Summa Teologica - II-II

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Articolo 5 - Se la riconoscenza debba adeguarsi ai sentimenti del benefattore o al beneficio

In 8 Ethic., lect. 13; 9, lect. 1

Pare che la riconoscenza non debba adeguarsi ai sentimenti del benefattore, ma al beneficio.

Infatti:

1. Il compenso è dovuto ai benefici.

Ma il beneficio, come indica lo stesso nome, consiste nel compimento di un'opera.

Quindi il compenso della riconoscenza deve adeguarsi all'opera compiuta.

2. La gratitudine, che ricompensa i benefici, è una parte [ potenziale ] della giustizia.

Ma la giustizia mira all'adeguazione di ciò che si dà con ciò che si è ricevuto.

Perciò nel ricompensare si deve badare più al beneficio che ai sentimenti del benefattore.

3. Nessuno può avere di mira ciò che ignora.

Ora, solo Dio può conoscere i sentimenti interni.

Quindi il compenso della gratitudine non può essere dato secondo le disposizioni interiori.

In contrario:

Seneca [ De benef. 1,7 ] afferma: « Spesso noi siamo più obbligati verso chi ci ha dato poco, ma con grande affetto ».

Dimostrazione:

La ricompensa dei benefici può appartenere a tre differenti virtù: alla giustizia, alla gratitudine e all'amicizia.

Spetta alla giustizia quando il compenso si presenta come legalmente dovuto: come nel prestito e in altri rapporti del genere.

E in questi casi il compenso deve essere adeguato alla grandezza del beneficio.

Invece la ricompensa interessa l'amicizia e la virtù della gratitudine sotto l'aspetto del debito morale: però in maniera diversa.

Infatti nel compenso proprio dell'amicizia si deve badare al movente dell'amicizia medesima.

Per cui nell'amicizia basata sull'utilità il compenso va fatto in proporzione all'utilità che il beneficio ha arrecato, mentre nell'amicizia fondata sulla virtù il compenso va fatto in base al volere, cioè al sentimento del benefattore: poiché come dice Aristotele [ Ethic. 8,13 ], questo è l'elemento primario della virtù.

- Parimenti, siccome la riconoscenza ha per oggetto il beneficio in quanto offerto gratuitamente, e ciò appartiene al sentimento, anche il compenso della riconoscenza bada più ai sentimenti che al beneficio ottenuto.

Analisi delle obiezioni:

1. Gli atti morali dipendono tutti dalla volontà.

Per cui in quanto atto lodevole e meritevole di ricompensa il beneficio consiste materialmente in un'opera esterna, ma formalmente e principalmente è un atto di volontà.

Da cui le parole di Seneca [ De benef. 1,6 ]: « Il beneficio non consiste nella cosa che viene compiuta o data, ma nel sentimento stesso di chi la dà o la compie ».

2. Secondo le spiegazioni date [ q. 80 ], la riconoscenza è tra le parti della giustizia non come una specie nel proprio genere [ cioè come parte soggettiva ], ma per una certa riduzione alla formalità caratteristica della giustizia.

Per cui non è detto che la nozione di debito debba essere identica.

3. Solo Dio può vedere i sentimenti di un uomo direttamente, ma questi possono essere conosciuti da noi in quanto si rivelano attraverso qualche segno.

Perciò i sentimenti del benefattore possono essere conosciuti dalla sua maniera di beneficare: p. es. dal fatto che uno offre il beneficio con gioia e prontezza.

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