Summa Teologica - III

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Articolo 4 - Se il pane possa convertirsi nel corpo di Cristo

In 4 Sent., d. 11, q. 1, a. 3, sol. 1; C. G., IV, c. 63; Quodl., 5, q. 6, a. 1; De rat. fidei, c. 8; In 1 Cor., c. 11, lectt. 4, 5

Pare che il pane non possa convertirsi nel corpo di Cristo.

Infatti:

1. La conversione è una mutazione.

Ma in ogni mutazione ci deve essere un soggetto, il quale prima è in potenza e poi in atto, poiché il moto è « l'atto di un ente in potenza », come dice Aristotele [ Phys. 3,1 ].

Ora, la sostanza del pane e quella del corpo di Cristo non possono avere un soggetto, essendo proprio della sostanza « non essere in un soggetto », come nota ancora Aristotele [ Praed. 3 ].

Quindi è impossibile che tutta la sostanza del pane si converta nel corpo di Cristo.

2. Nella conversione la forma risultante inizia a esistere come realtà nuova nella materia di ciò che si è trasmutato in essa: come quando l'aria si converte nel fuoco che prima non esisteva, la forma del fuoco inizia a esistere nella materia dell'aria; e così pure quando il cibo si converte in sostanza umana prima inesistente, la forma umana inizia a esistere nella materia del cibo.

Se dunque il pane si converte nel corpo di Cristo, la forma del corpo di Cristo deve iniziare a esistere come realtà nuova nella materia del pane: il che è falso.

Quindi il pane non si converte nella sostanza del corpo di Cristo.

3. Di due cose che sono radicalmente distinte tra loro, una non diventa mai l'altra: la bianchezza, p. es., non diventa mai nerezza, ma il soggetto della bianchezza diventa soggetto della nerezza, come dice Aristotele [ Phys. 1,5 ].

Ora, come sono contrarie fra loro due forme radicalmente distinte, essendo esse i princìpi della differenza formale, così sono radicalmente distinte due determinate porzioni di materia, essendo esse i princìpi della distinzione materiale [ o numerica ].

Quindi è impossibile che questa materia del pane diventi quest'altra materia individuante il corpo di Cristo.

Perciò è impossibile che la sostanza di questo pane si converta nella sostanza del corpo di Cristo.

In contrario:

Eusebio di Emesa [ Decr. di Graz. 3,2,35 ] afferma: « Non devi giudicare strano e impossibile che realtà terrene e mortali si convertano nella sostanza del corpo di Cristo ».

Dimostrazione:

Sopra [ a. 2 ] abbiamo già chiarito che, essendo presente in questo sacramento il vero corpo di Cristo, il quale non può iniziarvi la sua presenza con un moto locale, e neppure esservi presente come in un luogo, come risulta da quanto detto [ a. 1, ad 3 ], bisogna concludere che il corpo di Cristo vi inizia la sua presenza per la conversione in esso della sostanza del pane.

Questa conversione però non è simile alle conversioni naturali, ma è del tutto soprannaturale, e compiuta dalla sola potenza di Dio.

Da cui le parole di S. Ambrogio [ De myst. 53 ]: « È noto che la Vergine generò fuori dell'ordine della natura.

Ora, anche ciò che noi consacriamo è il corpo nato dalla Vergine.

Perché dunque cerchi l'ordine naturale nel corpo di Cristo quando il Signore stesso Gesù è stato partorito dalla Vergine fuori dell'ordine della natura? ».

E a commento del passo [ Gv 6,63 ]: « Le parole che vi ho dette », a proposito di questo sacramento, « sono spirito e vita », il Crisostomo [ In Ioh. hom. 47 ] afferma: « Sono cioè spirituali, non hanno nulla di carnale né seguono un processo naturale, ma sono state liberate da ogni necessità terrena e dalle leggi che vigono sulla terra ».

È chiaro infatti che ogni ente opera in quanto è in atto.

Ma ogni agente creato è limitato nel suo atto, appartenendo a un dato genere e a una data specie.

Quindi l'azione di qualsiasi agente creato si porta su un certo atto determinato.

Ora, la determinazione di qualsiasi cosa al proprio essere in atto dipende dalla forma.

Perciò un agente naturale o creato non può causare che una trasmutazione di forma.

E così ogni conversione che si compia secondo le leggi naturali è un mutamento formale.

Ma Dio è un atto infinito, come si è spiegato nella Prima Parte [ q. 7, a. 1; q. 25, a. 2 ].

Perciò la sua azione si estende a tutta la natura dell'ente.

E così può produrre non soltanto delle conversioni formali, nelle quali cioè in un medesimo soggetto si succedono forme diverse, ma può trasmutare tutto l'ente, in modo cioè che tutta la sostanza di un certo ente si converta in tutta la sostanza di un altro.

E ciò appunto avviene per virtù divina in questo sacramento.

Infatti tutta la sostanza del pane si converte in tutta la sostanza del corpo di Cristo, e tutta la sostanza del vino in tutta la sostanza del sangue di Cristo.

Perciò questa non è una conversione formale, ma sostanziale.

E non rientra tra le specie delle mutazioni naturali, ma con termine proprio può essere detta transustanziazione.

Analisi delle obiezioni:

1. L'obiezione riguarda le mutazioni di forma: poiché è proprio della forma essere nella materia o nel soggetto.

La cosa però non ha luogo nella conversione di tutta la sostanza.

Infatti questa conversione sostanziale, implicando un certo ordine fra due sostanze di cui una si converte nell'altra, ha il suo soggetto in ambedue le sostanze, come l'ordine e il numero.

2. Anche questa obiezione si basa sulla conversione o mutazione formale: poiché, come si è detto [ ad 1 ], è necessario che la forma sia nella materia o nel soggetto.

Ciò invece non accade nella trasmutazione di tutta la sostanza, in cui il soggetto non esiste.

3. Per la virtù di un agente limitato una forma non può cambiarsi in un'altra forma, né una materia in un'altra materia, ma per la virtù di un agente infinito, che opera su tutto l'ente, tale conversione è possibile: poiché ad ambedue le forme e ad ambedue le materie è comune la natura di ente, e l'autore dell'ente può mutare l'entità dell'una nell'entità dell'altra, eliminando ciò che le distingueva.

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