Summa Teologica - I

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Articolo 4 - Se il nostro intelletto conosca le realtà future

Supra, q. 57, a. 3; II-II, q. 95, a. 1; q. 172, a. 1; In 1 Sent., d. 38, a. 5, ad 2; In 2 Sent., d. 7, q. 2, a. 2; C. G., III, c. 154; De Verit., q. 8, a. 12; De Malo, q. 16, a. 7; Comp. Theol., cc. 133, 134; In Is., c. 3

Pare che il nostro intelletto conosca le realtà future.

Infatti:

1. L'intelletto umano conosce mediante specie intelligibili che prescindono dalle circostanze di tempo e di luogo, per cui qualsiasi tempo è indifferente per esse.

Ma l'intelletto può conoscere le realtà presenti.

Quindi può conoscere anche le future.

2. Quando l'uomo è alienato dai sensi può conoscere degli eventi futuri, come appunto riscontriamo nello stato di sonno e di esaltazione.

Ma in questa alienazione dai sensi l'intelletto ha maggior vigore.

Quindi l'intelletto di per sé ha la capacità di conoscere il futuro.

3. La conoscenza intellettiva è superiore a quella di qualsiasi animale.

Ma ci sono degli animali che conoscono alcuni eventi futuri: le cornacchie, p. es., quando gracchiano con insistenza, indicano che la pioggia è vicina.

Quindi a maggior ragione può conoscere le realtà future l'intelligenza umana.

In contrario:

Leggiamo nella Scrittura [ Qo 8,7Vg ]: « Grande miseria pesa sull'uomo, poiché egli ignora il passato, e da nessuno può aver notizie del futuro ».

Dimostrazione:

A proposito della conoscenza del futuro si impongono le medesime distinzioni fatte per la conoscenza delle realtà contingenti.

Infatti le realtà future, in quanto legate al tempo, sono dei singolari, singolari che l'intelletto conosce solo per riflessione, come si è spiegato sopra [ a. 1 ].

Però le ragioni formali delle realtà future possono essere universali, e direttamente intelligibili, per cui possono essere oggetto di scienza.

Tuttavia, se si parla della conoscenza del futuro in genere, bisogna ricordare che le realtà future possono essere conosciute in due modi: primo, in se stesse; secondo, nelle loro cause.

In se stesse le realtà future non possono essere conosciute che da Dio, per il quale esse sono presenti, pur restando future in rapporto al succedersi degli avvenimenti: poiché lo sguardo eterno di Dio si porta simultaneamente su tutto il corso del tempo, come si è spiegato parlando della scienza di Dio [ q. 14, a. 13 ].

Se invece le realtà future vengono considerate come preesistenti nelle loro cause, allora possono essere conosciute anche da noi.

E se sono precontenute nelle loro cause in modo da derivarne per necessità, allora sono conosciute con certezza scientifica: come l'astronomo prevede le eclissi future.

Se invece sono precontenute nelle loro cause in modo da derivarne non sempre, ma nella maggioranza dei casi, allora possono essere conosciute con una probabilità più o meno certa, a seconda che le cause sono più o meno determinate a produrre l'effetto.

Analisi delle obiezioni:

1. L'argomento vale per la conoscenza che avviene attraverso le ragioni formali e universali delle cause; dalle quali ragioni si può ricavare una conoscenza del futuro proporzionata al tipo di rapporto tra l'effetto e la causa.

2. Secondo un'opinione sostenuta da S. Agostino [ De Gen. ad litt. 12,13.27 ], l'anima avrebbe una capacità divinatoria, in modo da poter conoscere naturalmente il futuro: cosicché quando si astrae dai sensi e ritorna in qualche modo in se stessa verrebbe a partecipare di questa conoscenza delle realtà future.

- Ora, siffatta opinione sarebbe ragionevole se si potesse ammettere che l'anima raggiunge la conoscenza delle cose mediante la partecipazione delle idee, come ritenevano i Platonici: poiché in tal caso l'anima dovrebbe conoscere in forza della sua natura le cause universali di tutti gli effetti, ma ne sarebbe impedita dal corpo: quindi verrebbe a conoscere il futuro tutte le volte che si astrae dai sensi.

Siccome però questo modo di conoscere non è per nulla connaturale al nostro intelletto, il quale al contrario ricava la sua conoscenza dai sensi, non è certamente conforme alla natura dell'anima conoscere il futuro in forza dell'alienazione dai sensi, ma piuttosto per influsso di cause superiori, spirituali o materiali.

Di cause spirituali quando, p. es., attraverso il ministero di angeli l'intelletto umano viene illuminato da Dio e i fantasmi vengono ordinati alla conoscenza di realtà future; oppure quando l'intervento diabolico, come già si disse [ q. 57, a. 3 ], produce un turbamento nella fantasia per indicare eventi futuri conosciuti dai demoni.

Ora, l'anima è più disposta a ricevere tali impressioni delle cause spirituali quando è astratta dai sensi: poiché allora diventa più affine alle sostanze spirituali, ed è più libera dai turbamenti esterni.

- E la stessa cosa può verificarsi anche per influsso di cause superiori materiali.

È evidente infatti che i corpi superiori influiscono su quelli inferiori.

Ora, le facoltà sensitive sono atti di organi corporei: per cui la fantasia può in qualche modo essere alterata dall'influsso dei corpi celesti.

E siccome questi corpi sono la causa di molti eventi futuri, si producono nell'immaginazione fenomeni indicatori di taluni di essi.

Ora, tali indizi sono percepiti con maggiore facilità di notte da chi dorme, che non di giorno da chi è sveglio.

Scrive infatti Aristotele [ De somno et vig. 2 ]: « Le impressioni trasmesse di giorno sono più facili a dissolversi: infatti l'aria della notte è meno turbata, essendo le notti più tranquille.

Le impressioni allora producono nel corpo delle sensazioni a causa del sonno, poiché i piccoli turbamenti interni sono meglio percepiti da chi dorme che non da chi è sveglio.

E questi turbamenti producono quelle immaginazioni dalle quali nasce la previsione del futuro ».

3. Gli animali non hanno al disopra della fantasia una facoltà che coordina i fantasmi, come fa la ragione negli uomini: perciò l'immaginativa di questi animali segue totalmente l'influsso dei corpi celesti.

E così è più facile conoscere certi eventi futuri, come la pioggia e fenomeni consimili, dal comportamento degli animali che non da quello degli uomini, i quali si muovono dietro il consiglio della ragione.

Per cui il Filosofo [ De somno et vig. 2 ] insegna che « certi uomini imprudentissimi talvolta sono sommamente previdenti: poiché la loro intelligenza non è sovraccarica di preoccupazioni, ma trovandosi come deserta e vuota di tutto, quando viene mossa si lascia condurre secondo la causa movente ».

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