Linee comuni per la vita dei nostri seminari

Indice

Capitolo IV

L'esigenza formativa di dare spessore esistenziale alla figura teologica del Presbitero

39. - Le ragioni di eventuali astrattezze

La questione proposta è molto delicata, in quanto sembra presupporre elaborazioni o interiorizzazioni della figura teologica del presbitero povere di spessore esistenziale.

L'esperienza conferma che in una certa misura tale rischio non è ipotetico.

Le profonde trasformazioni in atto e le fatiche degli assestamenti possono creare qualche oscillazione dell'immagine del prete: sia nella valutazione delle singole persone, sia nella vita delle comunità, sia riguardo all'interpretazione che il prete stesso dà ai propri compiti.

Talvolta si possono anche incontrare forme di attaccamento a ruoli troppo astrattamente intesi, che sembrano rispondere ad esigenze personali e di tipo compensativo, piuttosto che al desiderio di incontrare e di servire le persone nelle loro concrete situazioni, per annunciarvi la forza, la gioia e la novità del Vangelo.

Un'accurata riflessione teologica e pastorale è in grado di mettere allo scoperto le ragioni di tali fenomeni, che riflettono una concezione prevalentemente o sacrale o sociologica del ministero.

Il candidato se ne potrà avvalere per rivedere con pacato discernimento qual è l'immagine profonda di ministero che egli reca con sé e talvolta seleziona nei variegati contesti ecclesiali che conosce.

40. - La grazia del sacramento dell'Ordine

Sembra importante, dunque, riscoprire nella loro integrità tutti i compiti ai quali il sacramento dell'Ordine destina l'ordinato e di non esitare a ricuperarne il valore sacramentale.

In tal modo essi avranno una radice e un'anima.

Ne consegue che il momento della formazione è chiamato a coinvolgere il candidato in un intenso allenamento a scoprire e a vivere correttamente la logica del sacramento cristiano.

Esso è sempre segno e strumento di grazia, e la grazia consiste in una vita nuova.

Sarebbe restrittivo pensare al sacramento dell'Ordine come solamente funzionale alla celebrazione di altri sacramenti o a compiti di responsabilità nella vita ecclesiale.

È importante che anche il sacramento dell'Ordine sia compreso come destinato, anzitutto, a un'esistenza nuova, che costituirà come la sorgente e l'orizzonte del ministero.

Così, mentre il presbitero si santifica attraverso il ministero, è pur vero che la grazia del sacramento e la santità della vita daranno forza, spessore ed efficacia al ministero stesso:36 « Grazie a questa consacrazione operata dallo Spirito nell'effusione sacramentale dell'Ordine, la vita spirituale del sacerdote viene improntata, plasmata, connotata da quegli atteggiamenti e comportamenti che sono propri di Gesù Cristo capo e pastore della Chiesa e che si compendiano nella sua carità pastorale ».37

In questo senso il Nuovo Testamento destina gli episcopi e i presbiteri alla predicazione, alla custodia del messaggio apostolico, alla cura e alla guida della comunità dei credenti perché resti unita e fedele al Vangelo, celebrando la memoria eucaristica del Signore.

41. - La tensione tra il momento della formazione e il momento del ministero esercitato

All'interno di una corretta visione teologica del ministero ordinato si staglia oggi, con tonalità pressanti, l'esigenza di preparare i giovani ad assumerne l'esercizio con umiltà, lucidità, solidità relazionale, in aperta fraternità presbiterale.

In questa prospettiva si colloca tutta la complessa problematica dell'equilibrio della vita nell'impatto col ministero.

Le mutate condizioni dei tempi, sia dal punto di vista sociale come ecclesiale, e il loro imprevedibile movimento interrogano fortemente la vita del presbitero e con punte problematiche tali da richiedere discernimenti inediti e gravi da parte di tutti i soggetti ecclesiali.

Un ministero presbiterale che oggi voglia porsi a servizio della missione della Chiesa è più che mai interpellato da una realtà multiforme e complessa, non di rado frammentata, che contiene e talora esplicita forti interrogativi di senso e delinea attese diversificate sul piano etico e religioso.

Il vissuto ne è ormai ovunque ampiamente segnato.

Sotto questo profilo, sul piano ministeriale, si sono evidentemente attenuate le strutture di ruolo e hanno perso espressività alcuni di quei canali che sono stati la forza di un'epoca storica, in cui il cristianesimo era profondamente inserito nella cultura e nei costumi sociali: epoca, peraltro, che non è stata esente da ambiguità e che, in ogni caso, è alle nostre spalle.

Taluni esperti suggeriscono che una delle chiavi interpretative della presente condizione è quella della differenziazione sociale: l'uomo di oggi vive una pluralità di esperienze, di collocazioni, di condizioni di vita, che rischiano di renderlo continuamente pendolare tra diverse appartenenze.

Tendono infatti a prevalere la refrattarietà a scelte definitive, l'esposizione a diverse esperienze senza porsi il problema della loro congruenza, la reversibilità delle scelte, le motivazioni fondate su esigenze personali piuttosto che su criteri oggettivi.

42. - Le sfide culturali del ministero

Il giovane prete che esce dal seminario si trova pertanto esposto all'impatto con questo contesto, che mette a dura prova il suo personale equilibrio.

Si tratta per lui di imparare a portare, nell'esercizio concreto del ministero, il novum e il semper del Vangelo dentro i tratti salienti del sistema culturale della società contemporanea.

Possiamo evocarne alcuni molto caratteristici:

- la provvisorietà,

ovvero l'enfasi sul "qui ed ora", senza ancoraggi nel passato e senza proiezioni verso il futuro.

Le scelte attinenti a sfere rilevanti della vita, una volta considerate irreversibili, tendono sempre più a essere considerate reversibili;

- la complessità,

che si esprime nella molteplicità delle appartenenze e dei riferimenti sia sul piano esistenziale, sia nella vita sociale;

- l'esplosione della soggettività,

come affermazione piuttosto ambigua del ruolo del soggetto, legata all'incremento delle possibilità di scelta per un numero crescente di individui: scelte inerenti a risorse materiali, a beni relazionali, a modelli di comportamento, a orientamenti di valore;

- il disincanto,

come esito negativo del processo di emancipazione dell'uomo, che conduce, grazie al progresso scientifico e tecnologico, a una visione del mondo senza stupore, con la conseguente perdita del primato di Dio e del fascino della vita.

Questi tratti problematici e faticosi del nostro sistema culturale, abbastanza disarticolato rispetto ad un recente passato, non debbono tuttavia indurci nella tentazione di disconoscere i suoi aspetti positivi.

Fra questi:

lo studio e lo sviluppo delle scienze,

il senso della solidarietà, anche internazionale,

la promozione della donna,

la coscienza sempre più viva della responsabilità degli esperti nell'aiutare e proteggere la vita,

la volontà di rendere più felici le condizioni di vita per tutti gli uomini, specialmente per coloro che soffrono per la privazione della responsabilità personale o per la povertà materiale e culturale.38

L'esigenza, dunque, di un nuovo radicamento del Vangelo, che faccia i conti con l'attuale orizzonte di vita e di senso, di domanda e di bisogno, è a tutto campo.

I punti di riferimento mutano considerevolmente e, non essendo neppure facilmente codificabili, richiedono notevoli sforzi e capacità a chi deve interpretare il movimento della vita e delle situazioni delle persone.

È questo, di fatto, il percorso di chi deve inserirsi oggi nel ministero.

E per la stessa ragione si rendono sempre più necessarie solide motivazioni e struttura personale consistente: un obiettivo per il quale quello del seminario è un tempo prezioso ma non sufficiente, e rimanda all'accoglienza e all'accompagnamento successivi.

Una spiccata coscienza di comunione, un atteggiamento abituale al dialogo, al discernimento comunitario e alla partecipazione sono richiesti alle nostre Chiese, che dovranno imboccare strade adeguate per dare prosecuzione alla formazione umana, ministeriale e spirituale dei giovani preti avviata dal seminario.

I percorsi così individuati risulteranno sicuramente vantaggiosi anche per l'intero presbiterio, costituendo un vero e proprio itinerario di formazione permanente.

43. - Sottolineature pedagogiche nel momento della formazione

Gli elementi qui presentati propongono alcune accentuazioni pedagogiche imprescindibili per l'azione formativa.

Su di esse si intende richiamare l'attenzione non solo dei formatori dei seminari, ma anche di tutti gli operatori pastorali delle nostre Chiese: una comune consapevolezza dell'identità del ministero presbiterale e delle espressioni che lo caratterizzano troverà le migliori risposte alle istanze poste dai tempi attuali.

Le attenzioni pedagogiche prioritarie potrebbero essere così indicate:

- promuovere una vera disposizione alla ricerca, come attitudine e struttura portante della vita presbiterale: una ricerca che, senza schivare gli interrogativi di oggi, non si stanchi di farsi discepola della verità rivelata e si industri di creare canali nuovi di espressività e di annuncio, salvaguardando la sconvolgente novità che il fatto cristiano introduce nella storia;39

- presentare una figura presbiterale che non si caratterizzi solo per l'apprendimento teorico e pratico di ruoli e funzioni, ma che sappia incarnare ed esprimere il proprio patrimonio conoscitivo in una vera passione di vita apostolica.

Il presbitero acquista così una migliore consapevolezza circa il fatto di essere messo in gioco radicalmente nel ministero come persona, senza ruoli e riferimenti pratici troppo difensivi ed esclusivi, ma con una profonda coscienza della propria missione nella sapiente duttilità che le situazioni complesse domandano;

- favorire la capacità di raggiungere il significato dei singoli gesti e delle occupazioni in cui si articola il ministero, anche nella sua imprevedibilità.

Ciò richiede una limpida coscienza di sé, e insieme la capacità di tradurla in azioni e parole, imparando a riconoscere per la propria personalità la ricchezza di significato che è contenuta anche nei più piccoli rivoli in cui spesso è chiamato ad esprimersi oggi il ministero;

- motivare una positiva capacità relazionale.

L'identità del presbitero è connotata essenzialmente in senso relazionale: inserito sacramentalmente nel presbiterio, in comunione con il vescovo, il prete è l'uomo al servizio di tutti.

Particolare attenzione pedagogica va prestata perché il candidato al presbiterato sappia scoprire e comprendere la comunione con i presbiteri nella forma irrinunciabile della fraternità sacerdotale, come prima testimonianza da rendere al popolo di Dio e come forma privilegiata dell'annuncio del Vangelo al mondo.

I seminaristi vanno aiutati ad esprimere una trasparente capacità di relazione accogliente ed oblativa, senza chiusure o pregiudizi, per inserirsi poi nel presbiterio con cuore aperto e disponibile.

L'appartenenza fraterna al presbiterio dev'essere significativa e tale da costituire un effettivo aiuto alla vita spirituale e pastorale del prete.

Di qui la necessità di evitare un rischio oggi assai ricorrente: l'isolamento, a motivo di una complessità culturale che potrebbe intimorire il giovane prete, spingendolo a chiudersi nel piccolo gruppo, pago delle gratificazioni che gli può garantire.

La relazione a cui va educato il futuro presbitero è quella capace di dedizione, dialogo e di iniziativa, anche là dove sono probabili gli esiti del fallimento e della delusione;

- educare alla coltivazione dell'unità interiore della persona.

È un problema centrale.

La realtà complessa di oggi comporta il rischio della dispersione, con appannamenti dovuti a stanchezza e a improvvise eclissi di senso.

Per resistere alla tentazione della fuga o della chiusura, già nella formazione, come nel campo dell'azione ministeriale, occorre diventare capaci di riunificare la propria esistenza.

La grazia di Dio e la risposta della libertà lo consentono.

Le categorie paoline della "ricapitolazione in Cristo" e della "riconciliazione in Lui di tutte le cose" ( Cf. Ef 1,10; Col 1,20 ) si presentano come particolarmente promettenti per affrontare consapevolmente il ministero ordinato, attraversando le sfide di un tempo come il nostro.

A questo proposito rimane fondamentale anche la dinamica della carità pastorale, che « costituisce il principio interiore e dinamico capace di unificare le molteplici e diverse attività del sacerdote ».41

- interpretare decisamente il ministero come luogo autentico di una compiuta esistenza presbiterale: qui si attua tutta intera la valenza della dedicazione personale, realmente votata al servizio e alla cura di persone e situazioni concrete, alimentando tutte le virtù che vi sono implicate.

In un'esistenza donata può sorgere un futuro di nuove generose risposte a Dio, che non cessa di interpellare l'uomo nella storia.

Ricerca, passione di vita e passione apostolica, intelligenza dei significati, capacità relazionale, unità della persona, esistenza presbiterale: qui possono convergere le attenzioni pedagogiche che conferiscono spessore alla figura del prete.

Attorno ad esse vogliamo incoraggiare l'impegno degli educatori dei seminari, ma anche promuoverne una più diffusa coscienza, attraverso tutte le forme dell'impegno ecclesiale e secondo la responsabilità di ciascuno.

44. - Mistero, comunione e carità pastorale "in persona Christi"

Le attenzioni pedagogiche, che tendono a dare consistenza alla figura presbiterale ed al suo vissuto, pongono anche il problema dei tratti teologici da privilegiare, considerando la situazione attuale e le condizioni di vita del presbitero.

Anche a lui, infatti, si pone il problema della maturità della fede personale e della sua capacità di dare forma e sapore alla vita dell'uomo postmoderno.

Ci sono comportamenti e atteggiamenti, o almeno rischi, nella vita del prete da cui occorre prendere la distanza.

Alludiamo alla:

concezione del prete come funzionario e coordinatore di servizi sempre più dilatati sul piano sociale;

alla dispersione tra tante cose da fare e da inseguire;

allo slittamento verso una posizione troppo orizzontale del suo rapporto con i fedeli laici;

alla tentazione della fretta e dell'ansia.

Nella carenza di un quadro culturale sicuro di riferimento questi ulteriori rischi possono costituire un serio pericolo di disagio e di crisi.

Alla luce di queste considerazioni ci pare importante che nella linea educativa, durante e dopo il seminario, si lavori ispirandosi a spunti teologici che oggi sono particolarmente espressivi e capaci di delineare una figura presbiterale armonica, consapevole e serena.

Nelle mani del prete è posto il mistero che ci è stato fatto conoscere per rivelazione: ( Cf. Ef 3,3 ) è naturale perciò che si raccomandi come prospettiva educativa una « conoscenza profonda » e una « esperienza crescente di questo "mistero" ».43

L'esistenza presbiterale si configura attorno all'essere "uomo del mistero", da cui promanano passione di ricerca e fascino di conoscenza e di esperienza.

La stessa dimensione sacramentale, sulla quale poggiano la vita ed il servizio presbiterale, trova in questa categoria biblica il suo significato più pieno e più stimolante.

Il mistero ha la sua radice nella Trinità, e quindi assume il volto della comunione e della relazione.

Dalla contemplazione e dall'esperienza del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, si originano le più genuine capacità di relazione e di comunione con l'umano, sia all'interno della Chiesa, sia verso tante situazioni che invocano salvezza o gridano bisogno e che, con tinte oggi particolarmente forti, irrompono nella vita del prete.

A lui è chiesto di sostenere esistenzialmente, come vero padre del suo popolo, ma anche come suo vero figlio, l'annuncio generante dell'infinito dono di amore e di comunione, di misericordia e di compassione, che è appunto il mistero di Dio rivelato in Gesù Cristo.

Nella gratuità e nella reciprocità, divenute abituale stile di vita mediante la contemplazione di questo stesso mistero, il ministero presbiterale potrà manifestare la sua massima efficacia.

La complessità dei rapporti umani, la crescente invadenza di una concezione utilitaristica della vita, l'emergere di forme nuove di potere tanto simili ai modelli di sviluppo in atto, spingono a riscoprire il fascino della gratuità di Dio, della sua prossimità all'uomo nel bisogno e nel dramma, che il presbitero annuncia condividendo la salvezza che si è fatta vicina.

È certamente questa l'esperienza che meglio conduce a consegnare la figura presbiterale ai percorsi della nuova evangelizzazione.

Non c'è dubbio che oggi la Chiesa sta vivendo una nuova sfida in ordine all'annuncio del Vangelo, che obbliga il presbitero a individuare un primato del ministero della Parola.

Il prete, pertanto, non si può pensare soltanto come custode della comunità ( il curato ), ma anche come guida per la sua missione nel mondo, di cui l'evangelizzazione è il cuore.

Il ministero della Parola, dunque, non è destinato ad esercitarsi esclusivamente nel campo recintato della comunità cristiana, ma a testimoniare che la parola di Dio si fa prossima anche a coloro che non sono o non si sentono più parte della Chiesa, aiutandoli a scoprire che il Vangelo di Gesù non solo non toglie nulla alla libertà e alla originalità dell'uomo, bensì rende possibile il cammino di liberazione e di umanizzazione dell'uomo stesso.

È così che il prete e la sua comunità si affacciano insieme sul mondo obbedendo al comando del Signore. ( Cf. Mt 28,16-20 )

Rimane vero, tuttavia, che lo sforzo dell'evangelizzazione e « le fatiche apostoliche sono ordinate a che tutti, diventati figli di Dio mediante la fede e il Battesimo, si riuniscano in assemblea, lodino Dio nella Chiesa, partecipino al sacrificio e mangino la cena del Signore ».45

La centralità della Eucaristia continua a caratterizzare senza dubbio il ministero del presbitero come servizio svolto in persona Christi, ossia come continua assimilazione al mistero posto nelle sue mani che è la persona stessa di Gesù Cristo, in una liberante esperienza della sua grazia, così da riviverne i modi e i sentimenti.

Nel mistero del Signore, infatti, il dono gratuito si fa volto, vicinanza effettiva: l'esercizio del ministero, sul piano esistenziale, non può discostarsi da questa congiunzione di dono e di evento.

Così l'Eucaristia, pane spezzato e lievito di comunione, suggerisce al presbitero le modalità essenziali del suo servizio: il prete è l'uomo dell'amicizia e della riconciliazione, capace di ascoltare e di dedicarsi ai fratelli senza riserve, di ricomporre pazientemente i dissidi e le divisioni, di aprire l'animo a tutti, e magari anche la propria casa, in spirito di carità, cominciando dagli ultimi.

È questo il contesto che può indicare al presbitero una rinnovata espressione del sacramento della Riconciliazione, inteso come straordinaria opportunità di incontro e di comunicazione profonda con il vissuto delle persone, come esperienza della potenza di Dio che si esprime propriamente nella sua misericordia, come luogo di guarigione, come possibilità concreta di accompagnamento e orientamento spirituale, come spazio privilegiato di ricostruzione del tessuto che sta a fondamento della stessa convivenza umana.

È evidente che tutto questo esige la capacità di individuare luoghi concreti e nuovi, ed anche nuove modalità che possano restituire a questo sacramento tutta la sua formidabile efficacia ed incidenza pastorale.

La presidenza, inoltre, che il presbitero esercita nella celebrazione eucaristica indica la sua speciale configurazione alla persona di Cristo capo e pastore della Chiesa, intesa come sua ripresentazione sacramentale.46

Cristo « è "capo" nel senso nuovo e originale dell'essere servo [ … ].

L'autorità di Gesù Cristo capo coincide dunque con il suo servizio, con il suo dono, con la sua dedizione totale, umile e amorosa nei riguardi della Chiesa.

E questo in perfetta obbedienza al Padre: egli è l'unico vero servo sofferente del Signore, insieme sacerdote e vittima.

Da questo preciso tipo di autorità, ossia dal servizio verso la Chiesa viene animata e vivificata l'esistenza spirituale di ogni sacerdote, proprio come esigenza della sua configurazione a Gesù Cristo capo e servo della Chiesa.

Così sant'Agostino ammoniva un vescovo nel giorno della sua ordinazione: "Chi è capo del popolo deve per prima cosa rendersi conto che egli è il servo di molti.

E non disdegni di esserlo, ripeto, non disdegni di essere il servo di molti, poiché non disdegnò di farsi nostro servo il Signore dei signori" ».47

Questa è la grande lezione che i presbiteri devono offrire quale segno di contraddizione a tutti coloro che credono di potersi affermare con il potere, con l'arroganza o con la violenza, spadroneggiando su cose e persone.

L'autorità presbiterale dovrà dunque essere scevra da ogni presunzione, da ogni smania di protagonismo e da ogni desiderio di "spadroneggiare sul gregge". ( Cf. 1 Pt 5,1-4 )

A questo si riferisce la carità pastorale, che il Concilio Vaticano II e il Magistero più recente propongono come categoria espressiva dell'esistenza presbiterale e che proprio nella celebrazione eucaristica trova la sua prima e principale sorgente.49

In essa si attua la felice fusione della figura teologica del ministro ordinato e dell'esercizio concreto del ministero.

Lì vi dimorano compiutamente insieme l'essere e l'agire.

In questo modo i presbiteri potranno essere "modello" del gregge loro affidato e consentire ad ogni battezzato di poter esprimere ed esercitare nei confronti del mondo intero quel sacerdozio comune che si fa servizio alla pienezza della vita dell'uomo e alla sua liberazione integrale.50

45. - La carità pastorale sa stare di fronte alle povertà e ne illumina la lettura

L'assimilazione del cuore e dell'agire di Gesù è il criterio unificante di tutta la formazione seminaristica e dell'esistenza presbiterale, come del resto è il motivo ispiratore dell'intera azione ecclesiale.

Tutto vi converge e tutto riparte da lì, in una inarrestabile fioritura di segni che sono il ripresentarsi della stessa carità di Gesù: « Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi » ( Lc 4,21 ).

Il prete, come uomo di relazione a servizio della missione della comunità cristiana, oltre ad esprimere nella sua vita e nei suoi gesti concreti la carità pastorale, intesa come dono totale di sé nell'amore e nel servizio alla Chiesa e al mondo,51 non può mancare di essere il promotore della diaconia della carità, nel senso di saper riconoscere e promuovere non solo iniziative, ma anche vere e specifiche vocazioni in questa prospettiva, a cominciare da quelle orientate al diaconato permanente.

Il presbitero avrà a cuore che nella comunità cristiana non venga mai meno questa testimonianza della carità, che connota in un modo tutto particolare la qualità di vita evangelica che vi si conduce, nonché un serio discernimento in ordine alle nuove povertà e a quelle di sempre.

Non occorre che tutti diventino specialisti di questo o quel servizio di carità, che spesso richiede carismi e competenze particolari, ma tutti devono riuscire a sintonizzarsi con questa dimensione della testimonianza ecclesiale che più di ogni altra offre credibilità alla novità del Vangelo.

46. - Fratelli nel presbiterio al servizio della Chiesa in missione

Lo spessore esistenziale del presbitero si esprime infine e molto concretamente nella fraternità presbiterale,52 al servizio di una Chiesa aperta al mondo.

Pertanto la formazione seminaristica dovrà educare alla comunione fraterna oltre le facili sintonie affettive con i presbiteri della stessa età o delle stesse appartenenze.

La comunione e l'amicizia tra i presbiteri, mentre sostengono e mantengono aperta ed equilibrata la scelta e la condizione del celibato, sono anche il fondamento indispensabile a qualunque collaborazione pastorale posta a servizio di una Chiesa in missione, oltre il gruppo o la stessa parrocchia.

Questo sta a indicare ulteriormente un tratto caratteristico di tutta la Chiesa e del ministero presbiterale in particolare, ossia come la comunione e la missione siano termini e dinamiche assolutamente correlative.

Si diventa infatti presbiteri per servire la propria Chiesa particolare, in una serena docilità allo Spirito Santo e al proprio vescovo, in profonda collaborazione con gli altri presbiteri ( unum presbyterium ), ma con la concreta disponibilità ad esser mandati ad esercitare il proprio ministero ovunque sia richiesto, anche oltre i confini della propria diocesi e del proprio paese.53

Se la missionarietà, infatti, è una proprietà essenziale della Chiesa, lo è soprattutto per il prete chiamato ad esercitare il ministero in una comunità di natura sua missionaria e ad essere educatore alla mondialità.

Su queste due dimensioni della formazione – comunione e missione – va fatta seria verifica durante tutto il curricolo seminaristico.

Una insufficiente capacità relazionale e una carente passione apostolica costituiscono una seria contro-indicazione vocazionale.

Non basta dunque una generica crescita nella fede, bensì occorre che nel candidato al futuro ministero siano motivate e mature l'attitudine alla comunione a partire dall'appartenenza ad un presbiterio, e la decisione di dedicarsi alla comunicazione del Vangelo.

La missione, e pertanto l'essere per il Regno, costituisce il punto di sintesi di tutta la formazione a cui deve approdare il cammino educativo del seminario, e dunque l'espressione più compiuta della carità pastorale.

Indice

36 Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Presbyterorum ordinis, 12
37 Giovanni Paolo II, Esort. ap. Pastores dabo vobis, 21
38 Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. Gaudium et spes, 57
39 Cf. Giovanni Paolo II, Esort. ap. Pastores dabo vobis, 46 e n. 49
41 Cf. Giovanni Paolo II, Esort. ap. Pastores dabo vobis, 23
43 Cf. Giovanni Paolo II, Esort. ap. Pastores dabo vobis, 46
45 Conc. Ecum. Vat. II, Cost. Sacrosanctum Concilium, 10
46 Cf. Giovanni Paolo II, Esort. ap. Pastores dabo vobis, 15
47 Ibid., 21
49 Cf. Giovanni Paolo II, Esort. ap. Pastores dabo vobis, 23
50 Cf. Ibid., 21
51 Cf. Ibid., 23
52 Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Decr. Presbyterorum ordinis, 8
53 Cf. Giovanni Paolo II, Esort. ap. Pastores dabo vobis, 59;
ID., Lett. enc. Redemptoris missio, 67-68 ( 1990 )