Le nozze e la concupiscenza

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Libro II

15.30 - Un altro abuso scritturistico

Allo stesso modo è fuori posto l'altra testimonianza addotta dal Libro divino a proposito di Abimelech e del fatto che per volontà di Dio tutte le donne della sua casa furono rese sterili perché non partorissero e poi di nuovo furono rese feconde, perché partorissero.

Che rapporto ha tutto questo con la vergognosa libidine, di cui stiamo ora trattando?

Fu forse questa che Dio tolse a quelle donne e restituì loro quando volle?

In realtà la punizione consisteva nel fatto che non potessero partorire e il beneficio nel fatto che potessero partorire, secondo il modo proprio di questa carne corruttibile.

Dio infatti non avrebbe concesso al corpo di questa morte un beneficio tale, quale avrebbe potuto avere soltanto il corpo di quella vita, che si conduceva nel paradiso prima del peccato, quello cioè di generare senza il prurito della lussuria e di partorire senza i lancinanti dolori.

Ma dal momento che la Scrittura dice che le donne furono rese sterili dall'esterno, ( Gen 20,18 ) perché non intendere che a causa di qualche dolore avvenne che le donne non potessero sopportare la copula e che questo dolore fosse inflitto dalla collera divina e fosse fatto sparire dalla sua misericordia?

Se infatti per impedire la generazione della prole fosse stato necessario sopprimere la libidine, ne dovevano essere privati gli uomini, non le donne.

La donna infatti avrebbe potuto accoppiarsi per decisione della volontà, anche in assenza dello stimolo della libidine, purché non ne fosse privo l'uomo, che ha bisogno di esserne eccitato.

A meno che, essendo scritto che anche Abimelech fu risanato, non dirà che a lui fu restituita la libidine virile.

Ma senza dubbio se l'avesse perduta, non ci sarebbe stato bisogno che Dio lo ammonisse di non unirsi alla moglie di Abramo.

Se la Scrittura dunque dice che fu risanato è perché era stata liberata da quella malattia la sua famiglia.

16.31 - Il peccato originale e la prescienza divina

Ed ora vediamo le tre affermazioni che, a quanto dice, quale che sia la nostra, sono le più empie affermazioni che si possono fare: che Dio non avrebbe creato l'uomo o che lo avrebbe creato per il diavolo o addirittura che sarebbe stato il diavolo a formare l'immagine di Dio, ossia l'uomo.

La prima e l'ultima affermazione, lo deve ammettere lui pure, se non è insensato o troppo ostinato, non sono mie.

Si può discutere invece sull'altra, posta tra quelle due.

Ebbene si sbaglia se pensa che io dica che Dio ha fatto l'uomo per il diavolo, come se Dio negli uomini che crea dai genitori abbia di mira, si proponga e procuri con il disegno della sua opera che il diavolo abbia degli schiavi, che è incapace di farsi personalmente.

Che nessuno, neppure il fedele più ingenuo concepisca un tale sospetto!

È per la sua bontà che Dio crea gli uomini, i primi senza peccato, gli altri sotto il peccato, secondo i suoi imperscrutabili disegni.

Egli sa cosa fare della malizia dello stesso diavolo e quello che fa è giusto e buono, benché sia ingiusto e perverso colui sul quale opera, né volle rinunciare a crearlo per il fatto che prevedeva che sarebbe stato perverso.

Allo stesso modo, per quanto concerne la totalità del genere umano, benché nessun uomo nasca senza la macchia del peccato, colui che è sommamente buono realizza un'opera buona, facendone alcuni vasi di misericordia, per distinguerli con la sua grazia da quelli che sono vasi di collera, altri vasi di collera, per far conoscere le ricchezze della sua gloria verso i vasi di misericordia. ( Rm 9,23 )

Vada pure ora costui anche contro l'Apostolo autore di questa affermazione; controbatta lo stesso vasaio, a cui l'Apostolo vieta di rispondere, dicendo: O uomo, chi sei tu per contraddire Dio?

Dirà forse il vaso a colui che lo ha modellato: Perché mi hai fatto così?

Non è forse il vasaio padrone di fare della medesima massa di argilla un vaso per un uso onorevole, un altro per un uso volgare? ( Rm 9,20-21 )

Può dunque costui negare che i vasi di collera sono in potere del diavolo?

Oppure, poiché sono in potere del diavolo, hanno un creatore diverso da quello dei vasi di misericordia?

O ancora, sono formati da un altro materiale e non dalla medesima massa?

A questo punto quindi dica pure: Dunque Dio crea i vasi per il diavolo, come se Dio non sapesse servirsene per le sue opere giuste e buone, come si serve dello stesso diavolo.

17.32 - Dio ricava il bene anche dal male

Ma forse per il fatto che fa sorgere il suo sole sopra i buoni e i cattivi e fa piovere sopra i giusti e gli ingiusti ( Gv 17,12 ) è per il diavolo che pasce, è per il diavolo che nutre e veste i figli di perdizione, ( Mt 25,33 ) i capri che saranno dal lato sinistro? ( Mt 5,45 )

Così dunque crea i malvagi allo stesso modo che li nutre e li pasce, poiché quello che dona loro al momento della creazione appartiene alla bontà della natura e l'incremento che dà loro, pascendoli e nutrendoli, lo dà come buon aiuto non certo della malizia, ma della stessa natura buona, che egli ha creato nella sua bontà.

In quanto sono uomini, infatti, costituiscono un bene naturale, di cui è autore Dio; in quanto nascono peccatori invece e destinati a perire, se non rinascono, appartengono alla progenie maledetta dall'inizio ( Sap 12,11 ) a causa del vizio di quell'antica disubbidienza.

Di questo fatto tuttavia fa buon uso colui che forma anche i vasi di collera per far conoscere le ricchezze della sua gloria verso i vasi di misericordia, ( Rm 9,23 ) affinché nessuno, appartenente alla medesima massa, attribuisca ai propri meriti la liberazione ottenuta per grazia, ma chi si vanta, si vanti nel Signore. ( 2 Cor 10,17 )

18.33 - La fede apostolica e cattolica nei riti battesimali

Allontanandosi da questa fede cattolica e apostolica, veracissima e saldissima, costui insieme ai pelagiani non vuole che gli uomini che nascono siano in potere del diavolo, affinché i piccoli siano portati a Cristo per essere liberati dal potere delle tenebre e trasferiti nel suo regno. ( Col 1,13 )

E così accusa la Chiesa diffusa nel mondo intero, perché in essa, in ogni parte, su tutti i bambini che devono essere battezzati per nessun altro motivo si compie il rito dell'insufflazione, se non per scacciare da essi il principe del mondo, ( Gv 12,31 ) da cui necessariamente i vasi di collera sono posseduti quando nascono da Adamo, fino a quando non rinascono in Cristo e, divenuti vasi di misericordia mediante la grazia, non sono trasferiti nel suo regno.

Mettendosi contro questa fondatissima verità, per non apparire avversario di tutta la Chiesa di Cristo, egli si rivolge contro me solo e con l'aria di redarguirmi e ammonirmi dice: "Anche tu sei creatura di Dio, ma devi riconoscere di esserti macchiato di un grave errore".

Certo, riconosco che Dio mi ha creato e lo ringrazio; però se mi avesse solo creato da Adamo e non mi avesse ricreato in Cristo, sarei perito insieme ai vasi di collera.

Ma poiché tutto preso dall'empietà pelagiana non crede a questa dottrina, se persevera in questa malvagia convinzione fino alla fine, non lui ma i cattolici vedano da quale grave ed enorme errore si sia lasciato non solo macchiare ma uccidere del tutto.

19.34 - Concezione pelagiana della concupiscenza carnale

Presta attenzione a ciò che segue: "Che i figli avuti dal matrimonio siano per natura buoni, lo apprendiamo dall'Apostolo che, parlando dei malvagi, dice: Abbandonato l'uso naturale della donna, arsero nei loro desideri gli uni per gli altri, i maschi per i maschi, facendo cose obbrobriose. ( Rm 1,27 )

Ha mostrato così, dice, che l'uso della donna è naturale e, se compiuto nella giusta misura, degno di lode, mentre la turpitudine contro il pudore di questa istituzione viene compiuta dalla propria volontà.

Giustamente dunque, continua, in coloro che ne fanno buon uso viene lodata la concupiscenza nel suo genere e nel suo moderato esercizio, mentre in coloro che ne abusano turpemente è punito il suo eccesso.

Infine, nello stesso tempo che Dio rinvigoriva le membra infiacchite dagli anni di Abramo e di Sara, le puniva a Sodoma con la pioggia di fuoco. ( Gen 21,1; Gen 19,24 )

Se quindi credi che il vigore delle membra dev'essere accusato, perché per causa di esso i sodomiti si macchiarono di turpitudini, dovrai accusare pure il pane e il vino, giacché la sacra Scrittura fa intendere che peccarono anche a causa di queste creature.

Dice infatti il Signore per mezzo del profeta Ezechiele: Queste furono le iniquità di Sodoma tua sorella: la superbia, la sazietà di pane, l'abbondanza di vino di essa e dei suoi figli; e non porgevano la mano al bisognoso e al povero. ( Ez 16,49 )

Suvvia, prosegue, scegli cosa preferisci: vuoi attribuire all'opera divina l'unione dei corpi oppure vuoi considerare ugualmente cattive le creature del pane e del vino?

Ma se sceglierai questo, sarà chiarissimo che sei manicheo.

Chi osserva la giusta misura della concupiscenza naturale fa buon uso di una cosa buona, chi non osserva questa misura fa cattivo uso di una cosa buona.

Perché dunque affermi che non si può accusare la bontà del matrimonio del male originale che da esso si contrae, come non si può scusare la malizia dell'adulterio per il bene naturale che ne deriva?

Con questo discorso, dice, hai ammesso quello che avevi negato e hai negato quello che avevi concesso e ti affatichi tanto solo per farti capire di meno.

Mostrami un matrimonio corporale senza unione dei sessi, oppure da' un nome a questa azione e proclama il matrimonio buono o cattivo!

Certo, hai promesso di definire buoni i matrimoni.

Ma, se il matrimonio è buono, se l'uomo, frutto del matrimonio, è buono, se questo frutto, opera di Dio, non può essere cattivo, perché nasce da una cosa buona mediante un'azione buona, dov'è dunque il male originale, che è distrutto da tante ammissioni?".

20.35 - Esegesi di Rm 1,26-27

Ecco la mia risposta. Non soltanto i figli nati dal matrimonio, ma anche quelli nati dall'adulterio sono esseri buoni in rapporto all'opera di Dio che li ha creati; ma in rapporto al peccato originale nascono dal primo Adamo nella condizione di condannati non solo i figli adulterini ma anche i figli legittimi, a meno che non rinascano nel secondo Adamo, che è Cristo.

Quanto poi alle parole dell'Apostolo: Abbandonato l'uso naturale della donna, arsero nei loro desideri gli uni per gli altri, i maschi per i maschi, facendo cose obbrobriose, ( Rm 1,27 ) egli non parla di uso coniugale, ma di uso naturale, volendo significare quello che si compie con le membra create proprio perché i due sessi possano unirsi per mezzo di esse in vista della procreazione.

In questo senso, anche quando uno si unisce con quelle membra a una prostituta, ne fa un uso naturale, anche se non lodevole, ma colpevole.

Se uno invece si unisce anche al proprio coniuge in una parte del corpo non destinata alla generazione, commette un atto contro natura e obbrobrioso.

Infine, lo stesso Apostolo in antecedenza aveva detto riguardo alle donne: Le loro donne hanno cambiato l'uso naturale nell'uso che è contro natura, ( Rm 1,26 ) in seguito parlò degli uomini che compiono turpitudini con uomini, abbandonando l'uso naturale della donna.

Perciò con l'espressione: uso naturale, non è stata lodata l'unione coniugale, ma sono state bollate azioni più immonde e più turpi dell'uso anche illecito, e pur tuttavia naturale, della donna.

21.36 - Uso buono e lecito della concupiscenza nel matrimonio

Quanto al pane e al vino, poi, io non li condanno a motivo dei ghiottoni e degli ubriaconi, come non condanno l'oro a motivo degli avidi e degli avari.

Di conseguenza non condanno neppure l'onesta unione degli sposi a causa della vergognosa concupiscenza carnale.

Essa infatti, se in precedenza non fosse stato commesso alcun peccato, potrebbe essere tale da non fare arrossire gli sposi; ma l'attuale è sorta dopo il peccato e i primi uomini furono costretti a velarla per la confusione. ( Gen 3,7 )

Per i posteri coniugati ne è rimasta la conseguenza di essere costretti a evitare lo sguardo umano durante l'esecuzione di una tale azione, anche quando fanno un uso buono e lecito di quel male, confessando così che è vergognosa, mentre nessuno dovrebbe vergognarsi di ciò che è buono.

In tal modo ci vengono suggerite due verità: l'onestà della lodevole unione con la quale si generano i figli e la disonestà della vergognosa libidine, a causa della quale i generati devono essere rigenerati per non essere condannati.

Pertanto, chi si unisce lecitamente nella vergognosa libidine fa buon uso di una cosa cattiva, chi invece si unisce illecitamente fa cattivo uso di una cosa cattiva.

È più esatto infatti chiamare male piuttosto che bene ciò di cui arrossiscono sia i cattivi che i buoni.

Ed è meglio credere a colui che dice: So che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene, ( Rm 7,18 ) piuttosto che a costui, il quale chiama bene una cosa che, se ne viene confuso, confessa di essere un male, se poi non ne viene confuso, vi aggiunge l'impudenza, che è un male maggiore.

Giustamente quindi avevo scritto che "non si può accusare la bontà del matrimonio per il male originale che da esso si contrae, allo stesso modo che non si può scusare la malizia dell'adulterio per il bene naturale che ne deriva", poiché la natura umana sia che nasca dal matrimonio che dall'adulterio è sempre opera di Dio.

Se fosse un male in sé, non dovrebbe essere generata; se non avesse alcun male, non dovrebbe essere rigenerata.

E per racchiudere le due cose in una sola parola: se la natura umana fosse una cosa cattiva, non dovrebbe essere creata; ma se in essa non ci fosse niente di male, non avrebbe bisogno di salvezza.

Chi dunque afferma che essa non è una cosa buona, nega la bontà del Creatore, che l'ha creata; chi dice che in essa non c'è alcun male, nega a questa natura viziata un Salvatore misericordioso.

Perciò negli uomini che nascono non si deve scusare l'adulterio per il bene che da esso è stato creato dal Creatore buono, né si deve accusare il matrimonio per il male che in esso deve essere risanato dalla misericordia del Salvatore.

22.37 - Il matrimonio e i figli che da esso nascono sono buoni

"Mostrami, dice, un matrimonio corporale senza unione carnale".

Io non gli posso mostrare un matrimonio corporale senza tale unione, ma neanche lui può mostrare la stessa unione esente dalla confusione.

Nel paradiso invece, se non ci fosse stato il peccato, non ci sarebbe stata certo una generazione senza l'unione dei due sessi, ma ci sarebbe stata un'unione esente dalla confusione.

Ci sarebbe stata in effetti, nell'atto di accoppiarsi, la pacifica obbedienza delle membra, senza la vergognosa concupiscenza della carne.

Per conseguenza il matrimonio è un bene, da cui nasce l'uomo, dopo che è stato seminato secondo l'ordine stabilito; anche il frutto del matrimonio, cioè l'uomo stesso che così nasce, è buono, ma è un male il peccato con il quale nasce ogni uomo.

Certamente fu Dio a creare l'uomo e lo crea ancora; ma per un solo uomo il peccato è entrato nel mondo e per il peccato la morte e così si è trasmessa a tutti gli uomini, nel quale tutti hanno peccato. ( Rm 5,12 )

23.38 - I pelagiani accusano Agostino di manicheismo

"Con un nuovo genere di dialettica, dice, ti dichiari cattolico e ti fai difensore dei manichei, affermando che il matrimonio è un grande bene e insieme un grande male".

Assolutamente, o non sa cosa dice o finge di ignorare.

O non comprende infatti o non vuole che si comprenda quello che dico.

Ma, se non comprende, ne è impedito dall'errore che si è impadronito di lui; se non vuole che si comprenda quello che dico, ci troviamo di fronte al vizio della pervicacia, che gli fa difendere il suo errore.

Anche Gioviniano, che alcuni anni fa tentò di diffondere una nuova eresia, diceva che i cattolici difendevano il manicheismo, perché anteponevano, contro di lui, la santa verginità al matrimonio.

Costui risponderà di non essere d'accordo con Gioviniano nel porre sullo stesso piano il matrimonio e la verginità.

Neppure io dico che costoro affermino la stessa dottrina, tuttavia nel fatto che Gioviniano accusava i cattolici di manicheismo, i nuovi eretici devono riconoscere che la loro accusa non è affatto nuova.

Noi dunque affermiamo che il matrimonio è un bene, non un male.

Ma come gli ariani ci accusano di sabellianesimo, sebbene non diciamo come i sabelliani che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo si identificano, bensì professiamo, come professano i cattolici, che il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo sono della stessa e unica natura; così i pelagiani ci accusano di manicheismo, sebbene non diciamo affatto come i manichei che il matrimonio è cattivo; bensì, come dicono i cattolici, che il male venne con i primi uomini, cioè con i primi sposi, e da loro si trasmise a tutti gli uomini.

Ma come gli ariani per fuggire il sabellianesimo caddero in un errore più grave, perché osarono distinguere nella Trinità non le persone ma le nature; così i pelagiani, mentre cercano di sfuggire al manicheismo in una direzione sbagliata, a riguardo del frutto del matrimonio dimostrano di avere idee più perniciose degli stessi manichei, giacché credono che i bambini non hanno bisogno della medicina di Cristo.

24.39 - Il male originale si contrae anche dal matrimonio

"Dichiari, scrive ancora, che l'uomo, se nasce dalla fornicazione non è colpevole, se nasce dal matrimonio non è innocente.

A questa conclusione infatti si giunge quando dici che dall'adulterio può risultare un bene naturale, mentre il male originale si contrae anche dal matrimonio".

È del tutto inutile cambiare le carte in tavola di fronte al lettore intelligente.

Lungi da me il dire che l'uomo che nasce dalla fornicazione non è colpevole.

Affermo invece che l'uomo, sia che nasca dal matrimonio che dalla fornicazione, è un essere buono, perché l'autore della natura è Dio, ma contrae un certo male a causa del peccato originale.

Quando perciò dico che "un bene naturale può risultare anche dall'adulterio e che il male originale si contrae anche dal matrimonio", non si può concludere, come ha cercato di fare costui, che dall'adulterio non nasce un colpevole né un innocente dal matrimonio; ma in entrambi i casi l'uomo è reso colpevole dalla generazione a causa del peccato originale e in entrambi i casi deve essere assolto mediante la rigenerazione a motivo della bontà della natura.

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