Teologia della liberazione

IV. Fondamenti biblici

1. Una teologia della liberazione correttamente intesa costituisce, quindi un invito ai teologi ad approfondire certi temi biblici essenziali, con la sollecitudine richiesta dai gravi e urgenti problemi posti alla Chiesa dall'aspirazione contemporanea alla liberazione e dai movimenti di liberazione che ad essa fanno eco, più o meno fedelmente.

Non è possibile dimenticare le situazioni drammatiche, dalle quali sgorga l'appello lanciato in questo senso ai teologi.

2. L'esperienza radicale della libertà cristiana ( Cf. Gal 5,1ss ) costituisce qui il primo punto di riferimento.

Il Cristo, nostro Liberatore, ci ha liberati dal peccato, e dalla schiavitù della legge e della carne, che è il contrassegno della condizione dell'uomo peccatore.

È dunque la nuova vita di grazia, frutto della giustificazione, che ci costituisce liberi.

Ciò significa che la schiavitù più radicale è la schiavitù del peccato.

Le altre forme di schiavitù trovano dunque la loro ultima radice nella schiavitù del peccato.

Per questo la libertà nel senso cristiano più pieno, in quanto caratterizzata dalla vita nello Spirito, non deve mai essere confusa con la licenza di cedere ai desideri della carne.

Essa è, infatti, vita nuova nella carità.

3. Le "teologie della liberazione" fanno largo uso del racconto dell'Esodo.

Questo costituisce, in effetti, l'evento fondamentale nella formazione del popolo eletto.

Esso è la liberazione dalla dominazione straniera e dalla schiavitù.

Si dovrà sottolineare come il significato specifico dell'evento gli deriva dalla sua finalità, poiché questa liberazione è ordinata alla fondazione del popolo di Dio e al culto dell'Alleanza celebrato sul Monte Sinai. ( Cf. Es 24 )

Per questo la liberazione dell'Esodo non può essere ridotta ad una liberazione di natura principalmente ed esclusivamente politica.

D'altronde è significativo che il termine di liberazione sia talvolta sostituito nella Scrittura con quello, molto vicino, di redenzione.

4. L'episodio fondante dell'Esodo non sarà mai cancellato dalla memoria di Israele.

Ad esso ci si rifà quando, dopo la rovina di Gerusalemme e l'esilio di Babilonia, si vive nella speranza di una nuova liberazione e, al di là di essa, nell'attesa di una liberazione definitiva.

In questa esperienza Dio è riconosciuto come il Liberatore.

Egli stringerà con il suo popolo una Nuova Alleanza, caratterizzata dal dono del suo Spirito e dalla conversione dei cuori. ( Cf. Ger 31,31-34; Ez 36,26ss )

5. Le angosce e le molteplici tristezze sperimentate dall'uomo fedele al Dio dell'Alleanza costituiscono il tema di parecchi salmi: lamenti, invocazioni di aiuto, azioni di grazia fanno menzione della salvezza religiosa e della liberazione.

In questo contesto, l'angoscia non è puramente e semplicemente identificata con una condizione sociale di miseria o con quella di colui che subisce l'oppressione politica.

Essa comprende anche l'ostilità dei nemici, l'ingiustizia, la morte, la colpa.

I salmi ci rimandano ad un'esperienza religiosa essenziale: solo da Dio ci si può aspettare la salvezza e l'aiuto.

Dio, e non l'uomo, ha il potere di cambiare le situazioni di angoscia.

Perciò i "poveri del Signore" vivono in una dipendenza totale e fiduciosa nella provvidenza amorosa di Dio. ( Cf. Sof 3,12ss )

E d'altra parte, durante tutto il cammino nel deserto, il Signore non ha cessato di provvedere alla liberazione e alla purificazione spirituale del suo popolo.

6. Nell'Antico Testamento, i profeti, dopo Amos, non cessano di richiamare, con singolare vigore, le esigenze della giustizia e della solidarietà e di esprimere un giudizio estremamente severo nei confronti dei ricchi che opprimono il povero.

Essi prendono le difese della vedova e dell'orfano.

Proferiscono minacce contro i potenti: l'accumularsi delle iniquità conduce necessariamente a terribili castighi.

La fedeltà all'Alleanza non è concepibile senza la pratica della giustizia.

La giustizia verso Dio e la giustizia verso gli uomini sono inseparabili.

Dio è il difensore e il liberatore del povero.

7. Tali esigenze si ritrovano anche nel Nuovo Testamento.

Esse vi sono anzi radicalizzate, come dimostra il discorso delle Beatitudini.

La conversione e il rinnovamento devono operarsi nell'intimo del cuore.

8. Già annunziato nell'Antico Testamento, il comandamento dell'amore fraterno, esteso a tutti gli uomini, costituisce così la norma suprema della vita sociale. ( Cf. Dt 10,18-19 )

Non vi sono discriminazioni o limiti che possano opporsi al riconoscimento di ogni uomo come il prossimo. ( Cf. Lc 10,25-37 )

9. La povertà per il Regno è magnificata.

E nella figura del Povero, noi siamo portati a riconoscere l'immagine e come la presenza misteriosa del Figlio di Dio che si è fatto povero per amore nostro. ( Cf. 2 Cor 8,9 )

Questo è il fondamento delle parole inestinguibili di Gesù sul Giudizio in Mt 25,31-46.

Nostro Signore è solidale con ogni infelicità; ogni angoscia è segnata dalla sua presenza.

10. Allo stesso tempo, le esigenze della giustizia e della misericordia, già enunciate nell'Antico Testamento, sono approfondite al punto da rivestire, nel Nuovo Testamento, un nuovo significato.

Coloro che soffrono o sono perseguitati vengono identificati col Cristo. ( Cf. Mt 25,31-46; At 9,4-5; Col 1,24 )

La perfezione che Gesù chiede ai suoi discepoli ( Mt 5,18 ) consiste nel dovere di essere misericordiosi "come è misericordioso il Padre vostro" ( Lc 6,36 ).

11. I ricchi sono severamente richiamati al loro dovere proprio alla luce della vocazione cristiana all'amore fraterno e alla misericordia. ( Cf. Gc 5,1ss )

Di fronte ai disordini della Chiesa di Corinto, S. Paolo sottolinea con forza il legame esistente tra la partecipazione al sacramento dell'amore e la condivisione con il fratello che si trova in necessità. ( Cf. 1 Cor 11,17-34 )

12. La Rivelazione del Nuovo Testamento ci insegna che il peccato è il male più profondo, che lede l'uomo nell'intimo della sua personalità.

La prima liberazione, alla quale tutte le altre devono riferirsi, è quella dal peccato.

13. Indubbiamente è proprio per sottolineare il carattere radicale della liberazione operata dal Cristo e offerta a tutti gli uomini - siano essi politicamente liberi o schiavi - che il Nuovo Testamento non esige innanzi tutto, come presupposto per l'accesso a questa libertà, un cambiamento di condizione politica e sociale.

Tuttavia, la Lettera a Filemone dimostra che la nuova libertà, apportata dalla grazia di Cristo, deve avere necessariamente delle ripercussioni sul piano sociale.

14. Di conseguenza non si può restringere il campo del peccato, il cui primo effetto è quello di introdurre il disordine nella relazione tra l'uomo e Dio, al cosiddetto "peccato sociale".

In realtà solo una retta dottrina sul peccato permette d'insistere sulla gravità dei suoi effetti sociali.

15. Neppure è possibile localizzare il male principalmente e unicamente nelle cattive "strutture" economiche, sociali o politiche, come se tutti gli altri mali trovassero in esse la loro causa, sicché la creazione di un "uomo nuovo" dipenderebbe dall'instaurazione di diverse strutture economiche e socio-politiche.

Certamente esistono strutture ingiuste e generatrici di ingiustizia, che occorre avere il coraggio di cambiare.

Frutto dell'azione dell'uomo, le strutture, buone o cattive, sono delle conseguenze prima di essere delle cause.

La radice del male risiede dunque nelle persone libere e responsabili, che devono essere convertite dalla grazia di Gesù Cristo, per vivere e agire come creature nuove, nell'amore del prossimo, nella ricerca efficace della giustizia, nella padronanza di se stesse e nell'esercizio delle virtù. ( Cf. Gc 2,14-26 )

Ponendo come primo imperativo la rivoluzione radicale dei rapporti sociali e criticando, per questo, la ricerca della perfezione personale, ci si mette sulla via della negazione del significato della persona e della sua trascendenza, e si distrugge l'etica e il suo fondamento che è il carattere assoluto della distinzione tra il bene e il male.

Per altro, poiché la carità è il principio della perfezione autentica, questa non può essere concepita senza l'apertura agli altri e senza lo spirito di servizio.

Indice