Summa Teologica - III

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Articolo 8 - Se il cibo o la bevanda presi in precedenza impediscano la comunione eucaristica

II-II, q. 147, a. 6, ad 2; In 4 Sent., d. 8, q. 1, a. 4, sol. 1, 2; In 1 Cor., c. 11, lect. 4

Pare che il cibo o la bevanda presi in precedenza non impediscano la comunione eucaristica.

Infatti:

1. Questo sacramento fu istituito dal Signore nella Cena.

Ma il Signore distribuì ai suoi discepoli questo sacramento dopo che ebbe cenato, come risulta da S. Luca [ Lc 22,20 ] e da S. Paolo [ 1 Cor 11,25 ].

Quindi anche noi dobbiamo prendere questo sacramento dopo aver consumato altri cibi.

2. Dice l'Apostolo [ 1 Cor 11,33s ]: « Quando vi radunate per mangiare » il corpo del Signore, « aspettatevi gli uni gli altri.

E se qualcuno ha fame, mangi a casa sua ».

Dal che risulta che dopo aver mangiato a casa uno può ricevere in chiesa il corpo di Cristo.

3. In un Concilio di Cartagine [ cf. Decr. di Graz. 3,1,49 ] è prescritto: « Il sacramento dell'altare venga celebrato soltanto a digiuno, eccetto l'unico giorno anniversario in cui si commemora la Cena del Signore ».

Quindi almeno in quel giorno si può ricevere il corpo di Cristo dopo altri cibi.

4. Prendere dell'acqua, o una medicina, o altro cibo o liquido in minima quantità, o anche deglutire i resti del cibo rimasti in bocca, non viola il digiuno ecclesiastico, né la sobrietà richiesta dalla riverenza verso questo sacramento.

Perciò le cose suddette non impediscono la comunione eucaristica.

5. Alcuni mangiano o bevono a notte fonda, o forse dopo una notte insonne ricevono al mattino i sacri misteri senza avere ancora ben digerito.

Quindi si salverebbe meglio la sobrietà se al mattino uno mangiasse un poco, e poi verso le tre pomeridiane ricevesse questo sacramento: talvolta infatti ci sarebbe anche una distanza di tempo maggiore.

Quindi il cibo preso in tal modo non può impedire la comunione eucaristica.

6. Dopo la comunione non si deve a questo sacramento una riverenza minore di quella che gli si deve prima.

Ma dopo la comunione è lecito prendere del cibo o della bevanda.

Quindi anche prima.

In contrario:

S. Agostino [ Epist. 54,6 ] afferma: « Piacque allo Spirito Santo, a onore di un così grande sacramento, che il corpo del Signore entrasse nella bocca dei cristiani prima di ogni altro cibo ».

Dimostrazione:

Una cosa può impedire di ricevere questo sacramento per due motivi diversi.

Primo, per la sua stessa natura: e di tal genere è il peccato mortale, che contraddice al significato di questo sacramento, come si è visto sopra [ a. 4 ].

Secondo, per la proibizione della Chiesa.

E questa vieta la comunione eucaristica dopo che uno ha mangiato o bevuto, per tre ragioni.

Primo, « per il rispetto verso questo sacramento », come dice S. Agostino [ Epist. 54,6 ]: ordinando cioè che esso entri nella bocca dell'uomo prima che questa venga contaminata da qualche cibo o bevanda.

- Secondo, per il simbolismo, per insegnare cioè che Cristo, il quale è la realtà contenuta in questo sacramento, e la sua carità, devono stabilirsi nel nostro cuore prima di ogni altra cosa, secondo le parole evangeliche [ Mt 6,33 ]: « Cercate prima di tutto il regno di Dio ».

- Terzo, per il pericolo di vomito e di ubriachezza, che a volte capita perché gli uomini si cibano senza moderazione, come dice anche l'Apostolo [ 1 Cor 11,21 ]: « Uno ha fame, l'altro è ubriaco ».

Da questa regola generale sono tuttavia esentati i malati, i quali vanno comunicati anche subito dopo che hanno mangiato, quando sono in pericolo, affinché non abbiano a morire senza la comunione: poiché « la necessità non ha legge ».

Da cui la prescrizione dei Canoni [ Decr. di Graz. 3,2,93 ]: « Il sacerdote comunichi subito l'infermo, perché non muoia senza comunione ».

Analisi delle obiezioni:

1. Rispondiamo con S. Agostino [ Epist. 54,6 ]: « Per il fatto che il Signore diede l'Eucaristia dopo la cena, non per questo i fedeli devono radunarsi a ricevere questo sacramento dopo aver pranzato o cenato, né devono mescolare l'Eucaristia alle loro mense, come facevano coloro che l'Apostolo rimprovera e condanna.

Il Salvatore infatti, per far risaltare con maggiore evidenza l'altezza di quel mistero, lo volle imprimere per ultimo nel cuore e nella memoria dei discepoli.

E così non prescrisse che lo si dovesse ricevere in seguito nello stesso ordine, lasciando tale compito agli Apostoli, per opera dei quali voleva che venissero organizzate le Chiese ».

2. Il testo di S. Paolo è così spiegato dalla Glossa [ P. Lomb. ]: « Se uno ha fame, e per impazienza non vuole aspettare gli altri, mangi a casa i propri alimenti, cioè si nutra di pane terreno, e si astenga dal ricevere l'Eucaristia ».

3. Quella norma si riferisce a una consuetudine che un tempo veniva osservata in qualche luogo nella commemorazione della Cena del Signore, di ricevere cioè in quel giorno il corpo di Cristo dopo aver mangiato.

Ma ora questa consuetudine è abrogata.

Poiché, come nota S. Agostino [ Epist. 54,6 ], « nel mondo intero è seguito questo uso », di ricevere cioè il corpo di Cristo a digiuno.

4. Come si disse nella Seconda Parte [ II-II, q. 147, a. 6, ad 2 ], il digiuno è di due specie.

Il primo è il digiuno naturale, che comporta l'esclusione di qualsiasi cosa presa come cibo o bevanda.

E tale digiuno è richiesto per questo sacramento secondo le ragioni addotte.

Perciò né dopo aver preso dell'acqua, o altro cibo, bevanda o medicina, per quanto piccola ne sia la quantità, è lecito ricevere questo sacramento.

E non conta che la cosa nutra o non nutra, né che venga presa da sola o con altro: basta che venga presa a modo di cibo o di bevanda.

- Tuttavia i resti del cibo che rimangono in bocca, se vengono inghiottiti fortuitamente, non impediscono la comunione, poiché non vengono ingeriti a modo di cibo, ma a modo di saliva.

E lo stesso si dica dei resti dell'acqua o del vino con cui ci si è lavata la bocca, se la loro quantità non è grande, ma si confonde con la saliva, il che è inevitabile.

L'altro è il digiuno ecclesiastico, istituito quale mortificazione della carne.

E tale digiuno non viene rotto dalle cose suddette, poiché esse non nutrono in maniera rilevante, ma vengono prese piuttosto per ottenere una modificazione qualitativa.

5. Quando si dice che « questo sacramento deve entrare nella bocca del cristiano prima degli altri cibi », ciò non va inteso in senso assoluto rispetto a tutto il tempo, altrimenti chi avesse mangiato o bevuto una volta sola non potrebbe più prendere questo sacramento.

Va inteso invece rispetto allo stesso giorno.

E sebbene l'inizio del giorno possa venire determinato in diversi modi, cioè dal mezzogiorno, dal tramonto, dalla mezzanotte o dalla levata del sole, tuttavia la Chiesa, seguendo l'uso dei Romani, lo fa partire dalla mezzanotte.

Se quindi dopo la mezzanotte uno ha preso qualcosa a modo di cibo o di bevanda, non può nello stesso giorno ricevere l'Eucaristia; può farlo invece se ha mangiato o bevuto prima della mezzanotte.

E rispetto alla legge suddetta non importa che uno, dopo avere mangiato o bevuto, abbia dormito o digerito.

Tuttavia l'insonnia o l'indigestione incidono sul turbamento dell'anima; e se tale turbamento spirituale è grave, rende l'uomo inadatto alla comunione eucaristica.

6. La massima devozione è richiesta nel momento di ricevere l'Eucaristia, poiché allora si ottiene l'effetto del sacramento.

Ora, questa devozione è più ostacolata da quanto precede la comunione che da quanto la segue.

Per questo fu stabilito che gli uomini digiunino prima della comunione piuttosto che dopo.

Tuttavia ci deve essere un certo intervallo tra la comunione e la consumazione di altri cibi.

Nella messa infatti dopo la comunione si recita una preghiera di ringraziamento; e privatamente coloro che si sono comunicati dicono anche altre orazioni.

Tuttavia secondo i canoni antichi [ Decr. di Graz. 3,2,23 ] ciò era stato prescritto dal Papa Clemente: « Se la porzione del Signore viene presa al mattino, i ministri che l'hanno ricevuta digiunino fino all'ora sesta; e se l'hanno ricevuta all'ora terza o quarta, digiunino fino al vespro ».

Anticamente infatti la celebrazione della messa era più rara, e veniva fatta con maggiore preparazione.

Ora invece, essendo necessario celebrare più frequentemente i sacri misteri, non è più possibile osservare questa disciplina con facilità.

Per cui essa è stata abrogata dalla consuetudine contraria.

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