Christifideles laici

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Partecipi dell'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Gesù Cristo

14 Rivolgendosi ai battezzati come a « bambini appena nati », l'apostolo Pietro scrive: « Stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesù Cristo ( … ).

Ma voi siete la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato perché proclami le opere meravigliose di lui che vi ha chiamato dalle tenebre alla sua ammirabile luce ( … ) » ( 1 Pt 2,4-5.9 ).

Ecco un nuovo aspetto della grazia e della dignità battesimale: i fedeli laici partecipano, per la loro parte, al triplice ufficio - sacerdotale, profetico e regale - di Gesù Cristo.

E questo un aspetto non mai dimenticato dalla tradizione viva della Chiesa, come appare, ad esempio, dalla spiegazione che del Salmo 26 offre Sant'Agostino.

Scrive: « Davide fu unto re. A quel tempo si ungevano solo il re e il sacerdote.

In queste due persone era prefigurato il futuro unico re e sacerdote, Cristo ( e perciò "Cristo" viene da "crisma" ).

Non solo però è stato unto il nostro capo, ma siamo stati unti anche noi, suo corpo ( … ).

Perciò l'unzione spetta a tutti i cristiani, mentre al tempo dell'Antico Testamento apparteneva a due sole persone.

Appare chiaro che noi siamo il corpo di Cristo dal fatto che siamo tutti unti e tutti in lui siamo cristi e Cristo, perché in certo modo la testa e il corpo formano il Cristo nella sua integrità ».19

Nella scia del Concilio Vaticano II20, sin dall'inizio del mio servizio pastorale, ho inteso esaltare la dignità sacerdotale, profetica e regale dell'intero Popolo di Dio dicendo: « Colui che è nato dalla Vergine Maria, il Figlio del falegname - come si riteneva - il Figlio del Dio vivente, come ha confessato Pietro, è venuto per fare di tutti noi "un regno di sacerdoti".

Il Concilio Vaticano II ci ha ricordato il mistero di questa potestà e il fatto che la missione di Cristo - Sacerdote, Profeta-Maestro, Re - continua nella Chiesa. Tutti, tutto il Popolo di Dio è partecipe di questa triplice missione ».21

Con questa Esortazione i fedeli laici sono invitati ancora una volta a rileggere, a meditare e ad assimilare con intelligenza e con amore il ricco e fecondo insegnamento del Concilio circa la loro partecipazione al triplice ufficio di Cristo.22

Ecco ora in sintesi gli elementi essenziali di questo insegnamento.

I fedeli laici sono partecipi dell'ufficio sacerdotale, per il quale Gesù ha offerto Se stesso sulla Croce e continuamente si offre nella celebrazione eucaristica a gloria del Padre per la salvezza dell'umanità.

Incorporati a Gesù Cristo, i battezzati sono uniti a Lui e al suo sacrificio nell'offerta di se stessi e di tutte le loro attività ( Rm 12,1-2 ).

Parlando dei fedeli laici il Concilio dice: « Tutte le loro opere, le preghiere e le iniziative apostoliche, la vita coniugale e familiare, il lavoro giornaliero, il sollievo spirituale e corporale, se sono compiute nello Spirito, e persino le molestie della vita se sono sopportate con pazienza, diventano spirituali sacrifici graditi a Dio per Gesù Cristo ( 1 Pt 2,5 ), i quali nella celebrazione dell'Eucaristia sono piissimamente offerti al Padre insieme all'oblazione del Corpo del Signore.

Così anche i laici, operando santamente dappertutto come adoratori, consacrano a Dio il mondo stesso ».23

La partecipazione all'ufficio profetico di Cristo, « il quale e con la testimonianza della vita e con la virtù della parola ha proclamato il Regno del Padre »,24 abilita e impegna i fedeli laici ad accogliere nella fede il Vangelo e ad annunciarlo con la parola e con le opere non esitando a denunciare coraggiosamente il male.

Uniti a Cristo, il « grande profeta » ( Lc 7,16 ), e costituiti nello Spirito « testimoni » di Cristo Risorto, i fedeli laici sono resi partecipi sia del senso di fede soprannaturale della Chiesa che « non può sbagliarsi nel credere »25 sia della grazia della parola ( At 2,17-18; Ap 19,10 );

sono altresì chiamati a far risplendere la novità e la forza del Vangelo nella loro vita quotidiana, familiare e sociale, come pure ad esprimere, con pazienza e coraggio, nelle contraddizioni dell'epoca presente la loro speranza nella gloria « anche attraverso le strutture della vita secolare ».26

Per la loro appartenenza a Cristo Signore e Re dell'universo i fedeli laici partecipano al suo ufficio regale e sono da Lui chiamati al servizio del Regno di Dio e alla sua diffusione nella storia.

Essi vivono la regalità cristiana, anzitutto mediante il combattimento spirituale per vincere in se stessi il regno del peccato ( Rm 6,12 ), e poi mediante il dono di sé per servire, nella carità e nella giustizia, Gesù stesso presente in tutti i suoi fratelli, soprattutto nei più piccoli ( Mt 25,40 ).

Ma i fedeli laici sono chiamati in particolare a ridare alla creazione tutto il suo originario valore.

Nell'ordinare il creato al vero bene dell'uomo con un'attività sorretta dalla vita di grazia, essi partecipano all'esercizio del potere con cui Gesù Risorto attrae a sé tutte le cose e le sottomette, con Se stesso, al Padre, così che Dio sia tutto in tutti ( Gv 12,32; 1 Cor 15,28 ).

La partecipazione dei fedeli laici al triplice ufficio di Cristo Sacerdote, Profeta e Re trova la sua radice prima nell'unzione del Battesimo, il suo sviluppo nella Confermazione e il suo compimento e sostegno dinamico nell'Eucaristia.

E una partecipazione donata ai singoli fedeli laici, ma in quanto formano l'unico Corpo del Signore.

Infatti, Gesù arricchisce dei suoi doni la Chiesa stessa, quale suo Corpo e sua Sposa.

In tal modo i singoli sono partecipi del triplice ufficio di Cristo in quanto membra della Chiesa, come chiaramente insegna l'apostolo Pietro, che definisce i battezzati come « la stirpe eletta, il sacerdozio regale, la nazione santa, il popolo che Dio si è acquistato » ( 1 Pt 2,9 ).

Proprio perché deriva dalla comunione ecclesiale, la partecipazione dei fedeli laici al triplice ufficio di Cristo esige d'essere vissuta e attuata nella comunione e per la crescita della comunione stessa.

Scriveva Sant'Agostino: « Come chiamiamo tutti cristiani in forza del mistico crisma, così chiamiamo tutti sacerdoti perché sono membra dell'unico sacerdote ».27

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19 S. Agostino, Enarr. in Sal, XXVI, II, 2
20 Lumen gentium 10
21 Giovanni Paolo II, Omelia all'inizio del ministero di Supremo Pastore della Chiesa ( 22 ottobre 1978 ): AAS 70 ( 1978 ), 946
22 La riproduzione di questo insegnamento nell'Instrumentum laboris, « Vocazione e missione dei laici nella Chiesa e nel mondo a vent'anni dal Concilio Vaticano II », 25
23 Lumen gentium 34
24 Lumen gentium 35
25 Lumen gentium 12
26 Lumen gentium 35
27 S. Agostino, De civitatte Dei, XX, 10