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Articolo 7 - Se sia vera la proposizione: un uomo è divenuto Dio

Infra, q. 33, a. 3; In 3 Sent., d. 7, q. 2, a. 2; C. err. Graec., c. 21; In Rom., c. 1, lect. 2

Pare che sia vera questa proposizione: un uomo è divenuto Dio.

Infatti:

1. S. Paolo [ Rm 1,2s ] accenna al fatto che « Dio aveva già promesso [ il Vangelo ] per mezzo dei suoi profeti nelle Sacre Scritture riguardo al Figlio suo, il quale è divenuto tale per lui secondo la carne dalla stirpe di Davide ».

Ma Cristo viene dalla stirpe di Davide secondo la carne in quanto uomo.

Quindi un uomo è divenuto Figlio di Dio.

2. S. Agostino [ De Trin. 1,13.28 ] scrive: « Quell'assunzione era tale da far divenire Dio uomo e l'uomo Dio ».

Ma in forza di tale assunzione è vero che Dio si è fatto uomo.

Quindi è anche vero che un uomo è stato fatto Dio.

3. S. Gregorio Nazianzeno [ Epist. 101 ] afferma: « Dio si è umanato e l'uomo è stato deificato, o in qualsiasi altro modo lo si voglia dire ».

Ma si dice che Dio si è umanato in quanto si è fatto uomo.

Quindi l'uomo può dirsi deificato in quanto è divenuto Dio.

Quindi è vera la proposizione: un uomo è divenuto Dio.

4. Quando si dice che Dio si è fatto uomo, il soggetto che diviene o si unisce non è Dio, ma la natura umana indicata dalla parola uomo.

Ora, pare più giusto attribuire il farsi al soggetto che diviene.

Quindi la proposizione: un uomo è divenuto Dio è più vera della proposizione: Dio si è fatto uomo.

In contrario:

Il Damasceno [ De fide orth. 3,2 ] dice: « Non diciamo che un uomo è stato deificato, ma che Dio si è umanato ».

Ora, divenire Dio è essere deificato.

Quindi è falso dire: un uomo è divenuto Dio.

Dimostrazione:

La proposizione: un uomo è divenuto Dio può essere intesa in tre modi.

Primo, in modo che il participio divenuto determini in modo assoluto il soggetto o il predicato.

E allora la proposizione è falsa, poiché non è divenuto né l'uomo né Dio, come vedremo in seguito [ aa. 8,9 ].

E in questo senso è falsa anche la proposizione: Dio è divenuto uomo.

Ma non è questo il senso che qui consideriamo.

Secondo, si può intendere la proposizione: un uomo è divenuto Dio prendendo il termine divenuto come indicante la composizione del soggetto e del predicato, per cui il senso sarebbe: è avvenuto che un uomo sia Dio.

E in questo senso sono vere entrambe le proposizioni: un uomo è divenuto Dio e Dio si è fatto uomo.

Ma questo non è il senso proprio di tali proposizioni; - a meno che il termine uomo non indichi l'uomo in generale, e non un individuo umano concreto.

Perché sebbene questo uomo concreto non sia divenuto Dio, essendo tale supposito, cioè la persona del Figlio di Dio, Dio da tutta l'eternità, tuttavia l'uomo preso in generale non è sempre stato Dio.

Terzo, la frase può essere intesa in senso proprio: in modo cioè che il participio divenuto implichi un divenire dell'uomo il cui termine sarebbe Dio.

Ora, in questo senso la proposizione è falsa, dato che in Cristo, come si è visto sopra [ q. 2, aa. 2,3 ], sono identici, per Dio e per l'uomo, la persona, l'ipostasi e il supposito.

Quando infatti si dice che un uomo è divenuto Dio, la voce uomo indica la persona: l'uomo infatti in Cristo non è Dio in ragione della natura umana, ma in ragione del suo supposito.

Ora, quel supposito della natura umana per il quale si verifica di essere Dio si identifica con l'ipostasi o persona del Figlio di Dio, che è sempre stata Dio.

Quindi non si può dire che tale uomo ha cominciato a essere Dio, o che diviene Dio, o che è divenuto Dio.

Se invece Dio e l'uomo avessero [ in Cristo ] due persone o ipostasi distinte, così da potersi dire indifferentemente che un uomo è Dio e che Dio è un uomo, unendo in qualche modo le due persone mediante la dignità, o l'amore, o l'inabitazione, come pretendevano i Nestoriani, allora si potrebbe anche dire che un uomo è divenuto Dio, cioè si è unito a Dio, come si dice che Dio si è fatto uomo, cioè si è unito all'uomo.

Analisi delle obiezioni:

1. Nelle parole dell'Apostolo il pronome relativo il quale, riferito alla persona del Figlio, non va inteso dalla parte del predicato, quasi che qualcuno della stirpe di Davide secondo la carne sia divenuto Figlio di Dio nel senso dell'obiezione, ma va inteso dalla parte del soggetto, così da significare che « il Figlio di Dio per lui ( "cioè a onore del Padre", come spiega la Glossa ) si è fatto sussistente nella stirpe di Davide secondo la carne », come se dicesse: « Il Figlio di Dio è divenuto un essere che ha la carne dalla stirpe di Davide a onore di Dio ».

2. Le parole di S. Agostino vanno intese nel senso che per l'assunzione compiutasi nell'incarnazione è avvenuto [ factum est ] che un uomo fosse Dio e che Dio fosse un uomo.

E in questo senso ambedue le proposizioni sono vere, come si è detto [ nel corpo ].

3. Vale la stessa risposta, poiché essere deificato è lo stesso che divenire Dio.

4. Un termine che fa da soggetto funge da materia, cioè da supposito; usato invece come predicato funge da forma, cioè significa la natura della cosa.

Perciò nel dire che un uomo è divenuto Dio, il divenire non viene attribuito alla natura umana, ma al supposito della natura umana, che nel caso è Dio dall'eternità, e non può quindi divenire Dio.

Quando invece si dice che Dio si è fatto uomo, si intende che il farsi termina alla sua natura umana.

Perciò, propriamente parlando, la proposizione: Dio si è fatto uomo è vera, mentre è falsa la proposizione: un uomo è divenuto Dio.

Se infatti Socrate, essendo già uomo, è poi divenuto bianco, posso dire indicandolo: quest'uomo oggi è divenuto bianco, ma non posso dire: questo bianco oggi è divenuto uomo.

Se però il soggetto della proposizione fosse un nome indicante la natura umana in astratto, allora esso potrebbe fare da soggetto del verbo divenire: p. es. se si dicesse che « la natura umana è divenuta [ la natura ] del Figlio di Dio ».

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