Summa Teologica - III

Indice

Articolo 2 - Se quella luce fosse lo splendore della gloria

In 3 Sent., d. 16, q. 2, a. 2; In Matth., c. 17

Pare che quella luce non fosse lo splendore della gloria.

Infatti:

1. Nel suo commento alle parole evangeliche: « Fu trasfigurato davanti a loro », S. Beda [ In Mc 3, su 17,2 ] afferma: « In un corpo mortale mostrò non l'immortalità, bensì uno splendore simile a quello dell'immortalità futura ».

Ma lo splendore della gloria è quello dell'immortalità.

Quindi quello che Cristo mostrò agli Apostoli non era lo splendore della gloria.

2. Spiegando le parole di S. Luca [ Lc 9,27 ]: « Non morranno prima di avere visto il regno di Dio », S. Beda [ Glossa interlin .] precisa: « cioè la glorificazione del corpo nella rappresentazione immaginaria della felicità futura ».

Ma l'immagine di una cosa non è la cosa stessa.

Quindi non si trattava dello splendore della beatitudine.

3. Lo splendore della gloria sarà circoscritto al corpo umano.

Invece quello della trasfigurazione apparve non solo nel corpo di Cristo, ma anche nelle sue vesti e nella nube splendente che coprì i discepoli.

Quindi non doveva essere lo splendore della gloria.

In contrario:

Nel suo commento a quel passo di S. Matteo: « Fu trasfigurato davanti a loro », S. Girolamo [ In Mt 3 ] afferma: « Apparve agli Apostoli come apparirà nel giudizio finale ».

E a proposito di quell'altro passo [ Mt 16,28 ]: « Finché non vedranno il Figlio dell'Uomo venire nel suo regno », il Crisostomo [ In Mt hom. 56 ] commenta: « Volendo mostrare che cos'è quella gloria con la quale verrà, la manifestò in questa vita, secondo la loro capacità di comprenderla: affinché il dolore non li abbattesse neppure alla morte del Signore ».

Dimostrazione:

Lo splendore assunto da Cristo nella trasfigurazione era lo splendore della gloria quanto all'essenza, ma non quanto al modo di essere.

Infatti lo splendore del corpo glorioso emana dallo splendore dell'anima, come afferma S. Agostino [ Epist. 118,3 ].

Ora, anche lo splendore del corpo di Cristo nella trasfigurazione, come insegna il Damasceno [ In Transf. hom. 1 ], derivò dalla sua divinità e dalla gloria della sua anima.

Si dovette infatti a una certa disposizione divina che la gloria dell'anima non ridondasse nel corpo di Cristo fin dal principio del suo concepimento: affinché egli, come si è già detto [ q. 14, a. 1, ad 2 ], attuasse i misteri della nostra redenzione in un corpo passibile.

Con ciò però non fu tolto a Cristo il potere di trasmettere la gloria dell'anima al corpo.

E questo, per quanto riguarda lo splendore, egli lo fece proprio nella trasfigurazione: in maniera diversa però da come avviene nel corpo glorificato.

Infatti al corpo glorificato lo splendore dell'anima deriva come una qualità permanente del corpo.

Per cui lo splendore fisico in un corpo glorificato non è miracoloso.

Invece nella trasfigurazione dalla divinità e dall'anima derivò al corpo di Cristo uno splendore non a modo di qualità immanente e appartenente al corpo, ma piuttosto a modo di impressione passeggera, come quando l'aria viene illuminata dal sole.

Ed è per questo che quel fulgore apparso nel corpo di Cristo fu un fatto miracoloso, come fu un miracolo che Cristo camminasse sulle onde del mare.

Da cui le parole di Dionigi [ Epist. 4 ]: « Ciò che è proprio dell'uomo, Cristo lo compie in modo sovrumano: è quanto dimostra la Vergine che lo concepisce in modo soprannaturale, e l'acqua instabile che ne sostiene il peso dei piedi materiali e terreni ».

Non è quindi giusto affermare con Ugo di S. Vittore [ cf. Innocenzo III, De sacro altaris myst. 4,12 ] che Cristo assunse la dote dello splendore nella trasfigurazione, quella dell'agilità camminando sul mare e quella della sottigliezza uscendo dal seno della Vergine senza aprirlo: poiché il termine dote indica una qualità immanente del corpo glorioso.

Egli invece in quel caso ottenne miracolosamente ciò che è proprio di quelle doti.

E qualcosa di simile si verificò per l'anima nella visione di Dio avuta da S. Paolo durante il suo rapimento, come si è visto nella Seconda Parte [ II-II, q. 175, a. 3, ad 2 ].

Analisi delle obiezioni:

1. Quelle parole non dimostrano che lo splendore di Cristo non fu glorioso, ma solo che non era del corpo glorioso, poiché il corpo di Cristo non era ancora immortale.

Come infatti si dovette a una speciale disposizione divina che la gloria dell'anima di Cristo non si comunicasse al corpo, così per la stessa disposizione poté avvenire che si comunicasse quanto allo splendore e non quanto all'impassibilità.

2. Quello splendore è detto immagine [ della felicità futura ] non perché non fosse il vero splendore della gloria, ma perché era un'immagine che rappresentava la perfezione della gloria, in cui il corpo sarà glorioso.

3. Come lo splendore del corpo di Cristo rappresentava lo splendore futuro del suo corpo, così il fulgore delle sue vesti indicava lo splendore futuro dei santi, che sarà superato dal fulgore di Cristo come il candore della neve è superato dallo splendore del sole.

Per questo S. Gregorio [ Mor. 32,6 ] afferma che le vesti di Cristo divennero splendenti « perché nel culmine del fulgore celeste tutti i santi saranno uniti a lui splendendo della luce della giustizia.

Le vesti infatti sono il simbolo dei giusti che egli unirà a sé », secondo le parole di Isaia [ Is 49,18 ]: « Ti vestirai di tutti loro come di un ornamento ».

La nube luminosa significa poi la gloria dello Spirito Santo, oppure « la potenza del Padre », come dice Origene [ In Mt 3 ], che proteggerà i santi nella gloria futura.

- Potrebbe però anche significare lo splendore del mondo rinnovato, che sarà l'abitazione dei santi.

Infatti la nube splendente avvolse i discepoli quando S. Pietro propose di costruire le tende.

Indice