Supplemento alla III parte

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Articolo 5 - Se l'aureola sia dovuta alla verginità

Pare che alla verginità non sia dovuta l'aureola.

Infatti:

1. All'opera che incontra una obiezioni maggiore è dovuto un premio più grande.

Ora, nella continenza dai piaceri della carne incontrano più obiezioni le vedove che le vergini.

Infatti S. Girolamo [ Epist. 123 ] scrive che « quanto è maggiore la obiezione che alcuni incontrano nell'astenersi dai piaceri illeciti, tanto maggiore è il loro premio », e parla così per esaltare le vedove.

Inoltre il Filosofo [ De animal. 7,1 ] afferma che « le giovani già violate desiderano maggiormente il rapporto sessuale, per il ricordo del piacere provato ».

Quindi l'aureola, che costituisce il premio più grande, è dovuta più alle vedove che alle vergini.

2. Se l'aureola fosse dovuta alla verginità, essa dovrebbe riscontrarsi soprattutto dove si riscontra la verginità più perfetta.

Ora, nella Beata Vergine la verginità è allo stato più perfetto, tanto che [ nelle litanie ] essa viene denominata « la Vergine delle vergini ».

E tuttavia a lei non è dovuta l'aureola, poiché essa non sostenne alcuna lotta per la continenza, non essendo stata toccata in alcun modo dalla corruzione del fomite.

Quindi l'aureola non è dovuta alla verginità.

3. Un premio eccellente non può essere dovuto a ciò che non è degno di lode in tutti i tempi.

Ora, nello stato di innocenza l'osservanza della verginità non sarebbe stata lodevole, poiché allora vigeva il comando [ Gen 1,28 ]: « Crescete e moltiplicatevi, riempite la terra ».

E neppure lo sarebbe stata nel tempo dell'antica legge, in cui le sterili erano maledette.

Quindi l'aureola non è dovuta alla verginità.

4. Non si può attribuire l'identico premio alla verginità conservata e alla verginità perduta.

Ora, alla verginità perduta talvolta spetta l'aureola, come quando una donna viene prostituita da un tiranno perché confessa la fede in Cristo.

Perciò l'aureola non è dovuta alla verginità.

5. Un premio eccellente non può essere dovuto per una dote che ci spetta per natura.

Ora, la verginità è una dote con cui gli uomini nascono, siano essi buoni o cattivi.

Quindi l'aureola non può essere dovuta alla verginità.

6. La verginità sta al centuplo e all'aureola come la vedovanza sta al frutto del sessanta per uno.

Ora, come alcuni insegnano, non a tutte le vedove si deve il sessanta per uno, ma solo a quelle che fanno voto di vedovanza.

Perciò anche l'aureola non è dovuta a qualsiasi tipo di verginità, ma solo alla verginità osservata per voto.

7. Il premio non viene corrisposto a uno stato di necessità, poiché ogni merito si fonda sulla volontà.

Invece alcuni sono vergini per necessità, come i frigidi per temperamento e gli eunuchi.

Quindi non sempre alla verginità è dovuta l'aureola.

In contrario:

1. A proposito di quel testo dell'Esodo [ Es 25,25 ]: « Farai un'altra corona d'oro più piccola [ o aureola ] », la Glossa [ ord. di Beda ] afferma: « In questa corona rientra il cantico nuovo che cantano davanti all'Agnello i vergini, cioè coloro che seguono l'Agnello dovunque egli vada ».

Perciò il premio dovuto alla verginità è denominato aureola.

2. In Isaia [ Is 56,4 ] si legge: « Così dice il Signore: "Agli eunuchi io concederò nella mia casa un posto e un nome migliore che ai figli e alle figlie" ».

E la Glossa [ Agost., De sancta virginit. 25 ] spiega: « Ciò significa una gloria singolare ed eccelsa ».

Ma gli eunuchi che si sono mutilati per il regno dei cieli stanno a indicare i vergini [ Mt 19,12 ].

Quindi alla verginità è dovuto un premio eccellente, che è denominato aureola.

Dimostrazione:

Dove c'è una forma eccellente di vittoria, lì ci deve essere una corona speciale [ a. 1 ].

Ora, dato che con la verginità si ottiene una certa vittoria singolare sulla carne, contro la quale si ha una guerra continua, secondo le parole di S. Paolo [ Gal 5,17 ]: « Lo spirito ha desideri contrari alla carne », ecc., così alla verginità è dovuta una corona speciale, denominata aureola.

E questa è una dottrina sostenuta da tutti.

Non tutti invece concordano nel dire a quale tipo di verginità essa sia dovuta.

Alcuni infatti affermano che essa è dovuta al fatto stesso di essere vergini.

Per cui chi è attualmente vergine avrà l'aureola, se è nel numero dei salvati.

- Ma ciò non sembra ragionevole.

Così infatti chi ha il proposito di sposarsi, e muore prima del matrimonio, avrebbe l'aureola.

Perciò altri dicono che l'aureola è dovuta allo stato e non al fatto della verginità: per cui meriterebbero l'aureola solo quelle vergini che si sono poste nello stato di verginità perpetua mediante un voto.

- Ma anche questo discorso non persuade, poiché uno con la medesima volontà può conservare la verginità con o senza il voto.

Si può quindi rispondere diversamente, cioè che il merito è dovuto a ogni atto di virtù imperato dalla carità [ cf. I-II, q. 114, a. 4 ].

Ora, la verginità rientra nella virtù in quanto l'integrità perpetua della mente e del cuore è oggetto di una scelta, come risulta evidente da quanto si è detto [ In 4 Sent., d. 33, q. 3, aa. 1,2 ].

Perciò l'aureola propriamente è dovuta solo a quelle vergini che hanno fatto il proposito di conservare in perpetuo la verginità, sia che abbiano confermato questo proposito con un voto oppure no ( e dico questo in quanto l'aureola propriamente è considerata come un premio concesso per un merito ); anche se tale proposito è stato interrotto per un certo tempo ( restando però intatta l'integrità della carne ), purché esso si riscontri al termine della vita: poiché la verginità della mente è riparabile, diversamente dalla verginità della carne.

Se invece per aureola si intende in senso lato qualsiasi godimento aggiunto nella patria a quello essenziale, allora anche alle vergini integre solo fisicamente sarà concessa un'aureola, pur essendo mancato in esse il proposito di conservare per sempre la verginità.

Infatti non c'è dubbio che esse godranno dell'integrità del loro corpo, come anche gli innocenti godono del fatto che sono stati immuni dal peccato nonostante che non abbiano avuto la possibilità di peccare: come appare chiaro nel caso dei bambini battezzati.

Però questa accezione del termine aureola non è propria, bensì molto generica.

Analisi delle obiezioni:

1. Nella custodia della continenza sotto un aspetto la lotta è più dura per le vergini, e sotto un altro è più dura per le vedove, a parità di condizioni.

Infatti la concupiscenza sollecita le vergini sia per il desiderio di fare un'esperienza, il che procede da una specie di curiosità, per cui anche l'uomo vede più volentieri le cose che non ha mai visto, sia anche perché talora in esse la concupiscenza fa considerare il piacere più grande di quello che è in realtà; e in più c'è in esse l'inconsiderazione degli inconvenienti connessi con tale piacere.

Perciò sotto questo aspetto le vedove sostengono una lotta meno grave, mentre la loro lotta è più dura per il ricordo del piacere provato.

E in cose diverse gli uomini differiscono nei loro giudizi secondo le diverse condizioni, o disposizioni: poiché alcuni sono più spinti da una cosa e altri da un'altra.

Qualunque sia comunque la gravità della lotta, è tuttavia certo che la vittoria delle vergini è più perfetta di quella delle vedove.

Poiché la vittoria più grande e più bella è certamente quella in non si è mai ceduto al nemico.

Ora, la corona non è dovuta al combattimento, bensì alla vittoria riportata nel combattimento.

2. Esistono sull'argomento due opinioni.

Alcuni dicono che la Beata Vergine quale premio della verginità non ha l'aureola, se questa viene presa in senso proprio, cioè in riferimento alla lotta.

Tuttavia essa possiede qualcosa che è più grande dell'aureola, dato il suo proposito perfettissimo di conservare la verginità.

Altri invece dicono che essa ha ricevuto anche l'aureola, proprio sotto l'aspetto di aureola, e in modo eccellentissimo: pur non avendo infatti sentito la lotta, tuttavia ebbe una certa lotta della carne; ma per la veemenza della virtù ebbe la carne talmente sottomessa che tale lotta non veniva da lei percepita.

- Ma questo discorso non sembra accettabile, poiché credendo noi che la Beata Vergine fu del tutto immune dall'inclinazione del fomite, data la sua perfetta santificazione [ cf. III, q. 27, a. 3 ], non è secondo la pietà ammettere che in essa ci sia stata una qualche ribellione della carne: una tale lotta infatti non dipende che dall'inclinazione del fomite; e d'altra parte la tentazione della carne non può essere senza peccato, come risulta dalla Glossa [ ord. ] su quelle parole di S. Paolo [ 2 Cor 12,7 ]: « Mi è stata messa una spina nella carne », ecc.

Perciò si deve concludere che essa ha una vera e propria aureola, per essere conforme in ciò a tutti gli altri membri della Chiesa in cui si riscontra la verginità.

E sebbene non abbia sperimentato la lotta della carne, ebbe però la lotta derivante dalla tentazione da parte del nemico, il quale non ebbe riguardo neppure di Cristo, come risulta dal Vangelo [ Mt 4,1ss ].

3. Alla verginità non è dovuta l'aureola se non in quanto essa aggiunge una certa eccellenza al di sopra degli altri gradi della continenza.

Ora, se Adamo non avesse peccato, la verginità non avrebbe avuto alcuna superiorità sulla continenza coniugale, poiché allora le nozze sarebbero state sempre « degne d'onore, e il talamo senza macchia » [ Eb 13,4 ], mancando ogni inquinamento della concupiscenza.

Perciò allora la verginità non sarebbe stata conservata; e non avrebbe avuto diritto ad alcuna aureola.

Ma dopo la mutazione della condizione umana la verginità ha acquistato un pregio speciale.

Perciò le è dovuto [ anche ] un premio speciale.

E anche sotto la legge mosaica, quando il culto di Dio doveva essere propagato mediante la generazione carnale, non era del tutto lodevole astenersi dalle nozze.

Perciò neppure allora a un tale proposito sarebbe stato assegnato un premio speciale, a meno che non lo si fosse concepito per ispirazione divina, come si pensa che sia avvenuto nel caso di Geremia e di Elia [ cf. Gir., Epist. 22,21 ], a proposito dei quali non si parla di matrimonio.

4. Se una vergine viene violentata, non per questo perde la sua aureola ( purché conservi saldo il proposito di custodire in perpetuo la verginità ), se non acconsente in alcun modo a tale atto.

Anzi, non perde per questo neppure la verginità [ cf. II-II, q. 152, a. 1, ad 4 ].

E ciò vale sia che venga violentata a motivo della fede, sia per qualsiasi altro motivo.

Se però subisce la violenza per la fede, allora l'atto è meritorio, e rientra tra le specie del martirio.

Per cui S. Lucia disse: « Se mi farai violare contro la mia volontà, la corona della mia castità sarà raddoppiata »; non perché allora avrebbe avuto due aureole di verginità, ma perché avrebbe avuto due premi: uno per la verginità custodita, l'altro per l'ingiuria subìta.

E anche nel caso che una vergine così oppressa concepisse, non per questo perderebbe il merito della verginità.

Tuttavia non sarebbe da paragonarsi alla madre di Cristo, nella quale con l'integrità della mente si ebbe anche l'integrità della carne.

5. La verginità è innata in noi dalla nascita quanto al suo dato materiale, ma il proposito di conservare l'integrità perpetua, in forza del quale la verginità acquista il suo merito, non è innato, bensì deriva da un dono della grazia.

6. Il frutto del sessanta per uno non è dovuto a qualsiasi vedova, ma solo a quelle che hanno fatto il proposito di rimanere vedove, anche se non l'hanno confermato con un voto, come si è anche detto [ nel corpo ] per la verginità.

7. Se i frigidi e gli eunuchi hanno il desiderio di custodire l'integrità in perpetuo anche nel caso in cui fossero in grado di compiere l'atto sessuale, vanno detti vergini e meritano l'aureola: essi infatti « fanno di necessità virtù » [ Gir., Epist. 54,6 ].

Se invece nutrono il desiderio di sposarsi, qualora lo potessero, allora non meritano l'aureola.

Da cui le parole di S. Agostino [ De sancta virginit. 24 ]: « Coloro che sono impotenti così da non poter generare, come sono appunto gli eunuchi, se diventano cristiani e osservano i precetti del Signore con l'intenzione però di sposarsi se ne avessero la facoltà, vanno equiparati ai credenti coniugati ».

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