La Trinità

Indice

Libro I

10.20 - La contemplazione di Dio

Gesù Cristo Signore nostro consegnerà dunque il regno a Dio Padre ( 1 Cor 15,24 ) e non sarà separato né lui né lo Spirito Santo, quando condurrà i credenti alla contemplazione di Dio, contemplazione che è il fine di tutte le nostre buone azioni, la pace eterna, la gioia che non ci sarà tolta.

Questo ci vuole insegnare Cristo quando dice: Vi vedrò di nuovo e il vostro cuore si rallegrerà e nessuno vi potrà più togliere la vostra gioia. ( Gv 16,22 )

Un'immagine di questa gioia già offriva Maria quando sedeva ai piedi del Signore e intenta alla sua parola, ( Lc 10,39 ) cioè libera da ogni attività e tutta intenta alla verità nel modo che questa vita permette, ma tanto tuttavia da prefigurare quello che si avrà in futuro per l'eternità.

Sua sorella Marta era tutta presa da un'azione necessaria al momento che, per quanto buona e utile, tuttavia è destinata a finire quando verrà l'ora del riposo; Maria invece riposava nella parola del Signore.

Ecco perché il Signore così rispondeva a Marta che si lamentava con lui che la sorella non l'aiutasse: Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta. ( Lc 10,42 )

Non disse che ciò che faceva Marta era una parte cattiva ma che la parte migliore è quella che mai ci sarà tolta.

La parte destinata al servizio del bisogno infatti sarà eliminata quando i bisogni cesseranno; l'opera buona che passa ha come ricompensa la pace che non passerà.

In quella contemplazione perciò Dio sarà tutto in tutti, ( 1 Cor 13,12; 1 Cor 15,28 ) perché non vi sarà niente altro più da chiedergli, ma ci basterà partecipare della sua luce e di lui godere.

È ciò che implora colui nel quale lo Spirito intercede con gemiti inenarrabili. ( Rm 8,26 )

Una sola cosa domandai al Signore e questa cercherò: abitare nella casa del Signore tutti i giorni della vita per contemplare le delizie del Signore. ( Sal 27,4 )

E contempleremo Dio Padre, Figlio e Spirito Santo, quando Gesù Cristo, mediatore di Dio e degli uomini, consegnerà il regno a Dio Padre. ( 1 Cor 15,24; 1 Tm 2,5 )

Allora non intercederà più per noi come nostro mediatore e sacerdote, ( Rm 8,34; Eb 7,25; Eb 8,6; Eb 9,15; Eb 12,24; Gal 3,20 ) Figlio di Dio e Figlio dell'uomo, ma a sua volta in quanto sacerdote per la natura di servo assunta per noi si sottometterà a colui che gli sottomise tutte le cose ed al quale tutto egli sottomise; come Dio gli saremo sottomessi come lo siamo al Padre; come sacerdote si sottometterà con noi al Padre. ( 1 Cor 15,27 )

Perciò, essendo il Figlio insieme Dio e uomo, in lui la sostanza divina è diversa da quella umana e questa è nel Figlio diversa da lui più che non sia diverso nel Padre il Figlio dal Padre, come la carne che riveste la mia anima è una sostanza diversa dalla mia anima, sebbene si tratti di un unico uomo, più dell'anima di un altro uomo.

10.21 - Quando avrà condotto i credenti alla contemplazione, il Figlio non intercederà più per noi

Quando Cristo avrà consegnato il regno a Dio Padre, cioè quando avrà condotto coloro che credono e vivono di fede, e per i quali ora intercede come mediatore, ( Rm 8,34; Eb 7,25 ) a quella contemplazione che è oggetto dei nostri sospiri e dei nostri gemiti, e sarà passato il faticare e il gemere, ( Is 35,10; Is 51,11 ) egli non intercederà più per noi, essendo ormai il regno affidato nelle mani di Dio Padre.

Questo voleva significare il Signore quando diceva: Vi ho parlato di queste cose in parabole ma verrà l'ora in cui non vi parlerò più in parabole ma vi parlerò del Padre apertamente, ( Gv 16,25 ) ossia non saranno più necessarie le similitudini quando ci sarà data la visione a faccia a faccia.

È questo il senso dell'espressione: Vi parlerò del Padre apertamente, come a dire: "Apertamente vi mostrerò il Padre".

E dice: Vi parlerò, perché egli è la Parola del Padre.

Il Signore continua: In quel giorno chiederete in mio nome e non vi dico che pregherò il Padre, poiché il Padre stesso vi ama per il fatto che voi mi amate e avete creduto che io sono uscito da Dio.

Sono uscito dal Padre per venire in questo mondo; ora lascio il mondo e ritorno al Padre. ( Gv 16,26-28 )

Che significa: sono uscito dal Padre se non questo: sono apparso inferiore a lui non nella natura per la quale sono uguale al Padre ma in un'altra maniera, cioè nella creatura assunta?

Che significa l'espressione: sono venuto in questo mondo, se non questo: ho messo sotto lo sguardo, anche dei peccatori che amano questo mondo, la natura di servo che presi esinanendomi?

E che vuol dire con le parole: ora lascio il mondo se non: tolgo agli sguardi di chi ama il mondo ciò che essi hanno visto?

E le parole: ritorno al Padre, significano: insegno ai miei fedeli a considerarmi, come lo sono in realtà, uguale al Padre.

Coloro che hanno questa fede saranno ritenuti degni di essere condotti dalla fede alla visione, cioè alla contemplazione ed è perché ci conduce ad essa che la Scrittura ha detto di lui: Consegnerà il regno a Dio Padre.

Suo regno infatti sono i suoi fedeli che egli ha redento col suo sangue e per i quali attualmente intercede, mentre non pregherà più per loro il Padre quando li unirà a sé là dove egli è uguale al Padre.

Il Padre stesso infatti - egli dice - vi ama.

Perché in quanto inferiore al Padre prega il Padre, ma in quanto è uguale al Padre, insieme con lui ci esaudisce.

Perciò non si separa da lui dicendo: Il Padre vi ama, ma con quella frase fa capire quello che ho già ricordato e sufficientemente spiegato, cioè che di solito ogni persona della Trinità è nominata in modo che siano sottintese anche le altre.

Perciò è stato detto: Anche il Padre vi ama, affinché si pensi anche al Figlio e allo Spirito Santo; non che attualmente non ci ami, lui, che non risparmiò il proprio Figlio, anzi lo consegnò per noi tutti. ( Rm 8,32 )

Ma ci ama non per quello che siamo, bensì per quello che saremo, perché ci ama quali ci conserva in eterno.

È quello che accadrà quando avrà consegnato il regno a Dio Padre colui che ora intercede per noi per non avere più da intercedere un giorno, poiché anche il Padre ci ama.

Ma ciò a quale titolo, se non per la fede per la quale noi crediamo, prima di vederlo, quanto ci è promesso?

Per questa fede, infatti, giungeremo alla visione.

Allora egli amerà in noi quello che ora vuole in noi.

Allora non avrà più da odiare in noi quello che ora siamo, quello che ci esorta e ci aiuta a non essere in eterno.

11.22 - Le due nature in Cristo

Perciò una volta trovata la regola per interpretare le Scritture quando ci parlano del Figlio di Dio, cioè tener sempre distinto ciò che in esse è detto di lui in riferimento alla natura di Dio nella quale egli è, ed è uguale al Padre, da ciò che è detto in riferimento alla natura di servo che prese e per la quale è inferiore al Padre, non avranno più da inquietarci le affermazioni delle Scritture come se fossero contraddittorie e opposte tra loro.

Infatti il Figlio secondo la natura divina è, come lo Spirito Santo, uguale al Padre, poiché nessuno dei due è creatura, come abbiamo già mostrato, ma secondo la natura di servo è inferiore al Padre come egli stesso ha detto: Il Padre è più grande di me. ( Gv 14,28 )

È inferiore anche a se stesso, poiché di lui è detto: Esinanì se stesso; ( Fil 2,7 ) è inferiore allo Spirito Santo, perché egli stesso dice: Chiunque parlerà contro il Figlio sarà perdonato, ma non sarà perdonato chi avrà parlato contro lo Spirito Santo. ( Mt 12,32 )

È nello Spirito Santo che egli operò i suoi miracoli: Se io caccio i demoni nello Spirito di Dio, dunque il regno di Dio è giunto in mezzo a voi. ( Lc 11,20 )

E in un passo di Isaia di cui dette lettura lui stesso nella sinagoga e di cui non ebbe alcuna esitazione a mostrare il compimento nella sua persona, dice: Lo Spirito del Signore è sopra di me, poiché egli mi ha unto per annunciare la buona novella ai poveri, per predicare agli schiavi la liberazione, ( Is 61,1; Lc 4,18-19 ) e tutte le altre cose al cui compimento dichiara di essere stato mandato, perché lo Spirito del Signore è sopra di lui. ( Is 48,16; Gv 3,17; Gv 5,23; Gv 7,16; Gv 10,36; Gv 16,28; Gal 4,4; Lc 4,18 )

In quanto Dio tutte le cose per mezzo di lui furono fatte, ( Fil 2,6-7; Gv 1,3 ) in quanto servo egli stesso fu formato da donna, formato sotto la Legge; come Dio lui e il Padre sono tutt'uno, ( Gv 10,30 ) come servo non venne per compiere la propria volontà ma quella di colui che lo mandò. ( Gv 6,38 )

In quanto Dio, come il Padre ha la vita in se stesso, così diede anche al Figlio di avere la vita in se stesso; ( Gv 5,26 ) come servo dice: L'anima mia è triste fino alla morte e implora: Padre, se è possibile, si allontani da me questo calice. ( Mt 26,38-39; Mc 14,36; Lc 22,42 )

Come Dio egli è il vero Dio e la vita eterna, ( 1 Gv 5,20 ) come servo divenne obbediente fino alla morte e alla morte di croce. ( Fil 2,8 )

11.23 In quanto egli è Dio, tutto ciò che ha il Padre gli appartiene ( Gv 16,15 ) ed egli lo conferma: Ogni cosa tua è mia ed ogni cosa mia è tua. ( Gv 17,10 )

In quanto uomo la sua dottrina non è sua ma di Colui che lo ha mandato. ( Gv 7,16 )

Il Figlio ignora il giorno del giudizio, perché non lo sapeva per farlo conoscere allora ai discepoli.

Ecco un'altra affermazione di Cristo: Quanto poi a quel giorno e a quell'ora nessuno ne sa nulla, neppure gli Angeli in cielo né il Figlio, ma solo il Padre. ( Mc 13,32 )

Egli infatti ignora ciò che fa ignorare, cioè ignorava quanto non poteva in quel momento insegnare ai suoi discepoli, nel senso in cui fu detto ad Abramo: Ora so che tu temi Dio. ( Gen 22,12 )

Cioè: ora ho fatto in modo che tu sapessi, perché Abramo ha imparato a conoscersi da quella prova. ( Gen 22,1-2 )

Infatti anche il Signore avrebbe rivelato ai discepoli quel giorno e quell'ora al momento opportuno e parlando di questo momento futuro come se già fosse passato dice: Non vi chiamerò più servi ma amici.

Il servo infatti ignora la volontà del suo padrone; ma io vi ho chiamati amici perché resi noto a voi tutto ciò che udii dal Padre mio. ( Gv 15,15 )

Egli non l'aveva ancora fatto, ma poiché l'avrebbe fatto di certo, parlò come se lo avesse già fatto.

Dice infatti loro: Ho da dirvi molte cose ma per ora non siete capaci di sopportarle. ( Gv 16,12 )

E fra le altre cose si tratta anche del giorno e dell'ora. ( Mc 13,32 )

Anche l'Apostolo dichiara: Io non volli sapere altra cosa in mezzo a voi che Gesù Cristo e questi crocifisso. ( 1 Cor 2,2 )

Parlava infatti a gente che non poteva capire la sublimità della divinità di Cristo e rivolgendosi agli stessi poco più avanti dice: Non potei parlare a voi come a uomini spirituali ma come a persone carnali. ( 1 Cor 3,1 )

Così l'Apostolo ignorava tra di loro proprio ciò che essi non potevano apprendere per suo mezzo e dichiarava di conoscere ciò che essi avevano bisogno di imparare per mezzo di lui, ma poi sapeva tra i perfetti ciò che ignorava tra i semplici perché disse: Predichiamo la sapienza tra i perfetti. ( 1 Cor 2,6 )

Infatti noi diciamo che si ignora ciò che si nasconde con lo stesso genere di espressione con cui diciamo cieca una fossa che è nascosta.9

Così la Scrittura non si esprime in modo diverso da quello che è proprio alla consuetudine umana, perché è proprio agli uomini che si rivolge. ( 1 Cor 14,6 )

12.24 - Alcune affermazioni della Scrittura su Cristo riguardano la sua natura divina, altre la sua natura umana

Di Cristo in quanto Dio è detto: Mi ha generato prima delle colline, ( Pr 8,25 ) cioè prima delle creature più alte, e: Ti ho generato prima della stella del mattino, ( Sal 110,3 ) cioè prima di tutti i tempi e delle cose temporali.

Invece di lui in quanto servo è detto: Il Signore mi ha creato al principio delle sue vie; ( Pr 8,22 ) perché come Dio egli disse: Io sono la verità, e come servo: Io sono la via. ( Gv 14,6 )

Intanto evidentemente egli fu creato in principio delle vie di Dio in vista delle sue opere, in quanto, primogenito fra i morti, ( Ap 1,5; Col 1,18 ) aprì la strada verso il regno di Dio, verso la vita eterna, alla sua Chiesa, di cui è il capo, per l'immortalità anche del corpo.

Infatti come Dio è il principio che ci parla, ( Gv 8,25 ) quel principio in cui Dio fece cielo e terra; ( Gen 1,1; At 14,14 ) in quanto servo è lo sposo che esce dal suo talamo. ( Sal 19,6 )

In quanto Dio è primogenito di tutte le creature, colui che è prima di tutti gli esseri e nel quale tutte le cose sussistono; nella sua natura umana è lui il capo del corpo della Chiesa. ( Col 1,15-18 )

Come Dio è il Signore della gloria, perciò è lui evidentemente che glorifica i suoi santi; infatti: Quelli che ha predestinati li ha pure chiamati e quelli che ha chiamati li ha pure giustificati e quelli che ha giustificati li ha pure glorificati; ( Rm 8,30 ) di lui è stato detto che giustifica l'empio, ( Rm 4,5 ) di lui che è giusto e fonte di giustizia. ( Rm 3,26 )

Se dunque i giustificati e i glorificati sono gli stessi, lo stesso è pure il giustificatore e il glorificatore, e costui è, come ho detto, il Signore della gloria.

Ma, come servo, ai discepoli che si preoccupavano della loro glorificazione rispose: Sedere alla mia destra o alla sinistra non sta a me concederlo, ma è per quelli per i quali è stato preparato dal Padre mio. ( Mt 20,23 )

12.25 - Il Figlio prepara la gloria agli eletti

Ma ciò che è stato preparato dal Padre è stato preparato anche dal Figlio, perché Padre e Figlio sono tutt'uno. ( Gv 10,30 )

Abbiamo già dimostrato infatti con molti esempi tratti dalla Sacra Scrittura che in questa Trinità alle singole persone si attribuisce ciò che appartiene a tutte, per l'operare inseparabile della loro unica e identica sostanza.10

Così quando il Signore parla dello Spirito Santo dice: Quando me ne andrò lo manderò a voi; ( Gv 16,7 ) non dice: "manderemo", ma come se fosse il Figlio in procinto di mandare e non anche il Padre; mentre altrove afferma: Vi ho detto queste cose mentre sono con voi, ma quel difensore, lo Spirito Santo, che il Padre manderà in mio nome, vi chiarirà tutto. ( Gv 14,25-26 )

Qui sembra dire che lo Spirito Santo deve essere mandato solo dal Padre e non anche dal Figlio.

È dunque nello stesso senso che parla di coloro per i quali è stato preparato dal Padre mio. ( Mt 20,23 )

Egli vuole farci intendere che lui stesso insieme al Padre prepara i troni della gloria ai suoi eletti.

Ma qualcuno obietterà: "Dove egli parla dello Spirito Santo dice che lui stesso lo manderà senza negare che lo manderà anche il Padre e nell'altro passo dice che il Padre lo manderà senza negare che lui stesso lo manderà, ma qui apertamente dichiara: Non sta a me concederlo, aggiungendo che il Padre ha preparato questo".

Ma noi abbiamo precisato che questa espressione si riferisce alla sua natura di servo e che: Non sta a me concederlo, si deve intendere come se fosse: "Non è in potere dell'uomo concedere questo"; e occorre concludere che questo potere di concederlo gli appartiene in quanto è Dio e uguale al Padre.

Non sta a me concederlo, cioè non per umano potere concedo questo; ma a coloro ai quali è preparato dal Padre mio: si deve subito capire che se ogni cosa che è del Padre è anche mia, ( Gv 16,15 ) questo pure appartiene anche a me, ed è con il Padre che l'ho preparato.

12.26 - In che senso il Figlio non giudicherà e nello stesso tempo giudicherà

Mi chiedo anche in che senso è detto: Se qualcuno non ascolta la mia parola, io non lo giudicherò. ( Gv 12,47 )

Forse non lo giudicherò è detto nello stesso senso di: Non sta a me concederlo.

Ma che significa ciò che segue: Non venni infatti per giudicare il mondo, ma per salvarlo; e poi aggiunge: Chi disprezza me e non accoglie la mia parola ha chi lo giudica? ( Mt 20,23; Gv 12,47 )

A questo punto noi penseremmo subito al Padre, se non trovassimo subito dopo: La parola che io ho annunciato, questa lo giudicherà nell'ultimo giorno. ( Gv 12,48 )

Come? Non giudicherà dunque il Figlio perché ha detto: Io non lo giudicherò, non il Padre ma la Parola detta dal Figlio?

Ma ascolta quello che dice ancora: Giacché non ho parlato di mia iniziativa ma il Padre che mi ha mandato mi ha prescritto quello che debbo dire e quello che debbo insegnare e so che il suo comando è vita eterna.

Le cose che dico le dico tali e quali il Padre le ha dette a me. ( Gv 12,49-50 )

Pertanto se non è il Figlio a giudicare ma la parola detta dal Figlio, questa parola detta dal Figlio non giudica se non in quanto il Figlio non ha parlato da sé ma per comando del Padre che lo ha mandato e gli ha prescritto quello che doveva dire e annunciare; è dunque il Padre che giudica perché sua è la parola detta dal Figlio e perché Parola del Padre è lo stesso Figlio.

Il comando del Padre infatti non è altro che la Parola del Padre, perché il Signore lo ha chiamato indifferentemente parola e comando.

Io non ho parlato da me stesso.

Vediamo se dicendo tale espressione il Signore non abbia voluto che noi si intenda: Non sono nato da me.

Infatti se il Signore annuncia la parola del Padre, poiché egli è la Parola del Padre, egli annuncia se stesso.

Spesso infatti dice: Il Padre mi ha dato. ( Gv 5,36; Gv 14,31 )

Intende che il Padre lo ha generato, non che esistesse già e il Padre gli abbia dato qualcosa che non aveva, gli ha dato di avere, in quanto lo ha generato all'esistenza; infatti non avviene anche nel Figlio di Dio ciò che avviene nelle creature: prima dell'incarnazione nell'Unigenito, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose, ( Gv 1,14-18; Gv 3,16-18; 1 Gv 4,9 ) l'essere e l'avere non si distinguono; egli è al contrario quello che è ciò che ha.

Questo è detto più chiaramente, se si è in grado di capirlo bene, nel testo seguente: Come il Padre ha la vita in se stesso, così dette al Figlio di avere la vita in se stesso. ( Gv 5,26 )

Il Padre non lo ha messo in possesso della vita come se prima esistesse senza vivere, perché egli è la vita in forza della sua stessa esistenza.

L'espressione: dette al Figlio di avere la vita significa dunque: il Padre generò il Figlio a essere la vita immutabile, la vita eterna.

Se dunque la Parola di Dio è lo stesso Figlio di Dio e il Figlio di Dio è il vero Dio e la vita eterna, come dice Giovanni nella sua Lettera, ( 1 Gv 5,20 ) perché dare un altro senso alle parole del Signore: La parola che ho pronunciato, essa lo giudicherà nell'ultimo giorno, ( Gv 12,48 ) dal momento che egli stesso dichiara che questa stessa parola è nello stesso tempo Parola del Padre e comando del Padre e lo stesso comando è la vita eterna?

So - egli dice - che il tuo comando è la vita eterna. ( Gv 12,50 )

12.27 - Senso delle parole: La mia dottrina non è mia

A questo punto indaghiamo il significato della frase: Io non giudicherò, ma la parola che vi ho detto giudicherà. ( Gv 12,47-48 )

Dal seguito del testo appare evidente che è detto in questo senso: "Non giudicherò io, ma giudicherà la Parola del Padre".

Ora la Parola del Padre è lo stesso Figlio di Dio.

Bisognerà dunque intendere: non giudicherò io, ma io giudicherò?

Questo può essere vero solo in questo senso: "Io non giudicherò in base al potere umano, in quanto cioè sono Figlio dell'uomo, ma giudicherò con l'autorità del Verbo, perché sono Figlio di Dio".

Se si trova che le affermazioni: "Io non giudicherò, ma io giudicherò", si contraddicono e si respingono, che diremo di questa: La mia dottrina non è mia? Come mai mia e non mia?

Infatti non disse: "Questa dottrina non è mia", ma proprio: La mia dottrina non è mia; ( Gv 7,16 ) dice cioè "sua" la medesima dottrina che dichiara "non sua".

In quale modo ciò sarà vero se non in quanto egli disse "sua" da un punto di vista e "non sua" da un altro punto di vista?

Sua in quanto Dio, non sua in quanto uomo?

Quando dice: Non è mia ma di Colui che mi ha mandato, ( Gv 7,16 ) ci fa risalire al Verbo.

La dottrina del Padre infatti è il Verbo del Padre e dunque è il Figlio unigenito.

E che significa ancora questo: Chi crede in me, non crede in me? ( Gv 12,44 )

Come "in lui", come "non in lui"? Come comprendere un'espressione così contraddittoria e così paradossale: Colui che crede in me, non crede in me ma in Colui che mi ha mandato se non intendendo così: Colui che crede in me non crede in ciò che vede, affinché la nostra speranza non sia riposta nella creatura ma in chi assunse la creatura per mostrarsi agli occhi degli uomini e così purificare i cuori di coloro che credono alla sua uguaglianza al Padre per contemplarlo?

Perciò quando per volgere l'intenzione dei credenti verso il Padre dice: Egli non crede in me ma in Colui che mi ha mandato, non intese che lo si separasse dal Padre, cioè da colui che lo ha mandato, ma piuttosto che si credesse in lui allo stesso modo in cui si crede al Padre al quale egli è uguale.

Altrove dice questo apertamente: Credete in Dio e credete in me, ( Gv 14,1 ) cioè come credete in Dio così credete anche in me, perché io e il Padre siamo un Dio solo. ( Gv 10,30 )

Come dunque in questo passo distoglie in qualche modo da sé la fede degli uomini per volgerla al Padre, dicendo: Non credete in me ma in Colui che mi ha mandato, ( Gv 12,44 ) senza tuttavia separare assolutamente sé dal Padre, così anche dove dice: Non sta a me concederlo ma è per quelli per i quali è stato preparato dal Padre mio ( Mt 20,23 ) è chiaro, mi sembra, in che senso debbano essere accolte entrambe le affermazioni.

Così anche quando dice: Io non giudicherò, ( Gv 12,47 ) mentre egli stesso verrà a giudicare i vivi e i morti. ( 2 Tm 4,1 )

Ma perché ciò non sarà per l'autorità umana, perciò facendo appello alla deità eleva i cuori degli uomini per sollevare i quali è disceso.

13.28 - È esatto dire: Dio crocifisso

Tuttavia se un solo e medesimo soggetto non fosse insieme Figlio dell'uomo per la sua natura di servo da lui assunta e Figlio di Dio per la natura divina che gli è propria, l'apostolo Paolo non direbbe dei prìncipi di questo mondo: Se l'avessero conosciuto, mai avrebbero crocifisso il Signore della gloria. ( 1 Cor 2,8 )

Fu crocifisso infatti nella natura di servo e tuttavia fu crocifisso il Signore della gloria.

Quell'assunzione infatti fu tale che Dio divenne uomo e l'uomo Dio.11

Con l'aiuto di Dio poi il lettore prudente, attento e pio potrà discernere il perché e il come di quanto viene detto.

Infatti noi abbiamo affermato, per esempio, che come Dio glorifica i suoi perché è Signore della gloria, e tuttavia il Signore della gloria fu crocifisso; infatti è esatto parlare anche di Dio crocifisso, non per la sua divina potenza, ma per la debolezza della carne. ( 2 Cor 13,4 )

Come diciamo che egli giudica in quanto Dio, cioè in forza del potere divino, non in forza dell'autorità umana, tuttavia è l'uomo stesso che giudicherà come fu crocifisso il Signore della gloria.

Così egli infatti dice con tutta chiarezza: Quando verrà il Figlio dell'uomo nella sua gloria e tutti gli Angeli con lui, allora saranno radunate davanti a lui tutte le genti, ( Mt 25,31-32 ) e tutto ciò che in quel passo è annunciato circa il giudizio futuro sino all'ultima sentenza.

Anche i Giudei, che in quel giudizio debbono venir puniti, perché si ostineranno nella malizia, come è scritto altrove: Guarderanno a colui che hanno trafitto. ( Zc 12,10 )

Poiché tanto i buoni che i cattivi dovranno vedere il giudice dei vivi e dei morti, ( At 10,42; 2 Tm 4,1; 1 Pt 4,5 ) i cattivi non lo potranno certamente vedere se non nella natura per la quale è Figlio dell'uomo, tuttavia nello splendore in cui giudicherà, non nell'umiliazione in cui fu giudicato.

Del resto senza dubbio gli empi non vedranno la natura divina per la quale è uguale al Padre; infatti non sono puri di cuore ed è scritto: Beati i puri di cuore perché vedranno Dio. ( Mt 5,8 )

E questa visione è a faccia a faccia; ( 1 Cor 13,12; Mt 6,1; Mt 5,12; Lc 6,35 ) promessa come sommo premio ai giusti, essa sarà data quando il Signore consegnerà il regno a Dio Padre; in questo egli vuole che si intenda anche la visione della sua natura, una volta sottomessa a Dio ogni creatura, compresa quella stessa nella quale il Figlio di Dio è divenuto uomo.

Poiché secondo questa umanità anche il Figlio sarà allora sottomesso a colui che gli sottomise tutte le cose affinché Dio sia tutto in tutti. ( 1 Cor 15,28 )

D'altra parte se il Figlio di Dio giudice, quando starà per giudicare apparisse anche ai malvagi nella natura in cui è uguale al Padre, quale sarebbe il vantaggio che egli promette a chi lo ama quando dice: Io dunque lo amerò e mostrerò me stesso a lui? ( Gv 14,21 )

Perciò il Figlio di Dio giudicherà, ma non in forza dell'autorità umana, bensì in forza di quel potere che lo fa Figlio di Dio.

D'altra parte il Figlio di Dio giudicherà senza apparire in quella natura nella quale, come Dio, è uguale al Padre, ma mostrandosi in quella per cui è Figlio dell'uomo. ( Fil 2,7 )

13.29 - In che senso il Figlio dell'uomo giudicherà e non giudicherà

Abbiamo visto così che si può affermare l'una e l'altra cosa: sia che il Figlio dell'uomo giudicherà sia che non giudicherà; infatti il Figlio dell'uomo giudicherà, affinché si adempia l'affermazione: Quando verrà il Figlio dell'uomo, allora saranno radunate tutte le genti al suo cospetto, ( Mt 25,31 ) e non giudicherà affinché si compiano le altre: Io non giudicherò; ( Gv 12,47 ) e: Io non cerco la mia gloria, vi è colui che la cerca e che giudica. ( Gv 8,50 )

Anzi se consideriamo che nel giudizio apparirà non la natura divina ma la natura del Figlio dell'uomo, neppure il Padre giudicherà; in questo senso è stato detto: Il Padre non giudica nessuno ma ha affidato ogni giudizio al Figlio. ( Gv 5,22 )

C'è da decidere se questo si debba intendere nel senso dell'affermazione già esaminata: Così dette al Figlio di avere la vita in se stesso, ( Gv 5,26 ) per far intendere che così egli generò il Figlio, oppure secondo quest'altra in cui l'Apostolo dice: Ecco perché Dio lo esaltò e gli dette un nome che è sopra ogni altro nome.( Fil 2,9 )

E qui si riferiva al Figlio dell'uomo, perché come tale il Figlio di Dio fu risuscitato dai morti.

Egli è uguale al Padre nella natura divina, rispetto al quale si è esinanito assumendo la natura di servo; in questa stessa natura di servo opera e patisce e riceve ciò che l'Apostolo, continuando, afferma: Egli si umiliò, fatto obbediente fino alla morte, anzi alla morte di croce; per questo anche Dio lo esaltò e gli diede il nome che è sopra ogni altro nome, cosicché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio delle creature celesti, terrestri e sotterranee e ogni lingua confessi che il Signore Gesù Cristo è nella gloria di Dio Padre. ( Fil 2,8-11 )

Appare dunque ben chiaro da questo se il Signore ha detto: Ha affidato al Figlio ogni giudizio, secondo il senso di quella prima o di quest'ultima espressione.

Se l'avesse detto nello stesso senso in cui ha detto: Dette al Figlio di avere in se stesso la vita, non direbbe: Il Padre non giudica alcuno.

È secondo la natura divina nella quale il Padre ha generato il Figlio uguale a sé che il Padre giudica insieme al Figlio.

Si dice dunque che il Padre non giudica per dire che nel giudizio non apparirà la natura di Dio ma la natura del Figlio dell'uomo.

Non che colui che ha affidato ogni giudizio al Figlio non abbia a giudicare, dal momento che il Figlio dice di lui: Vi è colui che cerca la mia gloria e che giudicherà.

Ma il Signore ha detto: Il Padre non giudica alcuno ma ha affidato ogni giudizio al Figlio, come se avesse detto: "Nessuno vedrà il Padre nel giudizio dei vivi e dei morti, ma tutti vedranno il Figlio", perché egli è anche Figlio dell'uomo, affinché appunto anche i malvagi lo possano vedere, allorché vedranno colui che hanno trafitto.

13.30 - Nel giorno del giudizio solo i buoni vedranno Cristo nella sua divinità, i cattivi solo nella sua umanità

Affinché non sembri che noi più che dimostrare in maniera evidente facciamo delle congetture, riportiamo la chiara e aperta dichiarazione del Signore nella quale appare che il motivo per cui disse le parole: Il Padre non giudica alcuno ma ha affidato ogni giudizio al Figlio sta nel fatto che il giudice apparirà con la natura umana di Figlio dell'uomo che non è la natura del Padre, ma del Figlio e non del Figlio in quanto uguale al Padre, ma in quanto inferiore al Padre, cosicché nel giudizio stesso possa essere visibile ai giusti e ai malvagi.

Dunque poco più avanti il Signore dice: In verità, in verità vi dico che chi ascolta la mia parola e crede in colui che mi ha mandato ha la vita eterna e non sarà chiamato a giudizio ma passerà dalla morte alla vita. ( Gv 5,24 )

Questa vita eterna è quella visione che non spetta ai malvagi.

E prosegue: In verità, in verità vi dico che verrà l'ora, ed è questa, in cui i morti udranno la voce del Figlio di Dio e quelli che lo avranno ascoltato vivranno. ( Gv 5,25 )

Ciò è proprio dei giusti che, sentendo parlare dell'incarnazione di lui, credono che egli è il Figlio di Dio, ossia ammettono che egli per loro è divenuto inferiore al Padre nella natura di servo, ma credono che è uguale al Padre nella natura divina.

Perciò prosegue sottolineando la stessa verità: Come il Padre infatti ha la vita in se stesso, così diede al Figlio di avere la vita in se stesso; ( Gv 5,26 ) poi giunge a parlare della visione della sua gloria nella quale verrà a giudicare, visione che sarà comune ai malvagi e ai giusti.

Dice infatti continuando: E gli diede il potere di giudicare perché è il Figlio dell'uomo. ( Gv 5,27 )

Credo che nulla vi sia di più chiaro.

Infatti poiché è Figlio di Dio ed è uguale al Padre non riceve questo potere di giudicare, ma lo possiede con il Padre indivisibilmente.

Lo riceve invece come Figlio dell'uomo affinché buoni e cattivi lo vedano in funzione di giudice.

Infatti la visione del Figlio dell'uomo sarà offerta anche ai cattivi, mentre la visione della natura divina sarà data soltanto ai puri di cuore, perché sono essi che vedranno Dio, ossia ai buoni solamente, al cui amore ha promesso di manifestarsi.

Perciò si osservi quello che segue: Non vi meravigliate. ( Gv 5,28 )

Di che cosa ci proibisce di meravigliarci se non di ciò che suscita meraviglia in chiunque non comprende che il Signore ha detto che il Padre gli ha dato potere di giudicare perché egli è Figlio dell'uomo, mentre ci si sarebbe aspettato che dicesse piuttosto: Poiché è il Figlio di Dio?

Ma i cattivi non possono vedere il Figlio di Dio in quanto nella natura divina è uguale al Padre e tuttavia è necessario che in qualità di giudice dei vivi e dei morti lo vedano sia i buoni che i cattivi, quando saranno giudicati al suo cospetto.

Per questo egli dice: Non vi meravigliate di questo, poiché verrà l'ora in cui tutti quelli che giacciono nelle tombe udranno la sua voce e ne usciranno quelli che hanno fatto il bene nella risurrezione di vita, quelli che hanno fatto il male per udire la condanna. ( Gv 5,28-29 )

Occorreva dunque che egli ricevesse quel potere in quanto Figlio dell'uomo affinché i risorti lo vedessero nella natura in cui è visibile a tutti, ma gli uni per la dannazione, gli altri per la vita eterna. ( Dn 12,2; Mt 25,46; Gv 5,29 )

Che è infatti la vita eterna, se non quella visione che non è concessa ai cattivi?

Egli disse: Affinché conoscano te come il solo vero Dio e colui che tu hai mandato. ( Gv 17,3 )

E come conosceranno lo stesso Gesù Cristo se non nel medesimo modo dell'unico vero Dio?

Egli si mostrerà a loro, ma non nel modo in cui si mostrerà con la sua natura di Figlio dell'uomo a coloro che riceveranno la condanna.

13.31 - Solo Dio è buono

Nella visione in cui si mostrerà ai puri di cuore Dio è pieno di bontà, perché: Quanto è buono il Dio d'Israele verso i retti di cuore! ( Sal 73,1 )

Ma quando i cattivi lo vedranno come loro giudice non sembrerà loro buono, poiché non godranno di lui in fondo al loro cuore ma gemeranno su di sé tutte le genti della terra. ( Ap 1,7 )

Cioè tutti i cattivi e i non credenti.

Per questo anche a chi lo aveva chiamato "Buon Maestro", chiedendogli consiglio per conseguire la vita eterna, Gesù rispose: Perché mi interroghi riguardo a ciò che è buono?

Nessuno è buono se non Dio solo. ( Mt 19,17; Mc 10,18; Lc 18,19 )

E tuttavia in un altro passo il Signore dice buono anche l'uomo: L'uomo buono estrae dal tesoro buono del suo cuore cose buone, il cattivo estrae dal cattivo tesoro del suo cuore cose cattive. ( Mt 12,35; Lc 6,45 )

Ma quello gli chiedeva della vita eterna e la vita eterna consiste in quella contemplazione nella quale Dio è visto non a nostra condanna, ma per la nostra eterna felicità; e non capiva l'interlocutore con chi stava parlando, poiché lo riteneva solo un Figlio dell'uomo.

Perché mi interroghi riguardo a ciò che è buono, gli disse; cioè: "Perché interroghi questa natura che vedi riguardo a ciò che è buono?

Perché da quel che vedi mi chiami Buon Maestro?

Questa natura è quella del Figlio dell'uomo, quella creatura che è stata assunta, quella che apparirà nel giudizio non solo ai buoni ma anche ai cattivi e la cui visione non si volgerà in bene per quelli che compiono il male.

Ma vi è una visione della natura a me propria, quella in cui non ritenni rapina la mia uguaglianza con Dio, ma mi sono esinanito per assumere questa.

È dunque lui questo unico Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, che non apparirà che per il gaudio che non sarà mai tolto ai giusti; a questo gaudio futuro aspira colui che gemendo dice: Una sola cosa domandai al Signore e questa cercherò: di abitare nella sua casa tutti i giorni della mia vita per contemplare le delizie del Signore. ( Sal 27,4 )

È l'unico Dio dunque che solo è buono perché nessuno lo vede per affliggersi e lamentarsi, ma solo per la propria salvezza e felicità vera.

Se tu dunque mi consideri dal punto di vista di quella natura, io sono buono; ma se mi consideri dal punto di vista di questa che vedi, perché mi interroghi riguardo a ciò che è buono se tu sarai di quelli che vedranno colui che hanno trafitto? ( Gv 19,37 )

Questa visione sarà a loro infelicità perché sarà di castigo".

I testi che ho citato sembrano provare che in questo senso il Signore ha detto: Perché mi interroghi riguardo a ciò che è buono?

Nessuno è buono se non Dio solo. ( Mt 19,17 )

Infatti quella visione di Dio nella quale contempleremo la sostanza immutabile che occhi umani non possono vedere, visione che è promessa solo ai santi e che Paolo chiama a faccia a faccia, ( 1 Cor 13,12 ) di cui l'apostolo Giovanni afferma: Saremo simili a Dio, perché lo vedremo come egli è, ( Gv 3,2 ) della quale ancora è detto: Una sola cosa domandai al Signore, che io possa contemplare le sue delizie, ( Sal 27,4 ) e di cui il Signore stesso afferma: Io lo amerò e mostrerò me stesso a lui, ( Gv 14,21 ) questa sola visione per la quale si purificheranno i nostri cuori con la fede perché possiamo essere: Beati dal cuore puro perché vedranno Dio, ( Mt 5,8 ) la visione circa la quale altri testi sparsi in grandissima quantità nella Scrittura può trovare chi per cercarla tende gli occhi dell'amore: essa sola è il nostro sommo bene per il cui raggiungimento ci è comandato di fare quanto facciamo di bene.

Ma la visione, già preannunciata del Figlio dell'uomo, quando tutte le genti saranno radunate al suo cospetto e gli chiederanno: Signore, quando ti abbiamo visto affamato e assetato? ( Mt 25,32.37 ) e quel che segue, non sarà di gaudio per i cattivi che saranno gettati nel fuoco eterno( Mt 25,41 ) né di sommo bene per i buoni perché egli li invita inoltre al regno che è stato preparato loro fin dall'inizio del mondo. ( Mt 25,34 )

Se a quelli comanderà: Andate nel fuoco eterno, dirà a questi: Venite, benedetti del Padre mio, prendete possesso del regno preparato per voi.

Come quelli andranno nel fuoco eterno, così i giusti entreranno nella vita eterna. ( Mt 25,46 )

Ma che cos'è la vita eterna? Che conoscano te - egli dice - come l'unico vero Dio e colui che hai mandato, Gesù Cristo ( Gv 17,3 ) e lo conoscano beninteso in quella magnificenza della quale egli dice al Padre: Quella che io avevo presso di te prima che il mondo fosse. ( Gv 17,24 )

Allora consegnerà il regno a Dio Padre, perché il servo buono e fedele entri nella gioia del suo Signore, ( Mt 24,45 ) e per nascondere coloro che Dio possiede nel segreto del suo volto, lontani dal turbamento degli uomini, ( Sal 31,21 ) di quelli cioè che nell'udire quella sentenza saranno agitati.

Il giusto non temerà nell'udire quella condanna, ( Sal 112,7 ) se fin d'ora nel tabernacolo, cioè nella fede della Chiesa cattolica, trova protezione di fronte agli attacchi delle malelingue, ossia di fronte ai calunniosi errori degli eretici.

Ma se è possibile un'altra interpretazione delle parole del Signore: Perché mi interroghi riguardo a ciò che è buono?

Nessuno è buono se non Dio solo, ( Lc 18,19; Mt 19,17; Mc 10,18 ) purché non sì ritenga che la sostanza del Padre è migliore di quella del Figlio per la quale egli è il Verbo per mezzo del quale tutte le cose furono fatte, ( Gv 1,3 ) e purché non ci si allontani in nulla dalla retta dottrina, noi l'accetteremo serenamente e non solo quella, ma ogni altra che si potrà trovare.

Perché avremo ragione degli eretici tanto più saldamente quanto più numerose si aprono le vie d'uscita per sfuggire ai loro inganni.

In quanto agli altri argomenti che ancora dobbiamo prendere in considerazione, li affronteremo in un'altra parte della nostra ricerca.

Indice

9 Stazio, Theb. 12, 234;
Columella, De re rust. 2, 2, 9;
Palladio, Opus agr. 6, 3, 1
10 1 Gv 5,7;
1 Cor 12,4-6;
Ambrogio, De fide 4, 6, 68;
Agostino, De praed. Sanct. 8, 14: NBA, XX
11 Ilario, Ad. Const., fragm. 6