusato, come sono i processi per l'affrancamento, e altri consimili.

- Se poi discordano i testimoni di una medesima parte, allora il giudice deve intuire dai moti del suo animo quale partito scegliere: o considerando il numero dei testimoni, o il loro valore, o i vantaggi della causa, o lo svolgimento del processo e delle deposizioni.

Molto più poi è da rigettarsi la testimonianza di una singola persona se è in contraddizione con se stessa a proposito di quanto conosce come testimone oculare.

Non così invece se è in contraddizione su cose conosciute in base al sentito dire e all'opinione altrui: poiché uno può essere mosso a rispondere diversamente basandosi su costatazioni e racconti diversi.

Se infine la discordia di una testimonianza verte su cose che non pregiudicano la sostanza del fatto, come potrebbe essere la nebulosità o la serenità del tempo, la decorazione o meno della casa e simili, allora la discordanza non pregiudica la deposizione: poiché gli uomini non sono molto preoccupati di questi dati, e quindi facilmente li dimenticano.

Anzi, la loro discordia su queste circostanze rende la testimonianza più credibile, come nota il Crisostomo [ In Mt hom. 1 ]: poiché se concordassero in tutto, anche nei minimi particolari, potrebbe parere che parlino allo stesso modo per un'intesa.

La cosa però è lasciata al prudente discernimento del giudice.

3. Quei testi si riferiscono in particolare ai vescovi, ai sacerdoti, ai diaconi e ai chierici della Chiesa Romana, data la sua dignità.

E ciò per tre motivi.

Primo, perché in essa debbono essere promossi a simili dignità uomini tali da meritare per la loro santità una fede superiore a quella che va accordata a molti testimoni.

- Secondo, perché le persone chiamate a giudicare gli altri si creano spesso molti nemici a causa della giustizia.

Perciò non si deve credere subito ai testimoni che depongono contro di loro, a meno che non ci sia l'accordo di un gran numero di essi.

- Terzo, perché dalla condanna di un prelato romano verrebbe menomata la dignità e l'autorità di quella Chiesa nell'opinione degli uomini. Il che è più deleterio della tolleranza in essa di qualche peccatore, a meno che esso non sia troppo pubblico e notorio, con la conseguenza di un grave scandalo.

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