Summa Teologica - II-II

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Articolo 4 - Se sia opportuno fare dei voti

C. G., III, c. 138

Pare che non sia opportuno fare dei voti.

Infatti:

1. A nessuno può giovare privarsi di un bene che Dio gli ha concesso.

Ma uno dei massimi beni concessi all'uomo da Dio è la libertà, di cui ci si priva con la necessità imposta dal voto.

Quindi non è opportuno per l'uomo fare voto di qualcosa.

2. Nessuno deve esporsi a dei pericoli.

Ma chi fa un voto si espone a un pericolo: poiché quanto poteva trascurare prima del voto senza pericolo, ora diviene pericoloso.

Da cui le parole di S. Agostino ad Armentario e a Paolina [ Epist. 127 ]: « Per il fatto che hai emesso il voto, ormai ti sei legato, e non ti è lecito fare diversamente.

Se non farai quello che hai promesso, non sarai più nelle condizioni in cui saresti rimasto se non avessi fatto quel voto.

Allora saresti stato meno grande, ma non meno buono.

Ora invece sarai tanto più miserabile, Dio non voglia, mancando di fedeltà al Signore, quanto più sarai felice adempiendo la promessa ».

Quindi non è opportuno fare dei voti.

3. L'Apostolo ha scritto [ 1 Cor 4,16 ]: « Siate miei imitatori, come io lo sono di Cristo ».

Ora, non si legge che Cristo o gli Apostoli abbiano fatto dei voti.

Perciò fare dei voti non è una cosa raccomandabile.

In contrario:

Nei Salmi [ Sal 76,12 ] si legge: « Fate voti al Signore vostro Dio, e adempiteli ».

Dimostrazione:

Il voto, come si è visto [ aa. 1,2 ], è una promessa fatta a Dio.

Ora, il motivo per cui si promette una cosa a Dio è diverso da quello per cui la si promette a un uomo.

All'uomo infatti si promette qualcosa a sua utilità, ed è per lui vantaggioso sia il dono, sia la certezza anticipata che gli diamo di riceverlo in seguito.

La promessa invece che facciamo a Dio ha di mira non il suo vantaggio, ma il nostro.

Per cui S. Agostino nella lettera citata [ Epist. 127 ] scrive: « Egli è un creditore benevolo, non già bisognoso; il quale non si arricchisce per il saldo dei suoi crediti, ma fa arricchire in se medesimi coloro che li saldano ».

E come ciò che diamo a Dio non è vantaggioso per lui, bensì per noi, poiché « quanto gli si rende viene rifuso al debitore », secondo l'espressione di S. Agostino [ Epist. 127 ], così la promessa stessa con la quale facciamo un voto a Dio risulta utile non a lui, che non ha bisogno della nostra assicurazione, ma a noi: poiché con i voti determiniamo immutabilmente la nostra volontà a cose che è meritorio compiere.

Quindi fare dei voti è una cosa vantaggiosa.

Analisi delle obiezioni:

1. Come non sminuisce la libertà il non poter peccare, così non la sminuisce la necessità di una volontà determinata al bene: come è evidente nel caso di Dio e dei beati.

E tale appunto è la necessità creata dal voto, che ha una certa somiglianza con la confermazione nel bene propria dei beati.

Per cui S. Agostino [ Epist. 127 ] afferma che « è una felice necessità quella che costringe al meglio ».

2. Quando il pericolo nasce direttamente dal fare una cosa, allora non è opportuno farla: p. es. passare un fiume su un ponte pericolante; ma se il pericolo nasce dal fatto che uno viene meno nel compiere quella data cosa, questa non cessa perciò di essere vantaggiosa.

Montare a cavallo, p. es., è vantaggioso, sebbene ci sia il pericolo di cadere da cavallo.

Altrimenti bisognerebbe desistere da tutte le opere buone, che indirettamente per un evento qualsiasi possono presentare dei pericoli.

Da cui le parole della Scrittura [ Qo 11,4 ]: « Chi bada al vento non semina mai, e chi osserva le nuvole non miete ».

Ora, per chi fa un voto il pericolo non viene dal voto stesso, ma dalla colpa dell'interessato, il quale muta il suo volere trasgredendolo.

Per cui S. Agostino [ Epist. 127 ] esorta: « Non ti pentire di aver fatto il voto.

Anzi, rallegrati, perché ormai non ti è più lecito fare ciò che ti sarebbe stato lecito a tuo danno ».

3. Per Cristo non era di per sé opportuno fare dei voti.

Sia perché era Dio, sia perché in quanto uomo aveva la volontà già determinata al bene, data la sua condizione di comprensore.

Sebbene in maniera simbolica, stando a una Glossa [ interlin. e P. Lomb. di Agost. ], il salmista [ Sal 22,26 ] dica, parlando in suo nome: « Scioglierò i miei voti davanti ai suoi fedeli »; però qui egli parla per il suo corpo, che è la Chiesa.

- Gli Apostoli invece si pensa che abbiano fatto i voti relativi allo stato di perfezione quando seguirono Cristo « dopo avere abbandonato ogni cosa » [ Mt 4,18; Mt 19,27; Lc 5,11 ].

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