Codice dei Canoni delle Chiese Orientali

Indice

Titolo XVI - Il culto divino e specialmente i sacramenti

Can. 667

Per mezzo dei sacramenti, che la Chiesa ha l'obbligo di distribuire per comunicare sotto un segno visibile i misteri di Cristo, il Signore nostro Gesù Cristo santifica gli uomini in virtù dello Spirito Santo affinché diventino in modo singolare veri adoratori di Dio Padre, e li innesta a se stesso e alla Chiesa, suo Corpo; perciò tutti i fedeli cristiani, ma specialmente i sacri ministri, nel celebrare e nel ricevere religiosamente gli stessi sacramenti, osservino diligentemente le prescrizioni della Chiesa.

Can. 668

§1. Il culto divino se viene reso a nome della Chiesa da persone legittimamente a ciò deputate e per mezzo di atti approvati dall'autorità ecclesiastica, si dice pubblico; altrimenti è privato.

§2. L'autorità competente a regolare il culto divino pubblico è quella di cui nel can. 657, fermo restando il can. 199, §1; nessun altro aggiunga alcunché a quanto stabilito da questa autorità, né vi tolga oppure cambi qualcosa.

Can. 669

Poiché i sacramenti sono gli stessi per la Chiesa universale e appartengono al divino deposito, spetta solamente alla suprema autorità della Chiesa approvare o definire quali sono i requisiti per la loro validità.

Can. 670

§1. I fedeli cristiani cattolici per una giusta causa possono assistere al culto divino degli altri cristiani e prendervi parte osservando ciò che è stato stabilito dal Vescovo eparchiale oppure dall'autorità superiore tenendo conto del grado di comunione con la Chiesa cattolica.

§2. Se ai cristiani acattolici mancano i locali nei quali celebrare degnamente il culto divino, il Vescovo eparchiale può concedere l'uso di un edificio cattolico o di un cimitero o di una chiesa a norma del diritto particolare della propria Chiesa sui iuris.

Can. 671

§1. I ministri cattolici amministrano lecitamente i sacramenti soltanto ai fedeli cristiani cattolici, i quali parimenti li ricevono lecitamente soltanto dai ministri cattolici.

§2. Se però lo richiede la necessità oppure lo consiglia una vera utilità spirituale, e purché si eviti il pericolo di errore e di indifferentismo, è lecito ai fedeli cristiani cattolici, ai quali è fisicamente o moralmente impossibile recarsi dal ministro cattolico, ricevere i sacramenti della penitenza, dell'Eucaristia e dell'unzione degli infermi da ministri acattolici, nella cui Chiesa siano validi i predetti sacramenti.

§3. Così pure i ministri cattolici amministrano lecitamente i sacramenti della penitenza, dell'Eucaristia e dell'unzione degli infermi ai fedeli cristiani delle Chiese orientali che non hanno piena comunione con la Chiesa cattolica, se lo chiedono spontaneamente e sono ben disposti; ciò vale anche per i fedeli cristiani di altre Chiese che, a giudizio della Sede Apostolica si trovano, per quanto riguarda i sacramenti, in pari condizione delle predette Chiese orientali.

§4. Se poi vi è pericolo di morte oppure lo richiede un'altra grave necessità, a giudizio del Vescovo eparchiale oppure del Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale o del Consiglio dei Gerarchi, i ministri cattolici amministrano lecitamente gli stessi sacramenti anche a tutti gli altri cristiani che non hanno piena comunione con la Chiesa cattolica, che non possono recarsi dal ministro della propria Comunità ecclesiale e che lo chiedono spontaneamente, purché manifestino una fede sugli stessi sacramenti conforme alla fede della Chiesa cattolica e siano ben disposti.

§5. Per i casi di cui nei §§2, 3 e 4 non si emanino norme di diritto particolare se non dopo una consultazione con l'autorità competente almeno locale della Chiesa o della comunità ecclesiale acattolica interessata.

Can. 672

§1. I sacramenti del battesimo, della crismazione del santo myron e della sacra ordinazione non possono essere ripetuti.

§2. Se però esiste un dubbio prudente se sono stati realmente oppure validamente celebrati, rimanendo il dubbio dopo una seria ricerca, siano amministrati sotto condizione.

Can. 673

La celebrazione dei sacramenti, anzitutto della Divina Liturgia, essendo azione della Chiesa, per quanto è possibile si faccia con l'attiva partecipazione dei fedeli cristiani.

Can. 674

§1. Nella celebrazione dei sacramenti si osservi diligentemente quanto è contenuto nei libri liturgici.

§2. Il ministro celebri i sacramenti secondo le prescrizioni liturgiche della propria Chiesa sui iuris, a meno che dal diritto non sia stabilito diversamente o che non abbia ottenuto una speciale facoltà dalla Sede Apostolica.

Capitolo I - Il Battesimo

Can. 675

§1. Nel battesimo, per mezzo del lavacro dell'acqua naturale con l'invocazione del nome di Dio Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, l'uomo è liberato dal peccato, è rigenerato a vita nuova, è rivestito di Cristo ed è incorporato alla Chiesa, che è il suo Corpo.

§2. Solamente col battesimo realmente ricevuto l'uomo diventa capace di tutti gli altri sacramenti.

Can. 676

In caso di necessità urgente è lecito amministrare il battesimo ponendo soltanto ciò che è necessario per la validità.

Can. 677

§1. Il battesimo ordinariamente è amministrato dal sacerdote; ma la sua amministrazione è di competenza, salvo il diritto particolare, del parroco proprio del battezzando o di un altro sacerdote su licenza dello stesso parroco o del Gerarca del luogo, la quale per grave causa legittimamente si presume.

§2. In caso però di necessità può lecitamente amministrare il battesimo il diacono o, quando questi è assente o impedito, un altro chierico, o un membro di un istituto di vita consacrata o qualsiasi altro fedele cristiano; il padre o la madre, invece, se non è disponibile un altro che conosca il modo di battezzare.

Can. 678

§1. A nessuno è lecito amministrare il battesimo nel territorio altrui senza la debita licenza; però questa licenza non può essere rifiutata dal parroco di una diversa Chiesa sui iuris a un sacerdote della Chiesa sui iuris alla quale il battezzando dev'essere ascritto.

§2. Nel luoghi dove dimorano non pochi fedeli cristiani che non hanno un parroco della Chiesa sui iuris a cui appartengono, il Vescovo eparchiale designi, se è possibile, un presbitero della stessa Chiesa che amministri il battesimo.

Can. 679

È capace di ricevere il battesimo ogni uomo e solo l'uomo non ancora battezzato.

Can. 680

Un feto abortivo, se è vivo e se ciò è possibile, sia battezzato.

Can. 681

§1. Perché un bambino sia battezzato lecitamente si esige:

1° che vi sia fondata speranza che esso sarà educato nella fede della Chiesa cattolica, fermo restando il §5;

2° che i genitori, almeno uno di essi, oppure chi ne fa le veci legittimamente, vi consentano.

§2. Il bambino esposto o trovatello, se non risulta con certezza che è stato battezzato, lo si battezzi.

§3. Coloro che sono privi dell'uso di ragione fin dall'infanzia devono essere battezzati come i bambini.

§4. Il bambino, sia di genitori cattolici sia anche di genitori acattolici, che si trova in un pericolo di morte tale da far ritenere prudentemente che morirà prima di raggiungere l'uso di ragione, è battezzato lecitamente.

§5. Il bambino di cristiani acattolici viene battezzato lecitamente se i genitori, oppure almeno uno di essi o colui che ne fa legittimamente le veci, lo richiedono e se ad essi è fisicamente oppure moralmente impossibile recarsi dal proprio ministro.

Can. 682

§1. Perché chi è uscito dall'infanzia possa essere battezzato, si richiede che manifesti la sua volontà di ricevere il battesimo, sia sufficientemente istruito nelle verità della fede e provato nella vita cristiana; sia anche ammonito di pentirsi dei suoi peccati.

§2. Colui che, uscito dall'infanzia, si trova in pericolo di morte può essere battezzato se ha una certa conoscenza delle principali verità della fede e ha manifestato in qualsiasi modo la sua intenzione di ricevere il battesimo.

Can. 683

Il battesimo deve essere celebrato secondo le prescrizioni liturgiche della Chiesa sui iuris alla quale il battezzato deve essere ascritto a norma del diritto.

Can. 684

§1. Da antichissimo uso delle Chiese il battezzando abbia almeno un padrino.

§2. È compito del padrino, dalla funzione assunta, di assistere nell'iniziazione cristiana il battezzando che è uscito dall'infanzia, o di presentare il bambino da battezzare e inoltre d'adoperarsi che il battezzato conduca una vita cristiana conforme al battesimo e ne adempia fedelmente gli obblighi inerenti.

Can. 685

§1. Perché uno possa adempiere validamente la funzione di padrino si richiede che:

1° sia stato iniziato ai tre sacramenti del battesimo, della crismazione del santo myron e dell'Eucaristia;

2° appartenga alla Chiesa cattolica, fermo restando il §3;

3° abbia l'intenzione di adempiere questa funzione;

4° sia stato designato dal battezzando stesso o dai suoi genitori o tutori oppure, se mancano, dal ministro;

5° non sia il padre o la madre oppure il coniuge del battezzando;

6° non sia punito con pena di scomunica, anche minore, sospensione, deposizione o privazione del diritto di fungere da padrino.

§2. Perché uno possa adempiere lecitamente la funzione di padrino si richiede inoltre che abbia l'età richiesta dal diritto particolare e inoltre conduca una vita conforme alla fede e alla funzione che assume.

§3. Per una giusta causa è lecito ammettere un fedele cristiano di una Chiesa orientale acattolica alla funzione di padrino, ma sempre assieme a un padrino cattolico.

Can. 686

§1. I genitori hanno l'obbligo che il bambino sia battezzato al più presto secondo la legittima consuetudine.

§2. Il parroco provveda che i genitori del bambino da battezzare, come pure coloro che stanno per assumere la funzione di padrino, siano istruiti convenientemente sul significato di questo sacramento e sugli obblighi che ne derivano e siano preparati bene alla celebrazione del sacramento.

Can. 687

§1. Fuori del caso di necessità, il battesimo si deve celebrare nella chiesa parrocchiale, salve restando le legittime consuetudini.

§2. Ma nelle case private il battesimo può essere amministrato a norma del diritto particolare o con la licenza del Gerarca del luogo.

Can. 688

Colui che amministra il battesimo procuri che, qualora non sia presente un padrino, vi sia almeno un testimone dal quale possa essere provata la celebrazione del battesimo.

Can. 689

§1. Il parroco del luogo dove è celebrato il battesimo deve riportare accuratamente e senza ritardo nel libro dei battezzati i nomi dei battezzati, facendo menzione del ministro, dei genitori e padrini come pure, se ci sono, dei testimoni, del luogo e del giorno del battesimo e indicando insieme il luogo della nascita nonché la Chiesa sui iuris alla quale i battezzati vengono ascritti.

§2. Se si tratta di un figlio nato da madre non sposata, il nome della madre si deve inserire se consta pubblicamente della sua maternità, oppure se la madre lo richiede spontaneamente per iscritto o alla presenza di due testimoni; si deve pure inserire il nome del padre se la sua paternità è provata con qualche documento pubblico oppure con la sua dichiarazione resa alla presenza del parroco e di due testimoni; in tutti gli altri casi si iscriva il nome del battezzato senza fare alcuna indicazione del nome del padre oppure dei genitori.

§3. Se si tratta di un figlio adottivo, si iscrivino i nomi degli adottanti e anche, almeno se così si fa nell'atto civile della regione, dei genitori naturali a norma dei §§1 e 2, atteso il diritto particolare.

Can. 690

Se il battesimo non è stato amministrato dal parroco né alla sua presenza, il ministro deve informare della cosa il parroco del luogo.

Can. 691

Per provare il battesimo, se non si reca pregiudizio ad alcuno, basta la dichiarazione di un solo testimone al di sopra di ogni sospetto, oppure la dichiarazione dello stesso battezzato fondata su indubbi argomenti, specialmente se il medesimo ha ricevuto il battesimo quando era uscito dall'infanzia.

Capitolo II - La Crismazione del Santo Myron

Can. 692

È necessario che coloro che sono stati battezzati siano unti col santo myron affinché, segnati col sigillo del dono dello Spirito Santo, siano resi testimoni più idonei e coedificatori del Regno di Cristo.

Can. 693

Il santo myron, che è composto da olio di olive oppure di altre piante e di aromi, è confezionato solo dal Vescovo, salvo il diritto particolare secondo il quale questa potestà è riservata al Patriarca.

Can. 694

Per tradizione delle Chiese orientali la crismazione del santo myron è amministrata, sia congiuntamente col battesimo sia separatamente, da un presbitero.

Can. 695

§1. La crismazione del santo myron deve essere amministrata congiuntamente col battesimo, salvo il caso di vera necessità, in cui tuttavia si deve provvedere che sia amministrata al più presto.

§2. Se la celebrazione della crismazione del santo myron non si fa assieme al battesimo, il ministro è obbligato a informarne il parroco del luogo dove è stato amministrato il battesimo.

Can. 696

§1. Tutti i presbiteri delle Chiese orientali possono amministrare validamente la crismazione del santo myron, sia congiuntamente col battesimo sia separatamente, a tutti i fedeli cristiani di qualunque Chiesa sui iuris, anche della Chiesa latina.

§2. I fedeli cristiani delle Chiese Orientali possono ricevere validamente la crismazione del santo myron anche dai presbiteri della Chiesa latina, secondo le facoltà di cui essi sono provvisti.

§3. Qualsiasi presbitero amministra lecitamente la crismazione del santo myron solamente ai fedeli cristiani della propria Chiesa sui iuris per quanto riguarda poi i fedeli cristiani delle altre Chiese sui iuris, fa lecitamente la crismazione se si tratta di propri sudditi, di coloro che egli battezza per altro titolo legittimo, o di coloro che si trovano in pericolo di morte, salve restando sempre le convenzioni stipulate tra Chiese sui iuris in questa materia.

Can. 697

L'iniziazione sacramentale al mistero della salvezza si completa con la ricezione della Divina Eucaristia; perciò la Divina Eucaristia sia amministrata al fedele cristiano al più presto, dopo il battesimo e la crismazione del santo myron, secondo la norma del diritto particolare della propria Chiesa sui iuris.

Capitolo III - La Divina Eucaristia

Can. 698

Nella Divina Liturgia mediante il ministero del sacerdote, che agisce nella persona di Cristo sull'oblazione della Chiesa, si perpetua, in forza dello Spirito Santo, ciò che lo stesso Signore Gesù ha fatto nell'ultima Cena, il quale ha dato ai discepoli il Suo Corpo che doveva essere offerto in Croce per noi e il Suo Sangue che doveva essere effuso per noi, instaurando un vero e mistico sacrificio col quale, nel rendimento di grazie, si commemora, si attua e viene partecipato dalla Chiesa, sia con l'oblazione sia con la comunione, il sacrificio cruento della Croce, per significare e perfezionare l'unità del popolo di Dio nell'edificazione del Suo Corpo che è la Chiesa.

Can. 699

§1. Solo i Vescovi e i presbiteri hanno la potestà di celebrare la Divina Liturgia.

§2. I diaconi con il proprio ministero partecipano più strettamente con i Vescovi e i presbiteri nella celebrazione della Divina Liturgia, secondo le prescrizioni dei libri liturgici.

§3. Tutti gli altri fedeli cristiani in virtù del battesimo e della crismazione del santo myron, concorrendo alla celebrazione della Divina Liturgia nel modo stabilito nei libri liturgici o dal diritto particolare, partecipano attivamente al Sacrificio di Cristo e anzi più pienamente se ricevono dal medesimo Sacrificio il Corpo e il Sangue del Signore.

Can. 700

§1. Quanto al modo di celebrare la Divina Liturgia, cioè se sia da fare singolarmente oppure in concelebrazione, si tengano presenti anzitutto le necessità pastorali dei fedeli cristiani.

§2. Tuttavia se è possibile, i presbiteri celebrino la Divina Liturgia insieme al Vescovo che presiede oppure con un altro presbitero, perché così si manifesti opportunamente l'unità del sacerdozio e del sacrificio; a ogni sacerdote tuttavia rimane il pieno diritto di celebrare singolarmente la Divina Liturgia, non però nello stesso tempo e nella stessa chiesa in cui si tiene la concelebrazione.

Can. 701

La concelebrazione tra Vescovi e presbiteri di diverse Chiese sui iuris può essere fatta per giusta causa, specialmente per favorire la carità e allo scopo di manifestare l'unione tra le Chiese, su licenza del Vescovo eparchiale, seguendo tutti le prescrizioni dei libri liturgici del primo celebrante, tenendo lontano qualsiasi sincretismo liturgico e conservando preferibilmente le vesti liturgiche e le insegne della propria Chiesa sui iuris.

Can. 702

È vietato ai sacerdoti cattolici di concelebrare la Divina Liturgia assieme a sacerdoti o a ministri acattolici.

Can. 703

§1. Un sacerdote estraneo non sia ammesso a celebrare la Divina Liturgia se non esibisce al rettore della chiesa le lettere commendatizie del suo Gerarca, oppure se non consta in altro modo allo stesso rettore della sua rettitudine.

§2. Il Vescovo eparchiale ha pieno diritto di stabilire su questo punto delle norme più determinate da osservarsi da tutti i sacerdoti, anche se sono in qualunque modo esenti.

Can. 704

La Divina Liturgia può essere celebrata lodevolmente tutti i giorni, eccetto quelli che sono esclusi secondo le prescrizioni di libri liturgici della Chiesa sui iuris a cui il sacerdote è ascritto.

Can. 705

§1. Il sacerdote cattolico può celebrare la Divina Liturgia sull'altare di qualsiasi chiesa cattolica.

§2. Per poter celebrare la Divina Liturgia in una chiesa di acattolici, il sacerdote necessita della licenza del Gerarca del luogo.

Can. 706

I sacri doni che vengono offerti nella Divina Liturgia sono il pane di solo frumento e fatto di recente in modo che non ci sia alcun pericolo di alterazione, e il vino naturale prodotto dalla vite non alterato.

Can. 707

§1. Riguardo alla confezione del pane eucaristico, alle preghiere da recitare dai sacerdoti prima della celebrazione della Divina Liturgia, all'osservanza del digiuno eucaristico, alle vesti liturgiche, al tempo e al luogo di celebrazione e ad altre cose simili, devono essere stabilite accuratamente delle norme dal diritto particolare di ciascuna Chiesa sui iuris.

§2. È lecito, una volta allontanato lo stupore dei fedeli cristiani, usare vesti liturgiche e pane di un'altra Chiesa sui iuris, se non sono disponibili vesti liturgiche e pane della propria Chiesa sui iuris.

Can. 708

§1. I Gerarchi del luogo e i parroci curino con ogni diligenza che i fedeli siano istruiti sull'obbligo di ricevere la Divina Eucaristia in pericolo di morte e nei tempi stabiliti da una lodevolissima tradizione o dal diritto particolare della propria Chiesa sui iuris, soprattutto però nel tempo Pasquale, nel quale Cristo Signore ci consegnò i misteri eucaristici.

Can. 709

§1. Distribuisce la Divina Eucaristia il sacerdote oppure, se così dispone il diritto particolare della propria Chiesa sui iuris, anche il diacono.

§2. Il Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale o il Consiglio dei Gerarchi ha il pieno diritto di stabilire le norme opportune secondo le quali anche altri fedeli cristiani possono distribuire la Divina Eucaristia.

Can. 710

Riguardo alla partecipazione dei bambini alla Divina Eucaristia dopo il battesimo e la crismazione del santo myron, si osservino, usando le opportune cautele, le prescrizioni dei libri liturgici della propria Chiesa sui iuris.

Can. 711

Chi è consapevole di peccato grave non celebri la Divina Liturgia e non riceva la Divina Eucaristia, a meno che non vi sia una grave ragione e manchi l'opportunità di ricevere il sacramento della penitenza; in questo caso costui deve emettere l'atto di contrizione perfetta che include il proposito di accostarsi al più presto a questo sacramento.

Can. 712

Devono essere allontanati dal ricevere la Divina Eucaristia coloro che sono pubblicamente indegni.

Can. 713

§1. La Divina Eucaristia deve essere distribuita nella celebrazione della Divina Liturgia, a meno che una giusta causa non suggerisca diversamente.

§2. A riguardo della preparazione alla partecipazione della Divina Eucaristia mediante il digiuno, le preghiere e altre opere, i fedeli cristiani osservino fedelmente le norme della Chiesa sui iuris alla quale sono ascritti, non solo entro i confini del territorio della stessa Chiesa ma, per quanto è possibile, in tutto il mondo.

Can. 714

§1. Nelle chiese dove viene celebrato il culto divino pubblico e, almeno qualche volta al mese, la Divina Liturgia, sia custodita la Divina Eucaristia specialmente per gli infermi, osservando fedelmente le prescrizioni dei libri liturgici della propria Chiesa sui iuris e sia adorata con somma riverenza dai fedeli cristiani.

§2. La custodia della Divina Eucaristia è sottoposta alla vigilanza e alla regolamentazione del Gerarca del luogo.

Can. 715

§1. È lecito ai sacerdoti ricevere le offerte che i fedeli cristiani loro offrono, conforme all'uso approvato dalla Chiesa, per la celebrazione della Divina Liturgia secondo le proprie intenzioni.

§2. È lecito anche, se lo permette una legittima consuetudine, ricevere offerte per la Liturgia dei Presantificati e per le commemorazioni nella Divina Liturgia.

Can. 716

Fermo restando il can. 1013, si raccomanda vivamente ai Vescovi eparchiali di introdurre, per quanto è possibile, la prassi per cui si ricevano solo le offerte che i fedeli cristiani danno spontaneamente in occasione della Divina Liturgia; i singoli sacerdoti poi celebrino volentieri la Divina Liturgia anche senza alcuna offerta secondo le intenzioni dei fedeli cristiani, specialmente dei poveri.

Can. 717

Se i sacerdoti ricevono offerte per celebrare la Divina Liturgia da fedeli cristiani di un'altra Chiesa sui iuris hanno l'obbligo grave di osservare a riguardo di queste offerte le norme di quella Chiesa, se non risulta diversamente da parte dell'offerente.

Capitolo IV - Il Sacramento della Penitenza

Can. 718

Nel sacramento della penitenza i fedeli cristiani che, avendo commesso dei peccati dopo il battesimo, condotti dallo Spirito Santo si convertono di cuore a Dio e mossi dal dolore dei peccati fanno il proposito di una nuova vita, mediante il ministero del sacerdote, con la confessione a lui fatta e con l'accettazione di un'adeguata soddisfazione, ottengono da Dio il perdono e insieme vengono riconciliati con la Chiesa che peccando hanno ferito; in tal modo questo sacramento contribuisce nel massimo grado alla vita cristiana e dispone a ricevere la Divina Eucaristia.

Can. 719

Chi è cosciente di un grave peccato riceva, appena gli è possibile, il sacramento della penitenza; si raccomanda vivamente però a tutti i fedeli cristiani di ricevere frequentemente questo sacramento e specialmente nei tempi di digiuno e di penitenza che devono essere osservati nella propria Chiesa sui iuris.

Can. 720

§1. La confessione, individuale e integrale, e inoltre l'assoluzione costituiscono il solo modo ordinario col quale il fedele cristiano, consapevole di un grave peccato, viene riconciliato con Dio e con la Chiesa; soltanto l'impossibilità fisica o morale scusa da tale confessione, nel qual caso la riconciliazione si può avere anche in altri modi.

§2. L'assoluzione a più penitenti insieme, senza la previa confessione individuale, non può essere impartita in modo generale a meno che non:

1° ci sia un imminente pericolo di morte e manchi il tempo al sacerdote o ai sacerdoti per amministrare il sacramento della penitenza ai singoli penitenti;

2° ci sia una grave necessità, cioè quando, tenendo conto del numero dei penitenti, non c'è disponibilità di sacerdoti per amministrare il sacramento della penitenza ai singoli penitenti entro un tempo conveniente di modo che, senza loro colpa, sarebbero costretti a rimanere a lungo privi della grazia sacramentale o della ricezione della Divina Eucaristia; ma non si deve ritenere necessità sufficiente quella in cui i confessori non possono essere disponibili solamente a causa di un grande concorso di penitenti, come si può avere in qualche grande solennità oppure in un pellegrinaggio.

§3. Stabilire se vi è questa grave necessità è competenza del Vescovo eparchiale, il quale, dopo aver confrontato il suo parere con i Patriarchi e con i Vescovi eparchiali delle altre Chiese sui iuris che esercitano la loro potestà nello stesso territorio, può determinare anche con prescrizioni generali i casi di tale necessità.

Can. 721

§1. Perché un fedele cristiano possa usufruire dell'assoluzione sacramentale data insieme a più persone, si richiede non solo che sia debitamente disposto, ma anche che si proponga di confessare individualmente a tempo debito i peccati gravi che in quel momento non può così confessare.

§2. I fedeli cristiani siano istruiti, per quanto è possibile, su questi requisiti e inoltre siano esortati, anche nel caso di pericolo di morte, perché ciascuno emetta l'atto di contrizione.

Can. 722

§1. Il sacramento della penitenza è amministrato solamente dal sacerdote.

§2. Tutti i Vescovi, in virtù del diritto stesso, possono amministrare in tutto il mondo il sacramento della penitenza, a meno che, per quanto riguarda la liceità, il Vescovo eparchiale non l'abbia proibito espressamente in un caso speciale.

§3. I presbiteri invece per agire validamente devono inoltre avere la facoltà di amministrare il sacramento della penitenza, facoltà che viene conferita o dal diritto stesso, o da una speciale concessione fatta dall'autorità competente.

§4. I presbiteri che hanno la facoltà di amministrare il sacramento della penitenza in virtù dell'ufficio o della concessione del Gerarca del luogo dell'eparchia alla quale sono ascritti oppure nella quale hanno domicilio, possono amministrare validamente il sacramento della penitenza in tutto il mondo a qualsiasi fedele cristiano, a meno che un Gerarca del luogo in un caso speciale non l'abbia proibito espressamente; usano lecitamente di tale facoltà osservando le norme stabilite dal Vescovo eparchiale e con la licenza almeno presunta del rettore della chiesa oppure, se si tratta di un istituto di vita consacrata, del Superiore.

Can. 723

§1. Oltre al Gerarca del luogo, ha facoltà di amministrare il sacramento della penitenza in virtù dell'ufficio, ciascuno secondo il suo ambito, anche il parroco e un altro che fa le veci del parroco.

§2. Anche ogni Superiore di un istituto religioso o di una società di vita comune a guisa dei religiosi di diritto pontificio o patriarcale, se è sacerdote, ha la facoltà di amministrare il sacramento della penitenza in virtù dell'ufficio, nei confronti dei membri del proprio istituto e anche di coloro che dimorano giorno e notte nella sua casa.

Can. 724

§1. Solo il Gerarca del luogo è competente a conferire con una speciale concessione a qualunque presbitero la facoltà di amministrare il sacramento della penitenza a qualsiasi fedele cristiano.

§2. Il Superiore di un istituto di vita consacrata, purché abbia la potestà esecutiva di governo, può conferire a qualsiasi sacerdote la facoltà di cui nel can. 723 §2 a norma del tipico o degli statuti.

Can. 725

Ogni sacerdote può assolvere validamente e lecitamente qualsiasi penitente che si trova in pericolo di morte da qualsiasi peccato, anche se è presente un altro sacerdote che ha la facoltà di amministrare il sacramento della penitenza.

Can. 726

§1. La facoltà di amministrare il sacramento della penitenza non sia revocata se non per una grave causa.

§2. Una volta revocata la facoltà di amministrare il sacramento della penitenza conferita dal Gerarca di cui nel can. 722, §4, il presbitero ne resta privo per tutto il mondo; se viene revocata invece da un'altra autorità competente ne resta privo soltanto nell'ambito del revocante.

§3. La facoltà di amministrare il sacramento della penitenza di cui nel can. 722, §4 cessa, oltre che per revoca, con la perdita dell'ufficio, dell'ascrizione all'eparchia o del domicilio.

Can. 727

In alcuni casi, per provvedere alla salvezza delle anime, può essere opportuno limitare la facoltà di assolvere dai peccati e di riservarla a una determinata autorità; questo però non può essere fatto se non col consenso del Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale o del Consiglio dei Gerarchi o della Sede Apostolica.

Can. 728

§1. È riservato alla Sede Apostolica assolvere dai seguenti peccati:

1° di diretta violazione del sigillo sacramentale;

2° di assoluzione del complice nel peccato contro la castità;

§2. È riservato invece al Vescovo eparchiale assolvere dal peccato di aborto procurato, se ne segue l'effetto.

Can. 729

Qualsiasi riserva di assoluzione dal peccato perde ogni valore:

1° se si confessa un malato che non può uscire di casa o un fidanzato/ta per celebrare il matrimonio;

2° se, a giudizio prudente del confessore, la facoltà di assolvere non può essere chiesta all'autorità competente senza un grave disagio del penitente o senza pericolo di violazione del sigillo sacramentale;

3° fuori dei confini del territorio nel quale l'autorità che ha posto la riserva esercita la potestà.

Can. 730

L'assoluzione del complice nel peccato contro la castità è invalida, eccetto in pericolo di morte.

Can. 731

Chi si confessa di aver falsamente denunziato all'autorità ecclesiastica un confessore innocente del delitto di sollecitazione a un peccato contro la castità, non sia assolto se prima non avrà formalmente ritrattato la falsa denuncia e non sia disposto a riparare i danni, se ve ne sono.

Can. 732

§1. Secondo la qualità, la gravità e il numero dei peccati, tenendo conto della condizione del penitente e della sua disposizione alla conversione, il confessore somministri la medicina conveniente alla malattia, imponendo le opere di penitenza opportune.

§2. Ricordi il sacerdote di essere stato costituito da Dio ministro della divina giustizia e misericordia; quale padre spirituale dia anche i consigli opportuni perché ciascuno possa progredire nella sua vocazione alla santità.

Can. 733

§1. Il sigillo sacramentale è inviolabile; perciò il confessore si guardi diligentemente di non svelare minimamente, con la parola o con un segno oppure in qualsiasi altro modo e per qualunque causa, il penitente.

§2. Hanno l'obbligo di conservare il segreto anche l'interprete, qualora ci sia, come pure tutti gli altri ai quali sia giunta in qualunque modo la notizia di peccati dalla confessione.

Can. 734

§1. È assolutamente proibito al confessore l'uso della conoscenza acquisita in confessione con aggravio del penitente, anche se è escluso qualsiasi pericolo di rivelazione.

§2. Colui che è costituito in autorità non deve far uso in nessun modo, nel governo esterno, di una notizia sui peccati che ha ricevuto in qualsiasi tempo nella confessione.

§3. I moderatori di istituti di educazione non amministrino ordinariamente il sacramento della penitenza ai loro alunni.

Can. 735

§1. Tutti coloro ai quali è stata demandata per ufficio la cura delle anime hanno l'obbligo grave di provvedere che il sacramento della penitenza sia amministrato ai fedeli cristiani a loro affidati, che lo richiedono a tempo opportuno, e che agli stessi sia offerta l'occasione di accostarsi alla confessione individuale in giorni e ore stabiliti per loro comodità.

§2. In caso di urgente necessità, ogni sacerdote che ha la facoltà di amministrare il sacramento della penitenza e, in pericolo di morte poi, anche qualsiasi altro sacerdote, deve amministrare questo sacramento.

Can. 736

§1. Il luogo proprio per celebrare il sacramento della penitenza è la chiesa, salvo restando il diritto particolare.

§2. A motivo di infermità o per altra giusta causa, questo sacramento può essere celebrato anche fuori del luogo proprio.

Capitolo V - Unzione degli infermi

Can. 737

§1. Mediante l'unzione sacramentale degli infermi, conferita dal sacerdote con l'orazione, i fedeli cristiani colpiti da grave malattia e pentiti di cuore ricevono la grazia con la quale, fortificati con la speranza del premio eterno e assolti dai peccati, vengono disposti all'emendazione della vita e sono aiutati a superare la malattia o a sopportarla pazientemente.

§2. Nelle Chiese dove c'è l'uso di amministrare il sacramento dell'unzione degli infermi da più sacerdoti insieme si abbia cura di conservare, per quanto è possibile, questo uso.

Can. 738

I fedeli cristiani ricevano volentieri l'unzione degli infermi ogni volta che sono gravemente ammalati; i pastori d'anime poi e i parenti degli infermi abbiano cura che gli infermi vengano sollevati da questo sacramento nel tempo opportuno.

Can. 739

§1. Amministrano validamente l'unzione degli infermi tutti e soli i sacerdoti.

§2. Amministare l'unzione degli infermi è compito del parroco, del vicario parrocchiale e di tutti gli altri sacerdoti nei confronti di coloro la cui cura è stata ad essi affidata per ufficio; ma con la licenza almeno presunta dei predetti qualunque sacerdote può amministrare lecitamente questo sacramento e, in caso di necessità poi, anche lo deve.

Can. 740

I fedeli cristiani gravemente ammalati che hanno perso i sensi o l'uso della ragione si presume che abbiano voluto che fosse loro amministrato questo sacramento in pericolo di morte o, a giudizio del sacerdote, anche in un altro tempo.

Can. 741

L'olio da usare nel sacramento dell'unzione degli infermi deve essere benedetto e per di più dal sacerdote stesso che amministra il sacramento, a meno che il diritto particolare della Chiesa sui iuris non disponga diversamente.

Can. 742

Le unzioni siano compiute accuratamente con le parole, nell'ordine e nel modo prescritti nei libri liturgici; però in caso di necessità basta una sola unzione con la formula propria.

Capitolo VI - La Sacra Ordinazione

Can. 743

Per mezzo dell'ordinazione sacramentale compiuta dal Vescovo in virtù dell'opera dello Spirito Santo sono costituiti ministri sacri coloro che vengono arricchiti e partecipano in vari gradi della funzione e della potestà, affidate da Cristo Signore ai suoi Apostoli, di annunciare il Vangelo e di pascere e santificare il popolo di Dio.

Art. I - Il ministro della sacra ordinazione

Can. 744

Solo il Vescovo amministra validamente la sacra ordinazione con l'imposizione delle mani e con l'orazione prescritta dalla Chiesa.

Can. 745

L'ordinazione episcopale è riservata a norma del diritto al Romano Pontefice, al Patriarca o al Metropolita, di modo che non è lecito a nessun Vescovo ordinare qualcuno Vescovo, se prima non consta di un legittimo mandato.

Can. 746

§1. Il Vescovo sia ordinato da tre Vescovi, eccetto nel caso di estrema necessità.

§2. Il secondo e il terzo Vescovo, se non possono essere presenti dei Vescovi della stessa Chiesa sui iuris del primo Vescovo ordinante, possono essere anche di un'altra Chiesa sui iuris.

Can. 747

Il candidato al diaconato e al presbiterato sia ordinato dal proprio Vescovo eparchiale, oppure da un altro Vescovo con legittime lettere dimissorie.

Can. 748

§1. Il Vescovo eparchiale proprio, per quanto riguarda la sacra ordinazione di chi deve essere ascritto a qualche eparchia, è il Vescovo dell'eparchia nella quale il candidato ha il domicilio, oppure dell'eparchia per il cui servizio il candidato ha dichiarato per iscritto di volersi dedicare; per quanto riguarda l'ordinazione di chi è già ascritto a un'eparchia, è il Vescovo di quella eparchia.

§2. Un Vescovo eparchiale non può ordinare un candidato suo suddito ascritto a un'altra Chiesa sui iuris se non con la licenza della Sede Apostolica; se invece si tratta di un candidato che è ascritto alla Chiesa patriarcale e che ha il domicilio o quasi domicilio entro i confini del territorio della stessa Chiesa, questa licenza può concederla anche il Patriarca.

Can. 749

È proibito al Vescovo di celebrare la sacra ordinazione in un'altra eparchia senza la licenza del Vescovo eparchiale, a meno che il diritto particolare della Chiesa patriarcale, per quanto riguarda il Patriarca, non stabilisca diversamente.

Can. 750

§1. Fermi restando i can. 472, can. 537 e can. 560, §1, possono dare le lettere dimissorie:

1° il Vescovo eparchiale proprio;

2° l'Amministratore della Chiesa patriarcale e inoltre, col consenso del collegio dei consultori eparchiali, l'Amministratore dell'eparchia;

§2. L'Amministratore della Chiesa patriarcale non conceda le lettere dimissorie a coloro che sono stati respinti dal Patriarca, né l'Amministratore dell'eparchia a coloro che sono stati respinti dal Vescovo eparchiale.

Can. 751

Le lettere dimissorie non siano concesse se non dopo aver ricevuto in precedenza tutte le testimonianze esigite dal diritto.

Can. 752

Le lettere dimissorie possono essere spedite dal Vescovo eparchiale proprio a qualsiasi Vescovo della stessa Chiesa sui iuris, ma non a un Vescovo di una Chiesa diversa da quella dell'ordinando, se non con la licenza di coloro di cui nel can. 748, §2.

Can. 753

Le lettere dimissorie possono essere circoscritte oppure revocate dal concedente stesso o dal suo successore, ma una volta concesse non si estinguono col venir meno il diritto del concedente.

Art. II - Il soggetto della sacra ordinazione

Can. 754

Può ricevere validamente la sacra ordinazione solamente il battezzato di sesso maschile.

Can. 755

Il Vescovo eparchiale e il Superiore maggiore non possono proibire al diacono loro suddito destinato al presbiterato l'ascesa al presbiterato stesso se non per una causa gravissima, anche se occulta, salvo restando il diritto di ricorso a norma del diritto.

Can. 756

Non è lecito costringere qualcuno in qualsiasi modo e per qualunque causa a ricevere gli ordini sacri, o allontanare uno idoneo a norma del diritto dal ricevere gli stessi ordini.

Can. 757

A colui che ricusa di ricevere un ordine sacro superiore non si può proibire l'esercizio dell'ordine sacro ricevuto, a meno che non sia trattenuto da un impedimento canonico o che si opponga un'altra grave causa, a giudizio del Vescovo eparchiale o del Superiore maggiore.

1° I requisiti nei candidati alla sacra ordinazione

Can. 758

§1. Perché uno possa essere ordinato lecitamente si richiede:

1° che abbia ricevuto la crismazione del santo myron;

2° costumi e qualità fisiche e psichiche corrispondenti con l'ordine sacro da ricevere;

3° l'età prescritta dal diritto;

4° la debita scienza;

5° che abbia ricevuto gli ordini inferiori a norma del diritto particolare della propria Chiesa sui iuris;

6° l'osservanza degli interstizi prescritti dal diritto particolare.

§2. Si richiede inoltre che il candidato non sia impedito a norma del can. 762.

§3. A riguardo dell'ammissione agli ordini sacri dei coniugati si osservi il diritto particolare della propria Chiesa sui iuris o le norme speciali stabilite dalla Sede Apostolica.

Can. 759

§1. L'età prescritta per il diaconato è di ventitre anni compiuti, per il presbiterato è di ventiquattro anni compiuti, fermo restando il diritto particolare della propria Chiesa sui iuris che esiga un'età più avanzata.

§2. La dispensa dall'età richiesta dal diritto comune che superi un anno è riservata al Patriarca, se si tratta di un candidato che ha il domicilio o il quasi domicilio entro i confini del territorio della Chiesa patriarcale, altrimenti alla Sede Apostolica.

Can. 760

§1. Ordinare un diacono è lecito solo dopo che sia stato felicemente superato il quarto anno del curricolo di studi filosofico-teologici, a meno che il Sinodo dei Vescovi della Chiesa patriarcale o il Consiglio dei Gerarchi abbia stabilito diversamente.

§2. Se invece si tratta di un candidato non destinato al sacerdozio, è lecito ordinarlo diacono soltanto dopo che sia stato felicemente superato il terzo anno di studi di cui al can. 354; se però in seguito eventualmente fosse ammesso al presbiterato, egli deve prima completare opportunamente gli studi teologici.

Can. 761

Il candidato all'ordine del diaconato o del presbiterato, per essere ordinato lecitamente deve consegnare al proprio Vescovo eparchiale o al Superiore maggiore una dichiarazione firmata di propria mano con la quale attesta che intende ricevere spontaneamente e liberamente l'ordine sacro e gli obblighi annessi allo stesso ordine e che si dedicherà perpetuamente al ministero ecclesiastico, chiedendo nel contempo di essere ammesso all'ordine sacro.

2° Impedimenti a ricevere ed esercitare gli ordini sacri

Can. 762

§1. È impedito dal ricevere gli ordini sacri:

1° chi è colpito da qualche forma di demenza o da altra infermità psichica, a motivo della quale è giudicato, dopo aver consultato i periti, inabile a svolgere correttamente il ministero;

2° chi ha commesso il delitto di apostasia, di eresia oppure di scisma;

3° chi ha attentato il matrimonio, anche solo civile, sia che egli fosse impedito dal celebrare il matrimonio dal vincolo matrimoniale o dall'ordine sacro oppure dal voto pubblico perpetuo di castità, sia con una donna unita da un matrimonio valido oppure legata dallo stesso voto;

4° chi ha commesso omicidio volontario oppure ha procurato un aborto conseguendone l'effetto e tutti coloro che vi hanno cooperato positivamente;

5° chi ha mutilato gravemente e dolosamente se stesso o un altro o che ha tentato di togliersi la vita;

6° chi ha posto un atto di ordine riservato a chi è costituito nell'ordine dell'episcopato o del presbiterato, o essendone privo o avendo la proibizione di esercitarlo per qualche pena canonica.

7° chi esercita un ufficio o l'amministrazione vietata ai chierici di cui deve rendere conto finché, abbandonato l'ufficio e l'amministrazione e fatto inoltre il rendiconto, sia diventato libero;

8° il neofita, a meno che, a giudizio del Gerarca, sia sufficientemente sperimentato.

§2. Gli atti dai quali possono provenire gli impedimenti di cui nel §1, nn. 2-6, non producono impedimenti se non sono stati peccati gravi ed esterni commessi dopo il battesimo.

Can. 763

È impedito ad esercitare gli ordini sacri:

1° chi ha ricevuto illegittimamente gli ordini sacri mentre era trattenuto da un impedimento a ricevere gli ordini sacri;

2° chi ha commesso i delitti o gli atti di cui nel can. 762, §1, nn. 2-6;

3° chi è colpito da demenza o altra infermità psichica di cui nel can. 762, §1, n. 1, finché il Gerarca, consultato un perito, non gli avrà permesso l'esercizio dello stesso ordine sacro.

Can. 764

Non possono essere stabiliti per diritto particolare impedimenti a ricevere o esercitare gli ordini sacri; la consuetudine poi che introduce un nuovo impedimento, oppure che è contraria a un impedimento stabilito per diritto comune, è riprovata.

Can. 765

L'ignoranza degli impedimenti non esime dagli stessi.

Can. 766

Gli impedimenti si moltiplicano secondo le diverse loro cause, ma non per la ripetizione della stessa causa, a meno che non si tratti dell'impedimento proveniente dall'omicidio volontario oppure dall'aborto procurato, se ne segue l'effetto.

Can. 767

§1. Il Vescovo eparchiale o il Gerarca di un istituto di vita consacrata può dispensare i suoi sudditi dagli impedimenti a ricevere o a esercitare gli ordini sacri, eccettuati i seguenti:

1° se il fatto su cui è fondato l'impedimento è stato deferito al foro giudiziario;

2° gli impedimenti di cui nel can. 762, §1, nn. 2-4.

§2. La dispensa da questi impedimenti è riservata al Patriarca nei riguardi dei candidati o dei chierici che hanno il domicilio o il quasi-domicilio entro i confini del territorio della Chiesa a cui presiede; altrimenti alla Sede Apostolica.

§3. La stessa facoltà di dispensare compete a qualsiasi confessore nei casi occulti più urgenti nei quali l'autorità competente non può essere raggiunta e in cui sia imminente il pericolo di un grave danno o di infamia, ma solamente perché i penitenti possano esercitare lecitamente i sacri ordini già ricevuti, fermo restando l'obbligo di presentarsi al più presto alla stessa autorità.

Can. 768

§1. Nelle domande per ottenere la dispensa devono essere indicati tutti gli impedimenti; però, la dispensa generale vale anche per gli impedimenti omessi in buona fede, eccettuati quelli di cui nel can. 762, §1, n. 4 o gli altri deferiti al foro giudiziale, ma non per quelli taciuti in mala fede.

§2. Se si tratta di impedimento proveniente da omicidio volontario oppure da aborto procurato, per la validità della dispensa deve essere espresso anche il numero dei delitti.

§3. La dispensa generale dagli impedimenti a ricevere gli ordini sacri vale per tutti gli ordini.

Art. III - Le cose da premettere alla sacra ordinazione

Can. 769

§1. L'autorità che ammette un candidato alla sacra ordinazione, deve ottenere:

1° la dichiarazione di cui nel can. 761, come pure il certificato dell'ultima sacra ordinazione oppure, se si tratta della prima sacra ordinazione, anche il certificato di battesimo e della crismazione del santo myron;

2° se il candidato è unito in matrimonio, il certificato di matrimonio e il consenso dato per iscritto della moglie;

3° il certificato degli studi compiuti;

4° le lettere testimoniali del rettore del seminario o del Superiore di un istituto di vita consacrata, oppure del presbitero al quale è stato affidato il candidato fuori del seminario, sui buoni costumi dello stesso candidato;

5° le lettere testimoniali di cui nel can. 771, §3;

6° le lettere testimoniali, se lo giudica opportuno, degli altri Vescovi eparchiali o dei Superiori di istituti di vita consacrata dove il candidato ha dimorato per qualche tempo, sulle qualità del candidato e sulla sua libertà da ogni impedimento canonico.

§2. Questi documenti siano conservati nell'archivio della stessa autorità.

Can. 770

Il Vescovo che ordina con legittime lettere dimissorie nelle quali si afferma che il candidato è idoneo a ricevere l'ordine sacro, può accontentarsi di questa attestazione ma non è obbligato; se in coscienza però ritiene che il candidato non è idoneo, non lo ordini.

Can. 771

§1. I nomi dei candidati da promuovere agli ordini sacri siano resi noti pubblicamente nella chiesa parrocchiale di ciascun candidato a norma del diritto particolare.

§2. Tutti i fedeli cristiani hanno l'obbligo di rivelare gli impedimenti, se ne conoscono qualcuno, al Vescovo eparchiale o al parroco prima della sacra ordinazione.

§3. Il Vescovo eparchiale affidi al parroco che fa le pubblicazioni e anche a un altro presbitero, se lo crede opportuno, di informarsi diligentemente da persone degne di fede sulla vita e sui costumi dei candidati e di inviare alla curia eparchiale le lettere testimoniali che riferiscono quell'indagine e la pubblicazione.

§4. Il Vescovo eparchiale, se lo ritiene opportuno, non tralasci di fare altre indagini, anche private.

Can. 772

Ogni candidato che dev'essere promosso alla sacra ordinazione attenda a un ritiro spirituale nel modo determinato dal diritto particolare.

Art. IV - Tempo, luogo, annotazione e certificato della sacra ordinazione

Can. 773

Le sacre ordinazioni siano celebrate con la maggiore partecipazione possibile dei fedeli cristiani in una chiesa, di domenica o in giorno festivo, a meno che una giusta causa non suggerisca diversamente.

Can. 774

§1. Celebrata la sacra ordinazione, i nomi dei singoli ordinati e del Vescovo ordinante, il luogo e il giorno dell'ordinazione siano annotati in un libro speciale da conservare nell'archivio della curia eparchiale.

§2. Il Vescovo ordinante dia ai singoli ordinati un certificato autentico della sacra ordinazione ricevuta; costoro, se sono stati ordinati da un Vescovo con lettere dimissorie, presentino il certificato al proprio Vescovo eparchiale o al Superiore maggiore per la annotazione della sacra ordinazione in un libro speciale da conservare nell'archivio.

Can. 775

Il Vescovo eparchiale o il Superiore maggiore invii notizia della sacra ordinazione di ciascun diacono al parroco presso il quale è annotato il battesimo dell'ordinato.

Capitolo VII - Il Matrimonio

Can. 776

§1. Il patto matrimoniale, fondato dal Creatore e strutturato di sue leggi, mediante il quale l'uomo e la donna stabiliscono tra loro, con irrevocabile consenso personale, il consorzio dell'intera vita, per sua indole naturale è ordinato al bene dei coniugi e alla generazione ed educazione dei figli.

§2. Per istituzione di Cristo il matrimonio valido tra battezzati è, per il fatto stesso, un sacramento con il quale i coniugi sono uniti da Dio a immagine dell'unione indefettibile di Cristo con la Chiesa e sono quasi consacrati e irrobustiti dalla grazia sacramentale.

§3. Le proprietà essenziali del matrimonio sono l'unità e l'indissolubilità che, nel matrimonio tra battezzati, conseguono una speciale stabilità in ragione del sacramento.

Can. 777

Dal matrimonio scaturiscono tra i coniugi uguali diritti e doveri riguardo a ciò che appartiene al consorzio della vita coniugale.

Can. 778

Possono celebrare il matrimonio tutti coloro ai quali non è proibito dal diritto.

Can. 779

Il matrimonio ha il favore del diritto; perciò nel dubbio bisogna stare per la validità del matrimonio finché non sia provato il contrario.

Can. 780

§1. Il matrimonio di cattolici, anche se una sola parte è cattolica, è regolato non solo dal diritto divino, ma anche da quello canonico, salva restando la competenza dell'autorità civile circa gli effetti puramente civili del matrimonio.

§2. Il matrimonio tra una parte cattolica e una parte battezzata acattolica, salvo restando il diritto divino, è regolato anche:

1° dal diritto proprio della Chiesa o della Comunità ecclesiale alla quale la parte acattolica appartiene, se questa Comunità ha un proprio diritto matrimoniale;

2° dal diritto al quale è tenuta la parte acattolica, se la Comunità ecclesiale alla quale appartiene è priva di un diritto matrimoniale proprio.

Can. 781

Se talvolta la Chiesa deve giudicare della validità di un matrimonio di acattolici battezzati:

1° per quanto riguarda il diritto a cui le parti erano tenute al tempo della celebrazione del matrimonio, si osservi il can. 780, §2;

2° per quanto riguarda la forma di celebrazione del matrimonio, la Chiesa riconosce qualsiasi forma prescritta o ammessa dal diritto al quale le parti erano soggette al tempo della celebrazione del matrimonio, purché il consenso sia stato espresso in forma pubblica e, se almeno una parte è fedele cristiana di qualche Chiesa orientale acattolica, purché il matrimonio sia stato celebrato con rito sacro.

Can. 782

§1. Gli sponsali, che per antichissima tradizione delle Chiese orientali si premettono lodevolmente al matrimonio, sono regolati dal diritto particolare della propria Chiesa sui iuris.

§2. Dalla promessa di matrimonio non si dà azione per chiedere la celebrazione del matrimonio; si dà invece quella per la riparazione dei danni se in qualche modo è dovuta.

Art. I - Cura pastorale e ciò che si deve premettere alla celebrazione del matrimonio

Can. 783

I pastori di anime hanno l'obbligo di curare che i fedeli cristiani siano preparati allo stato matrimoniale:

1° con una predicazione e una catechesi adattata ai giovani e agli adulti, con la quale i fedeli cristiani siano istruiti sul significato del matrimonio cristiano, sugli obblighi dei coniugi tra di loro, nonché sul diritto primario e sull'obbligo che i genitori hanno di curare nella misura delle proprie forze l'educazione fisica, religiosa, morale, sociale e culturale dei figli;

2° con un'istruzione personale dei fidanzati sul matrimonio, con la quale i fidanzati siano disposti al nuovo stato.

§2. Si raccomanda vivamente ai fidanzati cattolici di ricevere la Divina Eucaristia nella celebrazione del matrimonio.

§3. Una volta celebrato poi il matrimonio, i pastori d'anime offrano ai coniugi un aiuto affinché, osservando e custodendo fedelmente il patto matrimoniale, giungano a condurre una vita ogni giorno più santa e più piena nella famiglia.

Can. 784

Per diritto particolare di ciascuna Chiesa sui iuris, d'intesa con i Vescovi eparchiali delle altre Chiese sui iuris che esercitano la loro potestà nello stesso territorio, si stabiliscano delle norme sull'esame dei fidanzati e sugli altri mezzi per le indagini, principalmente per quanto riguarda il battesimo e lo stato libero, che devono essere portate a termine prima del matrimonio, osservate diligentemente le quali si può procedere alla celebrazionne del matrimonio.

Can. 785

§1. I pastori d'anime hanno l'obbligo, secondo le necessità dei luoghi e dei tempi, di escludere con opportuni rimedi tutti i pericoli che il matrimonio sia celebrato invalidamente e illecitamente; perciò, prima che il matrimonio sia celebrato, devono essere certi che nulla si opponga alla valida e lecita celebrazione.

§2. In pericolo di morte, se non si possono avere altre prove, è sufficiente, qualora non sussistano indizi contrari, l'affermazione dei fidanzati, se è il caso, anche giurata, di essere battezzati e di non essere trattenuti da alcun impedimento.

Can. 786

Tutti i fedeli cristiani hanno l'obbligo di rivelare al parroco oppure al Gerarca del luogo gli impedimenti di cui fossero a conoscenza, prima della celebrazione del matrimonio.

Can. 787

Il parroco che ha fatto le indagini informi prontamente sull'esito di queste, per mezzo di un documento autentico, il parroco che deve benedire il matrimonio.

Can. 788

Se dopo accurate indagini resta ancora qualche dubbio sull'esistenza di un impedimento, il parroco deferisca la cosa al Gerarca del luogo.

Can. 789

Anche se per il resto il matrimonio può essere celebrato validamente, il sacerdote, oltre agli altri casi determinati dal diritto, senza la licenza del Gerarca del luogo non benedica:

1° il matrimonio dei girovaghi;

2° il matrimonio che non può essere riconosciuto o celebrato a norma del diritto civile;

3° il matrimonio di colui che è tenuto da obblighi naturali verso una terza parte o verso i figli nati da una precedente unione con quella parte;

4° il matrimonio di un figlio minorenne all'insaputa oppure contro la volontà dei genitori;

5° il matrimonio di colui al quale è vietato con sentenza ecclesiastica di passare a un nuovo matrimonio se non adempie alcune condizioni;

6° il matrimonio di colui che ha abbandonato pubblicamente la fede cattolica, anche se non è passato a una Chiesa o Comunità ecclesiale acattolica; il Gerarca del luogo, poi, in questo caso non conceda la licenza se non osservando il can. 814, con i debiti riferimenti.

Art. II - Gli impedimenti dirimenti in generale

Can. 790

§1. L'impedimento dirimente rende la persona inabile a celebrare validamente il matrimonio.

§2. L'impedimento, anche se sussiste da una sola delle due parti, rende tuttavia invalido il matrimonio.

Can. 791

Si ritiene pubblico l'impedimento che può essere provato in foro esterno; altrimenti è occulto.

Can. 792

Non si stabiliscano impedimenti dirimenti per diritto particolare di una Chiesa sui iuris se non per una causa gravissima, d'intesa con i Vescovi eparchiali delle altre Chiese sui iuris interessate e dopo aver consultato la Sede Apostolica; ma nessuna autorità inferiore può stabilire nuovi impedimenti dirimenti.

Can. 793

La consuetudine che introduce un nuovo impedimento oppure che è contraria agli impedimenti esistenti è riprovata.

Can. 794

§1. Il Gerarca del luogo può vietare il matrimonio in un caso speciale ai fedeli cristiani suoi sudditi, dovunque dimorino, nonché a tutti gli altri fedeli cristiani della propria Chiesa sui iuris che attualmente dimorino entro i confini del territorio dell'eparchia, ma solo temporaneamente, per una causa grave e finché questa perduri.

§2. Se si tratta del Gerarca del luogo che esercita la sua potestà entro i confini del territorio della Chiesa patriarcale, il Patriarca può aggiungere a tale divieto la clausola dirimente; in tutti gli altri casi però solo la Sede Apostolica.

Can. 795

§1. Il Gerarca del luogo può dispensare i fedeli cristiani suoi sudditi dovunque dimorino, nonché tutti gli altri fedeli cristiani ascritti alla propria Chiesa sui iuris e attualmente dimoranti entro i confini del territorio dell'eparchia, dagli impedimenti di diritto ecclesiastico, a eccezione dei seguenti:

1° di ordine sacro;

2° di voto pubblico perpetuo di castità emesso in un istituto religioso, a meno che non si tratti di congregazioni di diritto eparchiale;

3° di coniugicidio.

§2. La dispensa da questi impedimenti è riservata alla Sede Apostolica; il Patriarca però può dispensare dagli impedimenti di coniugicidio e di voto pubblico perpetuo di castità emesso in congregazioni di qualsiasi condizione giuridica.

§3. Non si dà mai dispensa dall'impedimento di consanguineità in linea retta, oppure in secondo grado della linea collaterale.

Can. 796

§1. Quando sovrasta il pericolo di morte, il Gerarca del luogo può dispensare i fedeli cristiani suoi sudditi dovunque dimorino, nonché tutti gli altri fedeli cristiani che attualmente dimorano entro i confini del territorio dell'eparchia, dalla forma di celebrazione del matrimonio prescritta dal diritto e da tutti e singoli gli impedimenti di diritto ecclesiastico sia pubblici sia occulti, a eccezione dell'impedimento di ordine sacro del sacerdozio.

§2. Nelle stesse circostanze e solo nei casi in cui non sia possibile avvicinare nemmeno il Gerarca del luogo, hanno la stessa potestà di dispensare il parroco, un altro sacerdote provvisto della facoltà di benedire il matrimonio e il sacerdote cattolico di cui nel can. 832, §2; il confessore invece ha la stessa potestà, se si tratta di impedimento occulto, per il foro interno sia dentro sia fuori l'atto della confessione sacramentale.

§3. Si ritiene che il Gerarca del luogo non poteva essere avvicinato, se ciò era possibile soltanto in un modo diverso da una lettera o recandosi personalmente da lui.

Can. 797

§1. Se si scopre un impedimento mentre già tutto è preparato per celebrare il matrimonio e il matrimonio non può essere differito senza probabile pericolo di un grave male finché non sia ottenuta la dispensa dall'autorità competente, hanno potestà di dispensare da tutti gli impedimenti, eccettuati quelli di cui nel can. 795, §1, nn. 1 e 2, il Gerarca del luogo e, purché il caso sia occulto, tutti coloro di cui nel can. 796, §2, salve restando le condizioni ivi prescritte.

§2. Questa potestà vale anche per convalidare il matrimonio, se nella attesa vi sia lo stesso pericolo e manchi il tempo per avvicinare l'autorità competente.

Can. 798

I sacerdoti di cui nei cann. 796, §2 e 797, §1 informino subito il Gerarca del luogo della dispensa o della convalida concessa per il foro esterno e questa venga annotata nel libro dei matrimoni.

Can. 799

Se il rescritto della Sede Apostolica oppure, entro i limiti della loro competenza, quello del Patriarca o del Gerarca del luogo non dispone diversamente, la dispensa concessa nel foro interno non sacramentale dall'impedimento occulto sia annotata nell'archivio segreto della curia eparchiale, né è necessaria un'altra dispensa per il foro esterno, anche se poi l'impedimento occulto diventasse pubblico.

Art. III - Gli impedimenti in specie

Can. 800

§1. L'uomo prima del sedicesimo anno di età compiuto, la donna prima del quattordicesimo anno di età compiuto non possono celebrare validamente il matrimonio.

§2. Il diritto particolare della Chiesa sui iuris ha piena libertà di stabilire l'anno di età superiore per la lecita celebrazione del matrimonio.

Can. 801

§1. L'impotenza copulativa antecedente e perpetua, sia da parte dell'uomo sia da parte della donna, sia assoluta sia relativa, per sua stessa natura dirime il matrimonio.

§2. Se l'impedimento di impotenza è dubbio, sia per dubbio di diritto, sia per dubbio di fatto, il matrimonio non dev'essere impedito né, stante il dubbio, dev'essere dichiarato nullo.

§3. La sterilità non proibisce né dirime il matrimonio, fermo restando il can. 821.

Can. 802

§1. Attenta invalidamente il matrimonio colui che è tenuto dal vincolo di un precedente matrimonio.

§2. Anche se il precedente matrimonio è invalido oppure sciolto per qualsiasi causa, non è lecito celebrare un altro matrimonio prima che consti legittimamente e con certezza dell'invalidità oppure dello scioglimento del precedente.

Can. 803

§1. Il matrimonio non può essere celebrato validamente con dei non battezzati.

§2. Se al tempo della celebrazione del matrimonio una parte era ritenuta comunemente come battezzata, oppure se il suo battesimo era dubbio, si deve presumere a norma del can. 779 la validità del matrimonio, finché non si provi con certezza che una parte è battezzata e l'altra invece non battezzata.

§3. Circa le condizioni per dispensare si applichi il can. 814.

Can. 804

Attenta invalidamente il matrimonio colui che è costituito nell'ordine sacro.

Can. 805

Attenta invalidamente il matrimonio colui che ha emesso il voto pubblico perpetuo di castità in un istituto religioso.

Can. 806

Non può essere celebrato validamente il matrimonio con una persona rapita o almeno trattenuta in vista di celebrare con lei il matrimonio, a meno che in seguito non sia stata separata da chi l'ha rapita o trattenuta e, costituita in un luogo sicuro e libero, essa scelga spontaneamente il matrimonio.

Can. 807

§1. Chi, in vista di celebrare il matrimonio con una determinata persona, ha ucciso il coniuge di essa o il proprio coniuge, attenta invalidamente questo matrimonio.

§2. Attentano pure invalidamente il matrimonio tra di loro, quelli che con mutua prestazione fisica o morale hanno dato la morte al coniuge.

Can. 808

§1. Nella linea retta di consanguineità è invalido il matrimonio tra tutti gli ascendenti e i discendenti.

§2. Nella linea collaterale è invalido fino al quarto grado compreso.

§3. Non si permetta mai il matrimonio se sussiste qualche dubbio che le parti siano consanguinee in qualche grado della linea retta, oppure nel secondo grado della linea collaterale.

§4. L'impedimento di consanguineità non si moltiplica.

Can. 809

§1. L'affinità dirime il matrimonio in qualunque grado della linea retta e nel secondo grado della linea collaterale.

§2. L'impedimento di affinità non si moltiplica.

Can. 810

§1. L'impedimento di pubblica onestà sorge:

1° da un matrimonio invalido dopo che si è instaurata la vita comune;

2° da notorio o pubblico concubinato;

3° dall'instaurazione della vita comune di coloro che, essendo tenuti alla forma di celebrazione del matrimonio prescritta dal diritto, hanno attentato il matrimonio davanti a un ufficiale civile, oppure a un ministro acattolico.

§2. Questo impedimento dirime il matrimonio nel primo grado della linea retta tra l'uomo e le consanguinee della donna, come pure tra la donna e i consanguinei dell'uomo.

Can. 811

§1. Dal battesimo sorge, tra il padrino e il battezzato e i suoi genitori, una parentela spirituale che dirime il matrimonio.

§2. Se si ripete il battesimo sotto condizione, la parentela spirituale non sorge, a meno che per la seconda volta non sia stato ammesso lo stesso padrino.

Can. 812

Non possono celebrare validamente tra loro il matrimonio quelli che sono congiunti con la parentela legale sorta dall'adozione, in linea retta o nel secondo grado della linea collaterale.

Art. IV - I matrimoni misti

Can. 813

Il matrimonio tra due persone battezzate, delle quali una è cattolica e l'altra invece acattolica, senza la previa licenza dell'autorità competente, è proibito.

Can. 814

Può concedere la licenza per giusta causa il Gerarca del luogo; ma non la conceda se non sono adempiute le condizioni seguenti:

1° la parte cattolica dichiari di essere pronta ad allontanare i pericoli di abbandonare la fede e assicuri con una sincera promessa di fare quanto è in suo potere affinché tutti i figli siano battezzati ed educati nella Chiesa cattolica;

2° di queste promesse che devono essere fatte dalla parte cattolica sia tempestivamente informata l'altra parte in modo che consti che essa è veramente consapevole della promessa e dell'obbligo della parte cattolica;

3° entrambe le parti siano istruite sui fini e le proprietà essenziali del matrimonio che non devono essere esclusi da nessuno dei due fidanzati.

Can. 815

Per diritto particolare di ciascuna Chiesa sui iuris si stabilisca il modo con cui queste dichiarazioni e promesse, che sempre sono richieste, sono da farsi, e si determini il modo col quale consti di esse nel foro esterno e con cui la parte acattolica sia informata.

Can. 816

I Gerarchi del luogo e gli altri pastori d'anime curino che non manchi al coniuge cattolico e ai figli nati dal matrimonio misto l'aiuto spirituale per adempiere i loro obblighi di coscienza e inoltre aiutino i coniugi a favorire l'unità del consorzio della vita coniugale e familiare.

Art. V - Il consenso matrimoniale

Can. 817

§1. Il consenso matrimoniale è l'atto di volontà con cui un uomo e una donna, con patto irrevocabile, si danno e si accettano reciprocamente per costituire il matrimonio.

§2. Il consenso matrimoniale non può essere supplito da nessuna potestà umana.

Can. 818

Sono incapaci di celebrare il matrimonio:

1° coloro che sono privi di sufficiente uso di ragione;

2° coloro che sono colpiti da grave difetto di discrezione di giudizio circa i diritti e i doveri matrimoniali essenziali da concedere e accettare reciprocamente;

3° coloro che per cause di natura psichica non possono assumere gli obblighi essenziali del matrimonio.

Can. 819

Perché possa esserci consenso matrimoniale è necessario che coloro che celebrano il matrimonio almeno non ignorino che il matrimonio è un consorzio permanente tra un uomo e una donna ordinato a procreare figli mediante qualche cooperazione sessuale.

Can. 820

§1. L'errore circa la persona rende invalido il matrimonio.

§2. L'errore circa una qualità della persona, anche se dà causa al matrimonio, non dirime il matrimonio, a meno che questa qualità non sia intesa direttamente e principalmente.

Can. 821

Chi celebra il matrimonio, ingannato con dolo, messo in atto per ottenere il consenso, circa qualche qualità dell'altra parte, che di sua natura può turbare gravemente il consorzio della vita coniugale, celebra invalidamente.

Can. 822

L'errore circa l'unità o l'indissolubilità, oppure circa la dignità sacramentale del matrimonio, purché non determini la volontà, non vizia il consenso matrimoniale.

Can. 823

La conoscenza o l'opinione della nullità del matrimonio non esclude necessariamente il consenso matrimoniale.

Can. 824

§1. Il consenso interno dell'animo si presume conforme alle parole e ai segni adoperati nel celebrare il matrimonio.

§2. Ma se una delle due parti o entrambe le parti con atto positivo di volontà escludono il matrimonio stesso o qualche elemento essenziale del matrimonio o qualche proprietà essenziale, celebrano invalidamente il matrimonio.

Can. 825

È invalido il matrimonio celebrato per violenza o per timore grave incusso dall'esterno, anche non intenzionalmente, per liberarsi dal quale uno sia costretto a scegliere il matrimonio.

Can. 826

Il matrimonio sotto condizione non può essere celebrato validamente.

Can. 827

Anche se il matrimonio è stato celebrato invalidamente a motivo di un impedimento o per difetto della forma di celebrazione del matrimonio prescritta dal diritto, il consenso dato si presume che perseveri finché non consti della sua revoca.

Art. VI - La forma di celebrazione del matrimonio

Can. 828

§1. Sono validi soltanto i matrimoni che si celebrano con rito sacro alla presenza del Gerarca del luogo o del parroco del luogo o di un sacerdote al quale, dall'uno o dall'altro, è stata conferita la facoltà di benedire il matrimonio, e almeno di due testimoni, secondo tuttavia le prescrizioni dei canoni che seguono, e salve le eccezioni di cui nei cann. 832 e 834, §2.

§2. Questo rito si ritiene sacro con l'intervento stesso del sacerdote che assiste e benedice.

Can. 829

§1. Il Gerarca del luogo e il parroco del luogo dopo la presa di possesso canonico dell'ufficio, finché svolgono legittimamente l'ufficio, benedicono validamente un matrimonio in qualsiasi luogo entro i confini del loro territorio, sia che gli sposi siano loro sudditi, sia che non lo siano, purché almeno una delle due parti sia ascritta alla propria Chiesa sui iuris.

§2. Il Gerarca e il parroco personale in virtù dell'ufficio benedicono validamente il matrimonio, entro i confini del proprio ambito, solamente di coloro di cui almeno uno dei due sia loro suddito.

§3. Il Patriarca è provvisto dal diritto stesso della facoltà, osservando quanto è da osservarsi per il diritto, di benedire personalmente i matrimoni in qualsiasi parte del mondo purché almeno una delle due parti sia ascritta alla Chiesa che egli presiede.

Can. 830

§1. Il Gerarca del luogo e il parroco del luogo finché svolgono legittimamente l'ufficio possono conferire ai sacerdoti di qualsiasi Chiesa sui iuris, anche della Chiesa latina, la facoltà di benedire un determinato matrimonio entro i confini del loro territorio.

§2. Ma la facoltà generale di benedire i matrimoni la può conferire solo il Gerarca del luogo, fermo restando il can. 302, §2.

§3. Perché il conferimento della facoltà di benedire i matrimoni sia valido, deve essere conferita espressamente a sacerdoti determinati anzi, se si tratta della facoltà generale, per iscritto.

Can. 831

§1. Il Gerarca del luogo o il parroco del luogo benedicono lecitamente il matrimonio:

1° dopo essersi accertati del domicilio o quasi-domicilio o della dimora protratta per un mese, oppure, se si tratta di un girovago, dell'attuale dimora dell'uno o dell'altro dei futuri sposi nel luogo del matrimonio;

2° dopo aver avuta, se mancano queste condizioni, la licenza del Gerarca o del parroco del domicilio o del quasi-domicilio dell'una o dell'altra parte, a meno che una giusta causa non scusi;

3° nel luogo anche esclusivo di un'altra Chiesa sui iuris, a meno che il Gerarca, che esercita in quel luogo la sua potestà, non abbia espressamente rifiutato.

§2. Il matrimonio si celebri davanti al parroco del futuro sposo, a meno che il diritto particolare non stabilisca diversamente o una giusta causa non scusi.

Can. 832

§1. Se non si può avere o raggiungere senza grave disagio un sacerdote competente a norma di diritto, coloro che intendono celebrare un vero matrimonio lo possono celebrare validamente e lecitamente in presenza di soli testimoni:

1° nel pericolo di morte;

2° fuori del pericolo di morte, purché si preveda prudentemente che tale stato di cose durerà per un mese.

§2. Nell'uno e nell'altro caso, se è disponibile un altro sacerdote, esso sia chiamato, se è possibile, affinché benedica il matrimonio, salva restando la validità del matrimonio in presenza dei soli testimoni; in questi casi può essere chiamato anche un sacerdote acattolico.

§3. Se il matrimonio è stato celebrato davanti ai soli testimoni, i coniugi non trascurino di ricevere al più presto dal sacerdote la benedizione del matrimonio.

Can. 833

§1. Il Gerarca del luogo può concedere a qualsiasi sacerdote cattolico la facoltà di benedire il matrimonio dei fedeli cristiani di qualche Chiesa orientale acattolica i quali non possono recarsi dal proprio sacerdote senza un grave disagio, se lo chiedono spontaneamente e purché non vi sia nulla che ostacoli la valida e lecita celebrazione del matrimonio.

§2. Il sacerdote cattolico, se è possibile, prima di benedire il matrimonio informi della cosa la competente autorità di quei fedeli cristiani.

Can. 834

§1. La forma di celebrazione del matrimonio prescritta dal diritto deve essere osservata se almeno l'una o l'altra parte dei celebranti il matrimonio è stata battezzata nella Chiesa cattolica o in essa accolta.

§2. Se invece la parte cattolica ascritta a una Chiesa orientale sui iuris celebra il matrimonio con una parte che appartiene alla Chiesa orientale acattolica, la forma di celebrazione del matrimonio prescritta dal diritto dev'essere osservata solo per la liceità; per la validità invece è richiesta la benedizione del sacerdote osservando quanto è da osservarsi per il diritto.

Can. 835

La dispensa dalla forma di celebrazione del matrimonio prescritta dal diritto è riservata alla Sede Apostolica o al Patriarca, il quale non la conceda se non per gravissima causa.

Can. 836

Fuori del caso di necessità, nella celebrazione del matrimonio si osservino le prescrizioni dei libri liturgici e le legittime consuetudini.

Can. 837

§1. Per celebrare validamente il matrimonio è necessario che le parti siano presenti simultaneamente ed esprimano il consenso vicendevolmente.

§2. Il matrimonio non si può celebrare validamente per mezzo di un procuratore, a meno che non sia stabilito diversamente dal diritto particolare della propria Chiesa sui iuris, nel qual caso bisogna provvedere anche alle condizioni sotto le quali tale matrimonio si può celebrare.

Can. 838

§1. Il matrimonio si celebri nella chiesa parrocchiale oppure, con la licenza del Gerarca del luogo o del parroco del luogo, in un altro luogo sacro; non si può celebrare invece in altri luoghi se non con la licenza del Gerarca del luogo.

§2. A riguardo del tempo della celebrazione del matrimonio si devono osservare le norme stabilite dal diritto particolare della propria Chiesa sui iuris.

Can. 839

È vietata prima o dopo la celebrazione canonica un'altra celebrazione religiosa dello stesso matrimonio per dare o rinnovare il consenso matrimoniale; come pure è vietata una celebrazione religiosa nella quale e il sacerdote cattolico e il ministro acattolico richiedono il consenso delle parti.

Can. 840

§1. Il permesso di un matrimonio segreto può essere concesso dal Gerarca del luogo per una causa grave e urgente e comporta l'obbligo grave di conservare il segreto da parte del Gerarca del luogo, del parroco, del sacerdote provvisto della facoltà di benedire il matrimonio, dei testimoni e di uno dei coniugi quando l'altro non consente alla divulgazione.

§2. L'obbligo di osservare il segreto da parte del Gerarca del luogo cessa se è imminente un grave scandalo oppure una grave offesa contro la santità del matrimonio dall'osservanza del segreto.

§3. Il matrimonio celebrato in segreto sia annotato solamente in uno speciale libro da conservare nell'archivio segreto della curia eparchiale, a meno che vi si opponga una causa gravissima.

Can. 841

§1. Celebrato il matrimonio, il parroco del luogo della celebrazione o colui che ne fa le veci, anche se nessuno dei due ha benedetto il matrimonio, annoti al più presto nel libro dei matrimoni i nomi dei coniugi, del sacerdote che ha dato la benedizione e dei testimoni, il luogo e il giorno del matrimonio celebrato, la dispensa - se c'è stata - dalla forma di celebrazione del matrimonio o dagli impedimenti e il suo autore assieme all'impedimento e al suo grado, la facoltà concessa per benedire il matrimonio e inoltre le altre cose secondo il modo prescritto dal proprio Vescovo eparchiale.

§2. Inoltre il parroco del luogo annoti nel libro dei battezzati che il coniuge nel tale giorno ha celebrato il matrimonio nella sua parrocchia; se invece il coniuge è stato battezzato altrove, il parroco del luogo invii l'attestato di matrimonio, personalmente o per mezzo della curia eparchiale, al parroco presso il quale è stato annotato il battesimo del coniuge, e non si acquieti finché non abbia ricevuto comunicazione della annotazione del matrimonio nel libro dei battezzati.

§3. Se il matrimonio è stato celebrato a norma del can. 832, il sacerdote se lo ha benedetto o altrimenti i testimoni e i coniugi devono interessarsi affinché la celebrazione del matrimonio sia al più presto annotata nei libri prescritti.

Can. 842

Se il matrimonio viene o convalidato per il foro esterno o dichiarato nullo o sciolto legittimamente al di fuori della morte, il parroco del luogo di celebrazione del matrimonio deve essere informato affinché ne sia fatta annotazione nei libri dei matrimoni e dei battezzati.

Art. VII - La convalidazione del matrimonio

1° La convalidazione semplice

Can. 843

§1. Per convalidare un matrimonio invalido per un impedimento dirimente si richiede che cessi l'impedimento o che si dispensi da esso, e che almeno la parte consapevole dell'impedimento rinnovi il consenso.

§2. Questa rinnovazione è richiesta per la validità della convalidazione, anche se all'inizio entrambe le parti hanno dato il consenso e non lo hanno poi revocato.

Can. 844

La rinnovazione del consenso deve essere un nuovo atto di volontà in ordine al matrimonio che la parte la quale rinnova sa, oppure suppone, essere stato invalido fin dall'inizio.

Can. 845

§1. Se l'impedimento è pubblico, il consenso dev'essere rinnovato da entrambe le parti nella forma di celebrazione del matrimonio prescritta dal diritto.

§2. Se l'impedimento è occulto, è sufficiente che il consenso sia rinnovato privatamente e in segreto; e precisamente dalla parte consapevole dell'impedimento, purché l'altra parte perseveri nel consenso dato; oppure da entrambe le parti se l'impedimento è noto a entrambe le parti.

Can. 846

§1. Il matrimonio invalido per difetto di consenso è convalidato se la parte che non ha consentito ormai consente, purché perseveri il consenso dato dall'altra parte.

§2. Se il difetto di consenso non può essere provato, è sufficiente che la parte che non ha consentito dia il consenso privatamente e in segreto.

§3. Se il difetto di consenso può essere provato, è necessario che il consenso sia rinnovato nella forma di celebrazione del matrimonio prescritta dal diritto.

Can. 847

Il matrimonio invalido per difetto della forma di celebrazione del matrimonio prescritta dal diritto, per essere valido deve essere celebrato di nuovo con questa forma.

2° La sanazione in radice

Can. 848

§1. La sanazione in radice di un matrimonio invalido è la convalidazione di esso senza la rinnovazione del consenso, concessa dall'autorità competente, che comporta la dispensa dall'impedimento, se esiste, e inoltre dalla forma di celebrazione del matrimonio prescritta dal diritto, se non è stata osservata, nonché la retrotrazione al passato degli effetti canonici.

§2. La convalidazione avviene dal momento della concessione della grazia; la retrotrazione invece si intende fatta al momento della celebrazione del matrimonio, a meno che non sia espressamente disposto diversamente nella concessione.

Can. 849

§1. La sanazione in radice di un matrimonio può essere concessa validamente anche all'insaputa di una delle due parti o di entrambe.

§2. La sanazione in radice non sia concessa se non per grave causa

§3) e se non è probabile che le parti vogliono perseverare nel consorzio della vita coniugale.

Can. 850

§1. Il matrimonio invalido può essere sanato purché perseveri il consenso di entrambe le parti.

§2. Il matrimonio invalido per impedimento di diritto divino non può essere sanato se non dopo che l'impedimento è cessato.

Can. 851

§1. Se in entrambe le parti o in una delle due viene meno il consenso, il matrimonio non può essere validamente sanato in radice sia che il consenso venne meno dall'inizio, sia che, dato all'inizio, fu poi revocato.

§2. Se invece il consenso venne meno all'inizio ma poi è stato dato, la sanazione può essere concessa dal momento in cui è stato dato il consenso.

Can. 852

Il Patriarca e il Vescovo eparchiale possono concedere la sanazione in radice nei singoli casi se si oppone alla validità il difetto della forma di celebrazione del matrimonio prescritta dal diritto o qualche impedimento dal quale essi possono dispensare, e nei casi prescritti dal diritto se sono state adempiute le condizioni di cui nel can. 814; in tutti gli altri casi e se si tratta di impedimento di diritto divino che è già cessato, la sanazione in radice può essere concessa solamente dalla Sede Apostolica.

Art. VIII - La separazione dei coniugi

1° Lo scioglimento del vincolo

Can. 853

Il vincolo sacramentale del matrimonio, una volta che il matrimonio è stato consumato, non può essere sciolto da nessuna autorità umana e per nessuna causa, eccetto dalla morte.

Can. 854

§1. Il matrimonio celebrato tra due non battezzati viene sciolto dal diritto stesso per il privilegio paolino in favore della fede della parte che ha ricevuto il battesimo, se si celebra dalla stessa parte un nuovo matrimonio, purché la parte non battezzata si separi.

§2. Si ritiene che la parte non battezzata si separa se non vuole coabitare pacificamente con la parte battezzata senza offesa al Creatore, a meno che costei, dopo aver ricevuto il battesimo, non le abbia dato una giusta causa per separarsi.

Can. 855

§1. Perché la parte battezzata celebri validamente un nuovo matrimonio, la parte non battezzata deve essere interpellata se:

1° voglia anch'essa ricevere il battesimo;

2° almeno voglia coabitare pacificamente con la parte battezzata senza offesa al Creatore.

§2. Questa interpellanza deve essere fatta dopo il battesimo; ma il Gerarca del luogo può permettere, per una grave causa, che l'interpellanza venga fatta prima del battesimo, anzi può dispensare dall'interpellanza sia prima sia dopo il battesimo se consta, con un modo di procedere almeno sommario ed extragiudiziale, che non la si può fare, oppure che sarebbe inutile.

Can. 856

§1. L'interpellanza va fatta di regola per autorità del Gerarca del luogo della parte convertita, dal quale dev'essere concesso all'altro coniuge uno spazio di tempo per rispondere se lo ha chiesto, avvertendolo però che, trascorso inutilmente questo spazio di tempo, il suo silenzio sarà ritenuto come una risposta negativa.

§2. L'interpellanza, anche fatta privatamente dalla parte convertita, è valida, anzi è anche lecita se la forma sopra prescritta non può essere osservata.

§3. In entrambi i casi deve constare legittimamente in foro esterno dell'interpellanza fatta e del suo esito.

Can. 857

La parte battezzata ha diritto di celebrare un nuovo matrimonio con una parte cattolica se:

1° l'altra parte risponde negativamente all'interpellanza;

2° l'interpellanza fu legittimamente omessa;

3° la parte non battezzata, già interpellata o no, prima perseverava nella pacifica coabitazione, ma in seguito si è separata senza una giusta causa; in questo caso però l'interpellanza deve essere premessa a norma dei cann. 855 e 856.

Can. 858

Il Gerarca del luogo può concedere tuttavia per una grave causa che la parte battezzata, che fa uso del privilegio paolino, celebri il matrimonio con una parte acattolica sia battezzata sia non battezzata, osservando anche le prescrizioni dei canoni sui matrimoni misti.

Can. 859

§1. Il non battezzato che ha contemporaneamente più mogli non battezzate, ricevuto il battesimo nella Chiesa cattolica, se per lui è gravoso rimanere con la prima di esse, può ritenerne una di esse allontanando tutte le altre; la stessa cosa vale per la moglie non battezzata che ha contemporaneamente più mariti non battezzati.

§2. In questo caso il matrimonio deve essere celebrato nella forma di celebrazione del matrimonio prescritta dal diritto, osservando anche le altre cose prescritte dal diritto.

§3. Il Gerarca del luogo, tenendo conto della condizione morale, sociale, economica dei luoghi e delle persone, abbia cura che si sia provveduto sufficientemente alle necessità di coloro che sono stati allontanati, secondo le norme della giustizia, della carità e dell'equità.

Can. 860

Al non battezzato che, ricevuto il battesimo nella Chiesa cattolica, non può ristabilire la coabitazione con il coniuge non battezzato, a causa di prigionia o di persecuzione, è lecito celebrare un altro matrimonio, anche se nel frattempo l'altra parte abbia ricevuto il battesimo, fermo restando il can. 853.

Can. 861

Nel dubbio il privilegio della fede ha il favore del diritto.

Can. 862

Il matrimonio non consumato può essere sciolto per una giusta causa dal Romano Pontefice su richiesta di entrambe le parti o di una di esse, anche se l'altra è contraria.

2° La separazione con permanenza del vincolo

Can. 863

§1. Si raccomanda vivamente che il coniuge, mosso dalla carità e sollecito del bene della famiglia, non rifiuti il perdono alla comparte adultera e non interrompa il consorzio della vita coniugale; se però non ha condonato espressamente o tacitamente la colpa dello stesso, ha il diritto di sciogliere il consorzio della vita coniugale, a meno che non abbia acconsentito all'adulterio, oppure vi abbia dato causa o anche lui abbia commesso adulterio.

§2. Si ha tacito condono se il coniuge innocente, dopo che è stato informato dell'adulterio, si sia comportato spontaneamente con l'altro coniuge con affetto maritale; si presume, invece, se ha conservato per sei mesi il consorzio della vita coniugale e non è ricorso sulla cosa all'autorità ecclesiastica o civile.

§3. Se il coniuge innocente ha sciolto di sua iniziativa il consorzio della vita coniugale, deve deferire entro sei mesi la causa di separazione all'autorità competente la quale, considerate tutte le circostanze, valuti se il coniuge innocente può essere indotto a condonare la colpa e a non protrarre la separazione.

Can. 864

§1. Se uno dei coniugi rende la vita comune pericolosa oppure troppo dura al coniuge o ai figli, fornisce all'altro una causa legittima di separarsi con decreto del Gerarca del luogo e anche di propria autorità se vi è pericolo nell'attesa.

§2. Le altre cause possono essere stabilite dal diritto particolare della Chiesa sui iuris, secondo i costumi dei popoli e le circostanze dei luoghi.

§3. In tutti i casi, cessando la causa di separazione, si deve ripristinare il consorzio della vita coniugale, a meno che non sia deciso diversamente dall'autorità competente.

Can. 865

Effettuata la separazione dei coniugi, si deve sempre provvedere opportunamente al doveroso sostentamento e all'educazione dei figli.

Can. 866

Il coniuge innocente può lodevolmente ammettere nuovamente l'altro coniuge al consorzio della vita coniugale; in questo caso egli rinuncia al diritto di separazione.

Capitolo VIII - I Sacramentali, i luoghi e i tempi sacri, il culto dei Santi, il voto e il giuramento

Art. I - I sacramentali

Can. 867

§1. Per mezzo dei sacramentali, che sono segni sacri mediante i quali con una certa imitazione dei sacramenti sono significati e ottenuti dall'impetrazione della Chiesa effetti soprattutto spirituali, gli uomini vengono disposti a ricevere l'effetto principale dei sacramenti e sono santificate le varie circostanze della vita.

§2. A riguardo dei sacramentali si osservino le norme del diritto particolare della propria Chiesa sui iuris.

Art. II - I luoghi sacri

Can. 868

I luoghi sacri che sono destinati al culto divino non possono essere eretti se non con la licenza del Vescovo eparchiale, a meno che non sia espressamente stabilito diversamente dal diritto comune.

1° Le chiese

Can. 869

La chiesa è un edificio dedicato esclusivamente al culto divino mediante consacrazione o benedizione.

Can. 870

Non si edifichi nessun edificio destinato a chiesa senza espresso consenso, dato per iscritto, dal Vescovo eparchiale, a meno che non sia disposto diversamente dal diritto comune.

Can. 871

§1. Siano dedicate con la consacrazione le chiese cattedrali e, se è possibile, le chiese parrocchiali, le chiese dei monasteri e le chiese annesse a una casa religiosa.

§2. La consacrazione è riservata al Vescovo eparchiale, il quale può conferire la facoltà di consacrare una chiesa a un altro Vescovo; della avvenuta consacrazione o benedizione della chiesa si rediga un documento da custodire nell'archivio della curia eparchiale.

Can. 872

§1. Deve essere tenuto lontano dalle Chiese tutto ciò che è sconveniente alla santità del luogo.

§2. Tutti coloro a cui spetta, abbiano cura che nelle chiese sia mantenuta quella pulizia che si addice alla casa di Dio e si adoperino i mezzi di sicurezza per conservare le cose sacre e preziose.

Can. 873

§1. Se qualche chiesa non può più in nessun modo essere adibita al culto divino e non c'è possibilità di restaurarla, può essere ridotta dal Vescovo eparchiale a uso profano non indecoroso.

§2. Se altre gravi cause consigliano che qualche chiesa non sia più adibita al culto divino, il Vescovo eparchiale può ridurla ad uso profano non indecoroso dopo aver ascoltato il consiglio presbiterale, col consenso di coloro che rivendicano legittimamente diritti su di essa e purché non ne subisca danno la salvezza delle anime.

2° I cimiteri e le esequie ecclesiastiche

Can. 874

§1. La Chiesa cattolica ha il diritto di possedere i propri cimiteri.

§2. Dove è possibile, si abbiano cimiteri propri della Chiesa o almeno degli spazi, nei cimiteri civili, destinati ai fedeli cristiani defunti: gli uni e gli altri luoghi devono essere benedetti; se invece questo non può essere ottenuto, si benedica il tumulo in occasione delle esequie.

§3. Non si seppelliscano i defunti nelle chiese e la consuetudine contraria è riprovata, a meno che non si tratti di coloro che furono Patriarchi, Vescovi o Esarchi.

§4. Le parrocchie, i monasteri e tutti gli altri istituti religiosi possono avere i propri cimiteri.

Can. 875

Le esequie ecclesiastiche, con le quali la Chiesa impetra per i defunti l'aiuto spirituale, onora i loro corpi e insieme porta il sollievo della speranza ai vivi, devono essere date a tutti i fedeli cristiani e ai catecumeni defunti, a meno che non ne siano privati dal diritto.

Can. 876

§1. Secondo il prudente giudizio del Gerarca del luogo, le esequie ecclesiastiche possono essere concesse agli acattolici battezzati, a meno che non consti della loro volontà contraria e purché non si possa avere il ministro proprio.

§2. Ai bambini che i genitori intendevano battezzare e agli altri che in qualche modo sembravano vicini alla Chiesa, ma che sono deceduti prima di ricevere il battesimo, possono essere date le esequie ecclesiastiche ancora secondo il prudente giudizio del Gerarca del luogo.

§3. A coloro che hanno scelto la cremazione del proprio cadavere, se non consta che lo abbiano fatto animati da ragioni contrarie alla vita cristiana, si devono concedere le esequie ecclesiastiche, celebrate però in modo tale da non nascondere che la Chiesa antepone alla cremazione la sepoltura dei corpi e inoltre da evitare lo scandalo.

Can. 877

Devono essere privati delle esequie ecclesiastiche, a meno che prima della morte non abbiano dato alcuni segni di pentimento, i peccatori ai quali esse non possono essere concesse senza pubblico scandalo dei fedeli cristiani.

Can. 878

§1. Nella celebrazione delle esequie ecclesiastiche si eviti ogni preferenza di persone.

§2. Fermo restando il can. 1013, si raccomanda vivamente che i Vescovi eparchiali introducano, per quanto è possibile, la prassi secondo la quale, in occasione delle esequie ecclesiastiche, si ricevono solamente le offerte che i fedeli cristiani spontaneamente offrono.

Can. 879

Finita la tumulazione, si faccia la annotazione nel libro dei defunti a norma del diritto particolare.

Art. III - I giorni di festa e di penitenza

Can. 880

§1. Costituire, trasferire oppure sopprimere giorni di festa o di penitenza comuni a tutte le Chiese orientali spetta alla sola suprema autorità della Chiesa, fermo restando il §3.

§2. Costituire, trasferire o sopprimere giorni di festa e di penitenza propri alle singole Chiese sui iuris, compete anche all'autorità a cui spetta stabilire il diritto particolare delle Chiese, tenendo debitamente conto però delle altre Chiese sui iuris e fermo restando il can. 40, §1.

§3. I giorni festivi di precetto comuni a tutte le Chiese orientali, oltre alle domeniche, sono il Natale del Signore nostro Gesù Cristo, l'Epifania, l'Ascensione, la Dormizione della Santa Madre di Dio Maria e i giorni dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, salvo restando il diritto particolare della Chiesa sui iuris approvato dalla Sede Apostolica, col quale alcuni giorni festivi di precetto sono soppressi o sono trasferiti alla domenica.

Can. 881

§1. I fedeli cristiani hanno l'obbligo, nelle domeniche e nelle feste di precetto, di partecipare alla Divina Liturgia oppure, secondo le prescrizioni e la legittima consuetudine della propria Chiesa sui iuris, alla celebrazione delle lodi divine.

§2. Perché i fedeli cristiani possano adempiere più facilmente questo obbligo, si stabilisce che il tempo utile decorre dai vespri della vigilia fino al termine della domenica o della festa di precetto.

§3. Si raccomanda vivamente ai fedeli cristiani che in questi giorni, anzi più frequentemente o anche ogni giorno, ricevano la Divina Eucaristia.

§4. I fedeli cristiani si astengano in questi giorni da quelle attività e quegli affari che impediscono il culto da rendere a Dio, la letizia propria del giorno del Signore, oppure la debita distensione della mente e del corpo.

Can. 882

Nei giorni di penitenza i fedeli cristiani hanno l'obbligo di osservare il digiuno o l'astinenza nel modo stabilito dal diritto particolare della propria Chiesa sui iuris.

Can. 883

§1. I fedeli cristiani che si trovano fuori dei confini del territorio della propria Chiesa sui iuris, a riguardo dei giorni di festa e di penitenza si possono conformare pienamente alle norme che sono in vigore nel luogo dove vivono.

§2. Nelle famiglie dove i coniugi sono ascritti a diverse Chiese sui iuris, per i giorni di festa e di penitenza è lecito osservare le prescrizioni dell'una o dell'altra Chiesa sui iuris.

Art. IV - Il culto dei Santi, delle sacre icone o immagini e delle reliquie

Can. 884

Per incrementare la santificazione del popolo di Dio, la Chiesa raccomanda alla speciale e filiale venerazione dei fedeli cristiani Santa Maria sempre Vergine, Madre di Dio, che Cristo ha costituito Madre di tutti gli uomini, e inoltre promuove il culto vero e autentico degli altri Santi, col cui esempio infatti i fedeli cristiani sono edificati e con l'intercessione sostenuti.

Can. 885

È lecito venerare con culto pubblico solo quei servi di Dio che per autorità della Chiesa sono iscritti tra i Santi o i Beati.

Can. 886

Rimanga ferma la prassi di proporre nelle chiese le sacre icone o immagini alla venerazione dei fedeli cristiani, nel modo e nell'ordine da stabilire per diritto particolare della propria Chiesa sui iuris.

Can. 887

§1. Le sacre icone o le immagini preziose, ossia insigni per antichità o per arte, esposte nelle chiese alla venerazione dei fedeli cristiani non possono essere trasferite in un'altra chiesa o alienate, se non col consenso scritto dato dal Gerarca che esercita la sua potestà sulla stessa chiesa, fermi restando i cann. 1034-1041.

§2. Le sacre icone o le immagini preziose non siano neppure restaurate se non col consenso scritto dato dallo stesso Gerarca, il quale, prima di concederlo, consulti dei periti.

Can. 888

§1. Non è lecito vendere le sacre reliquie.

§2. Le reliquie, le icone o immagini che sono onorate in qualche chiesa da grande venerazione del popolo non possono in alcun modo essere alienate validamente né trasferite in perpetuo in un'altra chiesa se non col consenso della Sede Apostolica o del Patriarca, il quale non può darlo se non col consenso del Sinodo permanente, fermo restando il can. 1037.

§3. Per il restauro di queste icone o immagini si osservi il can. 887, §2.

Art. V - Il voto e il giuramento

Can. 889

§1. Il voto, ossia la promessa deliberata e libera fatta a Dio di un bene possibile e migliore, deve essere adempiuto per la virtù di religione.

§2. Sono capaci di voto tutti coloro che hanno un adeguato uso di ragione, a meno che il diritto non lo proibisca.

§3. Il voto emesso per timore grave e incusso ingiustamente o per dolo è nullo per il diritto stesso.

§4. Il voto è pubblico se è accettato da un legittimo Superiore ecclesiastico a nome della Chiesa, altrimenti è privato.

Can. 890

Il voto non obbliga per sé se non chi lo emette.

Can. 891

Il voto cessa quando è trascorso il tempo fissato per la scadenza dell'obbligo, con il cambiamento sostanziale della materia promessa, con il venir meno della condizione da cui dipende il voto oppure della causa finale dello stesso, con la dispensa, con la commutazione.

Can. 892

Colui che ha potestà sulla materia del voto può sospendere l'obbligo del voto finché l'adempimento del voto gli reca pregiudizio.

Can. 893

§1. Dai voti privati può dispensare per giusta causa, purché la dispensa non leda i diritti acquisiti da altri:

1° i propri sudditi ogni Gerarca, parroco e Superiore locale di un istituto di vita consacrata che abbia potestà di governo;

2° tutti gli altri fedeli cristiani della propria Chiesa sui iuris, il Gerarca del luogo purché essi attualmente dimorino dentro i confini del territorio dell'eparchia; così pure il parroco del luogo entro i confini del territorio della propria parrocchia;

3° coloro che dimorano giorno e notte nella casa di un istituto di vita consacrata, il Superiore locale che ha potestà di governo e il suo Superiore maggiore.

§2. Questa dispensa, sotto la stessa condizione, ma solo per il foro interno, può essere concessa da qualsiasi confessore.

Can. 894

I voti emessi prima della professione religiosa sono sospesi fintanto che chi li ha emessi rimane nel monastero, nell'ordine o nella congregazione.

Can. 895

Il giuramento, cioè l'invocazione del nome di Dio a testimonianza della verità, può essere prestato davanti alla Chiesa soltanto nei casi stabiliti dal diritto; altrimenti non produce alcun effetto canonico.

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