Concilio di Basilea

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Sessione XI ( 4 febbraio 1442 )

Bolla di unione dei copti

Eugenio vescovo, servo dei servi di Dio, a perpetua memoria.

Cantate al Signore, perché ha fatto cose magnifiche: annunziatelo per tutta la terra.

Godi e lodalo, abitante di Sion, perché è grande, in mezzo a te, il santo di Israele. ( Is 12,5-6 )

È davvero giusto che la chiesa di Dio canti e si rallegri nel Signore per questo grande splendore e gloria del suo nome, che Dio clementissimo si è degnato di compiere oggi.

Conviene, infatti, lodare e benedire con tutto il cuore il Salvatore nostro, che ogni giorno accresce la sua santa chiesa con nuove aggiunte.

E quantunque sempre i suoi benefici verso il popolo cristiano siano molti e grandi, - ed essi ci dimostrano più chiaramente della luce la sua immensa carità verso di noi - tuttavia, se consideriamo più attentamente quali meraviglie in questi ultimissimi tempi la divina clemenza si è degnata operare, dovremo certamente costatare che i doni del suo amore sono stati più numerosi e più grandi in questo nostro tempo che in molte altre età passate.

Ecco, infatti, che in meno di un triennio il signore nostro Gesù Cristo con la sua inesauribile pietà ha realizzato in questo santo sinodo ecumenico, la salutarissima unione di tre grandi nazioni, a comune, perenne gaudio di tutta la cristianità; per cui quasi tutto l'oriente, che adora il glorioso nome di Cristo, e non piccola parte del settentrione, dopo Lunghi dissidi, condividono con la santa chiesa romana lo stesso vincolo di fede e di carità.

Prima, infatti, si sono uniti alla sede apostolica i Greci e quelli che dipendono dalle quattro sedi patriarcali, che comprendono molte genti e nazioni e lingue; poi gli Armeni, gente dai molti popoli; oggi, i Giacobiti, grandi popoli dell'Egitto.

E poiché niente potrebbe esser più grato al nostro Salvatore e signore Gesù Cristo della mutua carità, e niente più glorioso per il suo nome e più utile per la chiesa che i cristiani, rimossa tra loro ogni divisione, convengano nella stessa fede, giustamente noi tutti dobbiamo cantare dalla gioia e giubilare nel Signore; noi, che la divina misericordia ha fatto degni di vedere in questi tempi tanta magnificenza della fede cristiana.

Annunziamo, quindi, con animo gioioso queste meraviglie in tutto il mondo cristiano, perché, come noi per la gloria di Dio e l'esaltazione della chiesa siamo stati inondati da ineffabile gaudio, cosi anche gli altri partecipino di tanta letizia; e tutti, ad una sola bocca, magnifichiamo e lodiamo Dio ( Rm 15,6 ) e rendiamo, com'è giusto, grandi grazie, ogni giorno, alla sui maestà per tanti e cosi mirabili benefici concessi in questa età alla sua chiesa.

E poiché, inoltre, chi compie l'opera di Dio diligentemente, non solo deve aspettarsi il compenso e la retribuzione nei cieli, ma merita anche una grande gloria e lode presso gli uomini, crediamo che il venerabile fratello nostro Giovanni, patriarca dei Giacobiti, che ha tanto desiderato questa santa unione, a buon diritto debba esser lodato da noi e da tutta la chiesa e innalzato e giudicato degno, con tutta la sua gente della comune benevolenza di tutti i cristiani.

Egli, sollecitato per mezzo di un nostro inviato e di lettere, perché mandasse una legazione a noi e a questo sacro concilio e si unisse con la sua gente a questa sede romana nella stessa fede, ha destinato a noi e allo stesso sinodo il diletto figlio Andrea, egiziano, abate del monastero di S. Antonio in Egitto, nel quale si dice che abbia dimorato e sia morto lo stesso S. Antonio, noto per la sua pietà e i suoi costumi.

E, acceso di zelo per la religione, gli impose e gli ordinò di accettare con riverenza, a nome del patriarca e dei suoi Giacobiti, la dottrina di fede che professa e predica la santa romana chiesa e di portarla, poi, allo stesso patriarca e ai Giacobiti, perché potessero conoscerla e approvarla e predicarla nelle loro regioni.

Noi, quindi, incaricati dalla voce del Signore di pascere le pecore del Cristo ( Gv 21,17 ) abbiamo fatto esaminare diligentemente questo abate Andrea da alcuni insigni membri di questo sacro concilio sugli articoli della fede, i sacramenti della chiesa e tutto ciò che riguarda la salvezza; e alla fine, esposta allo stesso abate - per quanto necessario - la fede cattolica della santa chiesa romana, da lui umilmente accettata, oggi, in questa solenne sessione, con l'approvazione del sacro concilio ecumenico fiorentino, gli abbiamo affidato, nel nome del Signore, la dottrina che segue, vera e necessaria.

In primo luogo, dunque, la sacrosanta chiesa romana, fondata dalla voce del nostro Signore e Salvatore, crede fermamente, professa e predica un solo, vero Dio, onnipotente, incommutabile, eterno: Padre, Figlio e Spirito santo; uno nell'essenza, trino nelle persone; Padre, non generato, Figlio, generato dal Padre, Spirito santo, procedente dal Padre e dal Figlio; crede che il Padre non è il Figlio o lo Spirito santo, che il Figlio non è il Padre o lo Spirito Santo che lo Spirito santo non è il Padre o il Figlio; ma che il Padre è solo Padre, il Figlio, solo Figlio, lo Spirito santo, solo Spirito santo.

Solo il Padre ha generato il Figlio dalla sua sostanza; solo il Figlio è stato generato dal solo Padre; solo lo Spirito santo procede nello stesso tempo dal Padre e dal Figlio.

Queste tre persone sono un solo Dio, non tre Dei poiché una sola è la sostanza una l'essenza, una la natura, una la divinità, una l'immensità, una l'eternità di tutti e tre, tutti sono uno, dove non si opponga la relazione.

Per questa unità il Padre è tutto nel Figlio e tutto nello Spirito santo; il Figlio è tutto nel Padre e tutto nello Spirito santo; lo Spirito santo è tutto nel Padre e tutto nel Figlio.

Nessuno precede l'altro per eternità, o lo sorpassa in grandezza, o lo supera per potenza: è eterno, infatti, e senza principio che il Figlio ha origine dal Padre; ed eterno e senza principio, che lo Spirito santo procede dal Padre e dal Figlio.

Tutto quello che il Padre è od ha, non lo ha da un altro, ma da sé; ed è principio senza principio.

Tutto ciò che il Figlio è od ha, lo ha dal Padre, ed è principio da principio.

Tutto ciò che lo Spirito santo è od ha, lo ha dal Padre e dal Figlio insieme; ma il Padre ed il Figlio non sono due principi dello Spirito santo, ma un solo principio, come il Padre, il Figlio e lo Spirito santo non sono tre principi della creatura, ma un solo principio.

Essa condanna, perciò, riprova e anatematizza tutti quelli che credono diversamente e contrariamente e li dichiara solennemente estranei al corpo di Cristo, che è la chiesa.

Condanna, quindi, Sabellio, che confonde le persone e toglie del tutto la distinzione reale di esse; condanna gli Ariani, gli Eunomiani, i Macedoniani, che affermano che solo il Padre è vero Dio, e collocano il Figlio e lo Spirito santo nell'ordine delle creature.

Condanna anche qualunque altro, che ponga dei gradi o l'ineguaglianza nella Trinità.

Crede fermissimamente, ritiene e predica che un solo, vero Dio, Padre, Figlio e Spirito santo, è il creatore di tutte le cose visibili e invisibili, il quale, quando volle, creò per sua bontà tutte le creature, spirituali e materiali: buone, naturalmente, perché hanno origine dal sommo bene, ma mutevoli, perché fatte dal nulla; ed afferma che non vi è natura cattiva in sé stessa, perché ogni natura, in quanto tale, è buona.

Essa confessa che un solo, identico Dio è autore dell'antico e dei nuovo Testamento, cioè della legge e dei profeti, e del Vangelo, perché i santi dell'uno e dell'altro Testamento hanno parlato sotto l'ispirazione del medesimo Spirito santo.

Essa accetta e venera i loro libri, che sono indicati da questi titoli: I cinque di Mosè, cioè: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri, Deuteronomio; Giosuè, Giudici, Ruth, i 4 dei Re, i 2 dei Paralipomeni, Esdra, Neemia, Tobia, Giuditta, Ester Giobbe, Salmi di David, Parabole, Ecclesiaste, Cantico dei Cantici, Sapienza, Ecclesiastico, Isaia, Geremia, Baruc, Ezechiele, Daniele, i 12 Profeti minori, e cioè: Osea, Gioele, Amos, Abdia, Giona, Michea, Naum, Abacuc, Sofonia, Aggeo, Zaccaria, Malachia; i 2 dei Maccabei, i 4 Evangeli: di Matteo, di Marco, di Luca e di Giovanni; le 14 lettere di S. Paolo: ai Romani, le 2 ai Corinti, ai Galati, agli Efesini, ai Filippesi, le 2 ai Tessalonicesi, ai Colossesi, le 2 a Timoteo, a Tito, a Filemone, agli Ebrei; le 2 di Pietro, le 3 di Giovanni; 1 di Giacomo; 1 di Giuda; gli Atti degli Apostoli, e l'Apocalisse di Giovanni.

Essa anatematizza, quindi, la pazzia dei Manichei, che ammettevano due primi principi, uno delle cose visibili, l'altro delle invisibili e dicevano che altro è il Dio del nuovo Testamento, altro quello dell'antico.

Crede fermamente, professa e predica che una delle persone della Trinità, vero figlio di Dio, generato dal Padre, consostanziale al Padre e coeterno con lui, nella pienezza dei tempi, stabilita dalla inscrutabile profondità del divino consiglio, ha assunto la vera e completa natura umana nel seno immacolato della vergine Maria per la salvezza del genere umano; e che ha unito a sé questa natura in una unità personale cosi stretta, che tutto quello che è di Dio non è separato dall'uomo, e quello che è proprio dell'uomo non è diviso dalla divinità; ed è un essere solo ed indiviso, pur rimanendo l'una e l'altra natura con le sue proprietà; Dio e uomo; Figlio di Dio e figlio dell'uomo; uguale al Padre secondo la divinità, minore del Padre secondo l'umanità; immortale ed eterno, per la natura divina, soggetto alla sofferenza e al tempo per la condizione umana che ha assunto.

Crede fermamente, professa e predica che il Figlio di Dio è veramente nato dalla Vergine, nell'umanità che ha assunto; che in essa ha veramente sofferto, è veramente morto ed è stato sepolto, è veramente risorto dai morti, è asceso al cielo, siede alla destra del Padre, e verrà alla fine dei secoli a giudicare i vivi e i morti.

Essa anatematizza, quindi, detesta e condanna ogni eresia che professi dottrine contrarie a queste.

E prima di tutti condanna Ebione, Cerinto, Marcione, Paolo di Samosata, Fotino e tutti quelli che proferiscono simili bestemmie, i quali, non riuscendo a comprendere l'unione personale dell'umanità col Verbo, negano che Gesù Cristo, nostro Signore, sia vero Dio e lo ritennero semplice uomo: un uomo, cioè che per una più intensi partecipazione alla grazia divina - che avrebbe ricevuto per merito di una vita più santa - sarebbe detto uomo divino.

Anatematizza anche Manicheo con i suoi seguaci, i quali fantasticando che il Figlio di Dio non ha assunto un corpo vero, ma apparente, annullarono del tutto, nel Cristo, la verità dell'umanità.

Ed inoltre Valentino, il quale afferma che il Figlio di Dio non ha ricevuto nulla dalla Vergine Madre, ma che ha assunto un corpo celeste e che è passato per il seno della Vergine, proprio come l'acqua scorre attraverso un acquedotto.

Ed Ario, il quale afferma che il corpo assunto dalla Vergine non avesse l'anima e pone al posto di essa la divinità.

Ed Apollinare, il quale, ben comprendendo che, se si negasse che l'anima informa il corpo, non potrebbe più parlarsi nel Cristo di vera umanità, pone in lui solo l'anima sensitiva e, quindi, la deità del Verbo sostituirebbe l'anima razionale.

Anatematizza anche Teodoro di Mopsuestia e Nestorio, i quali affermano che l'umanità è unita al Figlio di Dio per mezzo della grazia, e che quindi in Cristo vi sono due persone, come ammettono esservi due nature.

Essi non riuscirono a comprendere che l'unione dell'umanità col Verbo è ipostatica, e negarono, quindi, che essa abbia avuto la sussistenza del Verbo.

Secondo questa bestemmia, infatti, il Verbo non si è fatto carne, ma per mezzo della grazia ha abitato ne a carne e cioè non il Figlio di Dio si è fatto uomo ma, piuttosto, il Figlio di Dio ha abitato nell'uomo.

Anatematizza pure, detesta e condanna Eutiche, archimandrita.

Questi comprese che secondo la bestemmia di Nestorio veniva annullata la verità dell'incarnazione e che, quindi, era necessario che l'umanità fosse unita al Verbo di Dio in modo che vi fosse una sola persona per la divinità e per l'umanità.

Non potendo però capire l'unità della persona, stante la pluralità delle nature, e quindi, che in Gesù Cristo una sola fosse la persona per la divinità e per l'umanità, ammise una sola natura: ammise, cioè, che prima dell'unione vi fossero due nature, ma che esse nell'assunzione si fossero trasformate in una sola natura, ammettendo, con orrenda bestemmia e somma empietà, che o l'umanità si era trasformata nella divinità, o la divinità nella umanità.

Anatematizza ancora, detesta e condanna Macario di Antiochia e tutti quelli che seguono dottrine simili.

Questi, non ostante che avesse una giusta opinione delle due nature e dell'unità della persona, errò tremendamente, però, circa le operazioni di Cristo: disse, infatti, che delle due nature, in Cristo, una sola era l'operazione e la volontà.

La sacrosanta chiesa romana li condanna tutti questi con le loro eresie, e afferma che in Cristo due sono le volontà e due le operazioni.

Crede fermamente, professa e insegna che nessuno, concepito dall'uomo e dalla donna, sia stato mai liberato dal dominio del demonio, se non per la fede in Gesù Cristo, nostro Signore, mediatore tra Dio e gli uomini. ( 1 Tm 2,5 )

Questi, concepito, nato e morto Senza peccato, ha vinto da solo il nemico del genere umano cancellando i nostri peccati con la sua morte, ed ha riaperto l'ingresso al regno celeste, che il primo uomo col suo peccato aveva perduto con tutti i suoi successori.

Tutti i santi sacrifici, i sacramenti e le cerimonie dell'antico Testamento prefigurarono che egli un giorno sarebbe venuto.

Crede fermamente, conferma e insegna che le prescrizioni legali dell'antico Testamento, cioè della legge mosaica, che si dividono in cerimonie, santi sacrifici e sacramenti proprio perché istituite per significare qualche cosa di futuro, benché fossero adeguate al culto divino in quella età, venuto, però, nostro signore Gesù Cristo, da esse significato, sono cessate e sono cominciata i sacramenti della nuova alleanza.

Chiunque avesse riposto in quelle la sua speranza e si fosse assoggettato ad esse anche dopo la passione, quasi fossero necessarie alla salvezza e la fede nel Cristo non potesse salvare senza di esse, pecca mortalmente.

Non nega, tuttavia, che dalla passione di Cristo fino alla promulgazione evangelica, esse potessero osservarsi, senza pensare con ciò minimamente che fossero necessarie alla salvezza.

Ma da quando è stato predicato il Vangelo, esse non possono più osservarsi, pena la perdita della salvezza eterna.

Essa, quindi, dichiara apertamente che, da quel tempo, tutti quelli che osservano la circoncisione, il sabato e le altre prescrizioni legali, sono fuori della fede di Cristo, e non possono partecipare della salvezza eterna, i meno che non si ricredano finalmente dei loro errori.

Ancora, comanda assolutamente a tutti quelli che si gloriano del nome di cristiani, che si deve cessare dal praticare la circoncisione sia prima che dopo il battesimo perché, che v si confidi o meno, non si può in nessun modo praticarla senza perdere la salvezza eterna.

I bambini - dato il pericolo di morte, che spesso vi può essere - non possono essere aiutati se non col sacramento del battesimo, che li sottrae al dominio del demonio e in forza del quale sono adottati come figli di Dio.

Essa ammonisce che il ]Battesimo non deve essere differito per quaranta od ottanta giorni o altro tempo, secondo l'uso di alcuni, ma deve essere amministrato quanto prima si può senza incomodo, con la precauzione che, in pericolo di morte, siano battezzati subito senza alcun ritardo, anche da un laico o da una donna, se mancasse il sacerdote, nella forma della chiesa, come più diffusamente viene esposto nel decreto per gli Armeni.

Crede fermamente, confessa e predica che ogni creatura Dio è buona e niente dev'essere respinto quando è accettato con rendimento di grazie; ( 1 Tm 4,4 ) poiché, secondo l'espressione del Signore non ciò che entra nella bocca contamina l'uomo. ( Mt 15,11 )

E afferma che la differenza tra cibi puri e impuri della legge mosaica deve considerarsi cerimoniale e che col sopravvenire del Vangelo è passata e ha perso efficacia.

Anche la proibizione degli apostoli delle cose immolate ai simulacri, del sangue e delle carni soffocate ( At 15,29 ) era adatta al tempo in cui dai giudei e gentili, che prima vivevano praticando diversi riti e secondo diversi costumi, sorgeva una sola chiesa.

In tal modo giudei e gentili avevano osservanze in comune e l'occasione di trovarsi d'accordo in un solo culto e in una sola fede in Dio, e veniva tolta materia di dissenso.

Infatti ai Giudei per la loro lunga tradizione potevano sembrare abominevoli il sangue e gli animali soffocati, e poteva sembrare che i gentili tornassero all'idolatria col mangiare cose immolate agli idoli.

Ma quando la religione cristiana si fu talmente affermata da non esservi più in essa alcun Giudeo carnale, ma anzi tutti d'accordo erano passati alla chiesa, condividendo gli stessi riti e cerimonie del Vangelo, persuasi che per quelli che sono puri ogni cosa è pura, ( Tt 1,15 ) allora venne meno la causa di quella proibizione, e perciò anche l'effetto.

Essa dichiara, quindi, che nessun genere di cibo in uso tra gli uomini deve essere condannato, e che nessuno, uomo o donna, deve far differenza di animali, qualunque sia il genere di morte che abbiano incontrato, quantunque per riguardo alla salute del corpo, per l'esercizio della virtù, per la disciplina regolare ed ecclesiastica, molte cose, anche se permesso, possano e debbano non mangiarsi.

Secondo l'apostolo, infatti, tutto è lecito, ma non tutto conviene. ( 1 Cor 6,12; 1 Cor 10,22 )

Crede fermamente, confessa e predica che nessuno di quelli che sono fuori della chiesa cattolica, non solo pagani, ma anche Giudei o eretici e scismatici, possano acquistar la vita eterna, ma che andranno nel fuoco eterno, preparato per il demonio e per i suoi angeli, ( Mt 25,41 ) se prima della fine della vita non saranno stati aggregati ad essa; e che è tanto importante l'unità del corpo della chiesa, che solo a quelli che rimangono in essa giovano per la salvezza i sacramenti ecclesiastici, i digiuni e le altre opere di pietà, e gli esercizi della milizia cristiana procurano i premi eterni.

Nessuno per quante elemosine abbia potuto fare, e perfino se avesse versato il sangue per il nome di Cristo si può salvare, qualora non rimanga nel seno e nell'unità della chiesa cattolica.

Accoglie, poi, approva e accetta il santo concilio di Nicea dei trecentodiciotto padri, raccolto ai tempi del beatissimo Silvestro, nostro predecessore, e di Costantino il grande, principe piissimo.

In esso fu condannata l'empia eresia ariana assieme al suo autore, e fu definito che il Figlio è consustanziale e coeterno al Padre.

Abbraccia anche, approva e accetta il santo concilio di Costantinopoli, dei centocinquanta padri, convocato al tempo del beatissimo Damaso, nostro predecessore, e di Teodosio il vecchio, che anatematizzò l'errore di Macedonio, il quale asseriva che lo Spirito santo non è Dio, ma una creatura.

Quelli che essi condannano, li condanna, quello che approvano, approva; e intende ciò che in essi è definito, rimanga intatto ed inviolato in ogni sua prescrizione.

Abbraccia anche, approva e accetta il santo primo concilio di Efeso, dei duecento padri, terzo nella serie dei concili universali, convocato sotto il beatissimo nostro predecessore Celestino e sotto Teodosio il giovane.

In esso fu condannata la bestemmia dell'empio Nestorio; fu definito che del signore nostro Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo è una sola la persona, e che la beata Maria sempre vergine deve esser chiamata da tutta la chiesa non solo madre del Cristo, ma anche di Dio.

Condanna, poi, anatematizza e respinge l'empio secondo concilio di Efeso, riunito sotto il beato Leone, nostro predecessore, e il suddetto principe.

In esso Dioscoro, patriarca di Alessandria, difensore dell'eresiarca Eutiche ed empio persecutore di S. Flaviano, vescovo di Costantinopoli, trasse quel sinodo esecrando, con l'astuzia e con le minacce, ad approvare l'empietà eutichiana.

Accoglie anche, approva e accetta il santo concilio di Calcedonia, quarto nella serie dei sinodi universali, dei seicentotrenta padri, celebrato al tempo del predetto predecessore nostro Leone e dell'imperatore Marciano, nel quale fu condannata l'eresia eutichiana col suo autore Eutiche e con Dioscoro, suo difensore.

Vi fu anche definito che Gesù Cristo, nostro signore, è vero Dio e vero uomo e che in una stessa identica persona sono rimaste integre, intatte, incorrotte, inconfuse, distinte la natura divina e la natura umana; in cui l'umanità operava quello che è proprio dell'uomo, la divinità, quello che è proprio di Dio.

Quelli che esso condanna, li condanna anch'essa; quelli che approva, li approva anch'essa.

Abbraccia pure, approva e accetta il santo quinto concilio, il secondo celebrato a Costantinopoli al tempo del beato Vigilio, nostro predecessore, e dell'imperatore Giustiniano, nel quale fu confermata la definizione del concilio di Calcedonia sulle due nature e un'unica persona in Cristo e furono riprovati e condannati molti errori di Origene e dei suoi seguaci, specie quelli riguardanti la penitenza e la liberazione dei demoni e degli altri dannati.

Abbraccia anche, approva e accetta il santo, terzo concilio di Costantinopoli, dei centocinquanta padri, - sesto nella serie dei concili universali - celebrato al tempo del beato predecessore nostro Agatone e di Costantino, IV imperatore di questo nome, nel quale fu condannata l'eresia di Macario antiocheno, e fu definito che in Gesù Cristo, nostro signore, vi sono due nature perfette ed integre, due operazioni, ed anche due volontà, benché in una sola persona, a cui competono le azioni dell'una e dell'altra natura, in quanto ché la divinità compie quanto è proprio di Dio, l'umanità quello che è proprio dell'uomo.

Abbraccia, approva e accetta anche tutti gli altri concili Universali legittimamente convocati, celebrati e confermati dall'autorità del romano pontefice, e specialmente questo santo concilio fiorentino, nel quale, tra le altre cose, è stata condotta a termine la santissima unione con i Greci e con gli Armeni, e sono stati emanati molti utilissimi insegnamenti riguardanti l'una e l'altra unione, completamente riferiti nei decreti promulgati su questi argomenti, il cui testo segue qui appresso.

Si rallegrino i cieli ... Lodato Dio ...

Ma poiché nel decreto per gli Armeni, riportato sopra, non è stata espressa la forma delle parole che la sacrosanta chiesa romana - confermata dalla dottrina e dall'autorità degli apostoli Pietro e Paolo - ha sempre usato nella consacrazione del corpo e del sangue del Signore, abbiamo creduto opportuno inserirla nel presente testo.

Nella consacrazione del corpo del Signore essa usa questa formula: Questo è, infatti, il mio corpo.

In quella del sangue, invece: Questo è il calice del mio sangue del nuovo ed eterno testamento, mistero della fede, che sarà versato per voi e per molti in remissione dei Peccati. ( Mt 26,28; Mc 14,18; Lc 22,10; 1 Cor 11,25 )

Che poi il pane di frumento, usato per il sacramento, sia stato cotto quel giorno o prima, non ha proprio alcuna importanza: purché, infatti, rimanga la sostanza del pane, non c'è affatto da dubitare che dopo le predette parole della consacrazione del corpo, pronunciate dal sacerdote con intenzione adeguata, si trasforma subito nel vero corpo di Cristo.

Poiché si dice che qualcuno non ammette le quarte nozze come se fossero condannate, perché non avvenga che si ponga il peccato dove non è, - e dato che, secondo l'apostolo, morto il marito, la donna è sciolta dal legame che a lui la stringeva ed ha la libertà di sposare, nel Signore, chiunque voglia, ( Rm 7,3; 1 Cor 7,39 ) e non distingue se sia morto il primo, il secondo o il terzo, - dichiarando che si possono contrarre non solo seconde e terze nozze, ma anche quarte ed oltre, se nessun impedimento canonico le impedisce.

Riteniamo tuttavia più degno di lode chi, astenendosi da altre nozze, rimanga nella castità, perché come crediamo che la verginità sia da preferirsi alla vedovanza, così una casta vedovanza è da preferirsi alle nozze, per lode e merito.

Spiegate tutte queste cose, il suddetto abate Andrea, a nome del suo patriarca e suo proprio e di tutti i Giacobiti riceve e accetta con ogni devozione e riverenza questo saluberrimo decreto sinodale con tutte le sue prescrizioni, dichiarazioni, definizioni, tradizioni, precetti e statuti, ogni dottrina contenuta in esso, e tutto quello che ritiene e insegna la santa sede apostolica e la chiesa romana.

E riceve anche con riverenza i dottori e santi padri che la chiesa romana approva; qualunque altra persona invece e cosa la stessa chiesa romana riprova e condanna, anch'egli la considera come riprovata e condannata.

E, come vero figlio de l'obbedienza, a nome di quelli, di cui sopra, promette obbedire fedelmente e sempre agli ordini e ai comandi della sede apostolica.

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