Supplemento alla III parte

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Articolo 1 - Se dopo la risurrezione i corpi dei santi diventeranno impassibili

Pare che dopo la risurrezione i corpi dei santi non diventeranno impassibili.

Infatti:

1. Ogni essere mortale è passibile.

Ma l'uomo anche dopo la risurrezione sarà « un animale razionale mortale »: poiché questa è la definizione dell'uomo, che non può mai separarsi da lui.

Quindi il corpo sarà passibile.

2. Ciò che è in potenza alla forma di un altro essere è passibile rispetto ad esso: poiché è in questo modo, come spiega Aristotele [ De gen. et corr. 1,7 ], che si manifesta la sua passibilità.

Ora, i corpi dei santi dopo la risurrezione saranno in potenza alla forma di altri esseri.

Prova della media.

Tutte quelle cose che comunicano nella materia sono tali che una di esse è in potenza alla forma di un'altra: infatti la materia per il fatto che è attuata da una forma non perde la sua potenzialità ad altre forme.

Ma dopo la risurrezione i corpi dei santi avranno la stessa materia degli elementi: poiché verranno restaurati con la stessa materia di cui sono formati adesso.

Quindi saranno in potenza ad altre forme, e di conseguenza saranno passibili.

3. « I contrari sono fatti per affrontarsi in azioni e passioni reciproche », come insegna il Filosofo [ ib. ].

Ma i corpi dei santi anche dopo la risurrezione saranno composti di elementi contrari, come adesso.

Quindi saranno passibili.

4. Nel corpo umano risorgeranno sia il sangue che gli altri umori, come si è detto [ q. 80, a. 3 ].

Ma dalla lotta reciproca dei diversi umori nascono nel corpo le infermità e le altre sofferenze.

Quindi dopo la risurrezione i corpi dei santi saranno passibili.

5. Alla perfezione ripugna più un difetto attuale che un difetto in potenza.

Ora, la passibilità implica soltanto un difetto in potenza.

Siccome dunque nei corpi dei beati ci saranno dei difetti in atto, quali le cicatrici delle ferite nei corpi dei martiri, come ci furono in quello di Cristo [ Lc 24,39; Gv 20,20.27 ], sembra che non tolga nulla alla loro perfezione il fatto di avere dei corpi passibili.

In contrario:

1. Tutto ciò che è passibile è corruttibile: poiché « la passione accentuandosi distrugge la natura » [ Topic. 6,6 ].

Ma dopo la risurrezione i corpi dei santi saranno incorruttibili, come insegna S. Paolo [ 1 Cor 15,42 ]: « Si semina corruttibile e risorge incorruttibile ».

Quindi essi saranno impassibili.

2. Ciò che è più forte non subisce l'azione di ciò che è più debole.

Ma nessun corpo sarà più forte di quello dei santi, del quale sta scritto [ 1 Cor 15,43 ]: « Si semina debole, e risorge pieno di forza ».

Quindi i corpi dei santi saranno impassibili.

Dimostrazione:

Il termine « passione » può avere due significati.

Primo, quello comune, secondo il quale qualsiasi ricettività è denominata passione: sia nel caso in cui quanto si riceve è conveniente e perfettivo per chi lo riceve, sia nel caso in cui è contrario e distruttivo.

Ora, i corpi gloriosi non sono detti impassibili per la negazione di questo tipo di passione: poiché non si deve togliere loro nulla di quanto può essere una perfezione.

Secondo, può avere il significato proprio, che il Damasceno [ De fide orth. 2,22 ] così definisce: « La passione è un moto in contrasto con la natura ».

Per cui il moto eccessivo del cuore può dirsi una sua passione, mentre il moto normale ne è un'operazione.

E ciò perché quanto è passibile rientra nell'ambito dell'agente, dato che l'agente tende a rendere simile il paziente: perciò il paziente come tale viene strappato dal suo proprio ambito nel quale si trovava.

Così dunque se prendiamo il termine passione in senso proprio dobbiamo escludere tale potenzialità dai corpi dei santi dopo la risurrezione.

Quindi essi vanno denominati impassibili.

Ma la ragione di questa impassibilità è assegnata diversamente dai vari autori.

Alcuni infatti la attribuiscono alla condizione degli elementi, che allora sarà diversa da quella attuale.

Poiché a loro giudizio gli elementi rimarranno quanto alla sostanza, ma senza le qualità attive e passive loro proprie.

Ma ciò non sembra essere vero.

Infatti le qualità attive e passive costituiscono la perfezione degli elementi.

Qualora dunque nel corpo dei risorti gli elementi venissero ricostituiti senza di esse, tali corpi sarebbero meno perfetti di quanto lo sono ora.

- Inoltre, essendo tali qualità gli accidenti propri degli elementi, causati dalla loro forma e dalla loro materia, sembra veramente assurdo che rimanga la causa e vengano tolti gli effetti.

E così altri dicono che rimarranno le qualità, però la potenza di Dio farà in modo che non abbiano le funzioni loro proprie, per non pregiudicare la conservazione del corpo umano.

Ma anche questo discorso non regge.

Poiché la costituzione di un corpo misto richiede le funzioni delle qualità attive e passive: e secondo il predominio dell'una o dell'altra tali corpi ottengono la loro diversa complessione.

E ciò è richiesto anche nel corpo dei risorti: poiché in esso ci saranno le carni, le ossa e le altre parti che non hanno tutte l'identica complessione.

- Inoltre stando a questa opinione non si potrebbe parlare per tali corpi dell'impassibilità come dote.

Poiché essa non porrebbe alcuna disposizione nella sostanza impassibile, ma solo la preservazione dalla passibilità dall'esterno, in forza della potenza di Dio, la quale potrebbe produrre lo stesso effetto sul corpo umano anche nello stato della vita presente.

Perciò altri affermano che nel corpo stesso ci sarà qualcosa che impedirà il patire dei corpi gloriosi, cioè la materia della quinta essenza, che secondo loro entra nella composizione del corpo umano per conciliare i quattro elementi in una certa armonia, così da renderli materia adatta per l'anima razionale.

Però nello stato della vita presente, per il predominio dei quattro elementi, il corpo umano è passibile come gli altri corpi elementari; nella risurrezione invece dominerà la natura della quinta essenza.

E allora il corpo umano diventerà impassibile, a somiglianza dei corpi celesti.

Ma questa opinione non regge.

Poiché la quinta essenza non può essere uno dei componenti del corpo umano, come si è già dimostrato [ In 2 Sent., d. 17, q. 3, a. 1; cf. I, q. 76, a. 7; q. 91, a. 1, ad 2 ].

- Inoltre è impossibile affermare che una virtù naturale, quale è la virtù dei corpi celesti, trasferirà il corpo umano in una proprietà della gloria, quale è l'impassibilità del corpo glorioso: infatti tale trasformazione è attribuita dall'Apostolo alla virtù di Cristo, poiché « quale è il celeste [ cioè il nuovo Adamo ], così anche i celesti » [ 1 Cor 15,48 ]; ed « egli [ Cristo ] trasformerà il nostro misero corpo », ecc. [ Fil 3,21 ].

- Tanto più che nel corpo umano la natura celeste non potrebbe dominare al punto di sopprimere quella degli elementi, che nei loro princìpi essenziali implicano la passibilità.

Perciò bisogna rispondere diversamente, ricordando che ogni passione consiste nella vittoria dell'agente sul paziente: altrimenti l'agente non potrebbe attrarre il paziente nella sua sfera d'influenza.

Ora, è impossibile che qualcosa influisca sul paziente se non perché in quest'ultimo il dominio della propria forma sulla materia è venuto a debilitarsi, parlando come facciamo adesso di passioni che sono contrarie alla natura.

Infatti la materia non può subire l'influsso di uno dei contrari senza che quello dell'altro venga eliminato, o per lo meno diminuito.

Ora, [ nella risurrezione ] il corpo umano con quanto in esso si trova sarà perfettamente soggetto all'anima razionale, come quest'ultima lo sarà a Dio.

Perciò nei corpi gloriosi non ci potrà essere alcuna mutazione contro le disposizioni che essi ricevono dall'anima.

E così tali corpi saranno impassibili.

Analisi delle obiezioni:

1. Si può rispondere con S. Anselmo [ Cur Deus homo 2,11 ] che « mortale fu posto nella definizione dell'uomo dai filosofi, i quali non credevano che tutta l'umanità un tempo sarebbe stata immortale »: poiché essi non conobbero gli uomini che nello stato presente di mortalità.

Oppure possiamo rispondere che, essendo a noi ignote le differenze essenziali, talora, come nota il Filosofo [ Met. 7,12 ], noi ci serviamo delle differenze accidentali per indicare quelle essenziali, che ne sono la causa.

Per cui il termine mortale è posto nella definizione dell'uomo non perché la mortalità rientri nella sua essenza, bensì perché ciò che attualmente è causa della passibilità e della mortalità, ossia la composizione di elementi contrari, appartiene all'essenza dell'uomo.

Ma dopo la risurrezione tale composizione non sarà più causa di ciò, per la vittoria dell'anima sul corpo.

2. La potenza può trovarsi in due condizioni diverse: legata o libera.

E ciò è vero non solo per la potenza attiva, ma anche per quella passiva: poiché la forma lega la potenza della materia, determinandola a una sola cosa ed esercitando così un dominio su di essa.

Ma poiché negli esseri corruttibili la forma non domina perfettamente la materia, essa non è in grado di legarla perfettamente così da impedirle di ricevere da certe passioni qualche disposizione contraria alla forma.

Invece nei santi dopo la risurrezione l'anima avrà un dominio totale sul corpo: né tale dominio le potrà essere in qualche modo sottratto, poiché essa sarà soggetta a Dio in maniera immutabile, diversamente da come lo era nello stato di innocenza.

Cosicché in quei corpi rimarrà sostanzialmente la stessa potenzialità ad altre forme che esiste in essi attualmente, ma essa sarà legata per la vittoria dell'anima sul corpo, in modo da non poter mai subire attualmente una passione.

3. Le qualità degli elementi sono strumenti dell'anima: come il calore del fuoco nel corpo umano viene regolato dalla virtù dell'anima nell'atto della nutrizione, secondo quanto dice Aristotele [ De anima 2,4 ].

Ora, quando l'agente principale è perfetto, e lo strumento non è difettoso, dallo strumento non può procedere operazione alcuna che non sia secondo la disposizione dell'agente principale.

E così nei corpi dei santi dopo la risurrezione non potrà scaturire dalle qualità elementari azione o passione alcuna che sia contraria alla disposizione dell'anima, la quale tende a conservare il proprio corpo.

4. Come spiega S. Agostino [ Epist. 205,1 ], « la potenza divina è in grado di togliere da questi corpi visibili e tangibili certe loro qualità, lasciandovene altre ».

Come quindi tolse al fuoco della fornace dei Caldei la virtù di bruciare certe cose, poiché i corpi dei tre fanciulli vi furono conservati illesi, e invece gli conservò quella di bruciarne altre, dato che quel fuoco bruciava la legna [ Dn 3,46.94 ], così toglierà agli umori la loro passibilità, e ne conserverà la natura.

Il modo poi in cui ciò avverrà lo abbiamo già visto sopra [ nel corpo ].

5. Le cicatrici delle ferite non ci saranno nei santi, come non ci furono in Cristo, in quanto implicano un difetto, ma in quanto sono segni di quella costantissima virtù per cui essi soffrirono per la giustizia e per la fede, in modo che cresca con ciò la gioia sia in loro che negli altri.

Da cui le parole di S. Agostino [ De civ. Dei 22,19 ]: « Non so come avvenga che noi siamo presi da tanto amore per i santi martiri da desiderare di vedere nel regno dei beati le cicatrici delle ferite da essi sofferte nei loro corpi per il nome di Cristo.

E forse le vedremo realmente.

Infatti per essi non saranno una deformità, ma un onore; e grazie ad esse brillerà, sia pure nel corpo, una bellezza che non sarà del corpo, ma della virtù.

Tuttavia se ad essi furono amputate o asportate delle membra, essi non ne resteranno privi nella risurrezione dai morti, poiché in proposito si legge: "Neppure uno dei vostri capelli perirà" ».

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