Summa Teologica - III

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Articolo 8 - Se sia vera la proposizione: Cristo è una creatura

In 3 Sent., d. 4, q. 2, a. 2, ad 4; d. 11, q. 1, a. 2; d. 21, q. 1, a. 3, ad 2; C. G., IV, c. 28; De Verit., q. 29, a. 1, ad 1; Comp. Theol., c. 216; In 1 Cor., c. 15, lect. 2

Pare che la proposizione: Cristo è una creatura, sia vera.

Infatti:

1. S. Leone Papa [ Ps. Agost., Serm. supp. 128 ] esclama: « Fatto nuovo e inaudito: Dio che è ed era, diventa una creatura ».

Ma di Cristo si può predicare tutto ciò che il Figlio di Dio è divenuto con l'incarnazione.

Quindi è vera la proposizione: Cristo è una creatura.

2. La proprietà di ciascuna delle due nature può essere attribuita all'ipostasi comune, qualunque sia il termine col quale è designata, come si è detto [ a. 5 ].

Ora, è proprio della natura umana essere una creatura, come è proprio della natura divina essere il Creatore.

Perciò di Cristo si può predicare sia che è una creatura, sia che è increato ed è il Creatore.

3. L'anima è nell'uomo un elemento più importante del corpo.

Ma Cristo a motivo del corpo tratto dalla Vergine si dice puramente e semplicemente che è nato dalla Vergine.

Quindi a motivo dell'anima che è stata creata da Dio si deve dire puramente e semplicemente che è una creatura.

In contrario:

S. Ambrogio [ De Fide 1,16 ] si domanda: « Cristo è stato forse fatto mediante una parola? Creato mediante un comando? ».

E la risposta implicita è negativa.

Infatti continua: « Come può esserci in Dio una creatura? Dio infatti è semplice nella sua essenza, non composto ».

Quindi non si deve ammettere questa proposizione: Cristo è una creatura.

Dimostrazione:

Come dice S. Girolamo [ Glossa ord. su Os 2,16 ], « usando parole non appropriate si cade nell'eresia ».

Perciò con gli eretici non dobbiamo avere in comune neppure i vocaboli, per non apparire favorevoli ai loro errori.

Ora, gli Ariani dicevano che Cristo è una creatura e che è inferiore al Padre non solo a motivo della natura umana, ma anche in quanto persona divina.

Perciò che Cristo sia una creatura, o inferiore al Padre, non va detto in senso assoluto, ma con la precisazione: secondo la natura umana.

Invece quei predicati che in nessun modo possono essere interpretati come riferibili alla persona divina per se stessa, li possiamo attribuire senza restrizioni a Cristo in ragione della sua natura umana: così diciamo puramente e semplicemente che Cristo ha sofferto, che è morto ed è stato sepolto.

Come anche nelle realtà materiali e umane, quando un predicato è tale da lasciare in dubbio se sia da attribuire al tutto o a una sua parte, se spetta a una sua parte non lo attribuiamo al tutto senza restrizioni: non diciamo infatti che un etiope è bianco, ma che è bianco quanto ai denti.

Diciamo invece senza restrizioni che è riccioluto, poiché questo è un predicato già di per sé limitato ai capelli.

Analisi delle obiezioni:

1. Qualche volta i santi Dottori, omettendo per brevità ogni determinazione, danno a Cristo l'appellativo di creatura.

Ma la suddetta determinazione va sottintesa.

2. Tutte le proprietà della natura umana, come anche di quella divina, sono attribuibili in qualche modo a Cristo.

Per cui anche il Damasceno [ De fide orth. 3,4 ] scrive che « Cristo, Dio e uomo, è creatura e increato, divisibile e indivisibile ».

Però quando l'affermazione può essere equivoca per l'una o per l'altra natura, l'attribuzione non va fatta senza determinazioni.

Da cui le parole che seguono: « La medesima ipostasi » di Cristo « è increata per la divinità e creata per l'umanità ».

Come nel caso opposto non si deve dire senza specificare che Cristo è incorporeo, o impassibile, per evitare l'errore dei Manichei, i quali insegnavano che Cristo non aveva un corpo vero e non aveva sofferto realmente, ma si deve precisare che Cristo è incorporeo e impassibile secondo la sua divinità.

3. La nascita dalla Vergine non è minimamente attribuibile alla persona del Figlio di Dio in se stessa, come invece si potrebbe pensare della creazione.

Perciò il paragone non regge.

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