Summa Teologica - II-II

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Articolo 1 - Se la superbia sia un peccato

In 2 Sent., d. 42, q. 2, a. 3, ad 1

Pare che la superbia non sia un peccato.

Infatti:

1. Nessun peccato può essere promesso da Dio: poiché Dio promette ciò che farà lui stesso, ed egli non è autore del peccato.

Ora, la superbia è tra le cose promesse da Dio, poiché si legge in Isaia [ Is 60,15 ]: « Io farò di te la superbia dei secoli, la gioia di tutte le generazioni ».

Quindi la superbia non è un peccato.

2. Non è peccato desiderare la somiglianza con Dio: poiché questo è il desiderio naturale di tutte le creature, e in ciò consiste la loro perfezione.

Ciò si addice poi in modo speciale alle creature ragionevoli, create « a immagine e somiglianza di Dio » [ Gen 1,26s ].

Ora, S. Prospero [ Sent. 294 ] afferma che la superbia è « l'amore della propria eccellenza », eccellenza che rende l'uomo simile a Dio, il quale è eccellentissimo.

Così infatti prega S. Agostino [ Conf. 2,6 ]: « La superbia vuole elevarsi per imitare la tua altezza: essendo tu l'unico altissimo Dio ».

Perciò la superbia non è un peccato.

3. Un peccato non si contrappone soltanto a una virtù, ma anche a un vizio contrario, come insegna il Filosofo [ Ethic. 2,8 ].

Ora, non si trova un vizio contrario alla superbia.

Quindi la superbia non è un peccato.

In contrario:

Tobia [ Tb 4,14 Vg ] ammonisce: « Non lasciare mai che la superbia prevalga nei tuoi pensieri o nelle tue parole ».

Dimostrazione:

Il termine superbia deriva dal fatto che uno tende a cose che sono sopra ciò che egli è.

Per cui « uno è chiamato superbo », scrive S. Isidoro [ Etym. 10 ], « perché vuole parere più di ciò che è: superbo infatti è chi vuole andare al di sopra ».

Ora, la retta ragione esige che la volontà di ciascuno cerchi le cose a lui proporzionate.

Perciò è evidente che la superbia implica un contrasto con la retta ragione.

E ciò costituisce un peccato: poiché secondo Dionigi [ De div. nom. 4 ] il male dell'anima sta « nell'essere in contrasto con la ragione ».

Per cui è evidente che la superbia è un peccato.

Analisi delle obiezioni:

1. Il termine superbia può essere desunto da due cose.

Primo, dal passare sopra alla norma della ragione.

E allora si tratta sempre di un peccato.

- Secondo, dal semplice superare certi limiti, ossia da un'esuberanza.

E allora ogni esuberanza può dirsi superbia.

Ora, Dio promette la superbia in questo senso, come sovrabbondanza di beni.

Per cui S. Girolamo [ In Is 10, su 61,6 ] spiega che in quel testo si tratta di una superbia buona, non di quella cattiva.

- Per quanto si potrebbe anche rispondere che in quel testo la superbia è presa materialmente come l'abbondanza di quelle cose di cui gli uomini potrebbero insuperbirsi.

2. A ordinare quanto l'uomo naturalmente desidera è sempre la ragione: per cui se uno si scosta dalla regola della ragione, per eccesso o per difetto, il suo desiderio è peccaminoso, come è evidente nel caso del cibo che viene desiderato naturalmente.

Ora, la superbia desidera la propria eccellenza oltre i limiti della retta ragione: poiché, come dice S. Agostino [ De civ. Dei 14,13 ], la superbia è « il desiderio di una grandezza sregolata ».

Dal che risulta pure che, come dice sempre S. Agostino [ De civ. Dei 19,12 ], « essa è un'imitazione perversa di Dio.

Infatti la superbia non sopporta l'uguaglianza con altri sotto di lui, ma vuole imporsi agli uguali al posto di Dio ».

3. Direttamente la superbia si contrappone alla virtù dell'umiltà, la quale ha in qualche modo lo stesso oggetto della magnanimità, come si è visto [ q. 161, a. 1, ad 3 ].

Per cui anche il vizio contrario alla superbia per difetto è affine al vizio della pusillanimità, che è contrario per difetto alla magnanimità.

Come infatti è proprio della magnanimità lo spingere l'animo a cose grandi contro la disperazione, così è proprio dell'umiltà il distogliere l'animo dalla brama disordinata di esse, contro la presunzione.

Se quindi la pusillanimità implica una deficienza nel perseguire cose grandi, propriamente si contrappone per difetto alla magnanimità; se invece implica l'applicarsi dell'animo a cose più vili di quelle che si addicono all'uomo, allora si oppone per difetto all'umiltà: e derivano entrambe da meschinità d'animo.

Come pure, al contrario, la superbia si contrappone per eccesso sia alla magnanimità che all'umiltà, ma per ragioni diverse: all'umiltà quale rifiuto della subordinazione, alla magnanimità invece quale smodata aspirazione a cose grandi.

Siccome però la superbia implica il concetto di superiorità, più direttamente si contrappone all'umiltà: come anche la pusillanimità, che implica meschinità d'animo di fronte alle cose grandi, più direttamente si contrappone alla magnanimità.

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