Codice dei Canoni delle Chiese Orientali

Indice

Titolo X - I Chierici

Can. 323

§1. I chierici, che sono chiamati anche ministri sacri, sono dei fedeli cristiani che, eletti dall'autorità ecclesiastica competente, mediante il dono dello Spirito Santo ricevuto nella sacra ordinazione, sono deputati a essere ministri della Chiesa partecipando alla missione e alla potestà di Cristo Pastore.

§2. I chierici a motivo della sacra ordinazione sono distinti, per divina istituzione, da tutti gli altri fedeli cristiani.

Can. 324

I chierici, congiunti tra loro nella comunione gerarchica e costituiti nei vari gradi, partecipano in modo diverso dell'unico ministero ecclesiastico divinamente istituito.

Can. 325

I chierici, in ragione della sacra ordinazione, si distinguono in Vescovi, presbiteri e diaconi.

Can. 326

I chierici sono costituiti nei gradi dell'ordine mediante la stessa sacra ordinazione; ma non possono esercitare la potestà se non a norma del diritto.

Can. 327

Se oltre ai Vescovi, ai presbiteri o ai diaconi, anche altri ministri, costituiti in un ordine minore e generalmente chiamati chierici minori, sono ammessi o istituiti a servizio del popolo di Dio o a esercitare funzioni della sacra liturgia, costoro sono regolati soltanto dal diritto particolare della propria Chiesa sui iuris.

Capitolo I - La formazione dei Chierici

Can. 328

È diritto e dovere proprio della Chiesa formare i chierici e gli altri suoi ministri; questo dovere si esercita in modo singolare e più intenso nell'erezione e nel governo dei seminari.

Can. 329

§1. L'opera di promozione delle vocazioni, specialmente per i ministeri sacri, appartiene all'intera comunità cristiana, la quale per la sua corresponsabilità dev'essere sollecita alle necessità del ministero della Chiesa universale:

1° abbiano cura i genitori, i maestri e gli altri primi educatori della vita cristiana, animando le famiglie e le scuole con spirito evangelico, che i fanciulli e i giovani possano ascoltare liberamente e rispondere volentieri al Signore che li chiama per mezzo dello Spirito Santo;

2° i chierici e anzitutto i parroci si impegnino a discernere e incoraggiare le vocazioni sia negli adolescenti sia negli altri, anche di età più avanzata;

3° spetta in primo luogo al Vescovo eparchiale incitare il suo gregge, unendo le forze con gli altri Gerarchi, per promuovere le vocazioni e coordinare le iniziative.

§2. Si provveda per diritto particolare affinché siano istituite in tutte le Chiese delle opere sia regionali sia, per quanto è possibile, eparchiali per promuovere le vocazioni; queste opere devono essere aperte alle necessità della Chiesa universale, specialmente missionarie.

Can. 330

§1. Spetta al Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale o al Consiglio dei Gerarchi emanare un piano di formazione dei chierici nel quale si deve spiegare più dettagliatamente il diritto comune per i seminari situati entro i confini del territorio della propria Chiesa; in tutti gli altri casi invece tocca al Vescovo eparchiale preparare un simile piano, proprio della sua eparchia, fermo restando il can. 150, §3; spetta a queste stesse autorità anche modificare questo piano.

§2. Il piano di formazione dei chierici, anche mediante convenzioni, può essere comune a un'intera regione o nazione, anzi anche alle altre chiese sui iuris, con l'avvertenza però che l'indole dei riti non ne scapiti.

§3. Il piano di formazione dei chierici, osservando fedelmente il diritto comune e tenuta presente la tradizione della propria Chiesa sui iuris, deve comprendere fra l'altro norme più speciali riguardo alla formazione personale, spirituale, dottrinale e pastorale degli alunni, come pure le singole discipline da insegnare e inoltre il regolamento dei corsi e degli esami.

Art. I - L'erezione e il governo dei seminari

Can. 331

§1. Nel seminario minore si formano anzitutto coloro che sembrano presentare indizi di vocazione ai ministeri sacri, per poterla discernere con più facilità e chiarezza e coltivarla con dedizione; a norma del diritto particolare possono essere formati anche coloro che, sebbene non sembrino chiamati allo stato clericale, possono essere formati a esercitare alcuni ministeri o delle opere di apostolato.

Gli altri istituti poi che, secondo i propri statuti, servono agli stessi fini, anche se differiscono di nome, sono equiparati al seminario minore.

§2. Nel seminario maggiore viene coltivata, provata e confermata più intensamente la vocazione di coloro che, da segni sicuri, sono già stimati idonei ad assumere stabilmente i sacri ministeri.

Can. 332

§1. Il seminario minore sia eretto in ogni eparchia, se lo richiede il bene della Chiesa e se lo permettono le forze e le risorse.

§2. Si deve erigere un seminario maggiore che serva o a un'eparchia molto ampia oppure, se non a un'intera Chiesa sui iuris, almeno a diverse eparchie della stessa Chiesa sui iuris, facendo oppurtune convenzioni, anzi anche a diverse Chiese sui iuris che hanno un'eparchia nella stessa regione o nazione, in modo che, sia per il conveniente numero di alunni, sia per la relativa abbondanza di moderatori e di professori debitamente qualificati, come pure per la sufficienza di mezzi per il congiungersi delle forze migliori, si provveda a una formazione per nulla manchevole.

Can. 333

Anche se è desiderabile che agli alunni di una Chiesa sui iuris sia riservato un seminario, prima di tutto minore, tuttavia per speciali circostanze possono essere ammessi nello stesso seminario alunni anche di altre Chiese sui iuris.

Can. 334

§1. Il seminario per la propria eparchia è eretto dal Vescovo eparchiale; il seminario comune a diverse eparchie è eretto dai Vescovi eparchiali delle stesse eparchie, o dall'autorità superiore, col consenso però del Consiglio dei Gerarchi se si tratta del Metropolita della Chiesa metropolitana sui iuris ; oppure col consenso del Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale, se si tratta del Patriarca.

§2. I Vescovi eparchiali, per i cui sudditi è stato eretto un seminario comune, non possono erigere validamente un altro seminario senza il consenso dell'autorità che ha eretto il seminario comune, oppure, se si tratta di un seminario eretto dagli stessi Vescovi eparchiali, senza l'unanime consenso delle parti che si sono accordate o senza il consenso dell'autorità superiore.

Can. 335

§1. Il seminario legittimamente eretto è, per il diritto stesso, persona giuridica.

§2. In tutti gli affari giuridici del seminario, il rettore lo rappresenta, a meno che il diritto particolare o gli statuti del seminario non stabiliscano diversamente.

Can. 336

§1. Il seminario comune a diverse eparchie è soggetto al Gerarca designato da coloro che hanno eretto il seminario.

§2. Il seminario è esente dal governo parrocchiale; per tutti coloro che si trovano nel seminario svolge l'ufficio di parroco, ad eccezione della materia matrimoniale e fermo restando il can. 734, il rettore del seminario o il suo delegato.

Can. 337

§1. Il seminario abbia i propri statuti nei quali siano determinati anzitutto il fine speciale del seminario e la competenza delle autorità; si stabiliscano inoltre il modo della nomina o della elezione, la durata nell'ufficio, i diritti e i doveri e la giusta remunerazione dei moderatori, degli ufficiali e dei professori e dei consiglieri, come pure i metodi coi quali essi, anzi anche gli alunni, partecipano alla cura del rettore soprattutto nell'osservanza della disciplina del seminario.

§2. Il seminario abbia anche il proprio direttorio nel quale si applicano le norme del piano di formazione dei chierici adattate alle speciali circostanze e vengono definiti in modo più concreto i punti più importanti della disciplina del seminario che riguardano, nel rispetto degli statuti, la formazione degli alunni e la vita quotidiana e l'ordine dell'intero seminario.

§3. Gli statuti del seminario hanno bisogno dell'approvazione dell'autorità che ha eretto il seminario e alla quale compete, quando occorre, di modificarli; queste cose, nei riguardi del direttorio, spettano all'autorità determinata negli statuti.

Can. 338

§1. In ogni seminario vi siano il rettore e, se occorre, l'economo e gli altri moderatori e ufficiali.

§2. È compito del rettore curare, a norma degli statuti, il governo generale del seminario, sollecitare tutti all'osservanza degli statuti e del direttorio del seminario, coordinare l'attività degli altri moderatori e ufficiali, e favorire l'unità e la collaborazione di tutto il seminario.

Can. 339

§1. Vi sia inoltre almeno un padre spirituale distinto dal rettore; oltre che da lui, gli alunni possono recarsi liberamente da qualsiasi altro presbitero approvato dal rettore per la loro direzione spirituale.

§2. Oltre ai confessori ordinari, siano designati o invitati anche altri confessori, fermo restando il pieno diritto degli alunni di recarsi da qualunque confessore, anche fuori del seminario, salva restando la disciplina del seminario.

§3. Nell'esprimere un giudizio sulle persone non è lecito chiedere il voto dei confessori o dei padri spirituali.

Can. 340

§1. Se si istituiscono nello stesso seminario i corsi per l'insegnamento delle discipline, vi deve essere un adeguato numero di professori scelti con cura, ciascuno veramente esperto nella sua scienza, e che, nel caso di un seminario maggiore, abbiano conseguito i gradi accademici adeguati.

§2. I professori, mediante una preparazione costantemente aggiornata e cooperando concordemente tra loro e con i moderatori del seminario, concorrano alla formazione integrale dei futuri ministri della Chiesa, solleciti dell'unità della fede e della formazione nella diversità delle discipline.

§3. I professori delle scienze sacre, seguendo le orme dei santi Padri e dei collaudati Dottori della Chiesa specialmente dell'Oriente, s'impegnino a illustrare la dottrina attingendo da questo eccellentissimo tesoro da loro trasmesso.

Can. 341

§1. Compete all'autorità che ha eretto il seminario aver cura che si provveda alle spese del seminario anche per mezzo di tributi o di offerte, di cui ai can. 1012 e can. 1014.

§2. Sono soggette al tributo per il seminario anche le case dei religiosi, a meno che non si sostengano solo con elemosine, oppure vi sia attualmente una sede di studi di cui ai can. 471, §2 e can. 536, §2.

Art. II - La formazione ai ministeri

Can. 342

§1. Si ammettano in seminario solo gli alunni che risultino, dai documenti richiesti a norma degli statuti, di essere abili.

§2. Nessuno sia accolto se non consta con certezza che ha ricevuto i sacramenti del battesimo e della crismazione del santo myron.

§3. Coloro che anteriormente sono stati alunni in un altro seminario o in qualche istituto religioso o in una società di vita comune a guisa dei religiosi non siano ammessi se non dopo aver ottenuto la testimonianza del rettore o del Superiore, specialmente sulla causa della dimissione o dell'uscita.

Can. 343

Gli alunni, anche se ammessi in un seminario di un'altra chiesa sui iuris o in un seminario comune a più Chiese sui iuris, siano formati secondo il rito proprio: la consuetudine contraria è riprovata.

Can. 344

§1. Gli adolescenti e i giovani che vivono nel seminario minore conservino un conveniente rapporto con le proprie famiglie e coi loro coetanei di cui hanno bisogno per una sana crescita psicologica, specialmente affettiva; si eviti con cura tuttavia tutto ciò che, secondo le sane norme della psicologia e della pedagogia, può diminuire in qualsiasi modo la libera scelta dello stato.

§2. Gli alunni, aiutati da un'opportuna direzione spirituale, si abituino a prendere decisioni personali e responsabili alla luce del Vangelo e a coltivare costantemente le varie doti del loro ingegno senza trascurare nessuna virtù che si addice alla natura umana.

§3. Il curricolo degli studi del seminario minore deve comprendere tutto quello che in ciascuna nazione è richiesto per iniziare gli studi superiori e anche, permettendolo il piano degli studi, quelle cose che sono particolarmente utili per assumersi i ministeri sacri; si curi ordinariamente che gli alunni conseguano il titolo civile di studio per poter così proseguire gli studi anche altrove, se si arriva a questa scelta.

§4. Gli alunni di età più matura siano formati sia nel seminario sia in un istituto speciale, tenendo conto anche della precedente formazione di ciascuno.

Can. 345

La formazione degli alunni sia completata nel seminario maggiore supplendo magari a ciò che è mancato in casi singoli alla formazione nel seminario minore, integrando fra loro la formazione spirituale, intellettuale e pastorale, in modo da farli diventare ministri di Cristo in mezzo alla sua Chiesa, luce e sale del mondo contemporaneo.

Can. 346

§1. Coloro che aspirano ai sacri ministeri siano formati a coltivare nello Spirito Santo un'intima familiarità con Cristo e a cercare Dio in tutte le cose affinché, spinti dalla carità di Cristo Pastore, siano solleciti a guadagnare al regno di Dio tutti gli uomini con il dono della propria vita.

§2. Attingano ogni giorno più, anzitutto dalla parola di Dio e dai sacramenti, l'energia per la loro vita spirituale e la forza per il lavoro apostolico:

1° con la meditazione vigile e costante della parola di Dio e con la fedele spiegazione secondo i Padri, gli alunni si abituino a conformare sempre più la loro vita alla vita di Cristo e, fortificati sempre più nella fede, nella speranza e nella carità, si esercitino a vivere secondo la forma del Vangelo;

2° partecipino assiduamente alla Divina Liturgia in modo che essa sia la fonte e il culmine anche della vita del seminario, come lo è di tutta la vita cristiana;

3° imparino a celebrare sempre le lodi divine secondo il proprio rito per trarne alimento per la vita spirituale;

4° facendo gran conto della direzione spirituale, imparino a fare rettamente l'esame di coscienza e ricevano frequentemente il sacramento della penitenza;

5° onorino con pietà filiale Santa Maria sempre Vergine, Madre di Dio, che Cristo costituì Madre di tutti gli uomini;

6° siano coltivati anche gli esercizi di pietà che conducono allo spirito di orazione e che sono forza e riparo della vocazione apostolica, anzitutto quelli che sono stati raccomandati dalla veneranda tradizione della propria Chiesa sui iuris ; comunque si consiglia il ritiro spirituale e l'istruzione sui sacri ministeri, l'esortazione nella via dello spirito;

7° gli alunni siano educati al « sentire con la Chiesa » e al suo servizio, come pure alla virtù dell'obbedienza e alla fraterna collaborazione;

8° siano aiutati a coltivare anche tutte le altre virtù che hanno grande rilevanza nella loro vocazione, come il discernimento degli spiriti, la castità, la fortezza d'animo; tengano in grande considerazione e coltivino anche quelle virtù che sono molto apprezzate tra gli uomini e che danno pregio al ministro di Cristo, come la sincerità d'animo, la costante cura della giustizia, lo spirito di povertà, la fedeltà alla parola data, la gentilezza del tratto, la modestia nel parlare congiunta con la carità.

§3. Le norme disciplinari del seminario siano applicate secondo la maturità degli alunni, affinché mentre gli alunni imparano a controllarsi, usando saggiamente la libertà, si abituino ad agire spontaneamente e diligentemente.

Can. 347

L'insegnamento dottrinale deve tendere a far acquisire agli alunni, forniti della cultura generale del loro ambiente e del loro tempo e scrutando gli sforzi e le conquiste dell'ingegno umano, un'ampia e solida dottrina nelle scienze sacre in modo che, istruiti in una più piena intelligenza della fede e fortificati dalla luce di Cristo maestro, possano illuminare gli uomini del loro tempo in modo più efficace e servire la verità.

Can. 348

§1. Per coloro che sono destinati al sacerdozio, gli studi del seminario maggiore devono comprendere, fermo restando il can. 345, i corsi filosofici e teologici, che possono essere compiuti o successivamente o congiuntamente; questi stessi studi devono abbracciare almeno un sessennio completo in modo che il tempo dedicato alle discipline filosofiche raggiunga un intero biennio e quello impegnato per gli studi teologici un'intero quadriennio.

§2. I corsi filosofico-teologici prendano l'avvio con l'introduzione al mistero di Cristo e all'economia della salvezza e non siano conclusi senza che sia mostrata, tenuto conto dell'ordine o gerarchia delle verità della dottrina cattolica, la relazione e la coerente composizione di tutte le discipline tra loro.

Can. 349

§1. L'insegnamento della filosofia deve tendere a completare la formazione nelle scienze umane; perciò, tenendo presente la sapienza antica e moderna sia dell'intera famiglia umana sia specialmente della propria cultura, si cerchi di conoscere prima di tutto il patrimonio filosofico perennemente valido.

§2. I corsi storici e sistematici siano dati in modo tale che gli alunni, mediante un acuto senso critico, possano distinguere più facilmente il vero dal falso e, con mente aperta a Dio che parla, siano in grado di continuare rettamente la ricerca teologica e siano meglio preparati a esercitare i ministeri dialogando anche con gli intellettuali di oggi.

Can. 350

§1. Le discipline teologiche siano insegnate alla luce della fede in modo che gli alunni penetrino profondamente la dottrina cattolica attinta dalla divina rivelazione e la esprimano nella loro cultura in modo che essa sia insieme alimento della loro vita spirituale e strumento validissimo per esercitare più efficacemente il ministero.

§2. La Sacra Scrittura deve essere come l'anima di tutta la teologia e informare tutte le discipline sacre; perciò si insegnino, oltre a un metodo accurato di esegesi, i tratti principali dell'economia della salvezza e i temi più rilevanti della teologia biblica.

§3. La liturgia venga insegnata tenendo conto della sua speciale importanza in quanto è la necessaria fonte della dottrina e dello spirito veramente cristiano.

§4. Finché l'unità che Cristo vuole per la sua Chiesa non sarà pienamente realizzata, l'ecumenismo dev'essere una delle necessarie dimensioni di qualsiasi disciplina teologica.

Can. 351

I professori delle scienze sacre, poiché insegnano su mandato dell'autorità ecclesiastica, trasmettano fedelmente la dottrina da essa proposta e in tutto si sottomettano umilmente al magistero costante e alla guida della Chiesa.

Can. 352

§1. La formazione pastorale deve essere adattata alle situazioni del luogo e del tempo, alle doti degli alunni sia celibi sia coniugati e alle necessità dei ministeri ai quali si preparano.

§2. Gli alunni vengano istruiti anzitutto nell'arte catechetica e omiletica, nella celebrazione liturgica, nell'amministrazione della parrocchia, nel dialogo dell'evangelizzazione coi non credenti o i non cristiani o con i cristiani meno fervorosi, nell'apostolato sociale e degli strumenti della comunicazione sociale, senza trascurare le discipline ausiliarie, come la psicologia e la sociologia pastorale.

§3. Anche se gli alunni si preparano a esercitare i ministeri nella propria Chiesa sui iuris, siano formati a uno spirito veramente universale, per cui siano interiormente pronti ad andare incontro al servizio delle anime in ogni luogo della terra; siano perciò istruiti sulle necessità della Chiesa universale e specialmente sull'apostolato dell'ecumenismo e dell'evangelizzazione.

Can. 353

A norma del diritto particolare vi siano delle esercitazioni ed esperienze che contribuiscano soprattutto a rafforzare la formazione pastorale, come il servizio sociale o caritativo, l'insegnamento catechistico, specialmente però il tirocinio pastorale nel corso della formazione filosofico-teologica e il tirocinio diaconale prima dell'ordinazione presbiterale.

Can. 354

La formazione propria da impartire ai diaconi non destinati al sacerdozio sia adattata, ispirandosi alle norme sopra riferite, in modo tale che il curricolo degli studi duri almeno per un triennio, tenendo conto delle tradizioni della propria Chiesa sui iuris sulla diaconia della liturgia, della parola e della carità.

Can. 355

Gli ordinandi siano debitamente istruiti sugli obblighi dei chierici e vengano educati ad accoglierli e ad adempierli con grande generosità.

Can. 356

§1. Il rettore del seminario invii ogni anno una relazione sul progresso della formazione degli alunni al rispettivo Vescovo eparchiale, oppure eventualmente al Superiore maggiore; riferisca poi sullo stato del seminario a coloro che hanno eretto il seminario.

§2. Il Vescovo eparchiale o il Superiore maggiore, al fine di provvedere alla formazione dei loro alunni, visitino frequentemente il seminario, particolarmente se si tratta di coloro che devono essere promossi agli ordini sacri.

Capitolo II - L'ascrizione dei Chierici a un'Eparchia

Can. 357

§1. Qualsiasi chierico deve essere ascritto come chierico a un'eparchia, o a un esarcato, o a un istituto religioso, o a una società di vita comune a guisa dei religiosi, oppure a un istituto o a un'associazione che abbia ottenuto dalla Sede Apostolica il diritto di ascriversi dei chierici oppure, entro i confini del territorio della Chiesa a cui presiede, dal Patriarca col consenso del Sinodo permanente.

§2. Ciò che è stabilito circa l'ascrizione dei chierici a un'eparchia e la dimissione da essa, vale anche, con i dovuti riferimenti, delle altre persone giuridiche sopra indicate, come pure, se così lo comporta il diritto particolare, della stessa Chiesa patriarcale, a meno che non sia stato espressamente disposto diversamente dal diritto.

Can. 358

Per mezzo dell'ordinazione diaconale uno è ascritto come chierico all'eparchia per il cui servizio è ordinato, a meno che, a norma del diritto particolare della propria Chiesa sui iuris, non sia già stato ascritto alla stessa eparchia.

Can. 359

Perché un chierico già ascritto a un'eparchia possa validamente passare a un'altra eparchia, deve ottenere dal suo Vescovo eparchiale una lettera di dimissione sottoscritta dal medesimo e parimenti una lettera di ascrizione dal Vescovo eparchiale della eparchia a cui desidera essere ascritto, sottoscritta dal medesimo.

Can. 360

§1. La trasmigrazione di un chierico in altra eparchia, conservando l'ascrizione, avviene per un tempo determinato, rinnovabile anche più volte, per mezzo di una convenzione scritta, stipulata tra due Vescovi eparchiali, nella quale sono stabiliti i diritti e i doveri del chierico o delle parti.

§2. Trascorso un quinquennio dalla legittima trasmigrazione, il chierico è ascritto per il diritto stesso all'eparchia ospitante se, a questa sua volontà manifestata per iscritto ai due Vescovi eparchiali, nessuno dei due entro quattro mesi ha contradetto per iscritto.

Can. 361

Non venga negato, se non per vera necessità della propria eparchia o della Chiesa sui iuris, a un chierico sollecito verso la Chiesa universale, specialmente in ragione dell'evangelizzazione, il passaggio o la trasmigrazione in un'altra eparchia che soffre di grave penuria di chierici, purché egli sia preparato e adatto ad esercitare i ministeri.

Can. 362

§1. Per una giusta causa un chierico può essere richiamato dalla trasmigrazione dal proprio Vescovo eparchiale o essere rimandato dal Vescovo eparchiale ospitante rispettando le convenzioni stipulate e l'equità.

§2. A chi ritorna legittimamente dalla trasmigrazione nella propria eparchia devono essere conservati e assicurati tutti i diritti che avrebbe se avesse esercitato in essa il sacro ministero.

Can. 363

Non possono ascrivere un chierico all'eparchia, né da essa dimetterlo, o concedere validamente a un chierico la licenza di trasmigrazione:

1° l'Amministratore della Chiesa patriarcale senza il consenso del Sinodo permanente; l'Esarca patriarcale e l'Amministratore dell'eparchia senza il consenso del Patriarca;

2° in tutti gli altri casi, l'Amministratore dell'eparchia se non dopo un anno dalla vacanza della sede eparchiale e col consenso del collegio dei consultori eparchiali.

Can. 364

L'ascrizione di un chierico a un'eparchia non cessa se non con una valida ascrizione a un'altra eparchia o con la perdita dello stato clericale.

Can. 365

§1. Per il lecito passaggio o la trasmigrazione sono richieste delle giuste cause quali sono l'utilità della Chiesa o il bene dello stesso chierico; la licenza però non sia rifiutata, a meno che non esistano cause gravi.

§2. Se lo comporta il diritto particolare di una Chiesa sui iuris, per il lecito passaggio all'eparchia di un'altra Chiesa sui iuris si richiede anche che il Vescovo eparchiale, che dimette il chierico, ottenga il consenso dell'autorità determinata dallo stesso diritto particolare.

Can. 366

§1. Il Vescovo eparchiale non ascriva alla sua eparchia un chierico estraneo, a meno che:

1° lo esigano le necessità o l'utilità dell'eparchia;

2° gli consti dell'attitudine del chierico a esercitare i ministeri, specialmente se il chierico è venuto da un'altra Chiesa sui iuris;

3° gli consti da un legittimo documento della legittima dimissione dall'eparchia e abbia dal Vescovo eparchiale che dimette le opportune testimonianze, se necessario anche sotto segreto, circa il curricolo di vita e i costumi del chierico;

4° il chierico abbia dichiarato per iscritto di dedicarsi al servizio della nuova eparchia a norma del diritto.

§2. Il Vescovo eparchiale informi al più presto il precedente Vescovo eparchiale dell'avvenuta ascrizione del chierico alla sua eparchia.

Capitolo III - I diritti e i doveri dei Chierici

Can. 367

I chierici hanno come primo obbligo quello di annunciare a tutti il Regno di Dio e di ripresentare l'amore di Dio verso gli uomini nel ministero della parola e dei sacramenti, anzi con l'intera loro vita, in modo che tutti, amando Dio sopra ogni cosa e amandosi a vicenda, siano edificati e crescano nel Corpo di Cristo che è la Chiesa.

Can. 368

I chierici sono tenuti per una ragione speciale alla perfezione che Cristo propone ai suoi discepoli, poiché con la sacra ordinazione sono stati consacrati a Dio in modo nuovo per diventare strumenti più adatti di Cristo, eterno Sacerdote, a servizio del popolo di Dio e per essere nello stesso tempo modelli esemplari per il gregge.

Can. 369

§1. I chierici attendano ogni giorno alla lettura e alla meditazione della parola di Dio in modo che, resi fedeli e attenti ascoltatori di Cristo, diventino ministri veraci della predicazione; siano assidui all'orazione, alle celebrazioni liturgiche e specialmente nella devozione verso il mistero dell'Eucaristia; facciano ogni giorno l'esame di coscienza e ricevano con frequenza il sacramento della penitenza; venerino Santa Maria sempre Vergine Madre di Dio e implorino da lei la grazia di conformarsi al suo Figlio e compiano gli altri esercizi di pietà della propria Chiesa sui iuris.

§2. Abbiano grande stima della direzione spirituale e nei tempi stabiliti si dedichino, secondo le prescrizioni del diritto proprio, ai ritiri spirituali.

Can. 370

I chierici hanno un obbligo speciale di prestare rispetto e obbedienza al Romano Pontefice, al Patriarca e al Vescovo eparchiale.

Can. 371

§1. I chierici, in possesso dei requisiti canonici, hanno il diritto di ottenere dal proprio Vescovo eparchiale un qualche ufficio, ministero o incarico da esercitare a servizio della Chiesa.

§2. I chierici devono accettare e adempiere fedelmente ogni ufficio, ministero o incarico ad essi affidato dall'autorità competente, ogniqualvolta le necessità della Chiesa lo esigano, a giudizio della stessa autorità.

§3. Per poter esercitare però una professione civile, si richiede la licenza del proprio Gerarca.

Can. 372

§1. I chierici, dopo aver completata la formazione richiesta per gli ordini sacri, non smettano di applicarsi alle scienze sacre, anzi si diano da fare per acquistare una conoscenza e una pratica più profonda e aggiornata delle stesse, per mezzo di corsi di formazione approvati dal proprio Gerarca.

§2. Frequentino inoltre le conferenze che il Gerarca ha giudicato opportune per promuovere le scienze sacre e la pastorale.

§3. Non trascurino di procurarsi un tale corredo di scienze, anche profane, specialmente di quelle che sono più strettamente congiunte con le scienze sacre, quale conviene a persone colte.

Can. 373

Il celibato dei chierici, scelto per il regno dei cieli e tanto conveniente per il sacerdozio, dev'essere tenuto ovunque in grandissima stima, secondo la tradizione della Chiesa universale; così pure dev'essere tenuto in onore lo stato dei chierici uniti in matrimonio, sancito attraverso i secoli dalla prassi della Chiesa primitiva e delle Chiese orientali.

Can. 374

I chierici celibi e coniugati devono risplendere per il decoro della castità; spetta al diritto particolare stabilire i mezzi opportuni da usare per raggiungere questo fine.

Can. 375

I chierici coniugati offrano un luminoso esempio agli altri fedeli cristiani nel condurre la vita familiare e nell'educazione dei figli.

Can. 376

Si favorisca, per quanto è possibile, la lodevole vita comune tra chierici celibi per aiutarsi vicendevolmente nel coltivare la vita spirituale e intellettuale e per poter collaborare più efficacemente nel ministero.

Can. 377

Tutti i chierici devono celebrare le lodi divine secondo il diritto particolare della propria Chiesa sui iuris.

Can. 378

I chierici celebrino frequentemente la Divina Liturgia a norma del diritto particolare, specialmente nei giorni di domenica e nelle feste di precetto; anzi è vivamente raccomandata la celebrazione quotidiana.

Can. 379

I chierici uniti col vincolo della carità ai confratelli di qualunque Chiesa sui iuris, operino tutti al medesimo fine, cioè per l'edificazione del Corpo di Cristo e perciò, di qualunque condizione siano e anche se attendono a uffici diversi, collaborino tra di loro e si aiutino a vicenda.

Can. 380

Tutti i chierici siano solleciti a promuovere le vocazioni ai ministeri sacri e a condurre la vita negli istituti di vita consacrata, non solo con la predicazione, la catechesi e con altri mezzi opportuni, ma anzitutto con la testimonianza della vita e del ministero.

Can. 381

§1. I chierici, ardenti di zelo apostolico, siano di esempio a tutti nella beneficenza e nell'ospitalità soprattutto verso i malati, gli afflitti, i perseguitati, gli esiliati e i profughi.

§2. I chierici, se non sono trattenuti da un giusto impedimento, hanno l'obbligo di fornire gli aiuti derivanti dai beni spirituali della Chiesa, specialmente della parola di Dio e dei sacramenti, ai fedeli cristiani che li chiedono in modo appropriato, che sono ben disposti e non hanno dal diritto la proibizione di ricevere i sacramenti.

§3. I chierici riconoscano e promuovano la dignità dei laici e il ruolo proprio che essi hanno nella missione della Chiesa, particolarmente apprezzando i molteplici carismi dei laici, come pure volgendo al bene della Chiesa la loro competenza ed esperienza, specialmente nei modi previsti dal diritto.

Can. 382

I chierici si astengano assolutamente da tutto ciò che, secondo le norme definite più dettagliatamente dal diritto particolare, è sconveniente al proprio stato ed evitino inoltre tutto ciò che è ad esso estraneo.

Can. 383

Anche se è giusto che i chierici abbiano ugual titolo ai diritti civili e politici, non diversamente da tutti gli altri cittadini, tuttavia:

1° hanno il divieto di assumere uffici pubblici che comportano partecipazione nell'esercizio del potere civile;

2° dato che il servizio militare non si addice allo stato clericale, non lo assumano come volontari se non con la licenza del loro Gerarca;

3° usufruiscano delle eccezioni che le leggi civili o le convenzioni oppure le consuetudini concedono in loro favore dall'esercitare incarichi e pubblici uffici estranei allo stato clericale, come pure dal servizio militare.

Can. 384

§1. Come ministri della riconciliazione di tutti nella carità di Cristo, i chierici si preoccupino di favorire la pace, l'unità e la concordia fondata sulla giustizia tra gli uomini.

§2. Non assumano un ruolo attivo nei partiti politici e nella direzione delle associazioni sindacali, a meno che, a giudizio del Vescovo eparchiale o, quando così lo comporta il diritto particolare, del Patriarca oppure di altra autorità, non lo richiedano la difesa dei diritti della Chiesa oppure la promozione del bene comune.

Can. 385

§1. I chierici, penetrati dallo spirito di povertà di Cristo, si sforzino con la semplicità della vita di essere testimoni di fronte al mondo dei beni eterni e con discernimento spirituale destinino i beni temporali a un uso retto; i beni poi di cui vengono in possesso in occasione dell'esercizio dell'ufficio, del ministero o di un incarico ecclesiastico, dopo che hanno provveduto con essi al proprio dignitoso sostentamento e all'adempimento degli obblighi del proprio stato, li impieghino e li condividano nelle opere di carità e di apostolato.

§2. È proibito ai chierici di esercitare, personalmente o per mezzo di altri, il commercio o l'attività affaristica, sia per il proprio interesse sia per quello di altri, se non con la licenza dell'autorità determinata dal diritto particolare della propria Chiesa sui iuris, oppure della Sede Apostolica.

§3. È proibita al chierico la fideiussione, anche su beni propri, se non dopo aver consultato il Vescovo eparchiale o, quando è il caso, il Superiore maggiore.

Can. 386

§1. I chierici anche se non hanno un ufficio residenziale, non si allontanino dalla loro eparchia per un tempo notevole, che dev'essere determinato dal diritto particolare, senza la licenza almeno presunta del proprio Gerarca del luogo.

§2. Il chierico che dimora fuori della propria eparchia, nelle cose che riguardano gli obblighi di stato dello stesso chierico, è soggetto al Vescovo eparchiale del luogo; se prevede di rimanervi per un tempo non breve, informi senza indugio il Gerarca del luogo.

Can. 387

Per quanto riguarda la foggia dell'abito dei chierici, si osservi il diritto particolare.

Can. 388

I chierici non possono far uso dei diritti e delle insegne annesse alle dignità loro conferite, fuori dei luoghi nei quali l'autorità che ha conferito la dignità esercita la sua potestà, o che ha consentito per iscritto alla concessione della stessa dignità senza eccepire nulla, a meno che essi non accompagnino l'autorità che ha concesso la dignità o la rappresentino, oppure che abbiano ottenuto il consenso del Gerarca del luogo.

Can. 389

I chierici si studino di evitare qualsiasi contesa; se tuttavia qualche contesa è sorta tra loro, venga deferita al foro ecclesiastico e questo si faccia anche, per quanto è possibile, quando si tratta di contese tra chierici e altri fedeli cristiani.

Can. 390

§1. I chierici hanno diritto a un conveniente sostentamento e quindi di percepire una giusta remunerazione per l'adempimento dell'ufficio o dell'incarico loro affidati; remunerazione che, se si tratta di chierici coniugati, deve provvedere anche al sostentamento della loro famiglia, a meno che non sia già stato provveduto sufficientemente in altro modo.

§2. Inoltre essi hanno diritto che si provveda a loro e alla loro famiglia, se sono coniugati, una conveniente previdenza e sicurezza sociale, come pure l'assistenza sanitaria; affinché questo diritto possa essere applicato, i chierici sono obbligati a contribuire in quota parte, a norma del diritto particolare, all'istituto di cui nel can. 1021, §2.

Can. 391

È pieno diritto dei chierici, fermo restando il can. 578, §3, di associarsi con altri per raggiungere dei fini convenienti allo stato clericale; giudicare autenticamente di questa convenienza, però, spetta al Vescovo eparchiale.

Can. 392

I chierici hanno diritto al dovuto tempo di ferie annuali, da determinarsi nel diritto particolare.

Can. 393

Ai chierici di qualsiasi condizione deve stare a cuore la sollecitudine per tutte le Chiese e perciò si mostrino disposti al servizio ovunque ci sia una necessità urgente e specialmente a esercitare, col permesso o su invito del proprio Vescovo eparchiale o del proprio Superiore, il loro ministero nelle missioni o nelle regioni che soffrono di scarsità di chierici.

Capitolo IV - La perdita dello stato clericale

Can. 394

La sacra ordinazione, una volta ricevuta validamente, non diviene mai nulla; il chierico tuttavia perde lo stato clericale:

1° per sentenza giudiziaria o per decreto amministrativo col quale viene dichiarata la nullità della sacra ordinazione;

2° con la pena di deposizione legittimamente inflitta;

3° per rescritto della Sede Apostolica o, a norma del can. 397, del Patriarca; questo rescritto però non può essere concesso lecitamente dal Patriarca e non è concesso dalla Sede Apostolica ai diaconi senza gravi motivi, ai presbiteri senza gravissimi motivi.

Can. 395

Il chierico che, a norma del diritto, perde lo stato clericale, con esso perde i diritti propri dello stato clericale e non è più tenuto a nessun obbligo dello stato clericale, fermo restando però il can. 396; gli è proibito di esercitare la potestà di ordine, salvi i can. 725 e can. 735, §2; dal diritto stesso è privato di tutti gli uffici, ministeri e incarichi e di qualsiasi potestà delegata.

Can. 396

All'infuori dei casi in cui viene dichiarata la nullità della sacra ordinazione, la perdita dello stato clericale non comporta la dispensa dall'obbligo del celibato che è concessa solamente dal Romano Pontefice.

Can. 397

Il Patriarca, col consenso del Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale o, se vi è pericolo nell'attesa, del Sinodo permanente, può concedere la perdita dello stato clericale ai chierici che hanno domicilio o quasi-domicilio entro i confini del territorio della propria Chiesa patriarcale, i quali non sono obbligati al celibato oppure, se vi sono tenuti, che non chiedono la dispensa da questo obbligo; in tutti gli altri casi la cosa venga deferita alla Sede Apostolica.

Can. 398

Colui che ha perduto lo stato clericale per rescritto della Sede Apostolica può essere ammesso di nuovo tra i chierici solamente dalla Sede Apostolica; chi invece ha ottenuto la perdita dello stato clericale dal Patriarca, può essere di nuovo ammesso tra i chierici anche dal Patriarca.

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