Summa Teologica - II-II

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Articolo 1 - Se la profezia possa derivare dalla natura

I, q. 86, a. 3; C. G., III, c. 154; De Verit., q. 12, a. 3

Pare che la profezia possa derivare dalla natura.

Infatti:

1. S. Gregorio [ Dial. 4,26 ] scrive che « talora le stesse facoltà dell'anima prevedono delle cose con la loro penetrazione ».

E S. Agostino [ De Gen. ad litt. 12,13.27 ] insegna che all'anima umana per la sua astrazione dai sensi spetta la previsione del futuro.

Ma ciò è proprio della profezia.

Quindi l'anima può conseguire la profezia in forza della sua natura.

2. La conoscenza dell'anima umana è più valida nella veglia che nel sonno.

Ora, alcuni prevedono naturalmente il futuro durante il sonno, come insegna il Filosofo [ De div. per somn. 2 ].

Perciò a maggior ragione l'uomo può prevedere naturalmente il futuro durante la veglia.

3. L'uomo per la sua natura è più perfetto degli altri animali.

Ma certi animali hanno la previsione del futuro che li riguarda: le formiche, p. es., prevedono la pioggia, come è evidente dal fatto che prima di essa cominciano a riporre le provviste nei loro ripostigli; e così i pesci prevedono le tempeste future, come si rileva dai loro movimenti, poiché abbandonano i luoghi tempestosi.

Quindi a maggior ragione gli uomini possono per natura prevedere le cose future che li riguardano, e che sono oggetto della profezia.

Quindi la profezia deriva dalla natura.

4. Nei Proverbi [ Pr 29,18 Vg ] si legge: « Quando verrà meno la profezia, il popolo andrà in rovina »; e così risulta evidente che la profezia è necessaria per la conservazione umana.

Ma « la natura non può mancare del necessario » [ De anima 3,9 ].

Quindi la profezia deriva dalla natura.

In contrario:

Sta scritto [ 2 Pt 1,21 ]: « Non da volontà umana fu recata mai una profezia, ma mossi da Spirito Santo parlarono quegli uomini da parte di Dio ».

Quindi la profezia non deriva dalla natura, ma da un dono dello Spirito Santo.

Dimostrazione:

Secondo le spiegazioni date [ q. 171, a. 6, ad 2 ], le realtà future possono essere conosciute profeticamente in due modi: primo, in se stesse; secondo, in quanto esistenti nelle loro cause.

Ora, prevedere le cose future come sono in se stesse è proprio dell'intelletto divino, alla cui eternità sono presenti tutte le cose, come si è visto nella Prima Parte [ q. 14, a. 13; q. 57, a. 3; q. 86, a. 4 ].

Perciò questa previsione del futuro non può derivare dalla natura, ma solo da una rivelazione divina.

Invece le realtà future in quanto esistenti nelle loro cause possono essere previste dall'uomo anche con la conoscenza naturale: come un medico prevede la guarigione o la morte in base a sintomi che l'esperienza gli fa conoscere legati a quei dati effetti.

E tale previsione del futuro può pensarsi come dovuta alla natura in due modi.

Primo, nel senso che l'anima sia capace di conoscere il futuro immediatamente in forza di quanto in essa si trova.

E così, come scrive S. Agostino [ De Gen. ad litt. 12,13.27 ], « alcuni hanno pensato che l'anima umana abbia una facoltà divinatoria in se stessa ».

E questa pare fosse l'opinione di Platone, il quale pensava che le anime ricevessero la conoscenza di tutte le cose mediante la partecipazione delle idee, conoscenza che è però ottenebrata a motivo della loro unione con il corpo: in alcune di più e in altre di meno, a seconda della maggiore o minore purezza del corpo.

Secondo questa opinione dunque si potrebbe dire che gli uomini aventi le anime non troppo ottenebrate a motivo dell'unione con il corpo possono conoscere il futuro mediante la loro scienza.

Ma contro questa spiegazione S. Agostino [ De Gen. ad litt. 12,13.27 ] obbietta: « Perché l'anima non può avere sempre questa facoltà, ogni volta che la desidera? ».

Siccome però pare essere più vero, come si è visto nella Prima Parte [ q. 84, a. 6 ], che l'anima acquisti la conoscenza dalle realtà sensibili, secondo la tesi di Aristotele, si deve concludere che gli uomini non hanno la previsione del futuro, ma possono acquistarla mediante l'esperienza, nella quale alcuni possono avvantaggiarsi di una naturale predisposizione dovuta alla perfezione dell'immaginativa e alla chiarezza dell'intelletto.

Però questa previsione del futuro differisce dalla prima, che si ha per rivelazione divina, per due motivi.

Primo, perché quella può abbracciare qualsiasi evento, e prevederlo in maniera infallibile, mentre la previsione naturale riguarda solo determinati effetti, ai quali può estendersi l'esperienza umana.

- Secondo, perché quella segue la « verità immutabile » [ cf. q. 171, a. 3, ob. 1 ], a differenza dell'altra, che è soggetta all'errore.

Ora, alla profezia appartiene propriamente la prima preconoscenza, non già la seconda: poiché la conoscenza profetica, come si è detto [ ib., corpo ], ha per oggetto delle realtà che superano universalmente la conoscenza umana.

Perciò si deve concludere che la vera profezia non può derivare dalla natura, ma solo da una rivelazione divina.

Analisi delle obiezioni:

1. Quando l'anima si astrae dalle realtà corporee diventa più adatta a percepire l'influsso delle sostanze spirituali, e anche a percepire gli impulsi più delicati lasciati dalle cause naturali nell'immaginazione umana, essendo l'anima distolta dal percepirli se è occupata nelle cose sensibili.

Perciò S. Gregorio [ l. cit. nell'ob. ] afferma che quando l'anima si avvicina alla morte « prevede alcune cose future per la sottigliezza della sua natura », in quanto cioè percepisce anche le più piccole impressioni.

- Oppure essa allora conosce il futuro anche per rivelazione angelica.

Non però per virtù propria.

Poiché, come dice S. Agostino [ De Gen. ad litt. 12,13.27 ], se così fosse l'anima avrebbe la facoltà di conoscere il futuro tutte le volte che lo desidera: il che è falso in maniera evidente.

2. La previsione del futuro che si ha nel sonno o dipende da una rivelazione delle sostanze spirituali [ ossia degli angeli ], o da una causa fisica, secondo le spiegazioni date a proposito della divinazione [ q. 95, a. 6 ].

Ora, l'una e l'altra cosa si producono meglio in chi dorme che non in chi veglia: poiché l'anima di chi veglia è occupata nelle cose sensibili esterne, e quindi è meno in grado di percepire le impressioni sottili, sia delle sostanze spirituali che delle cause fisiche.

Tuttavia rispetto alla sicurezza del giudizio la ragione vale più nella veglia che nel sonno.

3. Gli animali bruti non hanno la conoscenza di un evento futuro se non in quanto questo può essere percepito nelle sue cause, che muovono la loro fantasia.

E in ciò sono più sensibili degli uomini: poiché la fantasia degli uomini, specialmente se svegli, asseconda più la ragione che gli impulsi delle cause fisiche.

Tuttavia la ragione compie nell'uomo molto più di quello che non faccia nei bruti l'impressione delle cause fisiche.

E più ancora l'uomo è aiutato dalla grazia divina, che ispira i profeti.

4. L'illuminazione profetica si estende anche alla guida delle azioni umane.

E in base a ciò la profezia è necessaria al governo del popolo.

Specialmente poi in ordine al culto di Dio, per il quale non basta la natura, ma si richiede la grazia.

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