Summa Teologica - II-II

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Articolo 4 - Se la magnanimità sia una virtù speciale

Infra, q. 134, a. 2, ad 2; In 2 Sent., d. 42, q. 2, a. 4; In 3 Sent., d. 9, q. 1, a. 1, sol.2; d. 33, q. 3, a. 3, sol. 4; In 4 Sent., d. 14, q. 1, a. 1, sol. 3, ad 2; d. 16, q. 4, a. 1, sol. 2, ad 2; De Malo, q. 8, a. 2, ad 3; In 4 Ethic., lect. 8

Pare che la magnanimità non sia una virtù speciale.

Infatti:

1. Una virtù speciale non compie gli atti di tutte le virtù.

Ora, il Filosofo [ Ethic. 4,3 ] afferma che è del magnanimo « essere grande in tutte le virtù ».

Quindi la magnanimità non è una virtù speciale.

2. A nessuna virtù specificamente distinta si attribuiscono atti di virtù diverse.

Invece al magnanimo vengono attribuiti atti di virtù diverse: infatti Aristotele [ ib. ] afferma che è proprio del magnanimo

« non respingere le critiche », che è un atto di prudenza,

« non commettere ingiustizie », che è un atto di giustizia,

« essere pronto a beneficare », che è un atto di carità,

« elargire con prontezza », che è un atto di liberalità,

essere « veritiero », che è un atto di veracità,

e « non essere facile al pianto », che è un atto di pazienza.

Quindi la magnanimità non è una virtù speciale.

3. Ogni virtù è un particolare ornamento spirituale dell'animo, come dice Isaia [ Is 61,10 ]: « Mi ha rivestito delle vesti di salvezza »; e continua: «c ome una sposa che si adorna di gioielli ».

Ora la magnanimità, secondo Aristotele [ l. cit. ], è « l'ornamento di tutte le virtù ».

Quindi la magnanimità è una virtù generale.

In contrario:

Il Filosofo [ Ethic. 2,7 ] la distingue da tutte le altre virtù.

Dimostrazione:

Come sopra [ a. 2 ] si è visto, è proprio di una virtù speciale rispettare la misura della ragione in una determinata materia.

Ora, la magnanimità rispetta tale misura in una determinata materia, cioè a proposito degli onori, come sopra [ aa. 1,2 ] si è detto.

D'altra parte l'onore, in sé considerato, è un bene speciale.

Quindi la magnanimità, in sé considerata, è una virtù speciale.

Ma poiché l'onore è il premio di qualsiasi virtù, come si è notato sopra [ q. 103, a. 1, ad 2 ], ne viene che a motivo della propria materia la magnanimità riguarda tutte le virtù.

Analisi delle obiezioni:

1. La magnanimità non ha di mira qualsiasi onore, ma i grandi onori.

Ora, se a una virtù è dovuto l'onore, ai grandi atti di virtù sono dovuti grandi onori.

E così il magnanimo tende a compiere grandi azioni in ogni virtù: in quanto mira ad atti che sono degni di un grande onore.

2. Siccome il magnanimo mira alle grandi cose, ne segue che egli preferisce quelle che implicano una qualche eccellenza, e rifugge da quelle che implicano un difetto.

Ora il beneficare, l'elargire e il ricompensare implicano una certa eccellenza.

Ed è per questo che il magnanimo è pronto a compiere tali atti, non già perché sono atti di altre virtù.

Al contrario implica un difetto che uno faccia tanto caso dei beni o dei mali esterni da abbandonare per essi la giustizia o qualsiasi altra virtù.

Parimenti dice difetto qualsiasi occultazione della verità: poiché ciò deriva dal timore.

E anche la facilità a piangere include una menomazione: poiché in tal modo l'animo mostra di soccombere ai mali esterni.

Perciò il magnanimo evita queste e altre simili cose per un motivo speciale, cioè in quanto contrarie alla propria eccellenza o grandezza.

3. Ogni virtù ha un certo decoro od ornamento dalla propria specie, ornamento che è proprio di ciascuna.

Ma la grandezza di un'azione virtuosa procurata dalla magnanimità, che secondo l'espressione di Aristotele [ l. cit. nell'ob. ] « fa crescere » tutte le virtù, aggiunge un nuovo splendore.

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