Summa Teologica - II-II

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Articolo 3 - Se S. Paolo nel suo rapimento abbia visto l'essenza di Dio

I, q. 12, a. 11, ad 2; In 4 Sent., d. 49, q. 2, a. 7, ad 5; De Verit., q. 13, a. 2; In 2 Cor., c. 12, lectt. 1, 2

Pare che S. Paolo nel suo rapimento non abbia visto l'essenza di Dio.

Infatti:

1. Come di S. Paolo si legge [ 2 Cor 12,2 ] che « fu rapito fino al terzo cielo », così di S. Pietro sta scritto [ At 10,10 ] che « fu rapito in estasi ».

Ma Pietro nella sua estasi non vide l'essenza di Dio, bensì una certa visione immaginaria [ At 10,11ss ].

Perciò pare che neppure S. Paolo abbia visto l'essenza di Dio.

2. La visione di Dio rende l'uomo beato.

Ora, S. Paolo nel suo rapimento non fu reso beato: altrimenti non sarebbe mai tornato alla miseria di questa vita, ma il suo corpo sarebbe stato glorificato per ridondanza dalla sua anima, come avverrà per le anime sante dopo la risurrezione; il che invece non avvenne.

Quindi S. Paolo nel suo rapimento non vide l'essenza di Dio.

3. La fede e la speranza non sono compatibili con la visione dell'essenza divina, come insegna l'Apostolo [ 1 Cor 13,8ss ].

Ma S. Paolo durante il suo rapimento conservò la fede e la speranza.

Quindi egli non vide l'essenza divina.

4. Secondo S. Agostino [ De Gen. ad litt. 12, cc. 24,26,28 ], è nella visione immaginaria che si vedono « delle immagini di esseri corporei ».

Ora, è chiaro che S. Paolo nel suo rapimento vide delle immagini, quelle p. es. « del terzo cielo » e « del Paradiso » [ 2 Cor 12,2.4 ].

Perciò pare che egli sia stato rapito alla contemplazione di una visione immaginaria, non a quella dell'essenza divina.

In contrario:

S. Agostino [ Epist. 147 ] insegna che « l'essenza stessa di Dio ha potuto essere vista da alcuni nella vita presente: come da Mosè e da S. Paolo, il quale nel suo rapimento udì parole ineffabili, che all'uomo non è lecito pronunziare ».

Dimostrazione:

Alcuni hanno insegnato che S. Paolo nel suo rapimento non vide l'essenza stessa di Dio, ma solo un riflesso della sua gloria.

S. Agostino però insegna espressamente il contrario non solo nel libro De videndo Deo [ Epist. 147 ], ma anche nel De Genesi ad litteram [ De Gen. ad litt. 12,28.56 ]; e i suoi testi sono accettati dalla Glossa [ ord. su 2 Cor 12,2 ].

Inoltre le parole stesse dell'Apostolo lo asseriscono.

Infatti egli afferma [ 2 Cor 12,4 ] di « avere udito parole indicibili, che non è lecito ad alcuno pronunziare »: ora, queste paiono appartenere alla visione beatifica, la quale trascende lo stato della vita presente, secondo le parole di Isaia [ Is 64,4 Vg ]: « Occhio non vide eccetto te, o Dio, quanto tu hai preparato per coloro che ti amano ».

Perciò è più giusto affermare che egli vide Dio per essenza.

Analisi delle obiezioni:

1. L'anima umana può essere rapita da Dio alla contemplazione della verità divina in tre modi.

Primo, mediante immagini fantastiche.

E tale fu l'estasi che ebbe S. Pietro.

- Secondo, mediante effetti di ordine intelligibile; come avvenne per Davide quando affermava [ Sal 116,11 ]: « Ho detto nel mio trasporto: Ogni uomo è inganno ».

- Terzo, l'anima può essere rapita alla contemplazione di Dio nella sua essenza.

E tale fu il rapimento di S. Paolo, e anche di Mosè.

E assai giustamente: poiché come Mosè fu il primo Dottore dei Giudei, così S. Paolo fu il primo « Dottore delle Genti » [ 1 Tm 2,7 ].

2. L'essenza divina non può essere vista da un intelletto creato se non mediante la luce della gloria, di cui sta scritto [ Sal 36,10 ]: « nella tua luce vedremo luce ».

Questa però può essere partecipata in due modi.

Primo, quale forma immanente: e in questo modo essa rende beati i santi che sono in cielo.

Secondo, quale influsso transitorio, cioè come avviene con il lume profetico di cui abbiamo parlato sopra [ q. 171, a. 2 ].

Ora, fu in questo modo che la luce della gloria fu concessa a S. Paolo nel suo rapimento.

Perciò egli con tale visione non divenne beato in senso assoluto, in modo che avvenisse la ridondanza nel corpo, ma lo divenne solo in senso relativo.

Ed è per questo che il suo rapimento appartiene in qualche modo alla profezia.

3. Siccome S. Paolo nel suo rapimento non fu reso beato in maniera abituale, ma ebbe soltanto l'atto della beatitudine, conseguentemente non ebbe allora simultaneamente l'atto della fede, ma ne ebbe simultaneamente l'abito.

4. Col termine « terzo cielo » si può innanzi tutto intendere qualcosa di corporeo.

E allora il terzo cielo è il cielo corporeo: il quale è detto terzo in rapporto al cielo atmosferico e a quello sidereo; o piuttosto in rapporto al cielo sidereo e a quello acqueo o cristallino.

E si dice che egli « fu rapito fino al terzo cielo » non perché fu rapito a vedere l'immagine di questo luogo corporeo, ma perché esso è il luogo destinato alla contemplazione dei beati.

Infatti la Glossa [ P. Lomb. su 2 Cor 12,2 ] afferma che « il terzo cielo è spirituale, ed è quello dove gli angeli e le anime sante godono della contemplazione di Dio.

E quando S. Paolo dice di esservi stato rapito, vuole significare soltanto che Dio gli mostrò la vita nella quale egli sarà contemplato eternamente ».

In secondo luogo per terzo cielo si può intendere una visione ultraterrena.

E questa può essere detta terzo cielo per tre motivi.

Primo, in base all'ordine delle potenze conoscitive: intendendo così per primo cielo la visione ultraterrena di ordine corporeo che avviene mediante i sensi, come fu il caso di Baltassar [ Dn 5,5 ], che vide un uomo scrivere sulla parete, per secondo cielo invece la visione immaginaria, come quella che ebbe Isaia [ Is 6,1 ], o come quella di S. Giovanni [ Ap 4,2ss ], per terzo cielo infine la visione di ordine intellettuale.

E questa è la spiegazione di S. Agostino [ De Gen. ad litt. 12, cc. 24,26,28 ].

- Secondo, essa può dirsi terzo cielo in base all'ordine degli oggetti di conoscenza: e allora « il primo cielo è la conoscenza dei corpi celesti, il secondo la conoscenza degli spiriti celesti, il terzo la conoscenza di Dio stesso ».

- Terzo, stando alla Glossa [ cit. ] per terzo cielo si può intendere la contemplazione di Dio rispetto ai gradi della conoscenza facciale di Dio stesso: e tra questi il primo grado è quello degli angeli della gerarchia più bassa, il secondo quello degli angeli della gerarchia intermedia e il terzo quello degli angeli della gerarchia suprema.

E poiché la visione di Dio non può essere senza godimento, per questo S. Paolo non dice soltanto che fu rapito « fino al terzo cielo », a motivo della contemplazione, ma anche « in Paradiso », a motivo del godimento che la accompagnava.

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