Summa Teologica - II-II

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Articolo 9 - Se siano ben formulate le sette domande del Padre Nostro

In 3 Sent., d. 34, q. 1, a. 6; Comp. Theol., p. II, cc. 4, sqq.; In Orat. Dom.; In Matth., c. 6

Pare che le sette domande del Padre Nostro non siano ben formulate.

Infatti:

1. È vano chiedere cose che sono sempre in atto.

Ma il nome di Dio è sempre santo, secondo le parole evangeliche [ Lc 1,49 ]: « Santo è il suo nome ».

Il suo regno poi è eterno, secondo l'espressione del Salmo [ Sal 145,13 ]: « Il tuo regno è regno di tutti i secoli ».

Così pure la volontà di Dio si adempie sempre, come si legge in Isaia [ Is 46,10 ]: « Io compirò ogni mia volontà ».

Perciò è cosa vana chiedere che « il nome di Dio sia santificato », che « il suo regno venga » e che « la sua volontà sia fatta ».

2. L'allontanamento dal male precede il conseguimento del bene.

Perciò pare illogico presentare le domande che riguardano il conseguimento del bene prima di quelle che si riferiscono alla rimozione del male.

3. Le domande si fanno per avere qualcosa in dono.

Ma il principale dono di Dio è lo Spirito Santo, con i donativi che ne derivano.

Quindi le domande non sono ben formulate, non corrispondendo ai doni dello Spirito Santo.

4. Nel Vangelo di S. Luca [ Lc 11,2ss ] il Padre Nostro contiene cinque sole domande.

Perciò nelle sette domande che troviamo in S. Matteo [ Mt 6,9ss ] ce ne sono di superflue.

5. È vano il tentativo di accattivarsi la benevolenza di una persona che con la sua benevolenza ci previene.

Ora, Dio ci previene con la sua benevolenza: poiché, come dice S. Giovanni [ 1 Gv 4,10 ], « egli ci ha amati per primo ».

Quindi è superflua la premessa: « Padre nostro che sei nei cieli », che pare intesa ad accattivarsi la benevolenza.

In contrario:

Basta l'autorità di Cristo che ha istituito questa preghiera.

Dimostrazione:

La preghiera del Padre Nostro è perfettissima: poiché, come dice S. Agostino [ Epist. 130,12.22 ], « se preghiamo bene non possiamo dire altro che quanto è stato formulato in questa preghiera del Signore ».

Infatti nella preghiera chiediamo rettamente quello che siamo capaci di rettamente desiderare, poiché la preghiera è come l'interprete del nostro desiderio presso Dio.

Ora, nella Preghiera del Signore non solo vengono domandate tutte le cose che possiamo rettamente desiderare, ma anche nell'ordine in cui vanno desiderate: per cui questa preghiera non solo insegna a chiedere, ma altresì plasma tutti i nostri affetti.

Ora, è evidente che il primo oggetto del desiderio è il fine, a cui seguono i mezzi per raggiungerlo.

Ma il nostro fine è Dio, al quale il nostro affetto può tendere in due modi: primo, volendo la gloria di Dio; secondo, desiderando di godere della sua gloria.

Il primo di questi atti si riferisce all'amore col quale amiamo Dio per se stesso, il secondo invece all'amore col quale amiamo noi stessi in Dio.

Da cui la prima domanda: « Sia santificato il tuo nome », con la quale chiediamo la gloria di Dio, e subito dopo la seconda: « Venga il tuo regno », con la quale chiediamo di raggiungere la gloria del suo regno.

Ma al fine suddetto una cosa può predisporci o direttamente o indirettamente.

Direttamente ci predispone il bene utile al raggiungimento del fine.

Ora, una cosa può essere utile per il fine, che è la beatitudine, in due modi.

Primo, direttamente e principalmente, mediante il merito, che ci fa guadagnare la beatitudine con l'obbedienza a Dio.

E ad esso si riferisce la domanda: « Sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra ».

- Secondo, strumentalmente e quasi aiutandoci a meritare.

E a ciò si riferisce la domanda: « Dacci oggi il nostro pane quotidiano »; sia che essa venga intesa del pane sacramentale, il cui uso quotidiano è vantaggioso per l'uomo, e nel quale vengono inclusi anche tutti gli altri sacramenti; sia che venga intesa anche del pane materiale, indicando col pane « qualsiasi cibo necessario », secondo la spiegazione di S. Agostino [ Epist. 130,11.21 ]: poiché l'Eucaristia è il principale sacramento, e il pane il principale alimento.

Infatti nel Vangelo di S. Matteo si parla del « pane soprasostanziale », cioè « principale », come spiega S. Girolamo [ In Mt 1, su 6, 11 ss. ].

Indirettamente invece veniamo predisposti alla beatitudine mediante la rimozione degli ostacoli.

Ora, tre sono gli ostacoli che ci allontanano dalla beatitudine.

Primo, il peccato, che esclude direttamente dal Regno, secondo l'affermazione di S. Paolo [ 1 Cor 6,9s ]: « Né immorali, né idolatri », ecc., « erediteranno il regno di Dio ».

Da cui la domanda: « Rimetti a noi i nostri debiti ».

- Secondo, la tentazione, che ci trattiene dall'adempiere la divina volontà.

E ad essa si riferisce la domanda: « Non ci indurre in tentazione », con la quale non chiediamo di non essere tentati in alcun modo, ma di non essere vinti dalla tentazione.

- Terzo, le penalità della vita presente che sottraggono il necessario per vivere.

E a ciò si riferisce la domanda: « Liberaci dal male ».

Analisi delle obiezioni:

1. Come spiega S. Agostino [ De Serm. Dom. in monte 2,5.17 ], quando diciamo: « Sia santificato il tuo nome », « non poniamo questa domanda come se il nome di Dio non fosse santo, ma chiediamo che esso venga ritenuto santo dagli uomini »: miriamo cioè a diffondere la gloria di Dio presso gli uomini.

- E quando diciamo: « Venga il tuo regno », « non vogliamo dire che Dio attualmente non regna » [ De Serm. Dom. in monte 2,6.20 ], ma, come dice sempre S. Agostino [ Epist. 130,11.21 ], « eccitiamo il nostro desiderio verso quel regno, affinché esso venga in noi, e noi possiamo regnare in esso ».

- Le parole poi: « Sia fatta la tua volontà », « vanno intese così: Si obbedisca ai tuoi precetti come in cielo così in terra, cioè: come dagli angeli, così dagli uomini » [ De Serm. Dom. in monte 2,6.20 ].

- Perciò queste tre domande saranno soddisfatte pienamente nella vita futura; invece le altre quattro riguardano le necessità della vita presente, come nota ancora S. Agostino [ Enchir. 115 ].

2. Essendo la preghiera l'interprete del desiderio, l'ordine delle domande non corrisponde all'ordine dell'esecuzione, ma a quello del desiderio, o dell'intenzione, nel quale il fine viene prima dei mezzi, e il conseguimento del bene prima della rimozione del male.

3. S. Agostino [ De Serm. Dom in monte 2,11.38 ] fa così corrispondere le sette domande ai doni e alle beatitudini:

« Se è il timore di Dio a rendere beati i poveri in ispirito, chiediamo che sia santificato il nome di Dio col timore casto.

Se è la pietà a far sì che siano beati i mansueti, chiediamo che venga il suo regno affinché diveniamo mansueti, e cessiamo dal fargli resistenza.

Se è la scienza a rendere beati quelli che piangono, preghiamo che sia fatta la sua volontà: poiché allora non piangeremo.

Se è la fortezza a far sì che siano beati coloro che hanno fame, preghiamo che ci venga dato il nostro pane quotidiano.

Se è il consiglio a rendere beati i misericordiosi, rimettiamo i debiti affinché siano rimessi anche a noi.

Se è l'intelletto a rendere beati i puri di cuore, preghiamo che ci venga risparmiata la doppiezza di cuore che ci fa ricercare i beni temporali, dai quali scaturiscono le nostre tentazioni.

Se poi è la sapienza a far sì che siano beati i pacifici, perché saranno chiamati figli di Dio, preghiamo di essere liberati dal male: infatti questa liberazione ci renderà liberi figli di Dio ».

4. Come nota S. Agostino [ Enchir. 116 ], « S. Luca nella Preghiera del Signore riporta non sette domande, ma cinque.

Volendo infatti mostrare che la terza domanda è in qualche modo una ripetizione delle prime due, lo fece comprendere lasciandola da parte »: per il fatto, cioè, che la volontà di Dio mira soprattutto a farci conoscere la sua santità, e a farci regnare con lui.

« E così pure la domanda riferita da S. Matteo per ultima, "Liberaci dal male", S. Luca l'ha omessa perché ciascuno comprenda che la propria liberazione dal male consiste nel non cadere nella tentazione ».

5. Le preghiere si fanno non per piegare Dio, ma per eccitare in noi la fiducia nel chiedere.

E questa viene eccitata specialmente quando consideriamo la sua carità verso di noi, con la quale egli vuole il nostro bene, per cui diciamo: « Padre nostro »; e quando consideriamo la sua grandezza e onnipotenza, per cui diciamo: « che sei nei cieli ».

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