Summa Teologica - III

Indice

Articolo 4 - Se il peccatore che riceve il corpo di Cristo sacramentalmente commetta peccato

Supra, q. 79, a. 3; In 4 Sent., d. 9, q. 1, a. 3, sol. 1, 2; In 1 Cor., c. 11, lect. 7

Pare che il peccatore che riceve sacramentalmente il corpo di Cristo non commetta peccato.

Infatti:

1. Cristo non ha maggiore dignità sotto le specie sacramentali che sotto la specie propria.

Ma i peccatori toccando il corpo di Cristo sotto la specie propria non peccavano, anzi ricevevano il perdono dei peccati, come si legge della donna peccatrice [ Lc 7,36ss ] e di altri [ Mt 14,36 ]: « Quanti toccavano l'orlo del suo mantello, guarivano ».

Quindi i peccatori, ricevendo il sacramento del corpo di Cristo, non peccano, ma piuttosto conseguono la salvezza.

2. Questo sacramento è come gli altri una medicina spirituale.

Ora, la medicina viene data ai malati perché guariscano, secondo le parole evangeliche [ Mt 9,12 ]: « Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati ».

Ora, gli infermi o ammalati spiritualmente sono i peccatori.

Essi quindi possono ricevere questo sacramento senza colpa.

3. Questo sacramento, contenendo in sé Cristo, è tra i massimi beni.

Ora, secondo S. Agostino [ De lib. arb. 2,19.51 ] i massimi beni sono quelli « di cui nessuno può fare cattivo uso ».

D'altra parte non si pecca se non facendo cattivo uso di qualcosa.

Perciò nessun peccatore pecca ricevendo questo sacramento.

4. Questo sacramento, come è oggetto del gusto e del tatto, così lo è anche della vista.

Se dunque il peccatore peccasse assumendo questo sacramento con il gusto e con il tatto, dovrebbe peccare anche guardandolo.

Ma ciò è falso, poiché la Chiesa lo espone alla vista e all'adorazione di tutti.

Quindi il peccatore non pecca cibandosi di questo sacramento.

5. Capita a volte che un peccatore non abbia coscienza del suo peccato.

E tuttavia non pecca ricevendo il corpo di Cristo, poiché altrimenti peccherebbero tutti coloro che si comunicano, come esponendosi al pericolo di peccare: infatti l'Apostolo [ 1 Cor 4,4 ] afferma: « Anche se non sono consapevole di colpa alcuna, non per questo sono giustificato ».

Non è quindi una colpa per il peccatore il ricevere questo sacramento.

In contrario:

L'Apostolo [ 1 Cor 11,29 ] asserisce: « Chi mangia e beve indegnamente, mangia e beve la propria condanna ».

E la Glossa [ P. Lomb. ] spiega: « Mangia e beve indegnamente chi è in stato di peccato grave, o tratta il sacramento in modo irriverente ».

Chi dunque è in peccato mortale, se riceve questo sacramento merita la dannazione, commettendo un peccato mortale.

Dimostrazione:

In questo come negli altri sacramenti il rito sacramentale è segno della realtà prodotta dal sacramento.

Ora, la realtà prodotta dal sacramento dell'Eucaristia è duplice, come si è detto sopra [ q. 60, a. 3, s. c.; q. 73, a. 6 ]: una, significata e contenuta nel sacramento, è Cristo stesso; l'altra, significata e non contenuta, è il corpo mistico di Cristo, ossia la società dei santi.

Chi dunque si accosta all'Eucaristia, per ciò stesso dichiara di essere unito a Cristo e incorporato alle sue membra.

Ma ciò avviene per mezzo della fede formata, che nessuno possiede quando è in peccato mortale.

È chiaro dunque che chi riceve l'Eucaristia con il peccato mortale commette una falsità nei riguardi di questo sacramento, per cui si macchia di sacrilegio come profanatore del sacramento.

Quindi pecca mortalmente.

Analisi delle obiezioni:

1. Cristo, quando viveva visibilmente tra noi nella sua specie, non si presentava per essere toccato dagli uomini in segno della loro unione spirituale con lui, come invece si presenta per essere assunto in questo sacramento.

Perciò i peccatori che lo toccavano nella sua propria specie non commettevano un peccato di falsità contro le realtà divine come i peccatori che ricevono questo sacramento.

Inoltre Cristo possedeva allora una carne « simile a quella del peccato »: perciò era giusto che si lasciasse toccare dai peccatori.

Una volta però eliminata dalla gloria della risurrezione la somiglianza con la carne del peccato, non volle essere toccato dalla donna che aveva una fede difettosa nei suoi riguardi, dicendole [ Gv 20,17 ]: « Non mi toccare, perché non sono ancora salito al Padre », sottinteso « nel tuo cuore », come spiega S. Agostino [ In Ioh. ev. tract. 121 ].

Così dunque i peccatori, che nei suoi riguardi mancano della fede formata, sono esclusi dal contatto di questo sacramento.

2. Non tutte le medicine sono adatte per tutte le malattie.

Infatti una medicina che viene data agli sfebbrati come ricostituente farebbe male se venisse data a coloro che sono ancora febbricitanti.

Così dunque il battesimo e la penitenza sono come delle medicine purificatrici che vengono date per togliere la febbre del peccato.

L'Eucaristia è invece un ricostituente che non va concesso se non a quanti sono già liberi dal peccato.

3. Per « massimi beni » S. Agostino intende le virtù dell'anima, delle quali « nessuno fa cattivo uso » nel senso di farne i princìpi di un uso cattivo.

Tuttavia è possibile usarle male facendone l'oggetto di un uso cattivo, come è evidente in coloro che si insuperbiscono delle loro virtù.

E allo stesso modo anche questo sacramento di per sé non può essere la causa di un uso cattivo, ma può esserne l'oggetto.

Da cui le parole di S. Agostino [ In Ioh. ev. tract. 62 ]: « Il fatto che molti ricevano indegnamente il corpo del Signore ci avverte su quanto dobbiamo guardarci dal ricevere male il bene.

Ecco: il bene diventa un male quando il bene è ricevuto male; come al contrario per l'Apostolo il male diventò un bene, avendo egli ricevuto bene il male, ossia avendo pazientemente tollerato il pungolo di Satana ».

4. La vista non percepisce il corpo stesso di Cristo, ma solo il suo sacramento, non raggiungendo l'occhio la sostanza del corpo di Cristo, ma solo le specie sacramentali, come si disse sopra [ q. 76, a. 7 ].

Chi invece si comunica non riceve soltanto le specie sacramentali, ma anche Cristo medesimo che è sotto di esse.

Quindi tra quanti hanno ricevuto il sacramento di Cristo, cioè il battesimo, nessuno viene escluso dal vedere il suo corpo sacramentale; i non battezzati invece non vanno ammessi nemmeno alla visione di questo sacramento, come insegna Dionigi [ De eccl. hier. 1,3 ].

Alla comunione poi vanno ammessi soltanto coloro che sono uniti a Cristo non solo sacramentalmente, ma anche realmente.

5. Il fatto che uno non abbia coscienza del proprio peccato può accadere in due modi.

Primo, colpevolmente: o perché ignorando la legge, il che non scusa dalla colpa, uno ritiene che non sia peccato ciò che è peccato, come se un fornicatore non ritenesse peccato mortale la semplice fornicazione; oppure perché è negligente nell'esaminare se stesso, contro l'avvertimento dell'Apostolo [ 1 Cor 11,28 ]: « Ciascuno esamini se stesso, e poi mangi di questo pane e beva di questo calice ».

E in tali condizioni il peccatore che riceve il corpo di Cristo pecca, sebbene non abbia coscienza del proprio peccato: poiché l'ignoranza stessa è per lui un peccato.

Secondo, senza una colpa personale: p. es. quando uno si è pentito del peccato, ma non è sufficientemente contrito.

E in tal caso non pecca ricevendo il corpo di Cristo, poiché l'uomo non può sapere con certezza se sia veramente contrito.

Basta tuttavia che trovi in sé i segni della contrizione: p. es. che « si dolga dei peccati passati » e proponga di « guardarsi dai peccati futuri ».

Se poi uno non sa che l'azione commessa è un peccato per ignoranza del fatto, la quale ignoranza scusa, p. es. se si è accostato a un'altra donna che credeva fosse la sua, non per questo è da considerarsi un peccatore.

E così pure anche se uno si è completamente dimenticato del suo peccato, basta alla cancellazione di esso la contrizione generale, come si dirà in seguito [ cf. Suppl., q. 2, a. 3, ad 2 ].

Quindi non è più da considerarsi un peccatore.

Indice