Principi e norme sull'ecumenismo

Indice

I - La ricerca dell'unità dei cristiani

9. Il movimento ecumenico intende essere una risposta al dono della grazia di Dio, chiamando tutti i cristiani alla fede nel mistero della Chiesa, secondo il disegno di Dio che vuole condurre l'umanità alla salvezza e all'unità in Cristo mediante lo Spirito Santo.

Questo movimento chiama i cristiani alla speranza che si realizzi pienamente la preghiera di Gesù « perché tutti siano una sola cosa ». ( Gv 17,21; cfr. Ef 4,4 )

Li chiama a quella carità che è il comandamento nuovo di Cristo e il dono per mezzo del quale lo Spirito santo unisce tutti i fedeli.

Il concilio Vaticano II ha esplicitamente chiesto ai cattolici di abbracciare nel loro amore tutti i cristiani con una carità che anela a superare, nella verità, ciò che li divide e attivamente si impegna a farlo; essi devono operare sperando e pregando per la promozione dell'unità dei cristiani; la loro fede nel mistero della Chiesa li stimola e li illumina in maniera tale che la loro azione ecumenica possa essere ispirata e guidata da una vera comprensione della Chiesa che è in Cristo come « sacramento, cioè segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano ».10

10. L'insegnamento della Chiesa sull'ecumenismo, così come l'incoraggiamento a sperare e l'invito ad amare, trovano un'espressione ufficiale nei documenti del concilio Vaticano II e in particolare nella Lumen gentium e nell' Unitatis redintegratio.

I documenti successivi che hanno per oggetto l'attività ecumenica nella Chiesa, ivi compreso il Direttorio ecumenico ( 1967 e 1970 ), si basano sui principi dottrinali, spirituali e pastorali enunciati nei documenti del Concilio.

Essi hanno approfondito alcuni argomenti cui si fa cenno nei documenti conciliari, hanno sviluppato una terminologia teologica ed hanno impartito norme d'azione più dettagliate, pur sempre interamente basate sull'insegnamento del Concilio stesso.

Tutto ciò offre un insieme di insegnamenti le cui grandi linee saranno esposte in questo capitolo.

Tali insegnamenti costituiscono il fondamento del presente Direttorio.

La Chiesa e la sua unità nel piano di Dio

11. Il Concilio colloca il mistero della Chiesa nel mistero della sapienza e della bontà di Dio, il quale attira tutta la famiglia umana ed anche l'intera creazione all'unità in lui.11

A tal fine, Dio ha mandato nel mondo il suo Figlio Unigenito, che, innalzato sulla croce e poi entrato nella gloria, effuse lo Spirito santo, per mezzo del quale convoca e riunisce nell'unità della fede, della speranza e della carità il popolo della Nuova Alleanza che è la Chiesa.

Per fondare in ogni luogo la Chiesa santa fino alla fine dei secoli, Cristo affidò il compito di insegnare, governare e santificare al collegio dei Dodici, al quale diede Pietro come capo.

« Gesù Cristo per mezzo della fedele predicazione del Vangelo, dell'amministrazione dei sacramenti e del governo esercitato nell'amore da parte degli apostoli e dei loro successori sotto l'azione dello Spirito santo, vuole che il suo popolo cresca e sia perfezionata la sua comunione nell'unità ».12

Il Concilio presenta la Chiesa come il nuovo popolo di Dio, che in sé riunisce, con tutte le ricchezze della loro diversità, uomini e donne di ogni nazione e di ogni cultura, dotati di multiformi doni di natura e di grazia, posti a servizio gli uni degli altri, e consapevoli d'essere mandati nel mondo per la sua salvezza.13

Essi accolgono nella fede la Parola di Dio, sono battezzati in Cristo, confermati nello Spirito della Pentecoste e celebrano insieme il sacramento del corpo e del sangue di Cristo nell'Eucaristia: « Lo Spirito Santo, che abita nei credenti e riempie e regge tutta la Chiesa, produce la meravigliosa comunione dei fedeli e tanto intimamente tutti unisce in Cristo, da essere il principio dell'unità della Chiesa.

Egli opera la varietà delle grazie e dei servizi e arricchisce con vari doni la Chiesa di Gesù Cristo, "organizzando i santi per compiere l'opera del servizio e per la edificazione del Corpo di Cristo" ».14 ( Ef 4,12 )

12. A servizio del popolo di Dio, per la sua comune vita di fede e sacramentale, sono posti i ministri ordinati: vescovi, presbiteri e diaconi.15

In tal modo, unito dal triplice legame della fede, della vita sacramentale e del ministero gerarchico, tutto il popolo di Dio realizza ciò che la tradizione di fede dal Nuovo Testamento in poi ( At 2,42 ) ha sempre chiamato la koinonia/comunione.

È, questo, il concetto chiave che ha ispirato l'ecclesiologia del concilio Vaticano II17 ed al quale il recente insegnamento del Magistero ha dato una grande importanza.

La Chiesa come comunione

13. La comunione nella quale i cristiani credono e sperano è, nella sua realtà più profonda, la loro unità con il Padre per Cristo nello Spirito santo.

Dopo la Pentecoste essa è donata e ricevuta nella Chiesa, comunione dei santi.

Ha il suo pieno compimento nella gloria del cielo, ma si realizza già nella Chiesa sulla terra mentre cammina verso quella pienezza.

Coloro che vivono uniti nella fede, nella speranza e nella carità, nel servizio vicendevole, nell'insegnamento comune e nei sacramenti, sotto la guida dei loro Pastori,18 hanno parte alla comunione che costituisce la Chiesa di Dio.

Tale comunione concretamente si realizza nelle Chiese particolari, ognuna delle quali è riunita attorno al proprio Vescovo.

In ciascuna di esse « è veramente presente e agisce la Chiesa di Cristo, una, santa, cattolica ed apostolica ».19

Tale comunione, per sua stessa natura, è perciò universale.

14. La comunione tra le Chiese si conserva e si esprime specialmente attraverso la comunione tra i loro vescovi.

Insieme essi formano un collegio, che succede al collegio apostolico e ha come suo capo il Vescovo di Roma, quale successore di Pietro.20

Così i vescovi garantiscono che le Chiese di cui sono i ministri continuano l'unica Chiesa di Cristo, fondata sulla fede e sul ministero degli apostoli.

Essi coordinano le energie spirituali e i doni dei fedeli e delle loro associazioni, in vista dell'edificazione della Chiesa e del pieno esercizio della sua missione.

15. Ogni Chiesa particolare, unita in se stessa e nella comunione della Chiesa una, santa, cattolica ed apostolica, è mandata in nome di Cristo e per la potenza dello Spirito a portare il Vangelo del Regno ad un sempre maggior numero di persone, offrendo loro la comunione con Dio.

Accogliendola, tali persone entrano anche in comunione con tutti coloro che già l'hanno ricevuta e, con essi, sono costituiti in un'autentica famiglia di Dio.

Con la sua unità, questa famiglia testimonia la comunione con Dio.

Proprio in questa missione della Chiesa si realizza la preghiera di Gesù; egli infatti ha pregato « perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch'essi in noi una cosa sola, perché il mondo creda che tu mi hai mandato ». ( Gv 17,21 )

16. La comunione all'interno delle Chiese particolari e tra loro è un dono di Dio.

La si deve accogliere con gioia e gratitudine, e coltivare con cura.

Essa è custodita particolarmente da coloro che sono chiamati a esercitare nella Chiesa il ministero di pastore.

L'unità della Chiesa si realizza nel contesto di una ricca diversità.

La diversità è una dimensione della cattolicità della Chiesa.

La ricchezza stessa ditale diversità può, tuttavia, generare tensioni nella comunione.

Ma, nonostante queste tensioni, lo Spirito continua ad agire nella Chiesa chiamando i cristiani, nella loro diversità, ad una sempre più profonda unità.

17. I cattolici conservano la ferma convinzione che l'unica Chiesa di Cristo sussiste nella Chiesa cattolica, « governata dal successore di Pietro e dai vescovi in comunione con lui ».22

Essi confessano che la totalità della verità rivelata, dei sacramenti e del ministero, dati da Cristo per l'edificazione della sua Chiesa e per il compimento della missione che le è propria, si trova nella comunione cattolica della Chiesa.

Certo, i cattolici sono consapevoli di non aver vissuto e di non vivere personalmente in pienezza dei mezzi di grazia di cui la Chiesa è dotata.

Malgrado tutto, la loro fiducia nella Chiesa non viene mai meno.

La fede dà loro la certezza che essa permane « degna sposa del suo Signore » e non cessa, « sotto l'azione dello Spirito santo, di rinnovare se stessa, finché attraverso la croce giunga alla luce che non conosce tramonto ».23

Quando perciò i cattolici usano le parole « Chiese », « altre Chiese », « altre Chiese e comunità ecclesiali », ecc., per designare coloro che non sono in piena comunione con la Chiesa cattolica, si deve sempre tener conto di questa ferma convinzione e confessione di fede.

Le divisioni tra i cristiani e la ricomposizione dell'unità

18. L'insensatezza e il peccato degli uomini, tuttavia, lungo la storia hanno opposto resistenza alla volontà unificante dello Spirito santo e indebolito la forza dell'amore che supera le tensioni che si creano nella vita ecclesiale.

Fin dagli inizi della Chiesa avvennero scissioni.

Successivamente si manifestarono dissensi più gravi e alcune Chiese in Oriente non si trovarono più in piena comunione con la Sede di Roma e con la Chiesa d'Occidente.24

Più tardi, in Occidente, divisioni più profonde causarono il formarsi di altre comunità ecclesiali.

Tali scissioni avevano alla loro origine questioni dottrinali o disciplinari e perfino divergenze sulla natura della Chiesa.25

Il decreto del concilio Vaticano II sull'ecumenismo riconosce che dissensi sono nati « talora non senza colpa di uomini d'entrambe le parti ».26

Tuttavia, per quanto la colpevolezza umana abbia potuto nuocere gravemente alla comunione, questa non è mai stata distrutta.

In effetti, la pienezza dell'unità della Chiesa di Cristo si è conservata nella Chiesa cattolica, mentre altre Chiese e comunità ecclesiali, pur non essendo in piena comunione con la Chiesa cattolica, in realtà mantengono con essa una certa comunione.

Il Concilio così si esprime: « Quell'unità crediamo sussistere, senza possibilità d'essere perduta, nella Chiesa cattolica e speriamo che crescerà ogni giorno più fino alla fine dei secoli ».27

Alcuni testi conciliari indicano gli elementi che sono condivisi dalla Chiesa cattolica e dalle Chiese orientali28 da una parte, e dalla Chiesa cattolica e dalle altre Chiese e comunità ecclesiali dall'altra.29

« Lo Spirito di Cristo non ricusa di servirsi di esse come di strumenti di salvezza ».30

19. Tuttavia nessun cristiano o cristiana può essere pago di tali forme imperfette di comunione, che non corrispondono alla volontà di Cristo e indeboliscono la sua Chiesa nell'esercizio della missione che le è propria.

La grazia di Dio, soprattutto nel nostro secolo, ha spinto alcuni membri di parecchie Chiese e comunità ecclesiali a cercare con decisione di superare le divisioni ereditate dal passato e di ricostruire una comunione d'amore mediante la preghiera, il pentimento, la reciproca richiesta di perdono per i peccati di divisione del passato e del presente, e attraverso incontri per iniziative di collaborazione e di dialogo teologico.

Tali sono gli obiettivi e le attività di quello che è stato chiamato movimento ecumenico.31

20. Durante il concilio Vaticano II la Chiesa cattolica ha preso solennemente l'impegno di operare per l'unità dei cristiani.

Il decreto Unitatis redintegratio precisa che l'unità voluta da Cristo per la sua Chiesa si realizza « per mezzo della fedele predicazione del Vangelo, dell'amministrazione dei sacramenti e del governo esercitato nell'amore da parte degli apostoli e dei loro successori, cioè i vescovi con a capo il successore di Pietro ».

Il decreto afferma che questa unità consiste « nella confessione di una sola fede, nella comune celebrazione del culto divino e nella fraterna concordia della famiglia di Dio ».32

Tale unità, che per sua stessa natura esige una piena comunione visibile di tutti i cristiani, è il fine ultimo del movimento ecumenico.

Il Concilio dichiara che essa non richiede affatto che venga sacrificata la ricca diversità di spiritualità, di disciplina, di riti liturgici e di elaborazione della verità rivelata che sono andati sviluppandosi tra i cristiani,33 nella misura in cui tale diversità rimane fedele alla tradizione apostolica.

21. Dopo il concilio Vaticano II l'attività ecumenica, in tutta la Chiesa cattolica, è stata ispirata e guidata da diversi documenti e iniziative della Santa Sede e, nelle Chiese particolari, da documenti e iniziative dei vescovi, dei Sinodi delle Chiese orientali cattoliche e delle Conferenze episcopali.

Si devono anche ricordare i progressi realizzati in molteplici forme di dialogo ecumenico e in diversi tipi di collaborazione ecumenica.

Secondo la stessa espressione del Sinodo dei vescovi del 1985, l'ecumenismo « si è profondamente e indelebilmente impresso nella coscienza della Chiesa ».34

L'ecumenismo nella vita dei cristiani

22. Il movimento ecumenico è una grazia di Dio, concessa dal Padre in risposta alla preghiera di Gesù ( Gv 17,21 ) e alle suppliche della Chiesa ispirata dallo Spirito Santo. ( Rm 8,26–27 )

Pur collocandosi nell'ambito della missione generale della Chiesa, che è di unire l'umanità in Cristo, il suo compito specifico è la ricomposizione dell'unità tra i cristiani.37

Coloro che sono battezzati nel nome di Cristo sono, per ciò stesso, chiamati ad impegnarsi nella ricerca dell'unità.38

La comunione nel battesimo è ordinata alla piena comunione ecclesiale.

Vivere il proprio battesimo significa essere coinvolti nella missione di Cristo, la quale consiste appunto nel raccogliere tutto nell'unità.

23. I cattolici sono invitati a rispondere, secondo le indicazioni dei loro Pastori, con solidarietà e gratitudine agli sforzi che si compiono per ristabilire l'unità dei cristiani in molte Chiese e comunità ecclesiali e nelle varie organizzazioni alle quali danno la loro collaborazione.

Là dove non si realizza nessuna attività ecumenica, almeno praticamente, i cattolici cercheranno di promuoverla.

Là dove l'impegno ecumenico incontra opposizioni o ostacoli, a causa di tendenze settarie o di attività che portano a divisioni ancora più profonde tra coloro che confessano il nome di Cristo, i cattolici siano pazienti e perseveranti.

Gli Ordinari del luogo,39 i Sinodi delle Chiese orientali cattoliche40 e le Conferenze episcopali si troveranno talvolta nella necessità di prendere speciali misure per superare il pericolo di indifferentismo o di proselitismo.41

Ciò potrebbe riguardare particolarmente le giovani Chiese.

I cattolici, in tutti i loro rapporti con membri di altre Chiese e comunità ecclesiali, agiranno con rettitudine, prudenza e competenza.

Il criterio di procedere con gradualità e precauzione, senza eludere le difficoltà, è anche una garanzia per non cedere alla tentazione dell'indifferentismo o del proselitismo, che sarebbe la rovina del vero spirito ecumenico.

24. Qualunque sia la situazione locale, i cattolici, per essere in grado di assumere le loro responsabilità ecumeniche, devono agire insieme e in accordo con i loro vescovi.

Innanzi tutto devono conoscere a fondo la natura della Chiesa cattolica ed essere capaci di render conto del suo insegnamento, della sua disciplina e dei suoi principi ecumenici.

Quanto meglio conoscono tutto questo, tanto meglio lo possono esporre nelle discussioni con gli altri cristiani e convenientemente spiegarlo motivandolo.

Devono anche avere una corretta conoscenza delle altre Chiese e comunità ecclesiali con le quali sono in rapporto.

É necessario prendere in attenta considerazione le varie condizioni preliminari all'impegno ecumenico, che sono enunciate nel decreto del concilio Vaticano II sull'ecumenismo.42

25. L'ecumenismo, con tutte le sue esigenze umane e morali, è talmente radicato nell'azione misteriosa della Provvidenza del Padre, per il Figlio e nello Spirito, da toccare le profondità della spiritualità cristiana.

Esso richiede quella « conversione del cuore e quella santità della vita, insieme con le preghiere private e pubbliche per l'unità dei cristiani », che il decreto del concilio Vaticano II sull'ecumenismo chiama « ecumenismo spirituale » e ritiene essere « l'anima di tutto il movimento ecumenico ».43

Coloro che si immedesimano profondamente a Cristo devono conformarsi alla sua preghiera, in particolare alla sua preghiera per l'unità; coloro che vivono nello Spirito devono lasciarsi trasformare dall'amore, che, per la causa dell'unità, « tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta » ( 1 Cor 13,7 ) coloro che vivono in spirito di pentimento saranno particolarmente sensibili al peccato delle divisioni e pregheranno per il perdono e la conversione.

Coloro che tendono alla santità saranno capaci di riconoscere i suoi frutti anche al di fuori dei confini visibili della loro Chiesa.45

Arriveranno a conoscere veramente Dio come colui che solo è capace di raccogliere tutti nell'unità, essendo il Padre di tutti.

I diversi livelli dell'azione ecumenica

26. Le possibilità e le esigenze dell'azione ecumenica non si presentano nello stesso modo in una parrocchia, in una diocesi, a livello di un'organizzazione regionale o nazionale delle diocesi, a livello della Chiesa universale.

L'ecumenismo richiede un impegno del popolo di Dio nelle strutture ecclesiastiche e secondo la disciplina propria di ciascuno di tali livelli.

27. Nella diocesi, raccolta attorno al suo Vescovo, nelle parrocchie e nei diversi gruppi e comunità, l'unità dei cristiani si costruisce e si evidenzia giorno per giorno:46 uomini e donne ascoltano nella fede la Parola di Dio, pregano, celebrano i sacramenti, si mettono al servizio gli uni degli altri e testimoniano il Vangelo della salvezza a coloro che ancora non credono.

Tuttavia, quando membri di una stessa famiglia appartengono a Chiese e comunità ecclesiali diverse, quando dei cristiani non possono ricevere la comunione con il coniuge o i figli o gli amici, la sofferenza per la divisione si fa acutamente sentire e dovrebbe più fortemente stimolare alla preghiera e all'attività ecumenica.

28. Il fatto di riunire, all'interno della comunione cattolica, le Chiese particolari in istituzioni affini, quali i Sinodi delle Chiese orientali e le Conferenze episcopali, manifesta la comunione esistente tra queste Chiese.

Tali assemblee possono sensibilmente facilitare lo sviluppo di efficaci relazioni ecumeniche con le Chiese e le comunità ecclesiali di una stessa regione che non sono in piena comunione con noi.

Oltre la loro tradizione culturale e civica, esse condividono una comune eredità ecclesiale, che risale all'epoca anteriore alle divisioni.

Avendo maggiori possibilità che non una Chiesa particolare di trattare in maniera rappresentativa i fattori regionali e nazionali dell'attività ecumenica, i Sinodi delle Chiese orientali cattoliche e le Conferenze episcopali possono dar vita a organizzazioni destinate a valorizzare e coordinare le risorse e gli sforzi del loro territorio, in modo tale da sostenere le attività delle Chiese particolari e consentire loro di seguire, nelle loro iniziative ecumeniche, un cammino cattolico omogeneo.

29. Spetta al Collegio dei vescovi e alla Sede apostolica il giudizio in ultima istanza sul modo in cui si deve rispondere alle esigenze della piena comunione.47

A questo livello si raccoglie e si valuta l'esperienza ecumenica di tutte le Chiese particolari; si riuniscono i mezzi necessari al servizio della comunione a livello universale e tra tutte le Chiese particolari che fanno parte di questa comunione e per essa si adoperano; si danno le direttive che servono a orientare e dirigere le attività ecumeniche ovunque si svolgano nella Chiesa.

Spesso è a questo livello della Chiesa che le altre Chiese e comunità ecclesiali si rivolgono quando desiderano essere in rapporto ecumenico con la Chiesa cattolica.

Ed è a questo livello che possono essere prese le decisioni ultime concernenti la ricomposizione della comunione.

Complessità e diversità della situazione ecumenica

30. Il movimento ecumenico vuole essere obbediente alla Parola di Dio, alle ispirazioni dello Spirito Santo e all'autorità di coloro ai quali è affidato il ministero di assicurare che la Chiesa rimanga fedele a quella tradizione apostolica in cui vengono accolti la Parola di Dio e i doni dello Spirito.

Ciò che si ricerca è la comunione, che è il cuore del mistero della Chiesa, ed è per questo che il ministero apostolico dei vescovi è particolarmente necessario nell'ambito dell'attività ecumenica.

Le situazioni di cui l'ecumenismo si occupa molto spesso sono senza precedenti, variano da luogo a luogo e di epoca in epoca.

Vanno incoraggiate anche le iniziative dei fedeli nel campo dell'ecumenismo.

E però indispensabile un attento e continuo discernimento, che compete a coloro che hanno la responsabilità ultima della dottrina e della disciplina della Chiesa.48

A costoro spetta incoraggiare iniziative serie ed assicurare che siano attuate secondo i principi cattolici dell'ecumenismo.

Essi devono ridare fiducia a coloro che si lasciano scoraggiare dalle difficoltà e moderare la generosità imprudente di coloro che non soppesano debitamente le reali difficoltà disseminate sulla via della ricomposizione dell'unità.

Il Pontificio Consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani, il cui ruolo e la cui responsabilità consistono nel dare direttive e suggerimenti per l'attività ecumenica, offre lo stesso servizio all'intera Chiesa.

31. La natura dell'azione ecumenica intrapresa in una regione particolare subirà sempre l'influsso del carattere particolare della situazione ecumenica del luogo.

La scelta dell'impegno ecumenico appropriato spetta primariamente al Vescovo, il quale deve tener conto delle specifiche responsabilità e delle esigenze tipiche della sua diocesi.

È impossibile passare in rassegna la varietà delle situazioni; si possono nondimeno fare alcune osservazioni abbastanza generali.

32. Il compito ecumenico si presenterà in modo diverso in un paese in prevalenza cattolico e in un paese in cui cristiani orientali o anglicani o protestanti sono in gran numero o maggioranza.

Il compito assumerà aspetti ancora diversi in paesi nei quali c'è una maggioranza di non cristiani.

La partecipazione della Chiesa cattolica al movimento ecumenico in paesi in cui essa è largamente maggioritaria è cruciale perché l'ecumenismo sia un movimento che coinvolga tutta la Chiesa.

33. Allo stesso modo, il compito ecumenico varierà notevolmente a seconda che la maggioranza dei nostri interlocutori cristiani appartenga parte a una o a più Chiese orientali anziché a comunità della Riforma.

Ogni caso ha una propria dinamica e sue peculiari possibilità.

Molti altri fattori, politici, sociali, culturali, geografici ed etnici, possono dare un'impronta specifica al compito ecumenico.

34. Le diverse caratteristiche del compito ecumenico dipenderanno sempre dal particolare contesto locale.

L'importante è che, nello sforzo comune, i cattolici, ovunque nel mondo, si sostengano vicendevolmente con la preghiera e il reciproco incoraggiamento, in modo che si possa perseguire la ricerca dell'unità dei cristiani, nei suoi molteplici aspetti, nell'obbedienza al comandamento del Signore.

Le sètte e i nuovi movimenti religiosi

35. Il panorama religioso del nostro mondo, negli ultimi decenni, è andato notevolmente evolvendosi e in alcune parti del mondo il cambiamento di maggior rilievo è stato il proliferare di sètte e di nuovi movimenti religiosi, la cui aspirazione a relazioni pacifiche con la Chiesa cattolica può talvolta essere debole o non esistere affatto.

Nel 1986, quattro dicasteri della Curia romana hanno pubblicato congiuntamente un rapporto,49 che richiama l'attenzione sulla fondamentale distinzione da farsi tra le sètte e i nuovi movimenti religiosi da una parte e le Chiese e comunità ecclesiali dall'altra.

In questo campo sono in corso ulteriori studi.

36. Per quel che riguarda le sètte e i nuovi movimenti religiosi, la situazione è assai complessa e si presenta in modo differente secondo il contesto culturale.

In alcuni paesi le sètte si sviluppano in un ambiente culturale fondamentalmente religioso.

In altri luoghi si diffondono in società sempre più secolarizzate, ma che, al tempo stesso, conservano credenze e superstizioni.

Certe sètte sono e si dicono di origine non cristiana; altre sono eclettiche; altre ancora si dichiarano cristiane, ma possono sia aver rotto con comunità cristiane, sia conservare ancora legami con il cristianesimo.

È chiaro che spetta primariamente al Vescovo, alla Conferenza episcopale o al Sinodo delle Chiese orientali cattoliche discernere il miglior modo di rispondere alla sfida rappresentata dalle sètte in una determinata regione.

Bisogna però insistere sul fatto che i principi della condivisione spirituale o della cooperazione pratica indicati in questo Direttorio si applicano esclusivamente alle Chiese e alle comunità ecclesiali con le quali la Chiesa cattolica ha instaurato relazione ecumeniche.

Al lettore di questo Direttorio apparirà con chiarezza che l'unico fondamento per tale condivisione e per tale cooperazione sta nel riconoscere da una parte e dall'altra una certa comunione già esistente, anche se imperfetta, congiunta all'apertura e al rispetto reciproco generati da un simile riconoscimento.

Indice

10 Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium ( LG, n. 1 ).
11 Cfr. LG, nn. 1–4 e il decreto conciliare sull'ecumenismo, Unitatis redintegratio ( UR, n. 2 )
12 UR, n. 2
13 Cfr. LG, nn. 2 e 5
14 UR, n. 2
15 Cfr. LG, c. III
17 Cfr. Relatio finalis del Sinodo straordinario dei vescovi del 1985: « L'ecclesiologia di comunione è l'idea centrale e fondamentale dei documenti conciliano » ( C, 1 ); cfr. Congregazione per la dottrina della fede, Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica su alcuni aspetti della Chiesa intesa come comunione ( 28 maggio 1992 ).
18 Cfr. LG, n. 14
19 Decreto sull'ufficio pastorale dei vescovi nella Chiesa, Christus Dominus ( CD, n. 11 )
20 Cfr. LG, n. 22
22 LG, n. 8
23 LG, n. 9
24 Cfr. UR, n. 3 e UR n. 13
25 Cfr. UR, n. 3: « Non v'è dubbio che, per le divergenze che in vari modi esistono tra loro [ coloro che credono in Cristo ] e la Chiesa cattolica, sia nel campo della dottrina e talora anche della disciplina, sia circa la struttura della Chiesa, impedimenti non pochi, e talvolta proprio gravi, si oppongono alla piena comunione ecclesiale, al superamento dei quali tende appunto il movimento ecumenico ». Divergenze della stessa natura continuano ad esercitare la loro influenza e provocano a volte nuove divisioni.
26 UR, n. 3
27 UR, n. 4
28 Cfr. UR, nn. 14–18. Il termine « ortodosso » è generalmente usato per indicare le Chiese orientali che accettano le decisioni dei concili di Efeso e di Calcedonia. Tuttavia, recentemente questo termine, per ragioni storiche, è stato riferito anche alle Chiese che non accettarono alcune formule dogmatiche dell'uno o dell'altro dei due concili citati ( cfr. UR, n. 13 ). Al fine di evitare ogni confusione, in questo Direttorio, l'espressione generale « Chiese orientali » sarà usata per indicare tutte le Chiese delle diverse tradizioni orientali che non sono in piena comunione con la Chiesa di Roma
29 Cfr. UR, nn. 21–23
30 Ibid., n. 3
31 Cfr. ibid., n. 4
32 UR, n. 2; LG, n. 14; CIC, can. 205; CCEO, can. 8
33 Cfr. UR, nn. 4 e 15–16
34 Relatio finalis del Sinodo straordinario dei vescovi (1985), C, 7
37 Cfr. UR, n. 5
38 Cfr. infra, nn. 92-101
39 In questo Direttorio quando si parla di « Ordinario del luogo » ci si riferisce anche ai « Gerarchi del luogo delle Chiese orientali », secondo la terminologia del CCEO
40 Per «Sinodi delle Chiese orientali cattoliche» si intendono le autorità superiori delle Chiese orientali cattoliche sui iuris come contemplato nel CCEO.
41 Cfr. Dichiarazione conciliare Dignitatis humane ( DH, n. 4 ): « Nel diffondere la fede religiosa e nell'introdurre usanze ci si deve sempre astenere da ogni genere di azione che sembri avere sapore di coercizione o di sollecitazione disonesta o scorretta, specialmente quando si tratta di persone incolte o bisognose ». Al tempo stesso, si deve affermare, con la medesima Dichiarazione, che « le comunità religiose hanno il diritto di non essere impedite di insegnare e di testimoniare pubblicamente la propria fede a voce e per iscritto » ( ibid. ).
42 Cfr. UR, nn. 9–12; 16–18
43 UR, n. 8
45 Cfr. UR, n. 3
46 Cfr. LG, n. 23; CD, n. 11; CIC, can. 383, § 3 e CCEO, can. 192, § 2
47 Cfr. CIC, can. 755, § 1; CCEO, can. 902 e can. 904, § 1.
48 Cfr. CIC, cann. 216 e 212; CCEO, can. 19 e can. 15
49 Cfr. Il fenomeno delle sètte o nuovi movimenti religiosi: una sfida pastorale, Rapporto congiunto basato sulle risposte ( circa 75 ) e la documentazione ricevute entro il 30 ottobre 1985 dalle Conferenze episcopali regionali o nazionali, SPUC, SI 61, 1986, pp. 158–169.