La Genesi alla lettera

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Libro IV

5.11 - In Dio la ragione della misura, del numero e del peso, secondo cui tutto è stato disposto

Ma si potrebbe forse pensare che la frase della Scrittura: Tu hai disposto ogni cosa con misura, numero e peso, ( Sap 11,21 ) equivale a quest'altra: "Tu hai disposto tutte le cose in modo che avessero misura, numero e peso"?

Poiché, se la Scrittura dicesse: "Tu hai disposto tutte le cose materiali con dei colori", non ne seguirebbe doversi pensare che la Sapienza divina, dalla quale sono state fatte tutte le cose, avesse prima in sé dei colori con cui avrebbe poi fatto le cose materiali; ma la frase: "Tu hai disposto tutte le cose materiali con dei colori" dovrebbe essere intesa nel senso di: "Tu hai disposto tutte le cose materiali in modo che avessero dei colori".

Come se il fatto che Dio creatore ha disposto tutte le cose materiali con dei colori - disposte cioè in modo che fossero colorate - potesse avere un senso diverso dal seguente: nella Sapienza di Colui che dispone [ con ordine ] ogni cosa non mancò una certa "ragione" dei colori da distribuire nelle diverse cose materiali, sebbene in rapporto a essa il termine "colore" non convenga.

Questo è in realtà quanto avevo in mente dicendo che non ci si deve preoccupare dei termini, purché si sia d'accordo sulle cose.

5.12 - Ipotesi per spiegare Sap 11,21

Supponiamo dunque che la frase della Scrittura: Tu hai disposto ogni cosa con misura, numero e peso ( Sap 11,21 ) voglia dire che le creature sono state disposte in modo che abbia ciascuna le proprie misure, i propri numeri e il proprio peso, capaci di cambiamento conforme alla mutabilità di ciascuna specie in rapporto a quella proprietà, aumentando o diminuendo, divenendo più numerose o più rare, più leggere o più pesanti secondo la disposizione di Dio; diremo forse che, allo stesso modo che le cose mutano, così è mutevole lo stesso disegno di Dio, secondo il quale ha disposto le creature?

6 - Allontani egli da noi un'idea così pazza!

Allorché dunque le cose venivano disposte in modo che avessero la loro misura, il proprio numero e peso, ove le vedeva Dio che le disponeva in quel modo?

Egli non vedeva fuori di se stesso, come vediamo noi, con gli occhi le cose materiali, che certamente non esistevano ancora quando venivano disposte per essere create.

E neppure vedeva le cose in se stesso come noi vediamo nella mente le immagini sensibili delle cose materiali che non sono davanti ai nostri occhi, ma che rammentiamo al nostro spirito immaginando gli oggetti già visti o formati a partire da quelli già visti.

In qual modo vedeva dunque Dio le cose per disporle così? In qual altro modo se non nel modo che può lui solo?

6.13 Ciononostante anche noi siamo mortali e peccatori, e il nostro corpo appesantisce l'anima e la nostra abitazione terrestre è un gravame per l'anima dai molti pensieri; ( Sap 9,15 ) ma, anche se avessimo il cuore del tutto puro e l'anima del tutto limpida e fossimo già uguali agli angeli santi, sicuramente non conosceremmo l'essenza di Dio com'essa conosce se medesima.

7 - Dove vedeva Dio le cose da disporre?

Ciò nonostante noi non vediamo questa perfezione del numero sei né fuori di noi, come i nostri occhi vedono le cose materiali, né dentro di noi come ci rappresentiamo i fantasmi dei corpi e le immagini degli oggetti visibili, ma in un altro modo di gran lunga diverso.

Poiché allo sguardo dello spirito può presentarsi - è vero - come una specie di piccole immagini corporee quando pensiamo alla posizione del numero sei tra gli altri numeri o alla sua divisione in parti, ma la ragione, più penetrante e più vigorosa, poiché le trascende, rigetta tali immagini e contempla interiormente l'intimo significato del numero.

Grazie a questa intuizione la ragione afferma con sicurezza che ciò che, a proposito dei numeri, chiamiamo l'unità, è indivisibile, mentre non esistono cose materiali se non divisibili all'infinito, e che passeranno più facilmente il cielo e la terra creati secondo il numero sei anziché sia possibile che questo numero non corrisponda alla somma delle sue parti.

Lo spirito umano ringrazi quindi sempre il Creatore, che l'ha creato capace di vedere ciò che non è in grado di vedere nessun uccello, nessuna bestia, che pure vedono come noi il cielo, la terra, le stelle, il mare, la terraferma e tutto ciò che vi si trova.

7.14 - Dio compì le sue opere in sei giorni. Perché il sei? È numero perfetto?

Noi quindi non possiamo dire che il sei è un numero perfetto per il fatto che Dio ha compiuto tutte le sue opere in sei giorni, ma possiamo dire che Dio ha compiuto le sue opere in sei giorni per il fatto che il sei è un numero perfetto.

Questo numero perciò sarebbe perfetto anche se queste opere non ci fossero state; se invece esso non fosse perfetto, Dio non avrebbe compiuto le sue opere attenendosi a questo numero.

8.15 - Come intendere il riposo di Dio al settimo giorno

Passiamo ora all'affermazione della Scrittura secondo la quale nel settimo giorno Dio si riposò da tutte le opere che aveva fatto e benedisse e dichiarò sacro questo giorno poiché in esso egli si era riposato da tutte le sue opere.

Ma per cercare d'affermare con l'intelletto la verità di questa affermazione nella misura della nostra capacità e dell'aiuto che ci darà Dio, dobbiamo prima scacciare dal nostro spirito ogni congettura d'interpretazione carnale.

Poiché è forse lecito dire o credere che Dio si affaticasse nell'agire quando fece le creature descritte nella Scrittura, dal momento che gli bastò pronunciare una sola parola e quelle erano fatte?

In realtà neppure l'uomo s'affatica se, dovendo compiere qualche opera, questa è subito fatta appena egli pronuncia una parola.

È bensì vero che le parole umane sono proferite mediante suoni di modo che un discorso prolungato affatica: quando tuttavia le parole sono tanto poche quanto quelle che leggiamo nella Scrittura, allorché Dio disse: Vi sia la luce; vi sia il firmamento, ( Gen 1, 3.6 ) e così via fino al termine delle opere che Dio compì il sesto giorno, sarebbe il colmo della pazzia pensare che per un uomo, a più forte ragione per Dio, quelle parole fossero causa di fatica.

8.16 - Interpretazione figurata

Si potrebbe forse affermare che Dio si affaticasse non già nel pronunciare l'ordine ch'esistessero le creature che furono fatte sull'istante, ma forse nel riflettere e considerare che cosa avrebbe dovuto fare?

Si potrebbe forse affermare allora che, liberato, per così dire, da quella preoccupazione col compiere la creazione, Dio si sarebbe riposato e, in considerazione di ciò, avrebbe voluto benedire e dichiarare sacro il giorno in cui per la prima volta si sarebbe liberato da ogni preoccupazione e da quello sforzo?

Ma ragionare così è una gran pazzia, poiché in Dio è incomparabile e ineffabile tanto la facoltà quanto la facilità di creare le cose.

9 - Dio si riposò è un'espressione con il verbo causativo

Qual altra soluzione ci resta per interpretare questo riposo se non forse quella che Dio alle creature razionali, tra cui creò anche l'uomo, ha offerto il loro riposo in se stesso dopo che saranno perfezionate dal dono dello Spirito Santo - che diffonde la sua carità nei nostri cuori ( Rm 5,5 ) - affinché la tendenza del desiderio ci trascini là ove, quando ci arriveremo, potremo riposarci, non dovremo cioè cercare più nient'altro?

Allo stesso modo infatti ch'è giusto dire ch'è Dio a fare tutto ciò che facciamo noi, in virtù della sua azione in noi, così è giusto dire che Dio si riposa quando siamo noi a riposarci per suo dono.

9.17 Questa interpretazione è giusta poiché è vero e non occorre un grande sforzo per capire che la Scrittura dice che Dio si riposa quando fa sì che noi ci riposiamo, allo stesso modo che si dice che egli conosce quando fa in modo che noi conosciamo.

Dio infatti non conosce nel tempo una cosa che precedentemente ignorasse e tuttavia dice ad Abramo: Ora so che temi Dio, ( Gen 22,12 ) frase che noi prendiamo soltanto nel senso seguente: "Ora ho fatto sì che tu conoscessi".

Quando parliamo di cose che non succedono a Dio come se gli succedessero, mediante queste figure retoriche riconosciamo ch'è lui a far sì che accadano a noi, purché si tratti solo di cose lodevoli e nella misura consentita dal modo di parlare della Scrittura.

Poiché a proposito di Dio non dobbiamo fare alla leggera alcuna affermazione che non leggiamo nella sua Scrittura.

9.18 - Altre espressioni della sacra Scrittura con verbi causativi

Io penso che l'Apostolo usa una simile figura retorica quando esorta dicendo: Non rattristate lo Spirito Santo di Dio, col quale siete stati segnati per il giorno della redenzione. ( Ef 4,30 )

Poiché la natura dello Spirito Santo, in virtù della quale esistono tutti gli esseri che esistono, non può venire rattristata in quanto possiede una beatitudine eterna e immutabile o, meglio, per il fatto ch'è essa stessa l'eterna e immutabile beatitudine; ma egli abita nei fedeli in modo da riempirli di carità, grazie alla quale gli uomini non possono non rallegrarsi fin d'ora del progresso [ spirituale ] e delle opere buone dei fedeli e, per conseguenza, neppure non rattristarsi dei falli o dei peccati di coloro della cui fede e pietà essi provavano gioia.

Siffatta tristezza è lodevole poiché viene dall'amore soprannaturale infuso dallo Spirito Santo.

Ecco perché la Scrittura dice che lo Spirito Santo in persona viene rattristato da coloro i quali, con le loro azioni, agiscono in modo da rattristare i buoni cristiani per il semplice motivo che questi posseggono lo Spirito Santo, grazie al cui dono sono così buoni da sentirsi addolorati a causa dei cattivi, soprattutto di quelli ch'essi hanno conosciuti o ritenuti buoni.

Siffatta tristezza non solo non è per nulla riprovevole, ma è anche lodevole ed encomiabile.

9.19 - Si spiega un'altra metonimia di Gal 4,9

Un'altra stupenda espressione di tal genere usa di nuovo il medesimo Apostolo quando afferma: Ora però voi conoscete Dio o meglio siete conosciuti da Dio. ( Gal 4,9 )

Non fu, infatti, allora che Dio li conobbe avendoli conosciuti, naturalmente, prima della creazione del mondo; ( 1 Pt 1,10 ) ma poiché era stato allora ch'essi lo avevano conosciuto per grazia di Dio, non in virtù dei loro meriti o del loro potere, l'Apostolo preferì usare un'espressione figurata dicendo ch'erano stati conosciuti da Dio al momento in cui concesse loro di esser conosciuto da essi e preferì correggersi come se avesse espresso il concetto poco esattamente quando aveva parlato in senso proprio, anziché permetter loro d'arrogarsi un potere ch'era stato concesso loro da Dio.

10.20 - Si chiede se Dio poté riposare in senso proprio

Ad alcuni dunque basterà forse questa interpretazione del passo ove si dice che Dio si riposò da tutte le sue opere molto buone da lui fatte, prendendolo nel senso ch'è lui a farci riposare quando avremo fatto opere buone.

Quanto a noi però, dopo aver intrapreso l'attento esame di questa frase delle Scritture, ci sentiamo spinti a cercare in qual modo poté riposarsi anche Dio, sebbene con l'accennare al suo riposo c'inviti a sperare di trovare in lui il nostro riposo futuro.

Infatti allo stesso modo ch'è stato lui a creare il cielo e la terra e quanto in essi si trova, e a portare a termine ogni cosa il sesto giorno - e non si può dire che siamo stati noi a creare alcuna di quelle cose in virtù d'un suo dono per cui le creassimo e perciò la Scrittura direbbe: Dio compì nel sesto giorno tutte le opere che aveva fatte, ( Gen 2,2 ) nel senso che sarebbe stato lui a concederci di portarle a termine - così anche la frase della Scrittura: Dio si riposò il settimo giorno da tutte le opere ch'gli aveva fatte, ( Gen 2,2 ) non dobbiamo intenderla precisamente del nostro riposo che otterremo per un dono della sua grazia, ma intenderla anzitutto del suo riposo che prese il settimo giorno dopo aver compiuto le sue opere: per conseguenza deve prima mostrarsi che quanto dice la Scrittura è realmente accaduto e in seguito, se c'è bisogno, si può insegnare che quel fatto è simbolo di qualche altra cosa.

È, sì, giusto dire: "Allo stesso modo che Dio, dopo aver compiuto le sue opere buone, si riposò, così ci riposeremo anche noi dopo che avremo compiuto le nostre opere buone", ma per la stessa ragione è giusto esigere che, allo stesso modo che abbiamo trattato delle opere di Dio che sono, con tutta evidenza, opera sua, così dobbiamo trattare sufficientemente del riposo di Dio che dalla Scrittura è mostrato propriamente suo.

11.21 - In che modo può essere vero che Dio si riposò al settimo giorno e che ancora adesso continua ad agire

Proprio per un motivo assai giusto siamo quindi spinti ad indagare, se ne saremo capaci, e a spiegare come sono vere le due affermazioni, cioè quella della Genesi in cui si dice che il settimo giorno Dio si riposò da tutte le sue opere che aveva fatte, e quella del Vangelo in cui il Signore in persona, dal quale sono state fatte tutte le cose, dice: Il Padre mio opera sempre e così faccio anch'io. ( Gv 5,17 )

Così infatti egli rispose a coloro che gli facevano le loro rimostranze di non osservare il sabato, com'era prescritto fin dai tempi antichi dall'autorità di questo passo della Scrittura relativo al riposo di Dio.

Può dirsi però con fondatezza che l'osservanza del sabato fu prescritta ai Giudei a causa della sua funzione profetica che prefigurava il riposo spirituale che Dio, mediante quel simbolo recante un significato misterioso, servendosi del proprio riposo come esempio, prometteva ai fedeli che fanno opere buone.

Anche il Signore Gesù Cristo, che soffrì solo quando lo volle, confermò il simbolismo di quel riposo nella sua sepoltura.

Egli infatti riposò nel sepolcro il giorno di sabato e passò tutto quel giorno in una specie di santa inoperosità, dopo che nel sesto giorno, cioè nella Parasceve, chiamata il sesto giorno della settimana, aveva portato a compimento tutte le sue opere quando sul patibolo della croce fu compiuto tutto ciò che le Scritture avevano predetto di lui.

Questa infatti è la parola usata da lui quando disse: Tutto è compiuto; e chinato il capo spirò. ( Gv 19,30 )

Che c'è dunque di strano se Dio, volendo anche in tal modo prefigurare il giorno in cui il Cristo si sarebbe riposato nel sepolcro, si riposò dalle sue opere quel solo giorno per produrre in seguito la successione dei secoli? E ciò perché fosse vera anche l'affermazione della Scrittura: Il Padre mio opera sempre.

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