La storia della Chiesa

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II. Il problema dell'eresia

1. È convinzione fondamentale di ogni tradizione cristiana che solo « la Chiesa » ha la facoltà e il dovere di presentare la verità da credersi.

Una deviazione dalla verità ecclesiastica è un'eresia.

a) Ci sono eresie che interessano singolarmente la vita religiosa o etico-religiosa ( per esempio i Montanisti § 17 ), sebbene anche esse rappresentino ( necessariamente ) delle concezioni errate della dottrina.

Noi qui ci occupiamo, dato l'argomento, di quei tipi di eresia che stanno in rapporto immediato con la dottrina, e pertanto con la teologia, intesa quale tentativo di « comprendere » il contenuto della Rivelazione anche con i mezzi dell'intelletto naturale.

b) Il Signore aveva preannunciato che nel regno di Dio la zizzania sarebbe cresciuta con il buon grano fino al giorno ultimo della mietitura; e secondo la parola di S. Paolo era necessario che avvenissero delle scissioni ( hæreses ) ( 1 Cor 11,19 ).

In effetti, tutta la storia della Chiesa di Dio è sottesa da eresie che appaiono sempre di nuovo e vengono condannate dalla Chiesa.

c) Per comprendere la storia ecclesiastica e per attingere da essa una valutazione scientifica della Chiesa e della sua dottrina, è assolutamente necessario che si chiarisca l'essenza e l'origine dell'eresia.

Si tratta del problema centrale dell'unità o della non-unità della Chiesa sotto l'aspetto particolare della formulazione teologica.

Senza chiarire radicalmente questo fatto, l'esposizione della storia della Chiesa corre il pericolo di polverizzarsi in un accostamento sconnesso di molteplici, contrastanti predicazioni e concezioni della dottrina di Gesù.

La storia della Chiesa si risolverebbe nella storia delle singole forme assunte dal Cristianesimo.

Il concetto dell'unica verità cristiana verrebbe minato alle basi.

E con esso l'idea e la realtà della Chiesa.

Stando così le cose, dobbiamo insistere più a lungo su delle riflessioni che appaiono a questo punto necessarie.

2. L'eresia, stando al nome greco, è una scelta unilaterale.

Mentre la teologia ortodossa sotto la guida della Chiesa:

a) mette in rilievo dapprima l'articolo di fede rivelato o, meglio, tutta la regola di fede, si tiene pronta ad accogliere la pienezza della rivelazione e confronta tutti i risultati del proprio lavoro conoscitivo con la coscienza dogmatica ( essa è dapprima « uditore » e « confessore » e poi cerca di darne spiegazione ); mentre essa:

b) cerca scrupolosamente di dare ragione di tutte indistintamente le verità di fede, nelle eresie al contrario questo atteggiamento si sposta in un duplice modo:

a) la tendenza a spiegare, e quindi il proprio giudizio umano prevale sulla fede oggettiva predicata dalla Chiesa e sull'atteggiamento dell'udire; si pone dapprima ( spesso inconsciamente ) la domanda se la cosa sia possibile, prima di ascoltare la rivelazione: posizione soggettivistica, invece di quella obiettiva;

b) dell'insieme del deposito della rivelazione si fa una scelta: invece di sintesi cattolica, unilateralità eretica.

L'essenza dell'eresia è il soggettivismo e l'unilateralità.

( La scelta e pertanto lo .spostamento del centro di gravita non avvengono sempre per via riflessiva; spesso vi operano, nel senso di una falsificazione, influssi anche di antiche concezioni religiose o morali che vengono più o meno coscientemente riprese.

Questo avvenne per es. nelle eresie del I e II secolo [ giudaismo, gnosi giudaizzante, millenaristi ] e costituì un pericolo per la purezza del Cristianesimo presso i Germani [ cfr. § 34 ] ).

Una scorsa attraverso le eresie di tutti i secoli documenta, in modo convincente, quanto è stato detto.

In ogni tempo, fino ai nostri giorni, la ricerca filosofica soggettiva dell'« essenza del Cristianesimo » ha spinto all'unilateralità eretica, là dove non era viva abbastanza la coscienza che quest'essenza non consiste nell'una o nell'altra parte dell'annuncio, bensì nell'una e nell'altra, nel sia-sia, nella pienezza; oppure non era viva abbastanza la convinzione che solo l'organismo vivo « Chiesa » può essere in grado di conservare e di esprimere puramente quella pienezza che, a sua volta, è in sé qualcosa di vivo.

E così una tale scorsa attraverso la storia, anche in questo problema, mostra la Chiesa come via di mezzo, di sintesi, che custodisce tutto il tesoro della Rivelazione.

3. a) Sintesi, tuttavia, implica anche tensione e opposizione e perciò la prova astratta, scientifica dell'intima armonia dei diversi elementi dottrinali è spesso difficile; ma la difficoltà di collegare due poli non ha mai autorizzato a negare l'esistenza dell'uno o dell'altro.

Tensione ed opposizione non significano contraddizione, ma fanno parte della pienezza, cioè di una feconda armonia.

In effetti, la confutazione degli eretici fu condotta in maniera tale da provar loro che non credevano come la tradizione, come la generalità, ma che essi invece annunciavano qualcosa di nuovo, che stavano da soli.

D'altra parte l'uomo non può escludere dal servizio che deve rendere a Dio l'intelletto creato da Dio.

E ciò significa, a sua volta, che la condanna di una eresia non implica la condanna della critica, e neppure della teologia scientifica.

A entrambe le esigenze, quella della pienezza e quella della critica, è legata anche l'esposizione secondo verità della storia ecclesiastica.

Al Concilio di Trento si riconobbe la legittimità della critica, fra l'altro anche con questa messa in guardia: qualcosa non è falso, solo perché l'ha detto Lutero.

È perciò un giudizio aprioristico quello che equipara, come troppo spesso accade, l'eresia, semplicemente e sempre, alla malizia ( in modo particolare alla superbia ).

Le unilateralità delle eresie si fondano addirittura, talvolta, in una ricerca personale, particolarmente solerte, della giusta verità di salvezza.

Nella maggior parte dei casi esse attingono anche a determinate idee di fondo, filosofiche o teologiche.

Eresie sorte in tal modo, attraversano la storia della Chiesa in quantità tale, che non si possono spiegare sufficientemente, nella loro funzione storica, se non rifacendosi, anche qui, al concetto della felix culpa.

Nella realtà delle eresie si evidenzia anche il limite del potere conoscitivo umano.

Agostino e Gerolamo lo hanno fatto rilevare in diversi modi. « Nessuno può elaborare un'eresia, a meno che non sia dotato di ardente zelo e di doni naturali.

Di questa specie furono sia Valentino che Marcione, della cui grande erudizione ci parlano le fonti » ( Gerolamo ).

( Per la posizione di Agostino di fronte ai donatisti vedi § 29,4 ).

b) È una realtà che opprime, ma al tempo stesso illustra la complessità delle forze in giuoco il fatto che gli studi scientifici sulla dottrina della Chiesa ( sia nella difesa che nella esposizione positiva ) in tutti i tempi, in quantità più o meno elevata, non abbiano centrato la dottrina integrale e pura.

Per il tempo prima di Costantino e prima del primo concilio questo fatto è particolarmente rilevante.

In quel periodo, per es. non c'è nessun teologo che, in un modo o nell'altro, non si sia figurato Cristo come essenzialmente inferiore al Padre ( Giustino, Ippolito, Novaziano, Tertulliano ).

Perfino l'idea di Dio fu espressa, molto spesso, in maniera oscura, essendo troppo forte ( Giustino ) l'influsso di idee stoiche ( e anche platoniche ).

Ci furono anche rappresentanti del chiliasmo e concezioni errate circa lo Spirito Santo ( Ippolito ) o il battesimo degli eretici.

Una tale varietà di opinioni non indusse affatto la Chiesa d'allora a rigettare semplicemente questi scrittori; alcuni fra loro sono venerati addirittura come santi.

Ciò è dato dal fatto che anche rappresentanti di dottrine non ortodosse o antipapi, come Ippolito e Novaziano, sostennero tenacemente le persecuzioni e l'esilio per Cristo.

Questo aiuta a spiegare, con la necessaria larghezza spirituale, il fenomeno della « eresia ».

La Chiesa lasciò crescere, per così dire, la zizzania, finché arrivò il tempo della completa chiarificazione e con esso anche la condanna; essa aveva tempo, e se lo prese finché non vi fu dubbio sul pio zelo di una genuina posizione di fede.

Essa con ciò - non a parole, ma a fatti - richiamò vigorosamente l'attenzione sulla differenza tra fede e formula di fede.

Già allora qualcuno avvertì il problema e, come ad esempio Tertulliano, aggiunse spesso alle sue esposizioni l'osservazione che esse erano da intendere soltanto nel senso della fede della Chiesa universale.

4. Ciononostante, tutti questi importanti punti di vista non esauriscono, in questo campo, il problema teologico della storia ecclesiastica.

Il fondamento per la valutazione decisiva delle scissioni è piuttosto questo: secondo la volontà dell'unico Signore ci deve essere una sola.

Chiesa e una sola dottrina.

Le scissioni, stando a quanto egli ha detto sull'unico pastore e l'unico ovile e nella preghiera sacerdotale ( Gv 17,21ss : ut omnes unum sint ), sono in contraddizione radicale con la sua volontà.

Di conseguenza, anche in coloro che si staccano è rimasto vivo, sino ad oggi, almeno in teoria, il concetto dell'unica dottrina e dell'unica Chiesa.

Guardando un po' sommariamente, fino nel secolo XI ci fu realmente l'unica Chiesa cattolica.

Il problema di una stabile divisione si pone a partire dallo scisma fra Chiesa orientale e occidentale nel 1054 ( § 45 ) e quello dello scisma di fede dal XVI secolo.

La questione fondamentale, che permette una presa di posizione scientifica, è quella riguardante la continuità e la successione apostolica.

Fu opinione anche dei riformatori che, fino all'XI secolo, essa dovesse venir risolta univocamente in favore della Chiesa cattolica.50

Che l'unità nell'Antichità e nel Medioevo sia stata molto spesso assicurata dall'intervento del potere politico cristiano è un'obiezione legittima solo da un punto di vista spiritualistico-moderno, non da una prospettiva evangelica.

5. Ma anche prima dell'XI secolo vi furono dei fatti che limitarono talmente l'unità della Chiesa nella sua forma concreta, da suggerire una ulteriore riflessione.

Oltre la mancanza di chiarezza nella dottrina dei maestri cattolici del tempo preniceno e di epoche posteriori, non debbono essere sottovalutate neppure la forza e la durata degli scismi e delle Chiese scismatiche che insegnavano una dottrina eretica.

Per i primissimi tempi, cioè fino alla fine del tempo apostolico, lo sviluppo è chiaro: al di sopra delle divisioni nella dottrina e del formarsi di partiti ( io sono di Paolo, io di Apollo, 1 Cor 3,4 ), non solo si afferma la coscienza dell'unità di tutte le comunità nell'unica Chiesa, ma si può dire che le singole comunità o singole circoscrizioni ecclesiastiche maggiori e i loro vescovi credettero, a causa di qualche loro particolare attività, sia spirituale che religiosa o anche economica e politica, di dover pretendere una posizione particolare con particolari diritti.

Il singolo vescovo, per la propria coscienza e quella dei suoi fedeli, era innanzitutto il vescovo di quella singola chiesa; egli era nel proprio diritto di fronte alle altre chiese.

Era naturale però che si formassero anche dei raggruppamenti.

Nelle controversie trinitarie e cristologiche e negli interventi ai relativi concili, noi li incontriamo come forze che prendono parte, in maniera determinante, alle definizioni dottrinali.

Si ebbero così delle vere e proprie lotte di concorrenza.

Alessandria e Antiochia, per il loro carattere e la loro potenza spirituale, sono anche dei centri di potere.

Dal punto di vista politico, possiamo seguire lo sviluppo, nella forma più evidente, a Costantinopoli ( cfr. a proposito le diverse conseguenze delle controversie trinitarie e specialmente di quelle cristologiche ).

Sotto altre forme osserviamo lo stesso problema nelle eresie occidentali dell'Africa del Nord; questioni riguardanti il battesimo degli eretici, il Pelagianesimo, il Donatismo; in precedenza già la controversia sulla festa di Pasqua.

In maniera del tutto diversa lo stesso problema si pone altrove, per l'assoluta mancanza di connessione reciproca fra le singole Chiese causata dalla migrazione dei popoli, ciò che risulta con estrema evidenza nel processo di cristallizzazione che seguirà poi in Francia fino a che la Chiesa latina non avrà cementato nell'unità l'Occidente cristiano.

6. a) Molte di queste correnti non ortodosse, o non pienamente ortodosse, scomparvero con una certa rapidità, per quanto in certe regioni causassero, per un certo periodo di tempo, disordini assai gravi e perdite rilevanti, come per es. i donatisti ( § 29 ).

Accanto a tutto ciò, esiste anche tutta un'altra serie di fatti, molto importanti e inquietanti.

Nell'Antichità accanto alla « grande Chiesa » cattolica ci furono delle scissioni, tanto vaste e durevoli, in Chiese eretiche autonome, che il quadro generale della diffusione ne resta notevolmente condizionato.

La diffusione dei seguaci di Marcione e di Mani, ad es., fu talmente vasta, che si può ben parlare di movimenti che investivano tutto il mondo allora conosciuto.

Il fenomeno creava un problema gravissimo in stretto senso teologico e storico-ecclesiastico quando non si trattava di una formazione più o meno pagana ( sincretistica ), bensì di Chiese cristiane eretiche, fuori dell'ortodossia, di ampie dimensioni e di antica fondazione.

A questo riguardo è impressionante rilevare l'importanza che il Nestorianesimo e la sua condanna a Efeso ebbero per la Chiesa nestoriana di Persia.

Prescindendo dalla sua propagazione nel Nord Africa, che divenne importante per i contatti con Maometto, meglio, per gli elementi religiosi che egli vi attinse, il Nestorianesimo ebbe una sorprendente espansione in tutte le province cinesi;51 esercitò inoltre il suo influsso sugli Arabi che stavano occupando la Persia, e sui Mongoli ( che nel 1258, dopo gli Arabi, si impadronirono della Persia ).

Parve ad un certo punto che tutto l'Oriente pagano passasse alla Chiesa nestoriana.

Lo stesso dicasi del potente Monofisismo che ha conosciuto una lunga vita ( § 27 ).

b) Se includiamo nel nostro esame tutta la serie delle minori eresie cristiane antiche e degli scismi, quali ce li presentano gli Atti degli Apostoli, Ireneo, Tertulliano, Origene, Eusebio ed altri, ne risulta una quantità quasi enorme di sètte delle specie più diverse, ma in sé anche formalmente unitarie, e di tale vitalità ( come dimostra la loro diffusione ) da dover costatare in esse una grave minaccia per la vita del Cristianesimo appena sorto.

Queste sètte erano sì una deformazione della realtà cristiana.

Ma il verdetto del Signore, Mt 12,25, 52 non le colpì indiscriminatamente.

Questo regno non cadde; proprio perché quelle deformazioni non lo divisero tout-court e nella sua sostanza.

Dinanzi ai martiri che alcune fra le Chiese separate ebbero e allo zelo religioso dispiegato per la menzionata ampia diffusione e lunga durata dei singoli scismi, noi non siamo autorizzati a parlare soltanto di rami secchi che si sono staccati.

c) Il mistero di questo fenomeno nella storia ecclesiastica può così essere illustrato: l'unità del Cristianesimo dipende dall'unità della sua verità.

Ma questa verità non è solo una dottrina.

Anche i nestoriani e i monofisiti, condannati all'unanimità dalla Chiesa ortodossa sia orientale che occidentale, non erano affatto del tutto staccati dalla verità cristiana.

Essi rimasero cristiani, professarono Gesù Cristo, Signore e Redentore, Dio e uomo.

Lo sviluppo moderno ha dimostrato quanto l'unità sia profonda.

Dove i monofisiti e i nestoriani son rimasti fedeli alle loro dottrine originarie, oggi le differenze, nei confronti della vera dottrina, si sono ridotte a parole.

L'unità della Chiesa è cosa ben diversa da quella uniformità « che è solo esteriore e superficiale e proprio per questo rende impotenti » ( Pio XII ).

Ma, d'altra parte, quella unità esiste soltanto, come già dicemmo, dove non c'è alcuna contraddizione interna.

Questa è stata la convinzione di tutte le Chiese fino alla confusione spirituale dell'età moderna.

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50 Dal II secolo il nome di cattolici (l'espressione « Chiesa cattolica » è per la prima volta presso Ignazio d'Antiochia) è diffuso dappertutto per designare i mèmbri della « grande » Chiesa, a differenza delle comunità minori degli eretici.
51 E perfino più a nord; anche il primo convento cristiano in Cina era nestoriano; nestoriana fu la prima Bibbia cinese.
52 « Ogni regno, diviso contro se stesso, sarà devastato ».