Le nozze e la concupiscenza

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Libro II

25.40 - Argomenti contro la dottrina del peccato originale

"Di queste due proposizioni una sola è vera, l'altra falsa", dice.

Con la stessa brevità gli rispondo: al contrario, sono entrambe vere e nessuna delle due è falsa.

Continua: "È vero che l'uomo nato dall'adulterio non può scusare la colpa degli adulteri, perché ciò che fecero gli adulteri è imputabile al vizio della volontà, mentre il figlio da essi generato costituisce la lode della fecondità: se si semina il grano rubato, non nasce una messe colpevole.

Rimprovero quindi il ladro, ma lodo la messe.

Proclamo innocente chi nasce dalla fecondità dei semi, poiché l'Apostolo dice: Dio gli dà il corpo come a lui piace e a ogni seme il proprio corpo, ( 1 Cor 15,38 ) condanno invece lo scellerato che peccò per il pervertimento della sua volontà".

26.41 - Altri argomenti di Giuliano

A queste parole ne aggiunge delle altre, dicendo: "Certamente, se il male si contrae dal matrimonio, questo può essere accusato e non scusato e sottometti la sua opera e il suo frutto al diritto del diavolo, poiché tutto ciò che è causa di male non ha niente di buono.

Ma l'uomo, dice, che nasce dal matrimonio, non si attribuisce ai peccati, bensì ai semi.

La causa dei semi poi sta nella condizione dei corpi e chi fa un cattivo uso dei corpi ferisce il merito del bene, non la sua essenza.

È perfettamente chiaro quindi, continua, che il bene non è causa del male.

Perciò, prosegue, se dal matrimonio si contrae il male di origine, l'unione degli sposi è causa del male e necessariamente è male ciò per cui e da cui apparve un frutto cattivo, secondo le parole del Signore che si leggono nel Vangelo: L'albero si riconosce dai suoi frutti. ( Mt 12,33; Lc 6,44 )

Come pensi di essere creduto, mi apostrofa, quando dici che il matrimonio è buono, se affermi che da esso non ne deriva che male?

È chiaro dunque che il matrimonio è colpevole se da esso si contrae il peccato originale, né può essere difeso senza riconoscere l'innocenza del suo frutto.

Ma esso è difeso e proclamato buono, quindi si riconosce l'innocenza del suo frutto".

26.42 - Il matrimonio in sé non è la causa del peccato

Prima di rispondere a questi argomenti, voglio richiamare l'attenzione del lettore sul fatto che l'unica preoccupazione di costoro è quella di dimostrare che i bambini non hanno alcun bisogno di un Salvatore, giacché a loro avviso non hanno affatto peccati dai quali debbano essere salvati.

Un'opinione così perversa e nemica di una grazia di Dio così grande, quale ci è stata data per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore, che è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto, ( Lc 19,10 ) tenta di insinuarsi nei cuori di gente poco intelligente con l'elogio delle opere divine, cioè con l'elogio della natura umana, con l'elogio del seme, con l'elogio del matrimonio, con l'elogio dell'unione sessuale e con l'elogio della fecondità: tutte cose buone.

Non voglio dire: con l'elogio della libidine, perché anch'egli si vergogna di nominarla, così da dare l'impressione che egli lodi non questa, ma un'altra cosa.

E così, non distinguendo dalla natura i mali, che sono sopravvenuti alla stessa natura, egli non dimostra che sia sana, perché è falso, ma non permette che sia risanata dalla sua infermità.

Perciò concorda con me nel dire che "la colpa degli adulteri non può essere scusata dal bene che nasce da essi, cioè l'uomo"; anzi a sostegno di questo punto, sul quale non c'è divergenza tra noi, ricorre alla similitudine del ladro, che semina il grano rubato, dal quale naturalmente nasce una messe buona, per rafforzarlo come può.

Ma quanto all'altra mia affermazione, secondo cui "non si può accusare la bontà del matrimonio, per il male originale che da esso si contrae", non vuole ammetterne la verità, perché, se fosse d'accordo, non sarebbe più un eretico pelagiano, ma un cristiano cattolico.

"Certamente, asserisce, se il male si contrae dal matrimonio, questo si può accusare, non è possibile scusarlo e tu sottometti al diritto del diavolo l'opera sua e il suo frutto, perché tutto ciò che è causa di male non ha niente di buono".

E a questo assioma collega tutto il resto, per provare che la causa del male non può essere il bene e che perciò il matrimonio, che è una cosa buona, non è causa di un male e quindi non è assolutamente possibile che da esso nasca un peccatore che ha bisogno del Salvatore.

Come se io affermassi che il matrimonio è causa del peccato!

Benché l'uomo che da esso nasce, nasca sempre con il peccato, il matrimonio fu istituito come causa della generazione, non del peccato.

Di qui la benedizione del matrimonio da parte del Signore: Crescete e moltiplicatevi e riempite la terra. ( Gen 1,28 )

Il peccato invece, che da esso contraggono quelli che nascono, non appartiene al matrimonio, ma al male sopraggiunto agli uomini, la cui unione costituisce il matrimonio.

Il male della libidine vergognosa, infatti, si può avere anche fuori del matrimonio e il matrimonio avrebbe potuto esserci anche senza di quello.

Appartiene alla condizione propria del corpo di questa morte, non del corpo di quella vita, il fatto che al presente non sia possibile un matrimonio immune da quel male, sebbene questo possa esistere al di fuori di quello.

Fuori del matrimonio, infatti, la concupiscenza carnale è certamente vergognosa quando spinge a commettere adulteri e ogni genere di turpitudini e di immondezze tanto contrarie alla castità coniugale, oppure quando non si commette niente di tutto questo, perché si rifiuta qualsiasi consenso e tuttavia sorge, si eccita ed eccita e spesso giunge nei sogni a una parvenza di azione e al termine stesso della sua eccitazione.

Questo male, dunque, neppure quando si esperimenta nel matrimonio è proprio del matrimonio, ma gli uomini lo portano sempre con sé, nel corpo di questa morte, anche se non lo vogliono e senza di esso non possono compiere ciò che vogliono.

Non deriva perciò al matrimonio dalla sua istituzione, che è stata benedetta, ma dal fatto che per un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e per il peccato la morte e così si trasmise a tutti gli uomini, nel quale tutti hanno peccato. ( Rm 5,12 )

26.43 - La causa del peccato è il volontario peccato di Adamo

Per quale motivo dunque, cita le parole che leggiamo nel Vangelo, dette dal Signore: L'albero si riconosce dai suoi frutti? ( Mt 12,33; Lc 6,44 )

Il Signore non parlava di questo argomento, ma delle due volontà degli uomini, cioè di quella buona e di quella cattiva.

Chiamava albero buono la volontà buona e albero cattivo la volontà cattiva, perché dalla volontà buona nascono le opere buone e da quella cattiva le opere cattive, mentre non è possibile che nascano opere buone dalla volontà cattiva né opere cattive dalla volontà buona.

Se consideriamo, secondo la similitudine evangelica da lui ricordata, albero buono il matrimonio, dovremo certamente considerare al contrario la fornicazione albero cattivo.

Per conseguenza, se l'uomo è chiamato frutto del matrimonio come un buon frutto prodotto da un albero buono, dalla fornicazione certamente non dovrebbe nascere un uomo, giacché l'albero cattivo non produce frutti buoni. ( Mt 7,18 )

D'altra parte, se dirà che in quel caso l'albero non può rappresentare l'adulterio ma piuttosto la natura umana, dalla quale nasce l'uomo, anche in questo caso l'albero non rappresenta il matrimonio, ma la natura umana dalla quale nasce l'uomo.

Insomma, quella similitudine evangelica non dice nulla riguardo alla nostra questione, perché non è il matrimonio la causa del peccato, contratto da chi nasce e purificato in colui che rinasce, ma il volontario peccato del primo uomo è la causa del peccato originale.

"Tu affermi ancora, dice, che come il peccato è opera del diavolo, sia che i bambini lo contraggano da un'unione legittima che da una illegittima, così l'uomo è opera di Dio da qualunque unione nasca".

L'ho detto ed è la verità e se non fosse pelagiano ma cattolico, anch'egli non parlerebbe diversamente nella Chiesa cattolica.

27.44 - Altri argomenti contro la dottrina del peccato originale

Che senso hanno dunque le domande che mi rivolge: "Qual è la causa per cui si trova il peccato nel bambino?

La volontà, il matrimonio o i genitori?". Così infatti si esprime.

E rispondendo a tutte queste domande e come se volesse liberare dal peccato tutti questi elementi non pensa che a eliminare tutto ciò per cui nel bambino si possa trovare il peccato.

Ma ascolta infine le sue stesse parole: "Qual è la causa per cui si trova il peccato nel bambino?

La volontà? Ma in lui non c'era volontà.

Il matrimonio? Ma questo è opera dei genitori, i quali, secondo la tua ammissione, non hanno peccato in questo atto, anche se da quanto appare dal seguito non sei stato sincero nel fare questa concessione.

Dobbiamo dunque maledire lo stesso matrimonio per aver fornito la causa del male?

Ma esso indica soltanto l'opera delle persone.

È giusto quindi condannare i genitori, perché con la loro unione diedero una causa al peccato.

Non si può quindi più dubitare, conclude, che se seguiamo la tua opinione i coniugi si condannano all'eterno supplizio, poiché per la loro azione il diavolo è pervenuto a esercitare il dominio sugli uomini.

Come hai potuto dire un momento prima che l'uomo è opera di Dio?

Se il male si trova nell'uomo a causa della sua origine; se il diavolo ha potere sugli uomini a causa del male, tu affermi che il diavolo è l'autore degli uomini, poiché sta all'origine di quelli che nascono.

Se poi credi che l'uomo è stato creato da Dio e che i coniugi sono innocenti, non puoi sostenere che da essi si contrae il peccato originale".

27.45 - La testimonianza dell'Apostolo ( Rm 5,12ss )

A tutte queste domande risponde l'Apostolo.

Egli non accusa la volontà del bambino, il quale ancora non ne ha una propria per peccare; né accusa il matrimonio in quanto tale, perché a Dio risale non soltanto la sua istituzione ma anche la sua benedizione; né accusa i genitori in quanto genitori, uniti l'uno all'altro lecitamente e legittimamente per la procreazione dei figli; ma a causa di un solo uomo, dice, entrò il peccato nel mondo e per il peccato la morte e così si trasmise a tutti gli uomini, nel quale tutti hanno peccato. ( Rm 5,12 )

Se ascoltassero queste parole con orecchie e sentimenti cattolici non avrebbero l'animo contrario alla fede e alla grazia di Cristo, né farebbero inutili tentativi per interpretare a modo loro e in senso eretico queste parole dell'Apostolo tanto chiare ed evidenti, affermando che esse furono dette per significare che Adamo peccò per primo e che in seguito chiunque ha voluto peccare ha trovato in lui un esempio, con l'ovvia conseguenza che il peccato non è passato da quel primo uomo a tutti i discendenti per mezzo della generazione da quell'unico capostipite, bensì per l'imitazione di quello solo.

Ma se l'Apostolo avesse inteso parlare qui di imitazione, certamente non avrebbe detto: A causa di un solo uomo, bensì: A causa del diavolo entrò il peccato nel mondo e si trasmise a tutti gli uomini.

Del diavolo infatti si legge: Quelli della sua parte sono suoi imitatori. ( Sap 2,24 )

Invece ha detto: A causa di un solo uomo, dal quale certo ebbe inizio la generazione degli uomini, proprio per insegnare che il peccato originale si è trasmesso a tutti gli uomini per mezzo della generazione.

27.46 - Adamo e Cristo

D'altronde, cos'altro significano le parole seguenti dell'Apostolo?

Dopo la frase citata infatti aggiunge: Poiché fino alla legge il peccato era nel mondo, ( Rm 5,13 ) nel senso che nemmeno la legge poteva cancellare il peccato; ma il peccato, dice, non veniva imputato, non essendovi la legge. ( Rm 5,13 )

C'era dunque, ma non veniva imputato, perché non era indicato ciò che poteva essere imputato.

In un altro passo dice infatti: Dalla legge viene la conoscenza del peccato. ( Rm 3,20 )

Ma la morte, dice, regnò da Adamo fino a Mosè ( Rm 5,14 ) - cioè come aveva detto sopra, fino alla legge -, non nel senso che da Mosè in poi il peccato fosse scomparso, ma nel senso che neppure la legge data da Mosè poté distruggere il regno della morte, la quale evidentemente non regnò se non per mezzo del peccato.

Il suo regno, inoltre, è tale da far precipitare l'uomo mortale anche nella seconda morte, che è eterna.

Ma su chi regnò? Anche su quelli, dice, che non peccarono a somiglianza della trasgressione di Adamo, che è figura di colui che doveva venire. ( Rm 5,14 )

E chi doveva venire se non Cristo? E di quale figura si tratta se non di una figura per opposizione?

La stessa cosa diceva con brevità anche in un altro passo: Come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo; ( 1 Cor 15,22 ) come nel primo la morte, così nel secondo la vita: la figura è la stessa, ma non è identica sotto ogni aspetto.

Per cui, proseguendo, l'Apostolo aggiunge: Ma il dono non è come il delitto: se infatti per il delitto di uno morì la moltitudine, molto di più la grazia di Dio e il dono concesso in grazia di un solo uomo, Gesù Cristo, si sono riversati in abbondanza sulla moltitudine. ( Rm 5,15 )

Cosa significa: Si sono riversati in abbondanza, se non che tutti quelli che sono liberati da Cristo muoiono a causa di Adamo nel tempo, ma vivranno senza fine per Cristo?

E per il dono non è come per il peccato di uno solo, poiché il giudizio da uno solo ( pervenne ) alla condanna, la grazia invece da molti delitti alla giustificazione. ( Rm 5,16 )

Quando dice: Da uno solo, intende naturalmente un delitto, giacché continua: La grazia invece da molti delitti.

Dicano costoro come mai da un solo delitto si giunse alla condanna, se non perché per la condanna è sufficiente anche il solo peccato originale, che si è trasmesso a tutti gli uomini.

La grazia invece da molti delitti alla giustificazione, proprio perché cancella non solo il peccato contratto con l'origine, ma anche tutti gli altri, che in ciascun uomo si aggiungono per il movimento della propria volontà.

Se infatti per la colpa di uno solo la morte regnò a causa di quel solo uomo, molto più quelli che hanno ricevuto l'abbondanza della grazia e del dono della giustizia regneranno nella vita per mezzo del solo Gesù Cristo.

Come dunque per il delitto di uno solo alla condanna per tutti gli uomini, così per la giustizia di uno solo alla giustificazione di vita per tutti gli uomini. ( Rm 5,17-18 )

Restino ancora nelle loro false opinioni e dicano pure che un solo uomo non ha trasferito la propaggine del suo peccato, ma ha offerto un esempio del peccato.

Come dunque ( si è giunti ) alla condanna di tutti gli uomini per il delitto di uno solo ( Rm 5,18 ) e non piuttosto per i numerosi peccati commessi da ciascuno, se non perché quel peccato, anche se fosse rimasto l'unico, è capace di portare alla condanna, anche senza aggiungerne altri, come vi porta i bambini che muoiono, se nascono da Adamo e non rinascono in Cristo?

Perché dunque costui mi chiede quello che non vuole sentire dall'Apostolo: per quale motivo si trova il peccato nel bambino, se per la volontà, per il matrimonio o per i genitori?

Ecco il motivo, ascolti in silenzio per quale motivo si trova il peccato nel bambino: per il delitto di uno solo, dice l'Apostolo, alla condanna per tutti gli uomini.

Ha detto che tutti vanno alla condanna per Adamo e tutti alla giustificazione per Cristo, anche se in verità non tutti quelli che muoiono in Adamo vengono da Cristo trasferiti alla vita.

Ha detto tutti prima e poi, perché come nessuno va alla morte senza Adamo, così nessuno va alla vita senza Cristo.

Allo stesso modo noi siamo soliti dire di un insegnante che sia l'unico in città: qui egli insegna le lettere a tutti; non già perché tutti le apprendano, ma perché nessuno le apprende senza di lui.

Si deve notare infine che quelli che prima aveva detto tutti, poi li dica molti, pur intendendo indicare con tutti e con molti le stesse persone.

Dice infatti: Come per la disubbidienza di uno solo molti sono stati costituiti peccatori, così per l'obbedienza di uno solo molti saranno costituiti giusti. ( Rm 5,19 )

27.47 - Domandi ancora per quale motivo si trova il peccato nel bambino!

Le pagine sante gli risponderanno: Per un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e per il peccato la morte e così si trasmise a tutti gli uomini, nel quale tutti hanno peccato; ( Rm 5,12 ) per il delitto di un solo uomo sono morti molti; ( Rm 5,15 ) il giudizio da uno solo alla condanna, ( Rm 5,16 ) per la colpa di uno solo, la morte regnò per uno solo; ( Rm 5,17 ) per il delitto di uno solo alla condanna per tutti gli uomini; ( Rm 5,18 ) per la disubbidienza di uno solo molti furono costituiti peccatori. ( Rm 5,19 )

Ecco per quale motivo si trova il peccato nel bambino.

Creda dunque ormai al peccato originale e lasci che i piccoli vengano da Cristo per essere salvati!

28. Perché dice: "Non pecca questo che nasce, non pecca quello che generò, non pecca colui che creò; attraverso quali crepe pensi che sia passato il peccato fra tanti presidi dell'innocenza?".

Perché cerca una crepa nascosta, quando c'è una porta completamente spalancata?

A causa di un solo uomo, dice l'Apostolo; per il delitto di un solo uomo, dice l'Apostolo; per la disubbidienza di un solo uomo, dice l'Apostolo.

Cosa cerca ancora? Cosa cerca di più chiaro? Cosa cerca di più assodato?

28.48 - Il problema dell'origine del male

"Se il peccato, osserva, deriva dalla volontà, cattiva è la volontà, perché essa fa il peccato; se deriva dalla natura, cattiva è la natura".

Rispondo subito: il peccato deriva dalla volontà.

Forse mi chiede se anche il peccato originale.

Rispondo: certo, anche il peccato originale, perché questo pure è nato dalla volontà del primo uomo, sì da essere in lui ed essere trasmesso a tutti.

Ma poiché ha soggiunto: "se deriva dalla natura, cattiva è la natura", gli chiedo di rispondere a me, se gli è possibile.

Così come è evidente che tutte le opere malvagie provengono dalla cattiva volontà, come da un albero cattivo, mi dica qual è l'origine della stessa cattiva volontà, cioè dell'albero cattivo, che produce frutti cattivi.

Se ha origine dall'angelo, non era anche l'angelo un'opera buona di Dio?

Se da un uomo, non era pure l'uomo un'opera buona di Dio?

Anzi, poiché la cattiva volontà dell'angelo proviene da un angelo, quella dell'uomo da un uomo, cosa erano questi due esseri prima che in essi sorgessero questi mali, se non opere buone di Dio e nature buone e degne di lode?

Ecco dunque come dal bene nasce il male e non c'era altro da cui potesse nascere, se non dal bene.

Parlo proprio della volontà cattiva, che non era stata preceduta da alcun male, non delle opere cattive, che nascono dalla volontà cattiva, come da un albero cattivo.

Tuttavia la volontà cattiva poté nascere dal bene non per il fatto che il bene è stato creato da un Dio buono, ma perché il bene è stato creato dal nulla e non dalla stessa sostanza divina.

Perché, dunque, dice che "se la natura è opera di Dio, l'opera del diavolo non può trasmettersi attraverso l'opera di Dio"?

L'opera del diavolo non sorse forse dall'opera di Dio, quando per la prima volta sorse nell'angelo, che divenne diavolo?

Per conseguenza, se un male che non era in nessun luogo, poté sorgere in un'opera di Dio, per quale ragione un male già esistente in qualche parte non si poteva trasmettere nell'opera di Dio, tanto più che l'Apostolo usa la stessa parola: E così si trasmise a tutti gli uomini? ( Rm 5,12 )

Non sono forse gli uomini opera di Dio?

Il peccato dunque si trasmise agli uomini, cioè l'opera del diavolo all'opera di Dio e, per dire la stessa cosa in modo diverso, poiché l'opera del diavolo, cioè il peccato nato dal diavolo stesso, che è - il diavolo - fattura ed opera di Dio, si trasmise attraverso un'altra opera di Dio, cioè l'uomo, ne segue che l'opera di un'opera di Dio si trasmise all'opera di Dio.

Ecco perché Dio solo è immutabile e di bontà potentissima, perché Egli prima che apparisse qualsiasi male, tutte le opere le fece buone e dai mali sorti nei beni, da lui fatti, sa ricavare il bene in tutto.

29.49 - Dio autore della natura, il diavolo del vizio

"Nel medesimo uomo, argomenta, si condanna giustamente l'intenzione e si loda l'origine, perché tra le due cose c'è contrarietà; ma nel bambino ne esiste una soltanto, cioè la natura, perché la volontà è assente.

Quell'unica cosa dunque o si attribuirà a Dio o al demonio.

Se la natura viene da Dio, in essa non ci può essere il male originale; se viene dal diavolo, non ci sarà più nulla per rivendicare l'uomo alla creazione di Dio.

Pertanto chi difende il peccato originale è un perfetto manicheo".

Contro queste obiezioni ascolti piuttosto la verità.

Nel medesimo uomo si condanna giustamente l'intenzione e si loda l'origine, perché tra le due cose c'è contrarietà, ma neppure nel bambino c'è una cosa sola, cioè la natura, nella quale l'uomo è stato creato dal Dio buono; ha infatti un vizio che a causa di uno solo si è trasmesso a tutti, come afferma saggiamente l'Apostolo, non come insensatamente negano Pelagio, Celestio e tutti i loro discepoli.

Di queste due cose quindi che diciamo essere nel bambino, una la attribuiamo a Dio, l'altra al diavolo.

E non è affatto assurdo che ambedue siano sottoposte al potere del diavolo a causa di una di esse cioè a causa del vizio, perché ciò non avviene per la potenza del diavolo, ma per quella di Dio.

Un vizio, poi, viene sottomesso a un vizio, una natura a una natura, poiché anche nel diavolo c'è l'una e l'altra cosa; di modo che quando gli amati e gli eletti sono strappati al potere delle tenebre, al quale sono giustamente sottomessi, risplenda il dono fatto ai buoni, giustificati dal Dio buono, che sa ricavare il bene anche dal male.

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