Supplemento alla III parte

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Articolo 4 - Se almeno la pena dei cristiani venga abbreviata dalla divina misericordia

Pare che almeno la pena dei cristiani venga abbreviata dalla divina misericordia.

Infatti:

1. Nel Vangelo [ Mc 16,16 ] sta scritto: « Chi crederà e sarà battezzato, sarà salvo ».

Ora, ciò si è verificato per tutti i cristiani.

Quindi tutti i cristiani dovranno alla fine salvarsi.

2. Il Signore [ Gv 6,54 ] ha detto: « Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna ».

Ma questo cibo e questa bevanda sono comuni a tutti i cristiani.

Perciò tutti i cristiani in definitiva dovranno salvarsi.

3. S. Paolo [ 1 Cor 3,15 ] scrive: « Se l'opera di qualcuno finirà bruciata, egli ne soffrirà un danno; tuttavia si salverà, però come attraverso il fuoco »; e parla di coloro che hanno avuto il fondamento della fede cristiana [ 1 Cor 3,11s ].

Perciò tutti costoro alla fine si salveranno.

In contrario:

1. Sta scritto [ 1 Cor 6,9 ]: « Gli ingiusti non erediteranno il regno di Dio ».

Ora, certi cristiani sono ingiusti.

Quindi non tutti i cristiani raggiungeranno quel regno.

E così saranno puniti eternamente.

2. S. Pietro [ 2 Pt 2,21 ] scrive: « Meglio sarebbe stato per loro non aver conosciuto la via della giustizia piuttosto che, dopo averla conosciuta, voltare le spalle al santo precetto ».

Ora, quelli che non hanno conosciuto la via della giustizia saranno puniti eternamente.

Quindi lo saranno anche i cristiani che se ne scostarono dopo averla conosciuta.

Dimostrazione:

Ci furono alcuni, riferisce S. Agostino [ De civ. Dei 21,19 ], che promisero il condono della pena eterna non a tutti gli uomini, ma ai soli cristiani.

Però essi si divisero secondo varie opinioni.

Alcuni infatti affermarono che chiunque ha ricevuto i sacramenti della fede sarebbe immune dalla pena eterna [ De civ. Dei 21,19 ].

- Ma ciò è contro la verità: poiché alcuni, pur avendo ricevuto i sacramenti della fede, non hanno la fede, « senza la quale è impossibile piacere a Dio », come dice S. Paolo [ Eb 11,6 ].

Perciò altri affermarono che saranno immuni dalla pena eterna solo quelli che hanno ricevuto i sacramenti della fede e professato la fede cattolica [ De civ. Dei 21,20 ].

- Ma contro di essi sta il fatto che alcuni per un dato tempo professano la fede cattolica e poi la perdono: e questi non sono certo degni di una pena più piccola, ma più grave; poiché, come dice S. Pietro [ 2 Pt 2,21 ], « sarebbe stato meglio per loro non aver conosciuto la via della giustizia piuttosto che, dopo averla conosciuta, voltare le spalle al santo precetto ».

- Inoltre è evidente che peccano più gravemente gli eresiarchi, che allontanandosi dalla fede cattolica inventano delle nuove eresie, che non quanti ne hanno seguita qualcuna sin dall'inizio.

Così dunque altri affermarono che saranno immuni dalla pena eterna quanti perseverano sino alla fine nella fede cattolica, per quanto siano colpevoli di altri delitti [ De civ. Dei 21,21 ].

- Ciò però è manifestamente contrario alla Scrittura.

Poiché S. Giacomo [ Gc 2,20.26 ] dichiara che « la fede senza le opere è morta »; e nel Vangelo [ Mt 7,21 ] si legge: « Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli »; e in molti altri testi la Scrittura minaccia le pene eterne a coloro che peccano.

Perciò non tutti coloro che perseverano nella fede sino alla fine saranno immuni dalla pena eterna, a meno che non siano trovati assolti anche dagli altri peccati gravi.

Analisi delle obiezioni:

1. Il Signore in quel passo parla della fede formata « che opera per mezzo della carità » [ Gal 5,6 ]: cosicché chiunque muore in essa sarà salvo.

Ma con tale fede è incompatibile non solo il peccato di incredulità, ma qualsiasi peccato mortale.

2. Quelle parole del Signore non vanno applicate a coloro che mangiano [ l'Eucaristia ] solo sacramentalmente, e che ricevendola talora indegnamente « mangiano e bevono la propria condanna », come dice S. Paolo [ 1 Cor 11,29 ]; il Signore parla invece di coloro che se ne cibano spiritualmente, e che vengono a lui incorporati con la carità; la quale incorporazione viene effettuata dalla consumazione del sacramento se uno vi accede degnamente.

Perciò, quanto alla virtù del sacramento, esso certamente introduce alla vita eterna; tuttavia uno può essere privato di tale frutto a motivo del peccato, anche dopo aver ricevuto degnamente il sacramento.

3. Nelle parole dell'Apostolo per « fondamento » si intende la fede formata: sopra la quale se uno edifica dei peccati veniali « ne soffrirà un danno », poiché per essi sarà punito da Dio; « egli però si salverà » alla fine, « come attraverso il fuoco »: o della tribolazione temporale, o della pena del purgatorio, che si avrà dopo la morte.

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