Summa Teologica - II-II

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Articolo 5 - Se il voto sia un atto di latria, cioè di religione

Contra Retr., c. 12

Pare che il voto non sia un atto di latria, cioè di religione.

Infatti:

1. Qualsiasi atto virtuoso può essere materia di voto.

Ma il promettere una cosa e il farla paiono appartenere a una medesima virtù.

Quindi il voto può appartenere a qualsiasi virtù, e non specialmente alla virtù di religione.

2. Secondo Cicerone [ De invent. 2,53 ], questa virtù ha il compito di « offrire a Dio culto e cerimonie ».

Ora, chi fa un voto non offre ancora nulla a Dio, ma solo promette.

Quindi il voto non è un atto di religione.

3. Il culto della religione non può indirizzarsi che a Dio.

Ma i voti non vengono fatti solo a Dio, bensì anche ai santi e ai prelati, a cui i religiosi fanno voto di obbedienza con la loro professione.

Quindi il voto non è un atto di religione.

In contrario:

Sta scritto [ Is 19,21 ]: « Gli presteranno culto con sacrifici e offerte, faranno voti al Signore e li adempiranno ».

Ma prestare culto a Dio è proprio della religione, o latria.

Quindi il voto è un atto di religione.

Dimostrazione:

Come si è spiegato sopra [ q. 81, a. 1, ad 1; a. 4, ad 1, 2 ], qualsiasi azione virtuosa può appartenere alla religione, o latria, quale atto imperato, per il fatto che viene ordinata all'ossequio di Dio, che è il fine proprio di questa virtù.

Ora, ordinare certi atti al proprio fine appartiene alla virtù che comanda, non a quelle comandate.

Perciò l'ordinazione degli atti di qualsiasi virtù al servizio di Dio è un atto proprio della religione.

Ma da quanto abbiamo detto [ a. 1 ] è evidente che il voto è una promessa fatta a Dio; e la promessa non è altro che un indirizzare le cose promesse a colui al quale vengono promesse.

Quindi il voto è un ordinare le cose di cui uno fa voto al culto, cioè all'ossequio verso Dio.

E così è evidente che fare voto è un atto di latria, ossia di religione.

Analisi delle obiezioni:

1. Le cose che sono materia di voto talora sono atti di altre virtù, come digiunare e osservare la castità, talora invece sono atti di religione, come offrire sacrifici o pregare.

Ma in ambedue i casi la promessa fatta a Dio di tali beni appartiene alla religione, per il motivo già detto [ nel corpo ].

Per cui è evidente che ci sono dei voti che appartengono alla religione solo a motivo della promessa fatta a Dio, che è l'essenza nel voto, e ci sono dei voti che le appartengono anche per le cose promesse, che sono la materia del voto.

2. Chi promette, in quanto si obbliga a dare, già dà in qualche modo: come si è soliti dire che viene prodotta una cosa quando ne viene prodotta la causa, poiché l'effetto è già virtualmente nella sua causa.

E per questo motivo non si ringrazia soltanto chi dà, ma anche chi promette.

3. Il voto si fa soltanto a Dio, ma la promessa può essere fatta anche a un uomo: e la stessa promessa di un bene fatta a un uomo può essere materia di voto, in quanto si tratta di un'azione virtuosa.

E in questo modo va inteso il voto che uno fa ai santi o ai prelati: cioè nel senso che la promessa fatta ai santi o ai prelati cade sotto il voto a modo di materia, poiché si fa voto a Dio di adempiere quanto viene promesso ai santi o ai prelati.

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