Supplemento alla III parte

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Articolo 3 - Se la misericordia divina risparmi almeno gli uomini dalla pena eterna

Pare che la divina misericordia risparmi almeno gli uomini dalla pena eterna.

Infatti:

1. Nella Genesi [ Gen 6,3 ] si legge: « Il mio spirito non resterà sempre nell'uomo, perché egli è carne »; ora, qui spirito sta per indignazione, come fa rilevare la Glossa [ interlin. ].

Non essendo dunque l'indignazione di Dio altro che il suo castigo, l'uomo non sarà punito in eterno.

2. La carità spinge attualmente i santi a pregare per i loro nemici.

Ma i santi avranno allora una carità più perfetta.

Quindi essi pregheranno per i nemici che si sono dannati.

Ora, le loro preghiere non possono essere inutili, essendo sommamente accette a Dio.

Quindi per le preghiere dei santi la divina misericordia libererà alla fine i dannati dalla pena.

3. La predizione divina circa la pena eterna dei dannati rientra nelle profezie « comminatorie ».

Ma la profezia comminatoria non sempre si realizza [ cf. II-II, q. 171, a. 6, ad 2; q. 174, a. 1 ]: come appare evidente nella predizione della rovina di Ninive, che non fu distrutta come era stato predetto dal profeta, il quale anche se ne rattristò [ Gn cc. 3,4 ].

Perciò sembra che a maggior ragione la minaccia della pena eterna sarà mutata dalla misericordia divina in una sentenza più mite, quando ciò potrà avvenire senza contristare nessuno, ma anzi essendo di consolazione per tutti.

4. Alla stessa conclusione portano le parole del Salmo [ Sal 77,8 ]: « Forse il Signore sarà adirato per sempre? ».

Infatti l'ira di Dio non è altro che la sua punizione.

Quindi Dio non punirà gli uomini per l'eternità.

5. A commento delle parole di Isaia [ Is 14,19 ]: « Tu invece fosti gettato fuori », ecc., la Glossa [ interlin. ] afferma, parlando del demonio: « Se tutte le anime avranno finalmente riposo, tu non l'avrai giammai ».

Sembra quindi che tutte le anime umane troveranno un giorno la cessazione delle loro pene.

In contrario:

1. Il Vangelo [ Mt 25,46 ] così parla insieme degli eletti e dei reprobi: « E se ne andranno questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna ».

Ora, è da escludere che la vita dei giusti a un certo punto debba finire.

Quindi va anche escluso che termini il supplizio dei reprobi.

2. Come dice il Damasceno [ De fide orth. 2,4 ], « per gli uomini la morte è ciò che per gli angeli fu la caduta ».

Ma gli angeli dopo il peccato furono irreparabili.

Quindi anche gli uomini dopo la morte.

Così dunque il supplizio dei reprobi sarà senza fine.

Dimostrazione:

Come scrive S. Agostino [ De civ. Dei 21, cc. 17 s. ], alcuni furono indotti dall'errore di Origene a pensare che i demoni saranno puniti in perpetuo, ma gli uomini alla fine saranno liberati dalla pena, compresi gli increduli.

- Ma questa opinione è del tutto irragionevole.

Come infatti sono ostinati i demoni, che perciò meritano di essere puniti eternamente, così sono ostinate nel male anche le anime degli uomini che muoiono senza la carità: poiché « per gli uomini la morte è ciò che per gli angeli fu la caduta », come dice il Damasceno [ l. cit. ].

Analisi delle obiezioni:

1. La suddetta affermazione si riferisce all'uomo considerato come genere: poiché dal genere umano fu alla fine tolta l'indignazione di Dio con la venuta di Cristo.

Ma coloro che non hanno voluto aver parte o perseverare nella riconciliazione compiuta da Cristo hanno perpetuato in se stessi l'ira di Dio: poiché non ci è possibile alcuna riconciliazione se non attraverso Cristo.

2. Come spiegano S. Agostino [ De civ. Dei 21,24 ] e S. Gregorio [ Mor. 34,19; Dial. 4,44 ], i santi in questa vita pregano per i loro nemici perché si convertano a Dio poiché sono ancora in grado di farlo.

Se infatti noi sapessimo che essi sono tra i prescìti alla [ seconda ] morte, allora non pregheremmo per essi più che per i demoni.

E poiché per coloro che sono morti senza la grazia dopo la vita presente non c'è più tempo per la conversione, così non si farà per essi alcuna preghiera, né da parte della Chiesa militante, né da parte di quella trionfante.

Adesso invece dobbiamo pregare per loro, secondo le parole dell'Apostolo [ 2 Tm 2,25s ], « affinché Dio conceda loro di convertirsi, e ritornino in sé sfuggendo al laccio del diavolo ».

3. La profezia comminatoria di un castigo viene revocata solo quando cambia il merito di colui contro il quale era stata fatta.

Da cui le parole di Geremia [ Ger 18,7-8 ]: « Talvolta nei riguardi di un popolo o di un regno io decido di sradicare, di abbattere e di distruggere; ma se questo popolo, contro il quale avevo parlato, si converte dalla sua malvagità, io mi pento del male che avevo pensato di fargli ».

Siccome dunque i meriti dei dannati non possono mutare, così la comminazione della pena si compirà in essi per sempre.

Tuttavia anche la profezia comminatoria in un certo senso si avvera sempre.

Poiché, come nota S. Agostino [ De civ. Dei 21,24 ], « la Ninive che era perversa fu distrutta, e fu edificata la Ninive buona che non esisteva: pur restando infatti intatte le mura e le case, la città fu distrutta nei suoi costumi depravati ».

4. Le parole del Salmo si riferiscono ai « vasi di misericordia » che non si resero indegni della misericordia divina: poiché nella vita presente, che è come una certa ira di Dio a motivo delle miserie di quaggiù, i vasi di misericordia sono trasmutati in meglio.

Da cui le successive parole del Salmista [ Sal 77,11 ]: « è un mutamento della destra dell'Altissimo ».

Oppure le suddette parole vanno riferite alla misericordia che condona qualcosa, e non a quella che libera totalmente, se vogliamo applicarle anche ai dannati.

Per cui il Salmista non si domanda se Dio « distoglierà le sue misericordie dall'ira », bensì « nell'ira » [ Sal 77,10 ]: poiché la pena non verrà eliminata del tutto, ma mentre essa perdura la misericordia interverrà a diminuirla.

5. La Glossa suddetta non parla in senso assoluto, ma sotto un'ipotesi impossibile, per mettere in risalto la gravità del peccato del diavolo stesso, o di Nabucodonosor.

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