Summa Teologica - II-II

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Articolo 2 - Se pregare sia un atto conveniente

In 4 Sent., d. 15, q. 4, a. 1, sol. 3, ad 1, 2, 3; C. G., III, cc. 95, 96; Comp. Theol., p. II, c. 2; In Matth., c. 6

Pare che pregare non sia un atto conveniente.

Infatti:

1. La preghiera è necessaria solo per presentare a colui che preghiamo le cose di cui abbiamo bisogno.

Ma come dice il Vangelo [ Mt 6,32 ], « il Padre vostro celeste sa che ne avete bisogno ».

Quindi non è conveniente pregare Dio.

2. La preghiera tende a piegare l'anima di chi la ascolta perché faccia quanto gli si chiede.

Ma l'animo di Dio è immutabile e inflessibile, come dice la Scrittura [ 1 Sam 15,29 Vg ]: « Colui che è la gloria di Israele non si pentirà e non si lascerà piegare dalla compassione ».

Quindi non è un atto conveniente pregare Dio.

3. È un gesto più liberale dare a chi non chiede che dare a chi chiede, poiché secondo Seneca [ De benef. 2,1 ] « nessuna cosa è comprata a più caro prezzo di quella che è comprata con le preghiere ».

Ma Dio è liberalissimo.

Quindi non è conveniente pregare Dio.

In contrario:

Sta scritto [ Lc 18,1 ]: « Bisogna pregare sempre, senza stancarsi ».

Dimostrazione:

Tre furono gli errori dell'antichità a proposito della preghiera.

Alcuni pensarono che le realtà umane non sono governate dalla provvidenza divina.

Dal che segue che la preghiera, come qualsiasi culto verso Dio, sarebbe una cosa vana.

E contro di essi stanno quelle parole di Malachia [ Ml 3,14 ]: « Avete affermato: È inutile servire Dio ».

- Al secondo posto troviamo l'opinione di quanti affermavano che tutto avviene per necessità, anche nelle cose umane: sia per l'immutabilità della provvidenza divina, sia per il determinismo degli astri, sia per la concatenazione delle cause.

E anche secondo costoro è da escludersi ogni utilità della preghiera.

- Il terzo errore fu l'opinione di coloro che, pur ammettendo il governo della divina provvidenza sulle cose umane, e pur escludendo che queste avvengano per necessità, affermavano tuttavia che le disposizioni della divina provvidenza sono mutevoli, e che la loro mutazione può dipendere dalle preghiere e dalle altre funzioni del culto divino.

- Ora, tutti questi errori noi li abbiamo già confutati nella Prima Parte [ q. 22, aa. 2,4; q. 23, a. 8; q. 115, a. 6; q. 116, a. 3 ].

Perciò l'utilità della preghiera va difesa in modo da non imporre una necessità alle cose umane, soggette alla divina provvidenza, e d'altra parte senza considerare mutevoli le disposizioni divine.

Per chiarire dunque la cosa si deve considerare che la divina provvidenza non dispone solo gli effetti da produrre, ma anche le cause e l'ordine con cui devono essere prodotti.

Ora tra le altre cause, per certi effetti, ci sono anche le azioni umane.

Quindi è necessario che gli uomini compiano certe cose non per cambiare con i loro atti le disposizioni divine, ma per produrre alcuni determinati effetti secondo l'ordine prestabilito da Dio.

Come del resto avviene per le cause naturali.

E ciò vale anche per la preghiera.

Infatti noi preghiamo non allo scopo di mutare le disposizioni divine, ma per impetrare quanto Dio ha disposto che venga compiuto mediante la preghiera dei santi: cioè, come dice S. Gregorio [ Dial. 1,8 ], affinché gli uomini « pregando meritino di ricevere quanto Dio onnipotente fin dall'eternità aveva disposto di donare ad essi ».

Analisi delle obiezioni:

1. Se noi presentiamo delle preghiere a Dio non è per svelare a lui le nostre necessità e i nostri desideri, ma per chiarire bene a noi stessi che in simili casi bisogna ricorrere all'aiuto di Dio.

2. La nostra preghiera, come si è visto [ nel corpo ], non è ordinata a cambiare le disposizioni divine, ma a ottenere con le nostre preghiere ciò che Dio ha disposto.

3. Dio nella sua liberalità ci dà molte cose anche senza che gliele chiediamo.

Ma è per il nostro bene che alcune le condiziona alle nostre preghiere: perché cioè impariamo ad aver fiducia in lui, e a riconoscere che egli è la causa dei nostri beni.

Da cui le parole del Crisostomo [ cf. S. Tomm., Cat. Aurea su Lc 18,1 ]: « Considera quanta felicità ti è concessa, e quanta gloria: parlare con Dio nella preghiera, scambiare colloqui con Cristo, sollecitare ciò che vuoi, chiedere quanto desideri ».

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